Contro Fausto manicheo |
Fausto. " Perché non accettate Mosè? ". Per l'amore e la pietà con cui adoriamo Cristo.
Chi è tanto irreligioso da accogliere volentieri chi ha maledetto suo padre?
Perciò anche noi, benché non abbia mai risparmiato bestemmiando nessuno o umano o divino che fosse, odiamo Mosè soprattutto per aver perseguitato con un crudele oltraggio di devozione Cristo, figlio di Dio appeso alla croce per la nostra salvezza ( se volontariamente o meno pensaci tu ).
Da nessuno di queste due cose sarà infatti scusato o raccomandato sì da essere accolto.
Ha infatti detto che è maledetto chiunque pende dal legno. ( Dt 21,23 )
Dunque tu vuoi che accetti costui e che gli creda.
Infatti se fu divino risulta che scientemente e volontariamente maledisse Cristo.
Se invece maledisse Cristo senza volerlo e senza capirlo risulta non essere stato divino.
Tu dunque scegli una delle due alternative, o che Mosè non fu profeta e peccò per imprudenza, sì che, mentre, secondo la sua abitudine, malediceva altri, bestemmiò anche Dio senza accorgersene; o che fosse divino e non ignorasse questi eventi futuri, ma invidiando la nostra salvezza, che sarebbe derivata dal legno, riversò sul suo autore i veleni della sua bocca maledica.
E chi crederebbe che abbia visto o conosciuto il Padre colui che ne ha straziato il figlio?
E che abbia potuto predire la venuta del figlio quest'uomo che ignorava l'esito dell'ascensione?
A ciò si aggiunge che anche questo considero, quanto si sia diffusa questa ingiuria e quante cose comprenda e violi, come colpisca tutti i giusti e i martiri e tutti coloro che sono morti subendo tale passione, Pietro e Andrea e tutti gli altri che hanno avuto la stessa sorte.
Se Mosè o non li avesse conosciuti non essendo un profeta o li avesse odiati con cattiveria, perché profeta, non li avrebbe colpiti con l'oltraggio di una così crudele maledizione.
Infatti non li chiama maledetti nel senso comune del termine, cioè davanti agli uomini, ma maledetti da Dio.
Se le cose stanno così donde può derivare una speranza di benedizione a Cristo, agli apostoli o a noi stessi se a causa di quel nome ci dovesse toccare di essere crocifissi?
Quanto infine era imprudente e privo di ispirazione divina da non riuscire a pensare che per diverse cause gli uomini vengono sospesi a un legno: alcuni per una cattiva azione, altri per la giustizia o per Dio.
Per questo collocò tutti confusamente e senza alcuna distinzione sotto la medesima maledizione.
Avrebbe invece dovuto dire, se avesse avuto un minimo di prudenza, per non dire di preveggenza, che la croce lo offendeva a tal punto che solo eliminandola e togliendola come eccezione da ogni altro genere di punizioni, sarebbe stato maledetto ogni scellerato ed empio che pendesse da un legno, si che vi fosse una certa distinzione fra giusti e ingiusti.
Ma neppure così avrebbe detto il vero in quanto Cristo partendo dalla croce introdusse il ladrone nel paradiso di suo Padre. ( Lc 23,43 )
Dov'è dunque l'anatema: Maledetto chiunque pende dal legno?
Forse che quell'insigne ladrone di nome Barabba che non solo non fu sospeso a un legno, ma fu anche liberato dal carcere per richiesta dei Giudei, ( Mt 27,26 ) fu più benedetto di quello che con Cristo salì dalla croce al cielo?
Che dire poi del fatto che Mosè chiama maledetto anche l'adoratore del sole e della luna? ( Dt 17, 3 )
Se posto sotto un re pagano io fossi costretto ad adorare il sole e, avendo resistito per timore di quella maledizione, fossi condannato alla crocifissione, incapperei forse nell'altra maledizione che Mosè scaglia contro chi pende da un legno?
È forse una consuetudine per Mosè maledire tutti i buoni?
Noi dobbiamo stimare le sue maledizioni quanto quello delle vecchie inacidite.
