Contro Fausto manicheo |
Fausto. " Come potete venerare Cristo ripudiandone i profeti dalle cui predizioni si deduce che sarebbe venuto? ".
Non so se qualcuno, incominciando ad esaminare il problema, sia in grado di dimostrare che il nostro Cristo, figlio di Dio, è stato predetto da profeti ebrei.
Anche ammesso però che le cose stiano così a noi che cosa ne viene?
Ci resta da far loro un rimprovero: coloro che per caso dal Giudaismo si sono convertiti al Cristianesimo sulla base, come tu dici, della testimonianza dei profeti, successivamente li trascurano comportandosi da ingrati per i benefici ricevuti.
Inoltre noi siamo per natura dei Gentili, nati sotto una legge diversa da quella che Paolo designa col termine prepuzio ( Ef 2,11 ) e con profeti diversi che i pagani chiamano vati e successivamente convertiti da ciò che eravamo al Cristianesimo.
Non siamo stati Giudei passati al Cristianesimo per seguire giustamente la fede dei profeti ebrei, ma ci siamo convertiti solo perché spinti dalla fama delle virtù cristiane e dalla sapienza del nostro liberatore Gesù Cristo.
Se pertanto mentre ancora rimanevo nella religione dei padri mi si fosse presentato un predicatore con l'intento di parlarmi di Cristo partendo dai profeti, costui io l'avrei giudicato un pazzo che si sforzava di convincere di tesi dubbie partendo da tesi ancor più dubbie, un pagano come me, seguace di una religione ben diversa.
Che cosa occorreva se non che prima mi persuadessi che bisogna credere ai profeti e successivamente a Cristo attraverso i profeti?
E perché ciò avvenisse occorrevano parimenti altri profeti che garantissero per questi.
Ragion per cui se tu ritieni che Cristo deve essere accettato attraverso i profeti, per tramite di chi accetterai i profeti?
Dirai forse " per tramite di Cristo " in modo che l'uno raccomandi l'altro, Cristo i profeti e i profeti Cristo?
Ma un pagano, libero dai condizionamenti di entrambi, non crederebbe né ai profeti, che parlano di Cristo, né a Cristo che parla dei profeti.
Pertanto chiunque diventa cristiano dopo essere stato pagano non deve tutto a nessun altro se non alla sua fede.
E per chiarire con un esempio ciò che diciamo esplicitamente, immaginiamo che qualcuno fosse da noi catechizzato e che noi standogli accanto gli dicessimo: credi a Cristo che è veramente Dio.
" E da cosa lo dimostrate? ", chiederebbe lui, e noi: " Dai profeti ".
E chiedendo egli di nuovo: " Da quali profeti? ". Risponderemmo: " Dai profeti ebrei ".
Ed egli sorridendo direbbe: " Io non credo minimamente a queste cose ".
Noi a nostra volta chiederemmo: " Che dire del fatto che Cristo conferma le loro predizioni? ".
Egli riderebbe ancora di più e aggiungerebbe: " Che dire del fatto che io non credo neppure a lui? ".
Quale sarebbe il risultato di tutto questo? Noi resteremmo imbarazzati, ma lui ridendo di noi e della nostra ingenuità rimarrebbe nelle sue posizioni.
Come ho detto, dunque, le testimonianze degli Ebrei non arrecano nessun contributo alla Chiesa cristiana che è costituita più di pagani che di Giudei.
Senza dubbio se, come si dice, vi sono delle predizioni relative a Cristo da parte della Sibilla o di Ermete, che chiamano Trismegisto, o di Orfeo o di altri indovini pagani, queste potranno notevolmente giovare alla nostra fede mentre da pagani diventiamo Cristiani.
Le testimonianze degli Ebrei invece, anche ammesso che siano veritiere, sarebbero però inutili per noi prima dell'acquisto della fede e superflue successivamente.
In precedenza a quelle predizioni non potevamo credere, in seguito tale credenza diviene superflua.
Agostino. La lunghezza della nostra precedente risposta giustifica a questo punto la brevità di quella nuova.
Come penso colui che la leggerà riderà di costui che va delirando in questo modo e che ancora va dicendo che i profeti ebrei non hanno preannunziato la venuta di Cristo, Figlio di Dio.
Quanto al nome Cristo solo presso il popolo ebraico fu onoratissimo se applicato ad un re o ad un sacerdote ( Es 29; 1 Sam 10,1; Es 19 ) e fu eliminato solo dopo la venuta di colui che era simboleggiato in quelle figure. ( Dn 9,24 )
Ci dicano loro stessi da dove abbiano appreso il nome di Cristo.
Se dicono " da Mani ", chiedo allo stesso Mani come degli Africani, per tacere degli altri, abbiano potuto credere a un Persiano dal momento che Fausto rimprovera ai Romani e ai Greci o ad altri Pagani di aver creduto ai profeti ebrei che sono estranei a Cristo e ritiene gli oracoli della Sibilla, di Orfeo e di altri indovini pagani più adatti ad ispirare la fede in Cristo.
Non si aspetti però che in qualche chiesa si leggano quegli oracoli.
