Specchio di perfezione |
[1821] 145. Mentre giaceva malato nel palazzo vescovile di Assisi e la mano del Signore appariva più che mai pesante su di lui, il popolo di Assisi, temendo che, se moriva di notte, i frati sottraessero la sua salma per portarla in qualche altra città, decise che ogni notte fosse piantonato tutto intorno ai muri del palazzo.
Il padre santo, allo scopo di confortare il suo spirito, per non abbattersi a causa della veemenza dei dolori che lo tormentavano senza posa, spesso, lungo la giornata, pregava i compagni di cantare le Lodi del Signore; e anche la notte faceva questo, per edificare e confortare quegli uomini che, fuori del palazzo, vegliavano per lui.
Ma frate Elia, vedendo come Francesco si consolava nel Signore ed era felice nonostante le sofferenze, gli disse: « Carissimo padre, sono molto confortato e edificato della gioia che tu provi e mostri ai tuoi compagni.
Certamente gli uomini di questa città ti venerano come un santo ma, convinti che tu sei vicino a morte per la tua malattia incurabile, nel sentire che qui si cantano giorno e notte le Lodi, potrebbero osservare: – Come può essere tanto felice, dal momento che sta morendo? Dovrebbe piuttosto pensare alla morte – ».
Rispose Francesco: « Ricordi la visione che avesti a Foligno?
Mi dicevi che ti era stato rivelato che non sarei sopravvissuto più di due anni.
Prima di questa visione, per grazia di Dio che ispira ogni cosa buona al cuore e la pone sulle labbra dei suoi credenti, io pensavo di frequente, giorno e notte, alla mia fine.
Ma da quando tu avesti quella visione, mi sono ancor più preoccupato di riflettere ogni giorno sul giorno della morte ».
Poi seguitò con gran fervore di spirito: « Fratello, lasciami godere nel Signore e cantare le sue lodi in mezzo alle mie sofferenze, poiché, per dono dello Spirito Santo, io sono così unito al mio Signore che, per sua misericordia, ho ben motivo di allietarmi nell'Altissimo! ».
[1822] 146. In quei giorni un medico di Arezzo, a nome Bongiovanni, molto amico di Francesco, venne a visitarlo nel palazzo vescovile di Assisi.
Il Santo lo interrogò: « Che ti sembra, Benvegnate, della mia idropisia? ».
Non voleva chiamarlo col suo nome, perché non dava a nessuno l'appellativo di « buono » per rispetto verso il Signore, che disse: Nessuno è buono, eccetto Dio solo.
Allo stesso modo, non dava a nessuno il titolo di « padre » o di « maestro », nemmeno nelle lettere, per riguardo verso il Signore, che disse: Nessuno chiamate vostro padre su questa terra, e non fatevi chiamare maestri.
Il medico rispose: « Fratello, con l'aiuto del Signore starai meglio ».
Francesco insistette: « Dimmi la verità. Qual è il tuo parere?
Non aver paura di dirmelo, poiché con la grazia di Dio non sono un pusillanime che teme la morte, per dono dello Spirito Santo, sono così unito al mio Signore, da essere ugualmente felice sia di vivere che di morire ».
Allora Bongiovanni parlò senza reticenze: « Padre, secondo la nostra scienza la tua malattia è evidentemente incurabile.
Penso che per la fine di settembre o ai primi di ottobre tu morrai ».
Allora Francesco, steso sul letto, levò le mani verso il Signore con grande fervore e riverenza, e, pieno di gioia d'anima e di corpo, esclamò: « Sii la benvenuta, sorella mia Morte!».
[1823] 147. In quella circostanza, un fratello gli disse: « Padre, la tua vita e il tuo comportamento sono stati, e sono, luce e modello non soltanto per i tuoi fratelli, ma per la Chiesa tutta; lo stesso sarà della tua morte, che, motivo di tristezza e dolore per i tuoi fratelli e per gli altri, per te invece sarà consolazione e gioia infinita: passerai infatti da grande fatica a grandissimo riposo, da molte pene e tentazioni alla pace eterna, dalla povertà che hai sempre amato e perfettamente vissuto alle vere infinite ricchezze, e da questa morte temporale alla vita eterna, dove vedrai il Signore tuo Dio faccia a faccia, dopo averlo amato quaggiù con ardente desiderio ».