In questo modo perseguita tutti i fanciulli e le vergini di Dio con tali maledizioni dicendo che è maledetto chiunque non ha fatto risorgere la sua generazione in Israele. ( Dt 25,5-10 )
Un'accusa questa che colpisce soprattutto Gesù che, nato anche lui, come dite, di sangue ebreo, non fece sorgere fra i suoi una stirpe per assicurarne la posterità.
Lo stesso si dica per i suoi discepoli: separò dalle mogli quelli che aveva trovato sposati e proibì di sposarsi a quelli che aveva trovato celibi.
Tu ben sai che noi giustamente odiamo questa impunita lingua di Mosè intenta a colpire con le frecce della maledizione Cristo, che è la luce, la santità e tutto ciò che v'è di divino.
E perché tu non ritenga che v'è molta differenza fra sospeso e crocifisso ( infatti voi siete soliti anche prendere questa distinzione a vostro sostegno ) ascolta la risposta di Paolo alle vostre invenzioni: Cristo ci ha redenti dal maleficio della legge facendosi egli stesso maleficio per noi, poiché è scritto: maledetto sia chiunque pende dal legno. ( Gal 3,13 )
Agostino. Fausto, uomo pio, si duole che Cristo sia maledetto da Mosè e per questo odia Mosè, perché ama Cristo.
Frattanto prima di rivelare con quale profondo mistero e con quale pietà si sia detto: Maledetto sia colui che pende da un legno, ( Dt 21,23 ) chiedo a questi pii uomini perché mai si adirino con Mosè, dal momento che la sua maledizione non è giunta al loro Cristo.
Se infatti Cristo fu appeso al legno furono piantati in ogni caso dei chiodi e dopo la risurrezione al suo discepolo che meno gli credeva poté mostrarne le cicatrici. ( Gv 20,27 )
Stando così le cose Cristo ebbe comunque un corpo vulnerabile e mortale, ciò che costoro non vogliono ammettere.
Se dunque quelle ferite e quelle cicatrici erano false è anche falso dire che pendette dal legno.
Non poté quindi giungere a lui la maledizione né ci fu motivo di adirarsi con colui dalla cui bocca era uscita.
Perciò se costoro fingono di adirarsi con colui che avrebbe maledetto la falsa morte di Cristo, io, secondo loro, potrei dire che sono da fuggire coloro che non maledicono Cristo, ma, cosa più esecrabile, lo accusano.
Se infatti non è accettabile colui che lancia una maledizione contro la mortalità, è da detestare chi oppone il falso alla verità?
Ma vediamo ora, prendendo l'occasione dagli eretici calunniatori, come quel sacramento sia esposto ai fedeli.
La morte dell'uomo deriva da una punizione del peccato, sì che essa stessa è detta peccato, non perché l'uomo pecca quando muore, ma perché dal peccato deriva la sua morte.
Così come secondo una accezione è detta propriamente lingua la carne che si muove fra i denti sotto il palato e secondo un'altra è detto lingua ciò che avviene per mezzo di essa ( come si dice che altra è la lingua greca e altra la latina ): e secondo un'accezione è detta mano lo stesso membro del corpo che muoviamo per operare e secondo un'altra è detta mano la scrittura che si realizza per mezzo della mano e per cui diciamo: è prodotta la sua mano, fu letta la sua mano contro di lui, ho la tua mano, ricevi la tua mano.
Mano è propriamente il membro dell'uomo e non penso che quella scrittura sia un membro dell'uomo anche se è detta mano perché dalla mano è tracciata.
Così peccato non è tanto la stessa azione malvagia degna di punizione, ma la stessa morte che è determinata dal peccato e prende il nome di peccato.
Quel peccato per cui si è rei di morte Cristo non lo ha commesso.
Ha invece accettato per noi l'altro, cioè la morte, che a causa del peccato fu inflitta alla natura umana.
Questo peccato fu sospeso al legno, questo fu maledetto da Mosè; ivi la morte fu condannata perché non regnasse e maledetta perché perisse.
È per mezzo di questo particolare peccato di Cristo che anche il nostro è stato condannato perché noi fossimo liberati e non rimanessimo condannati regnando ancora il peccato.