I profeti ebrei invece sono noti in tutti il mondo e guidano verso la salvezza cristiana grandi masse di fedeli.
Dire quindi che la profezia ebraica non è adatta ai Gentili ai fini della fede in Cristo quando si constata che è proprio attraverso la Profezia Ebraica che tutti i popoli credono in Cristo è una ridicola follia.
A voi non piace il Cristo preannunciato dagli Ebrei; eppure tutti i popoli pagani, presso i quali voi ritenete che la profezia ebraica non goda di alcuna autorità, credono nel Cristo proprio come è preannunciato dalla profezia ebraica.
E ciò avviene ovviamente accettando il Vangelo che Dio, secondo l'Apostolo, aveva inviato attraverso i suoi profeti nelle sacre Scritture là dove si parla del suo figlio creato per lui della stirpe di Davide secondo la carne. ( Rm 1,2-3 )
Di qui le parole del profeta Isaia: Sarà la radice di Iesse che sorgerà per sanare i Gentili: in lei spereranno le genti. ( Is 11,10 )
E ancora: Ecco che la Vergine concepirà e partorirà un figlio e lo chiameranno col nome di Emmanuel ( Is 7,14 ) che significa " Dio con noi ". ( Mt 1,23 )
Né ritengano i nostri avversari che da parte dei profeti ebrei Cristo sia preannunciato solo come uomo.
A questo sembra accennare Fausto quando dice " il nostro Cristo figlio di Dio", come se gli Ebrei non chiamassero il loro Cristo figlio di Dio.
Ed ecco che noi dimostriamo che Dio Cristo, secondo la profezia degli Ebrei, è figlio della Vergine.
In realtà, nel timore che i Giudei carnali a proposito di Cristo ritenessero solamente ch'egli fosse nato per noi della stirpe di Davide, il Signore stesso li ammoniva chiedendo loro, in base alla profezia dello stesso Davide, che cosa pensassero di Cristo e di chi lo ritenessero figlio.
Ed avendo essi risposto di Davide, per evitare, come ho detto, che si pensasse di lui solo questo e non si considerasse il nome Emmanuel che significa Dio con noi, così si espresse il Signore: Come mai lo stesso Davide, mosso dallo Spirito, chiamò il Signore dicendo: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra finché ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi? ( Mt 22,42-44; Sal 110,1 )
Ecco, lo dico a voi: come noi dimostriamo che Cristo è Dio sulla base della profezia degli Ebrei; mostratemi voi qualche vostra profezia dalla quale avete appreso il nome di Cristo.
Il vostro Mani non fu un profeta della venuta di Cristo, benché con impudente menzogna se ne dicesse discepolo.
Risulta infatti che questa eresia sia sorta non solo dopo Tertulliano, ma anche dopo Cipriano.
Tutte le sue lettere però iniziano con le parole: "Mani apostolo di Gesù Cristo ".
Perché avete creduto a costui sul conto di Cristo? Quale testimone del suo apostolato vi ha fatto conoscere?
Quanto al nome di Cristo ben sappiamo che solo nel regno dei Giudei fu dato a re e sacerdoti in modo che non soltanto questo o quel personaggio, ma tutto il popolo e tutto il regno divenisse profeta di Cristo e del Regno cristiano.
Ma perché allora quest'uomo si è impadronito e ha usurpato questo nome, lui che vi proibisce di credere ai profeti ebrei e giunge al punto di creare, da falso apostolo e mentitore qual è, dei falsi apostoli di un falso Cristo?
Alla fine, per non sentirsi dire tu menti, vi ha presentato alcuni profeti che, a suo parere, annunzierebbero Cristo.
Come vi comportereste con colui che Fausto propone di scegliere come esempio di catechizzando se quello non volesse credere né a quei profeti né a lui?
Chiamerà forse Mani quali testimoni a suo favore i nostri apostoli?
Non credo proprio che chiamerà degli uomini, aprirà piuttosto dei libri che troverà però contrari e non favorevoli alle sue tesi.
Ivi infatti leggiamo e conseguentemente insegniamo che Cristo è nato da Maria Vergine e che il Figlio di Dio è stato creato secondo la carne dalla stirpe di Davide.
Se dichiarerà quei libri falsificati, egli stesso metterà in dubbio la attendibilità dei suoi testimoni. ( Mt 1,22-25; Lc 2,7; Rm 1,3 )
Se poi presenterà altri codici dicendo che appartengono ai nostri apostoli, come potrà dare loro l'autorità che invece rifiuta per quelli stabiliti dagli apostoli nelle Chiese di Cristo per poter poi essere trasferiti alla posterità col sigillo della loro raccomandazione?
Come può Mani, cui non credo, presentarmi delle Scritture alle quali dovrei credere perché me lo chiede lui e come può tentare di dare ad esse un'autorità dal momento che io non gli credo?