E aggiunse in tutta sincerità: « Padre, sappi in verità che se il Signore non ti invia un rimedio dal cielo, la tua malattia è incurabile; come hanno detto i medici, ti resta poco da vivere.
Dico questo per confortare il tuo spirito, affinché tu sia felice intimamente e visibilmente nel Signore; in maniera che i tuoi fratelli e l'altra gente che ti vengono a visitare, ti trovino sempre lieto nel Signore, e questa impressione rimanga incancellabile, dopo la tua morte, sia per quelli che sono presenti che per quanti ne sentiranno parlare, proprio come furono e saranno edificati dalla tua vita e condotta ».
Allora Francesco, sebbene soffrisse più del solito per i suoi mali, sembrò trasfigurato a quelle parole da una nuova gioia, udendo ripetere che la morte sua sorella era vicina.
Con gran fervore di spirito, lodò il Signore e disse: « Se dunque piace al Signore che io debba presto morire chiamatemi frate Angelo e frate Leone perché mi cantino di sorella morte! ».
Quando i due gli furono dinanzi, affranti dalla pena e dal cordoglio, cantarono lacrimando il Cantico di frate sole e delle altre creature del Signore, che il Santo stesso aveva composto.
Egli aggiunse allora alcuni versi sopra la morte sua sorella, prima dell'ultima strofa, dicendo:
Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente po'scampare.
Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!
Beati quelli che trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte seconda no li farrà male.
[1824] 148. Mentre ancora dimorava nel palazzo vescovile, il Padre santo era stato avvertito, sia dallo Spirito Santo sia dai medici, che la sua morte era imminente.
Sentendosi sempre più aggravare e venir meno le forze del corpo, si fece portare in lettiga a Santa Maria della Porziuncola per finire la vita del corpo nel luogo dove aveva cominciato a sperimentare la luce e la vita dell'anima.
Quando arrivarono all'ospedale che sorge a mezza strada tra Assisi e Santa Maria, disse ai portatori di mettere a terra la lettiga.
Ormai avendo perso quasi del tutto la vista a causa della lunga e grave malattia d'occhi, si fece voltare con la faccia verso Assisi.
E, sollevandosi un poco, benedisse la città, dicendo: « Signore, credo che anticamente questa città fu soggiorno di uomini iniqui.
Adesso vedo che, nella tua immensa misericordia, nel momento scelto da te, tu le hai mostrato la tua speciale sovrabbondante pietà, e unicamente per tua bontà l'hai scelta ad essere luogo e soggiorno di quelli che ti conoscono nella verità, rendono gloria al tuo santo nome e mandano a tutto il popolo cristiano un profumo di buona fama, di vita santa, di verissima dottrina, di perfezione evangelica.
Ti prego dunque, o Signore Gesù Cristo, padre delle misericordie, di non voler guardare alla nostra ingratitudine, ma di ricordarti sempre della immensa compassione che le hai dimostrato, affinché sia sempre il luogo e il soggiorno di quelli che ti conoscono veramente e che glorificano il tuo nome benedetto e glorioso nei secoli dei secoli. Amen ».
Dette queste parole, fu portato a Santa Maria.
Ed ivi, compiendosi i quarant'anni della sua vita, e i vent'anni della sua perfetta penitenza, l'anno del Signore 1226, ai 4 di ottobre, migrò verso il Signore Gesù Cristo, che aveva amato con ardente desiderio e vivissimo affetto, con tutto il cuore, tutto lo spirito, tutta l'anima e tutte le sue forze, seguendolo in ogni perfezione, correndo con fervore sui passi di Lui e giungendo finalmente e gloriosamente a Lui, che vive e regna con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
[1825] 149. Qui finisce lo Specchio di perfezione dello stato di frate minore, ( cioè del beato Francesco ), nel quale sono perfettamente riflesse le perfezioni della sua vocazione e professione.
Ogni lode e gloria a Dio Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Alleluia! Alleluia! Alleluia!
Onore e grazie siano rese alla gloriosa vergine Maria. Alleluia! Alleluia!
Magnificenza ed esaltazione al suo beatissimo servo Francesco. Alleluia!
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