Perché dunque Fausto si meraviglia che sia maledetto il peccato, che sia maledetta la morte, che sia maledetta la mortalità della carne senza il peccato di Cristo, penetrata però anche in Cristo per il peccato dell'uomo?
Il corpo la riprese da Adamo perché la Vergine Maria non partorì Cristo da Adamo.
Dio aveva detto nel paradiso: Nel giorno in cui la toccherai di morte morrai, ( Gen 2,17 ) cioè maledetto ciò che pendette dal legno.
Neghi la maledizione di Cristo lui che ne nega anche la morte.
Chi poi ammette anche che sia morto non può negare che la morte dipenda dal peccato e che per questo essa sia chiamata peccato.
Ascolti l'Apostolo che dice: poiché il nostro vecchio uomo è stato crocifisso assieme a lui ( Rm 6,6 ) e comprenda chi Mosè abbia chiamato maledetto.
Perciò con sicurezza l'Apostolo dice di Cristo: si è fatto maledetto per noi ( Gal 3,13 ) come non esitò a dire: È morto per tutti. ( 2 Cor 5,15 )
Dire è morto è lo stesso che dire è maledetto, poiché la morte stessa deriva dalla maledizione e maledetto è ogni peccato, sia quello che viene commesso sì che ne segua un castigo, sia il castigo stesso che con diversa accezione è detto peccato poiché è determinato dal peccato.
Cristo dunque subì un castigo che spettava a noi senza aver commesso reato in modo d'assolverci dal nostro reato e di porre fine anche al nostro castigo.
Vi avrei detto a titolo personale queste cose se l'Apostolo non vi inculcasse tante volte questa realtà per svegliare i dormienti e togliere la parola a coloro che dicono il falso: Dio, dice, ha inviato suo Figlio in una carne simile a quella del peccato per vincere il peccato nella carne. ( Rm 8,3 )
Quella non era dunque la carne del peccato poiché non era pervenuta dalla radice della morte in Maria per tramite di un uomo.
Tuttavia poiché la morte deriva dal peccato quella carne, benché di vergine, era mortale e per lo stesso motivo per il quale era mortale era simile alla carne del peccato.
E anche questo chiama peccato dicendo conseguentemente: Affinché in vista del peccato condannasse il peccato nella carne; e in un altro passo: Colui che non conosceva il peccato ha fatto il peccato per noi perché noi fossimo in lui giustizia di Dio. ( 2 Cor 5,21 )
Perché dunque Mosè dovrebbe temere nel dire maledetto quello che Paolo non ha temuto di chiamare peccato?
Certo il profeta avrebbe dovuto prevedere e predire questo, pronto alle accuse da parte degli eretici e dell'Apostolo.
Chiunque infatti rimprovera al profeta di aver detto maledetto è costretto a rimproverare all'Apostolo di aver detto peccato: infatti la maledizione si accompagna al peccato.
Non sarebbe perciò segno di maggiore odiosità l'aggiunta dell'espressione da Dio per cui la maledizione suonerebbe: sia maledetto da Dio chi sarà appeso nel legno. ( Dt 21,23 )
Se infatti Dio non odiasse il peccato e la nostra morte, non invierebbe suo Figlio perché l'accolga e ne soffra.
Che c'è di strano se chi odia Dio è maledetto da Dio?
Tanto più volentieri infatti ci dona l'immortalità, che verrà con la venuta di Cristo, quanto più misericordiosamente odia la nostra morte che fu appesa nel legno alla morte di Cristo.
Quanto all'aggiunta di omnis per cui la formula di maledizione diventa sia maledetto chiunque penderà nel legno certamente Mosè non solo previde che anche i giusti sarebbero finiti in croce, ma previde assai bene che gli eretici avrebbero negato la vera morte del Signore e che vollero perciò sottrarre Cristo a questa maledizione per sottrarlo anche alla verità della morte.
Se infatti quella morte non era vera nessun maledetto fu appeso nel legno con la crocifissione di Cristo poiché non sarebbe stato veramente crocifisso.