Se per definire la figura di Cristo hai creduto alla fama ( anche Fausto nel suo penoso imbarazzo ha affrontato questo tema trattandone solo di passaggio, per non essere ovviamente costretto a presentare quei libri dei quali nulla è l'autorità o ad accettarne altri la cui autorità è in contrasto con il suo pensiero ) se, lo ripeto, nel giudicare Cristo hai creduto alla fama occorre vedere se la fama sia una testimonianza idonea e considerare con molta attenzione l'abisso nel quale si rischia di precipitare.
La fama diffonde su di voi molte maldicenze quando non vorreste che le si credesse.
Che ragione vi è dunque di volere che quella stessa fama sia veridica nei riguardi di Cristo e menzognera nei vostri riguardi?
E che dire del fatto che siete anche in contraddizione con la fama di Cristo?
In realtà di fama ve n'è un'altra più chiara e più esaltante che tiene sospese le orecchie le menti e le lingue di tutti i popoli, quella che, attraverso Cristo nato dalla stirpe di Davide, porta a compimento ciò che secondo le Scritture Ebraiche era stato scritto e promesso ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Nel tuo sangue benedirò tutte le genti. ( Gen 22,18; Gen 26,4; Gen 28,14 )
Che cosa risponderete, a chi mai crederete circa la figura di Cristo, voi cui non piacciono le testimonianze straniere?
L'autorità dei nostri libri confermata dal consenso di tanti popoli attraverso la successione degli apostoli, dei Vescovi e dei Concili vi è contraria.
Quella dei vostri libri è inconsistente perché sostenuta da pochissimi e da persone che venerano un Dio e un Cristo menzognero.
Perciò la fama si eleva contro la loro falsa dottrina, sempre che non vengano ritenuti falsi imitatori del loro Dio e del loro Cristo.
Ma la stessa fama, se consultata, dà di voi un pessimo giudizio e non cessa di proclamare contro di voi Cristo nato della stirpe di Davide.
Voi non avete udito la voce del Padre dal cielo, ( Mt 3,17; Mt 17,5 ) non avete visto le opere di Cristo con le quali dava testimonianza di sé.
Voi per ingannare con una falsa apparenza di Cristiani fingete di accettare i libri in cui sono scritte queste cose, ma perché non siano letti contro di voi li dite falsificati.
Partendo da essi presentate Cristo che dice: Se non mi credete, credete ai fatti, ( Gv 10,38 ) e ancora: Sono io che do testimonianza di me e il Padre che mi ha mandato offre testimonianza di me. ( Gv 8,18 )
Non volete però che sia citato contro di voi quando dice: Esaminate le Scritture nelle quali pensate di avere la vita eterna: esse stesse danno testimonianza di me, e ancora: Se crederete a Mosè crederete anche a me: infatti egli scrive di me, ( Gv 5, 39.46 ) e ancora: Hanno colà Mosè e i Profeti: ascoltino loro, ( Lc 16,29 ) e ancora Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neppure se qualcuno risuscitasse dai morti gli crederebbero. ( Lc 16,31 )
Come siete pervenuti a questo? Su che cosa vi fondate?
Respingete le Scritture confermate e raccomandate da una così grande autorità e non fate miracoli.
Se li faceste però dovremmo guardarci anche da quelli perché il Signore ci mette in guardia e ci dice: Sorgeranno molti falsi Cristi e falsi profeti e faranno dei segni e molti prodigi per ingannare, se possibile, anche gli eletti.
Ecco che ve l'ho predetto. ( Mt 24,24-25 )
Fin qui ha voluto che non si credesse nulla contro la confermata autorità delle Scritture che dimostra la sua attendibilità con i fatti, che dimostra che quei fatti, preannunciati con grandissimo anticipo, si compiono e realizzano col passare del tempo.
Vi resta ora da addurre una ragione, talmente certa e irrefutabile che, rivelandosi di per se stessa la verità, non richieda né l'autorità di un testimone né l'attuarsi di un vero miracolo.
Che avete dunque da dire? Che insegnate? Qual è questa ragione? Qual è questa verità?
Trattasi di una favola lunga e inconsistente, di un gioco da bambini, di uno scherzo per donne, di un delirio di vecchiette; contiene un inizio tronco, una parte centrale putrida e un finale rovinoso.
All'inizio potrebbe esservi chiesto cosa avrebbe fatto la stirpe delle tenebre al Dio immortale, invisibile e incorruttibile se non avesse voluto combattere con lui.
Nella parte centrale vi si chiede come possa essere incorruttibile e incontaminabile un Dio le cui membra voi triturate nei frutti e nei legumi mangiandole e digerendole per purificarle.
Alla fine vi si chiede che ha fatto un'anima infelice per essere punita con una eterna cattività in un luogo tenebroso, un'anima macchiata da una colpa non sua, ma altrui, che non ha potuto purificarsi essendo venuto a mancare il suo Dio che l'ha anzi gettata nel vizio.
Di fronte alla vostra esitazione nel trovare una risposta cade il disprezzo sui vostri codici così numerosi, grandi e preziosi e vengono compiante le fatiche degli antiquari, le miserevoli scartoffie e il pane degli imbroglioni.
Se dunque né la veneranda antichità e autorità delle Scritture, né la forza dei miracoli né la sanità dei costumi, né la verità trovata dalla ragione vi sostengono, andate confusi e tornate sostenendo che Cristo è il Salvatore di tutti coloro che credono in lui.
