Leggenda di Santa Chiara Vergine |
[3217] 31. Era giunto, una volta, il giorno della Cena santissima, nella quale il Signore amò i suoi fino alla fine.
Verso sera, avvicinandosi l'agonia di Cristo, Chiara si chiuse, triste ed afflitta, nel segreto della cella.
E accompagnando in preghiera il Signore in preghiera, la sua anima triste fino alla morte si imbevve dell'angosciosa tristezza di Lui e la memoria, poco a poco, si compenetrò pienamente della cattura e di tutta la derisione: sì che cadde riversa sul giaciglio.
Tutta quella notte e per tutto il giorno seguente rimane così assorbita, così fuori di se stessa che, con gli occhi assenti, sempre fissa ad un'unica visione, sembra inchiodata con Cristo e del tutto insensibile.
Torna più volte da lei una figlia familiare, per vedere se per caso desideri qualche cosa, e sempre la trova immobile nella stessa posizione.
Venendo poi la notte dopo il venerdì, la figlia devota accende una candela e con un cenno, non con le parole, ricorda alla Madre il comando di san Francesco.
Il Santo le aveva ordinato, infatti, di non lasciar passare giorno alcuno senza cibo.
E, mentre le stava in piedi davanti Chiara, come ritornando da un altro luogo, proferì queste parole: « Che bisogno c'è della candela? Non è forse giorno? ».
« Madre - le risponde quella - il giorno è passato ed è ritornata un'altra notte »
E a lei Chiara: « Sia benedetto questo sonno, carissima figlia; perché, dopo averlo tanto desiderato, mi è stato dato in dono.
Ma guardati dal raccontare di questo sonno a qualcuno, finché vivo in questo corpo ».
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