Ma contro coloro che sarebbero stati eretici quanto prima interviene Mosè dicendo: senza motivo tergiversate voi cui dispiace la verità della morte di Cristo; maledetto sia colui che pende nel legno, non questo o quello, ma tutti in assoluto.
Anche il figlio di Dio? Si, certamente. Infatti questo è quello che voi non volete: per questo vi agitate e cercate proseliti.
Vi dispiace infatti che si dica " Cristo maledetto per noi " perché non vi piace sentir dire Cristo morto per noi.
Egli sarebbe infatti esente dalla maledizione di Adamo, se lo fosse dalla sua morte.
Poiché però ha accettato la morte dall'uomo e per l'uomo, non ha rifiutato di accettare da lui e per lui anche la maledizione che accompagna la morte, lui figlio di Dio sempre vivo nella sua giustizia, morto per i nostri delitti, ( Rm 4,25 ) in una carne accettata come punizione del nostro peccato.
È così ch'egli è sempre benedetto nella sua giustizia, maledetto per i nostri delitti in una morte subita come espiazione dei nostri peccati.
E per questo è stato aggiunto un omnis, perché non si dicesse che Cristo non aveva avuto a che fare con una vera morte nel caso che per una insipiente onorificenza fosse esentato dalla maledizione che accompagna la morte.
Chi è fedele secondo la verità evangelica comprende che dalla bocca di Mosè non uscì un'ingiuria contro Cristo quando lo disse maledetto ( non nella sua maestà divina, ma per la condizione della nostra punizione per la quale fu sospeso nel legno ).
Non è però nemmeno una lode di Cristo quella che esce dalla bocca dei Manichei quando negano che Cristo avesse carne mortale nella quale soffrire per una vera morte.
Da quella profetica maledizione si ricava un elogio dell'umiltà, da questa sorta di eretico errore si oppone l'accusa di falsità.
Se però neghi che sia maledetto, neghi che sia morto.
Ma se neghi che sia morto non sei più in contrasto con Mosè, ma con gli apostoli.
Se poi confessi che è morto, confessa che ha accettato il castigo del nostro peccato senza il nostro peccato.
Quindi quando senti " castigo del peccato " credi che deriva o da una benedizione o da una maledizione.
Se il castigo del peccato viene da una benedizione desidera di essere sempre nel castigo.
Se desideri esserne liberato credi che per la giustizia del divino giudizio il castigo è derivato da una maledizione.
Ammetti dunque che abbia accettato la maledizione per noi colui che ammetti sia morto per noi e che null'altro volle significare Mosè quando disse sia maledetto chiunque sarà appeso nel legno ( Dt 21,23 ) se non che è mortale e muore chiunque è appeso nel legno.
Avrebbe infatti potuto dire " maledetto ogni mortale " o " maledetto ogni morente ".
Ma questo è ciò che asserisce il profeta poiché sapeva che Cristo sarebbe morto appeso in una croce e che vi sarebbero stati degli eretici secondo i quali Cristo sarebbe effettivamente stato appeso ad un legno, ma solo in apparenza, non perché morisse veramente.
Gridando dunque maledetto non proclamò null'altro se non che Cristo è morto veramente, con piena conoscenza della morte dell'uomo peccatore da lui accolta, pur essendo senza peccato, e proveniente da quella maledizione che suona: Se la toccherete morirete di morte. ( Gen 2,17 )
C'è qui anche un rapporto con quel serpente sospeso su un legno per significare non già che Cristo avrebbe finto una falsa morte, ma che quella vera fu appesa al legno della sua passione nella quale quel serpente con cattivi consigli gettò l'uomo.
Questa vera morte costoro non vogliono vederla e perciò non sono guariti dal veleno del serpente così come nel deserto guarivano al solo guardarlo. ( Nm 21,9 )
Confessiamo che da parte di inesperti si dice che altro è essere inchiodati a un legno, altro pendere da un legno.
Così alcuni ritengono di risolvere la presente questione sostenendo che ad essere dichiarato maledetto da Mosè fu Giuda, che per questo si sospese ad un cappio, quasi che sapessero anticipatamente se si sarebbe appeso a un legno o a una roccia.