I tempi presenti esaltano il suo nome e la sua Chiesa come gli antichi li hanno annunziati.
E ciò è avvenuto non attraverso un impostore uscito da una caverna tenebrosa, ma grazie a un ben definito popolo e a un ben definito regno diffuso e organizzato per questo, perché in esso tutto ciò che riguarda quella persona ( Cristo ) fosse preannunciato in modo figurato per essere manifestato oggi nella sua realtà e sempre in quel regno fossero messi per iscritto dai profeti quegli eventi che oggi gli apostoli ci presentano come fatti compiuti.
Immaginate dunque di avere un pagano da catechizzare del tipo di quello che noi non saremmo riusciti a convertire suscitando il riso di Fausto, ma sul cui identico insuccesso ci sarebbe stato se mai da piangere.
Se infatti avessimo detto al pagano credi in Cristo poiché è Dio e avesse risposto da dove lo ricavo?; se avendogli poi messa davanti l'autorità dei profeti avesse detto di non credere ad essi essendo quelli Ebrei e lui pagano, a quel punto gli avremmo sottoposto la veridicità dei profeti sulla base degli eventi ch'essi predissero e che si realizzarono.
Credo infatti che non gli sfuggirebbe quante persecuzioni in precedenza avesse subito la religione cristiana da parte dei re di questo secolo ( o, se gli fosse sfuggito, si potrebbe dargliene la prova attraverso la storia stessa dei Gentili e le leggi degli imperatori messe per iscritto o affidate alla memoria ).
Vedrebbe certamente che tutto ciò era stato da lungo tempo predetto dal profeta che così si esprime: Perché le nazioni si sono agitate e i popoli hanno vanamente tramato fra loro?
Si sono alzati i re della terra e i principi si sono coalizzati contro il Signore e il suo Cristo.
E che tutto questo non sia detto di Davide risulta chiaro dal salmo stesso.
Ivi infatti si dice qualcosa che riesce a confondere anche uomini molto ostinati con una rivelazione di fatto: Il Signore disse a me: tu sei mio figlio e oggi ti ho generato; chiedimi ed io ti darò le nazioni come eredità e tutta la terra come possesso. ( Sal 2, 1-2.7-8 )
Tale situazione non può riferirsi al popolo dei Giudei sui quali regnò Davide ed essendo il nome di Cristo penetrato in lungo e in largo fra tutti i popoli, nessuno può dubitare che la predizione si sia compiuta.
Credo che il nostro catechizzando resterebbe vivamente impressionato udendo, a partire da questa, molte altre profezie che sarebbe troppo lungo riportare.
Vedrebbe anche gli stessi re della terra felicemente sottomessi al suo comando e tutte le genti disposte a servirlo e gli verrebbe letto ciò che da tanto tempo era stato predetto dal salmo: Lo adoreranno tutti i re della terra, tutti i popoli lo serviranno. ( Sal 72,11 )
Se poi volesse leggere tutto il salmo sotto il nome di Salomone al quale è figuratamente applicato scoprirebbe che Cristo è veramente un re di pace, secondo il vero significato di Salomone.
In quel salmo riconoscerebbe che tutte le cose che vi si dicono si sono realizzate ad un livello molto superiore all'uomo Salomone, re d'Israele.
Considerando parimenti quel salmo in cui è detto che Dio è unto da Dio e comunque è chiamato Cristo in conseguenza dell'unzione vedrebbe che lo stesso Cristo è apertamente presentato come Dio visto che è Dio ( Sal 45,8 ) ad essere unto.
Se volesse poi prendere in considerazione ciò che vi si dice di Cristo e della Chiesa sotto forma di predizioni che constaterebbe essersi compiutamente realizzate nel mondo, vedrebbe anche sparire dalla terra in nome di Cristo gli idoli dei Gentili e apprenderebbe che ciò era stato già predetto dai profeti.
Udrebbe Geremia là dove dice: Dite loro così: gli dei che non hanno creato il cielo e la terra spariscano dalla terra e da sotto il cielo. ( Ger 10,11 )
In un altro passo udrebbe dire dallo stesso profeta: Signore mia fortezza, mio sostegno e mio rifugio nel giorno della sofferenza.
Le genti verranno a te dalle estremità della terra e diranno: quanti falsi idoli hanno posseduto i nostri padri senza alcuna utilità!
Se l'uomo farà degli dei, anche quelli non saranno dei.
Ecco perciò che io mi mostrerò loro in quel tempo, mostrerò loro la mia mano e la mia forza e sapranno che sono il Signore. ( Ger 16,19-21 )
Considerando queste profezie della Scrittura e volgendo lo sguardo su tutto il mondo, c'è proprio bisogno che dica in che modo il catechizzando si volgerebbe alla fede, dal momento che dimostriamo questo con la forza delle cose allorquando ci accorgiamo che i cuori dei fedeli acquistano rigore attraverso la constatazione che una profezia messa per iscritto in passato risulta ai nostri tempi compiutamente realizzata?
Inoltre, ad evitare che il catechizando ritenesse Cristo simile a certi grandi uomini, lo stesso profeta gli avrebbe tolto questa idea dalla testa dicendo: Maledetto sia l'uomo che spera nell'uomo e rafforza la carne del suo braccio mentre il suo cuore si allontana dal Signore; sarà come la tamarice che è nel deserto, non vedrà quando verrà il bel tempo ed abiterà con gli iniqui in terra deserta, in terra salmastra nella quale non è possibile vivere; e ancora: Benedetto sia l'uomo che confida nel Signore e che ha nel Signore la sua speranza; sarà come un albero fruttifico piantato presso l'acqua che metterà nell'acqua le sue radici, non temerà la venuta del caldo e avrà in sé numerose propaggini, non avrà timore nell'anno della siccità e non mancherà di produrre frutti. ( Ger 17,5-8 )
A questo punto quando il catechizzando sentirà dire che è maledetto l'uomo che spera nell'uomo unitamente alla spiegazione di questa maledizione attraverso similitudini profetiche e quando sentirà dire che è benedetto l'uomo che spera nel Signore unitamente ad analoghe similitudini profetiche, a questo punto, si diceva, il nostro uomo si sentirà forse meravigliato nel constatare che noi, per evitare ch'egli ponga la sua speranza nell'uomo, gli annunciamo Cristo come Dio e di nuovo ne parliamo come di un uomo, pur non considerandolo tale per natura, ma per aver assunto su di sé la nostra mortalità.
Così alcuni credendo che Cristo sia Dio, ma non uomo, hanno sbagliato, e a loro volta altri, considerandolo un uomo, ma negandone la divinità, o l'hanno disprezzato o, ponendo nell'uomo la loro speranza, sono caduti in quella maledizione.
A questo punto il pagano, se turbato, accuserebbe il profeta di aver parlato contro la nostra fede in quanto, secondo la fede apostolica, non consideriamo Cristo soltanto come Dio, in cui porre con la massima sicurezza la nostra speranza, ma consideriamo anche l'uomo Gesù come mediatore fra Dio e gli uomini, ( 1 Tm 2,5 ) mentre il profeta parla solo di Dio senza fare nessun accenno alla natura umana.
Allo stesso tempo però udrebbe la voce dello stesso profeta che così lo ammonirebbe e lo correggerebbe: Il cuore è complesso più di ogni cosa ed egli è uomo.
Chi lo riconoscerebbe? ( Ger 17,9 )
Per questo Cristo è uomo, perché quelli col cuore pesante fossero risanati dalla fede per la sua apparenza di servo e lo riconoscessero come Dio, che si fece uomo per loro perché la loro speranza non fosse nell'uomo, ma nell'uomo Dio.
Eppure il cuore è complesso più di ogni altra cosa ed egli è uomo che accetta l'apparenza di servo.
E chi lo riconosce, lui che pur essendo di natura divina non ritenne una diminuzione essere uguale a Dio? ( Fil 2,7 )
Ed egli è uomo perché il Verbo si è fatto carne e ha abitato fra noi. ( Gv 1,14 )
E chi lo riconoscerebbe, dato che in principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo? ( Gv 1,1 )
E davvero il cuore è complesso più di ogni cosa.
Infatti anche fra i suoi discepoli il cuore era complesso quando diceva loro: Sono con voi da molto tempo e non mi avete conosciuto.
Qual è infatti il significato della frase sono con voi da molto tempo, se non quello espresso dalle parole ed egli è un uomo?
E qual è il significato della frase non mi avete conosciuto, se non quello espresso anche dall'interrogazione e chi lo riconoscerebbe?
E chi è lui se non quello che dice: Chi ha visto me, ha visto anche il padre? ( Gv 14,9 )
Perché la nostra speranza non sia nell'uomo, a causa di quella maledizione minacciata dal profeta, sia però nell'uomo Dio, cioè nel figlio di Dio, il nostro Salvatore Gesù Cristo e Mediatore fra Dio e gli uomini del quale il Padre è maggiore per l'apparenza di servo e che è uguale al Padre per la sostanza divina.
Dice Isaia: L'arroganza fra gli uomini sarà umiliata e cadrà e solo il Signore sarà esaltato in quei giorni e nasconderanno nelle spelonche e nelle fessure delle rocce e nelle caverne della terra tutti gli idoli fabbricati dalle mani dell'uomo alla presenza del Signore in preda alla collera e della maestà della sua virtù quando risorgerà per distruggere la terra.
In quel giorno infatti l'uomo getterà gli abominevoli oggetti d'oro e d'argento che determinarono l'adorazione di idoli superflui e nocivi. ( Is 2,17-20 )
Forse quel pagano che catechizziamo e che Fausto ridendo disse che avrebbe detto: " Non credo nei profeti ebrei " nasconde nelle spelonche o nelle fessure delle rocce o nelle caverne della terra alcuni idoli fabbricati dalle sue mani, o sa che qualche suo amico ha fatto questo, o sa che è stato fatto in un suo fondo alla presenza del Signore in preda alla collera il quale, secondo la stessa profezia, a mezzo dei re della terra già adoranti e al suo servizio, stringe la terra, cioè spezza l'audacia del cuore terreno, con leggi severissime.