Ma è vero ciò che Fausto stesso ricorda, che cioè l'Apostolo non permette di riferire la predizione a nessun altro se non a Cristo.
Tale imperizia, propria di alcuni cattolici, ne fa una preda dei Manichei.
Costoro insistono con alcuni e ne irretiscono altri con le loro menzogne.
Tali fummo anche noi che cademmo ed aderimmo a quelle false dottrine; alla fine, però, non con le nostre forze, ma per intervento della misericordia divina, ne fummo tratti fuori.
Quali verità divine attaccò Mosè, secondo l'accusa fattagli da Fausto, con le parole " non risparmiò nessuna né delle cose umane né di quelle divine "? Disse infatti e se ne andò.
Nulla si preoccupò di dimostrare, nulla di spiegare.
Noi sappiamo che Mosè lodò sempre con sentimento di pietà tutte le verità veramente divine e che, compatibilmente con la mentalità del suo tempo e grazie alle sue capacità organizzative, resse con giustizia le vicende umane.
Esigano costoro che io insegni questo, così come essi hanno tentato di insegnare ciò che Fausto rimprovera, certamente con cautela, da acuto qual era, ma per questo incauto, perché col suo acume si distruggeva.
Felice è infatti un cuore acuto verso la verità, infelice se contro la verità.
Non disse infatti " non risparmiò nessuno degli uomini e degli dei ", ma nessuna delle cose umane e divine.
Se dicesse che Mosè non risparmiò Dio, sarebbe facilmente accusato di una falsa incriminazione, dal momento che il profeta risulta aver onorato e predicato in ogni occasione il vero Dio che creò il cielo e la terra.
Se dicesse che non risparmiò nessuno degli dèi comunicherebbe ai Cristiani ch'egli adora quegli stessi dèi il cui culto è proibito da Mosè.
In tal modo fuggendo i piccoli sotto le ali della madre cattolica non riunirebbe quelli che non ha generato.
Per tender dunque delle insidie ai piccoli disse che Mosè non aveva risparmiato nessuna delle cose divine, in modo che né i Cristiani potessero, per l'aperto culto degli dèi, fuggire l'empietà di costoro troppo aborrente dalla fede cristiana e i pagani favorirli contro di noi, loro che sapevano che Mosè aveva detto molte cose vere e degne contro gli idoli e gli dei Gentili che sono i demoni.
Se a costoro questo dispiace confessino apertamente di essere cultori degli idoli e dei demoni poiché sarebbe da ignoranti essere eretici per quell'unico aspetto.
Ha detto al riguardo l'Apostolo: Poiché negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede dando retta a spiriti seduttori e a dottrine demoniache e lasciandosi sedurre dall'ipocrisia di predicatori di menzogne. ( 1 Tm 4,1-2 )
Chi infatti se non i demoni, amici della menzogna, potrebbe dare ad intendere a costoro che Cristo, dopo aver subito una falsa passione, non sarebbe veramente morto, avrebbe mostrato delle cicatrici false, data l'inesistenza della passione, né sarebbe veramente morto né quelle sarebbero state vere cicatrici causate da vere ferite?
Quali sono le più evidenti dottrine dei demoni, predicatori di menzogna, se non queste secondo le quali si cerca di convincere che il Figlio di Dio, cioè la verità stessa, è menzognera?
Ma costoro nella loro dottrina mostrano di avere rispetto non dei demoni, ma della creatura, rispetto che l'Apostolo condanna quando dice: E venerarono e servirono la creatura piuttosto che il Creatore. ( Rm 1,25 )
In questi loro fantasiosi racconti dunque costoro venerano gli idoli e i demoni senza saperlo; nel sole e nella luna sanno di essere al servizio di una creatura e quanto al servizio che pensano di offrire anche al Salvatore cadono in un grosso sbaglio: sono infatti al servizio di una loro immagine, ma in nessun modo del Salvatore, dal momento che negano che Dio avrebbe creato quelle cose che l'Apostolo riferisce apertamente alla creazione di Dio dicendo, nella sua trattazione dei cibi e delle carni: Ogni creatura di Dio è buona e non bisogna toglierle nulla quando è presa come rendimento di grazia. ( 1 Tm 4,4 )
Vedete quale sia la sana dottrina non sopportando la quale voi vi volgete alle favole.