Come potrebbe dire: " Non credo ai profeti ebrei " dal momento che sa che si va compiendo in lui stesso quello che a suo tempo era stato predetto dai profeti ebrei?
Ci sarebbe stato maggiormente da temere ch'egli, assediato dall'evidenza dei fatti, dicesse che solo dopo che questi eventi s'erano manifestati nel mondo i Cristiani avevano posto mano alla stesura di quegli scritti in modo da far credere che gli eventi ivi figurati fossero stati anticipatamente predetti per intervento divino e non fossero disprezzati in quanto scritti per caso dall'uomo.
Questo ci sarebbe stato da temere se il popolo dei Giudei non fosse stato sparso e noto un po' dappertutto: il famoso Caino col segno che impediva che fosse ucciso ( Gen 4,15 ) e il ben noto Cam, servo dei suoi fratelli, ( Gen 9,25 ) recando i libri per istruire loro e subendone egli stesso il peso.
Attraverso i loro libri dimostriamo che quelle profezie non sono state scritte da noi sotto l'incalzare dagli avvenimenti, ma che erano state predette e conservate in quel regno e ora manifestate e portate a compimento.
Fra esse quelle meno perspicue, perché arrivavano a loro in modo figurato, sono state scritte per noi che siamo alla fine dei tempi ( 1 Cor 10,11 ) e oramai sono state illustrate e risolte, sia quelle che erano oscurate dalle ombre degli eventi futuri sono ora manifestate dalla luce nel loro compimento.
Forse a questo punto il catechizzando potrebbe meravigliarsi del fatto che coloro nei cui libri si trovano preannunziati quegli eventi che vediamo compiuti non vivono con noi nella comunione del Vangelo.
Quando però gli si spiegasse che anche questa circostanza è stata prevista da quei profeti, quanto sarebbe mosso alla fede!
Chi è tanto sciocco da non vederlo? Chi tanto impudente da fingere di non vederlo?
Chi dubiterebbe che questo sia stato predetto per i Giudei quando Isaia dice: Riconobbe il bue il suo padrone e l'asino il recinto del suo Signore.
Israele invece non mi ha conosciuto e il mio popolo non mi ha compreso; ( Is 1,3 ) o ciò che ricorda l'Apostolo: Tutto il giorno ho aperto le mie mani al popolo che non credeva e mi contraddiceva; ( Rm 10,21; Is 65,2 ) o queste altre parole: Dio dette loro lo spirito di compunzione, gli occhi perché non vedano e le orecchie perché non ascoltino e non comprendano ( Rm 11,8; Is 6,10 ) e molte altre frasi del genere?
Se poi dicesse: " In che cosa peccarono i Giudei se Dio li accecò perché non riconoscessero Cristo? ", noi mostreremmo per quanto possibile a quest'uomo ancora da dirozzare che la giusta pena della cecità deriva dai peccati occulti, ma noti a Dio.
Gli dimostreremmo infatti che non solo l'Apostolo disse di alcuni queste parole: Perciò Dio li abbandonò alla concupiscenza del loro cuore o alla loro sensibilità malvagia perché facessero ciò che non conviene ( Rm 1, 24.28 ) - e ciò fece volendo dimostrare che alcuni peccati manifesti derivano dalla punizione di altri che rimangono occulti - ma che gli stessi profeti non hanno taciuto di questo.
Per non farla lunga, lo stesso Geremia nel passo in cui dice: Ed è un uomo, e chi lo riconoscerebbe? ( Ger 17,9 ) per evitare che i Giudei fossero in qualche modo scusati perché non lo conoscevano ( Se infatti l'avessero conosciuto, come dice l'Apostolo, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria ( 1 Cor 2,8 ) ) continua il suo discorso e mostra che il non conoscerlo derivava da una loro colpa occulta.
Dice infatti: Io sono il Signore che interroga i cuori e analizza i reni per dare a ciascuno secondo le sue vie e secondo il frutto delle loro opere. ( Ger 17,10 )
Di questo, inoltre, il pagano potrebbe essere meravigliato, del fatto che quelli che prendono il nome di Cristiani si dividono in molte e diverse eresie, ma potremmo sempre avvertirli che questo fatto non è trascurato dai profeti ebrei.
Come se fosse logico che, una volta dimostrata la follia degli Ebrei, gli venisse in mente che anche molti sotto il nome di Cristo deviavano dalla comunità cristiana, lo stesso Geremia, quasi a volerci indicare un ordine nel catechizzare, improvvisamente esclamò: La pernice ha gridato, ha riunito dei piccoli che non ha partorito ammassando ricchezze, ma senza giudizio. ( Ger 17,11 )
La pernice infatti è un animale troppo litigioso ed è noto che a causa della violenza con cui si batte finisce con l'incappare in un laccio.
Non amano infatti discutere gli eretici, ma vincere a qualsiasi costo con impudente ostinazione per riunire, come costui ha detto, quelli che non hanno generato.
Trovano infatti i Cristiani, che seducono soprattutto col nome di Cristo, già nati attraverso il Vangelo di Cristo e ne fanno un proprio possesso non con giudizio, ma con sconsiderata temerità.
Non comprendono infatti che la vera e salubre e in certo qual modo genuina e radicale comunità cristiana è quella dalla quale essi hanno separato coloro che hanno unito alle loro ricchezze.
Di costoro dice l'Apostolo: Come in fatti Iannes e Mambres resistettero a Mosè, così costoro si oppongono alla verità.
Trattasi di uomini dalla mente corrotta e reprobi nei riguardi della fede; ma non riescono ad andar oltre: infatti la loro demenza sarà manifesta a tutti come fu anche di questi uomini. ( 2 Tm 3,8-9 )
Anche qui il profeta continua e parla della pernice che ha riunito uova non sue: A metà dei suoi giorni lo abbandoneranno e alla fine di essi sarà insipiente; ( Ger 17,11 ) vale a dire: chi dapprima seduceva con le promesse e con l'ostentazione di una grande sapienza, sarà insipiente, cioè si rivelerà insipiente.
Per coloro per i quali dapprima era sapiente, allora sarà insipiente poiché la sua demenza sarà nota a tutti.
Ammettiamo che colui che stiamo catechizzando ci facesse questa domanda: Da quale segno manifesto io, ancor giovinetto e non ancora capace di discernere la pura verità da tanti errori, con quale evidenza di giudizio potrò essere in grado di abbracciare la Chiesa di Cristo a credere nel quale sono già spinto da una imponente manifestazione di eventi già predetti?
Il profeta continua e, come se comprendesse perfettamente le inquietudini di quell'anima, le insegna che anche la Chiesa di Cristo era stata predetta e che si manifesta e risplende al di sopra di tutte le altre.
Essa è infatti la sede della gloria della quale l'Apostolo dice: Santo è il tempio di Dio che siete voi. ( 1 Cor 3,17 )
Quindi dice: È stata esaltata la sede della gloria, nostra santificazione. ( Ger 17,12 )
In vista delle inquietudini dei giovinetti che possono essere sedotti dagli uomini anche il Signore, prevedendo la grandiosa manifestazione della Chiesa, dice: Non può rimanere nascosta una città collocata sopra un monte; ( Mt 5,14 ) poiché in ogni caso la sede gloriosa, luogo della nostra santificazione, s'è elevata perché non vengano ascoltati coloro che inducono agli scismi in fatto di religione dicendo: Ecco qui Cristo, eccolo lì. ( Mt 24,23 )
Mostrano infatti delle divisioni dicendo: Eccolo qui, eccolo là.
Essendo quella città costruita su un monte, ma quale monte se non quello che, secondo la profezia di Daniele, crebbe da una piccola pietra e divenne un grande monte si da riempire tutta la terra? ( Dn 2,34-35 )
Né si ascoltino coloro che, sotto il nome di una sorta di segreta ed apocrifa verità e con l'adesione di pochissimi uomini dicono: Ecco che è nelle stanze interne, ecco che è nel deserto. ( Mt 24, 23.26 )
In realtà non può restar nascosta una città costruita sopra un monte, poiché la sede della gloria, luogo della nostra santificazione, è stata innalzata.
Quando il nostro pagano, considerate queste e altre consimili testimonianze dei profeti sulle persecuzioni dei re e dei popoli, sulla abolizione degli idoli, sulla cecità dei Giudei, sulla approvazione dei codici da essi custoditi, sulla demenza degli eretici, sull'eccellenza della santa Chiesa dei veri e genuini Cristiani constaterà che quelle profezie si sono compiute cosa troverà di più degno di fede di quei profeti ai quali ha scelto di credere per quanto riguarda la divinità di Cristo?
Infatti se prima che i fatti si verificassero avessi istruito il pagano sui profeti ebrei perché credesse alle loro profezie che non aveva ancora viste realizzate, giustamente forse avrebbe detto: Che ho a che fare con questi profeti se non mi si mostra perché considerarli veraci?
Poiché invece i fatti tanto grandi e numerosi da essi predetti si sono compiuti in modo manifesto, il nostro uomo, per non voler apparire perverso, né in alcun modo disprezzerebbe i fatti che avevano meritato di essere predetti molto tempo prima e con grande rilievo né coloro dai quali poterono essere predetti e preannunziati.
Infatti né sulle vicende che si sono già verificate in passato né su quelle future che non hanno ancora avuto compimento crediamo ad alcuno con assoluta sicurezza quanto a coloro che hanno dimostrato la loro veridicità con le molte e importanti previsioni successivamente giunte a compimento.
Se si dice che la Sibilla, o le Sibille, Orfeo e un certo Ermete che non conosco, nonché i vati o i teologi o i sapienti o i filosofi dei Gentili abbiano predetto o affermato delle verità sul Figlio di Dio o sul Padre Dio, ciò può servire per confondere la vanità dei pagani, non certo per abbracciarne l'autorità.