Come l'Apostolo loda la creatura di Dio e vieta tuttavia di rivolgere a lui il culto religioso, così fece lo stesso Mosè, anche se a voi sembra non rispettasse nulla di divino, per nessun altro motivo, io penso, se non perché proibì di adorare il sole e la luna ( Dt 17,3 ) seguendo il percorso dei quali vi volgete a tutti gli angoli per adorarli.
Mosè, infatti, lodò con una autentica lode il sole e la luna quando parlò della loro creazione da parte di Dio e del loro collocamento nell'ordine celeste per compierne le opere e come troviamo scritto dallo stesso profeta: Il sole per regolare il giorno e la luna per regolare la notte. ( Gen 1,16; Sal 136,8-9 )
Il sole e la luna non godono delle vostre false lodi.
Il diavolo, la creatura che ha prevaricato, ha saputo godere di una falsa lode.
Le potestà celesti, che non sono cadute per il peccato, vogliono che il loro creatore sia lodato in se stesso, essendo l'unica loro vera lode quella con la quale non si arreca ingiuria al loro creatore.
Si ha invece ingiuria quando si dice che le potestà sono parti o membra o qualcosa della sua sostanza.
Egli infatti è perfetto, non manca di nulla, non ha una origine, non è diviso, non ha estensione, è tutto raccolto in se stesso, immutabile, autosufficiente, felice in se stesso; a causa della sua grandissima bontà " disse " attraverso il suo Verbo e tutto fu fatto, ordinò e tutto fu creato. ( Sal 148,5 )
Pertanto se sono buoni i corpi terrestri, dei quali l'Apostolo parlava dicendo che nessun cibo è impuro, in quanto ogni creatura di Dio è buona, quanto più saranno buoni i corpi celesti fra i quali eccellono il sole e la luna! Dice infatti l'Apostolo: Corpi celesti e corpi terrestri; ma altra è la gloria dei corpi celesti, altra quella dei terrestri. ( 1 Cor 15,40 )
Non reca offesa dunque Mosè al sole e alla luna quando vieta di adorarli, ma li loda come creazione celeste.
Loda però Dio in quanto creatore degli oggetti celesti e di quelli terrestri.
Non vuole che si offenda Dio quando in luogo di lui sono adorati quelli che sono lodati per lui o da lui.
12.2 - Ma con quanta arguzia sembra a Fausto di criticare la maledizione lanciata proprio da quel Mosè che adorava il sole e la luna.
" Se dunque ", dice Fausto, " quale suddito di un re pagano fossi costretto ad adorare il sole e se essendomi rifiutato di farlo per non subire una maledizione fossi condannato alla crocifissione, finirei con l'incorrere nell'altra maledizione di Mosè da lui lanciata contro colui che pende nel legno ".
Ma nessun re pagano vi costringe ad adorare il sole e neppure il sole stesso vi costringerebbe a farlo, se regnasse sulla terra, in quanto neppure ora vuole che lo facciate.
Come lo stesso Creatore sosterrà gli empi che lo bestemmiano fino al giudizio, così i corpi celesti tollereranno i loro vani adoratori fino al giudizio del loro creatore.
Ricordatevi comunque che un re cristiano non può costringere ad adorare il sole.
Fausto propone l'esempio del re pagano ben sapendo che riguarda i pagani ciò che fate quando adorate il sole.
Questo non è certamente cristiano: ma la pernice ha già posto dovunque il nome di Cristo per poter riunire quelli che non ha generato. ( Ger 17,11 )
Vedete tuttavia quanto facilmente risponde la verità e quanto facilmente la sana dottrina spezzi l'inevitabile e bicipite laccio della vostra questione.
Immaginiamo dunque che un uomo munito di potere regale ordini che sia sospeso ad un legno un cristiano che si rifiuta di adorare il sole.
Se eviterò, tu mi dici, la maledizione che commina la legge contro l'adoratore del sole, incapperò in quella che la medesima legge commina contro colui che è appeso ad un legno.
Così resterai turbato: ma lo sarai tu, anzi neppure tu che senza che nessuno te lo ordini adori il sole.
Ma in realtà il cristiano, edificato sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, ( Ef 2,20 ) considera le particolari ragioni e le singole maledizioni: vede che l'una riguarda il corpo mortale che pende da un legno e che l'altra si riferisce all'anima con la quale viene adorato il sole.
Anche se il corpo si inchina nell'adorazione, l'animo tuttavia o venera quello che adora o finge di farlo, due atteggiamenti entrambi rischiosi.
Poiché in entrambi i casi è la morte che merita la maledizione, come è morte del corpo pendere da un legno, così è morte dell'anima adorare il sole.
Occorre dunque scegliere la maledizione connessa alla morte del corpo, una maledizione dalla quale il corpo sarà liberato al momento della risurrezione.
Occorre invece evitare la maledizione connessa con la morte dell'anima perché non sia condannata col suo corpo al fuoco eterno.
Infatti il Signore risolve per noi questa questione dicendo: Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete invece colui che ha il potere di uccidere sia l'anima che il corpo nella geenna di fuoco. ( Mt 10,28 )
È come se dicesse: " Non temete la maledizione della morte del corpo che si dissolve nel tempo; temete invece la maledizione della morte spirituale per la quale l'anima è tormentata per tutta l'eternità assieme al suo corpo ".
Ecco che non si tratta di una maledizione da vecchierelle, ma di una predizione profetica: Sia maledetto chiunque penderà da un legno. ( Dt 21,23 )
Cristo toglie la maledizione dal maledetto come la morte dalla morte e il peccato dal peccato.
Così dunque Mosè non bestemmiò dicendo sia maledetto colui che pende da un legno, così come non bestemmiarono gli apostoli dicendo: È morto; ( 2 Cor 5,14-15 ) e: il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui; ( Rm 6,6 ) e: condannò il peccato di peccato; ( Rm 8,3 ) e: colui che non conosceva il peccato commise il peccato per noi ( 2 Cor 5,21 ) e molte altre frasi consimili.
Voi quando inorridite per la maledizione di Cristo, confessate di inorridire per la morte di Cristo.
Qui compare non la vostra anile maledizione, ma la vostra diabolica simulazione: con la morte della vostra anima non credete alla morte del corpo di Cristo.
Quanto alla morte di Cristo tentate di farla credere non vera, ma simulata, quasi che voi non osiate ingannare gli uomini col nome di Cristo e a meno che non vogliate fare di Cristo un maestro di menzogne.
Quanto al fatto che Mosè sarebbe parso a Fausto nemico della continenza e della verginità per aver detto: Sia maledetto colui che non ha suscitato la stirpe in Israele ( Dt 25,7 ) si legga quanto grida Isaia: Questo dice il Signore a tutti gli eunuchi: coloro che avranno osservato i miei precetti e avranno fatto le scelte che io desidero e avranno rispettato il mio comandamento avranno da me in dono nella mia casa e fra le mie mura un luogo e un nome migliore dei figli e delle figlie, darò loro un dono eterno che non verrà mai meno. ( Is 56,4-5 )
Se ritengono Isaia contrario a Mosè piaccia a loro questo e dispiaccia l'altro: andare contro di essi non è poco.
A noi basta sapere che un unico Dio ha parlato sia attraverso Mosè sia attraverso Isaia e che è stato maledetto chiunque non abbia collaborato all'incremento numerico degli Israeliti sia allora, in un periodo in cui era un dovere civico, pur nei limiti della castità matrimoniale, provvedere alla generazione carnale dei figli, sia ora per evitare che qualcuno spiritualmente rinato pensi di dover bastare a se stesso e non si dedichi esclusivamente a progredire nell'acquisto dei doni del Signore fruendo dei quali ciascuno, entro i suoi limiti, deve provvedere, predicando Cristo, ad aumentare il numero dei Cristiani.
In questo modo quel divino detto: Sia maledetto chi non collabora all'incremento degli Israeliti, abbraccia con straordinaria brevità i tempi di entrambi i testamenti.
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