Noi infatti mostriamo di venerare quel Dio del quale non poterono tacere neppure coloro che in parte si permisero di insegnare agli altri pagani, loro fratelli, a venerare gli idoli e i demoni, in parte non osarono proibirne il culto.
Ma quei nostri santi autori, sotto il comando e con l'aiuto di Dio, propagarono e ressero quel popolo, quella repubblica, quel regno dove quella che era stata per quegli uomini una religione divenisse un sacrilegio.
Così se in quei luoghi v'erano abitanti che scivolavano nel culto degli idoli e dei demoni o venivano piegati da una pena in base alle stesse leggi dello stato o venivano trattenuti da colpi di tuono liberamente provocati dai profeti.
Quegli stessi abitanti adoravano un unico Dio, creatore del cielo e della terra, con rito profetico, cioè rivelatore delle cose future, rito che sarebbe stato abolito nel momento in cui si sarebbero realizzate le predizioni in esso contenute.
Il regno stesso fu infatti un grande profeta in cui il re e il sacerdote venivano unti dando al rito un significato mistico. ( Dt 18,15; Sal 2,6; Sal 110,4; 1 Sam 10,1; Es 29 )
Questo rituale - senza che i Giudei lo sapessero e perciò contro la loro volontà - non fu abolito prima che venisse il Dio unto per una grazia spirituale al di sopra di tutti i partecipanti al rito stesso, il santo dei santi, ( Dn 9,24; Sal 45,8 ) vero re perché impegnato nel provvedere a noi e vero sacerdote nell'offrire se stesso per noi.
Perciò circa la venuta di Cristo fra predicazione degli angeli e confessione dei demoni c'è la stessa distanza che intercorre fra l'autorità dei profeti e la curiosità dei sacrilegi.
In virtù di queste e di analoghe considerazioni che abbiamo brevemente solo sfiorate ma che dovrebbero essere discusse più a lungo e asserite con una argomentazione più cogente, ove dovesse intervenire la necessità di confutare un vecchio errore, quel pagano che Fausto ci ha affidato perché lo istruissimo, se volesse davvero preferire la sua salvezza ai suoi peccati, certamente si accosterebbe alla fede e istruito in essa e collocato nel grembo della Chiesa cattolica per esserne riscaldato sarebbe conseguentemente istruito sul comportamento pratico da tenere.
Non sarebbe turbato dalla moltitudine di coloro che non osservano le regole che a lui vengono imposte, pur unendosi materialmente a loro nella Chiesa e accostandosi ai medesimi sacramenti.
Saprebbe che l'eredità di Dio è divisa fra pochi, pur essendo i segni di essa comuni a molti; saprebbe di avere in comune con pochi la santità della vita e il dono della carità diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato ( Rm 5,5 ) e alla cui fonte interiore nessun estraneo può avvicinarsi; saprebbe invece di condividere con molti la santità del sacramento per cui chi mangia e beve indegnamente è come se mangiasse e bevesse il suo giudizio ( 1 Cor 11,29 ) mentre chi rifiuta di mangiare non avrà in sé la vita ( Gv 6,54 ) e perciò non giungerà alla vita eterna; saprebbe che i pochi sono detti pochi solo in paragone con la massa, ma che considerati per se stessi risultano in gran numero, diffusi in tutto il mondo, in crescita fra la zizzania e con la paglia fino al giorno della mietitura e della trebbiatura. ( Mt 13,25-26; Mt 3,12 )
Questo è detto nel Vangelo, questo è stato predetto dai profeti.
In precedenza infatti fu fatta questa previsione: Come il giglio è in mezzo alle spine, così la mia amata è in mezzo alle figlie. ( Ct 2,2 )
Prima era detto: Abitai nelle tende di Cedar, ero pacifico con coloro che odiavano la pace. ( Sal 120, 5.7 )
Prima ancora è detto: Segna sulla fronte coloro che gemono e si lamentano per le iniquità del mio popolo che vengono in mezzo a loro. ( Ez 9,1 )
Perciò quel pagano, confermato dalle nostre parole, divenuto oramai cittadino dei Santi e domestico di Dio e non estraneo a Israele, ( Ef 2,19 ) ma vero Israelita in cui non c'è inganno ( Gv 1,47 ) imparerebbe anche a dire queste parole dal suo semplice cuore che lo stesso Geremia successivamente mise insieme: Pazienza d'Israele, Signore, che tutti coloro che ti abbandonano siano atterriti.
Avendo infatti parlato della pernice, che chiama e riunisce i piccoli che non ha generato, raccomandò l'eccellenza della città costruita sul monte che non può rimanere nascosta affinché gli eretici non separino l'uomo dalla Chiesa Cattolica dicendo: La sede della gloria, nostra santificazione, si è innalzata. ( Ger 17,12 )
A questo punto sembra che il profeta si sia fatta una domanda: che fare dei tanti malvagi che tanto più ampiamente si mescolano coi fedeli quanto più eccelsa è la gloria di Cristo nell'unità di tutte le genti?
E subito aggiunge: Signore, pazienza d'Israele, bisogna infatti pazientemente accettare quello che dice: Lasciate entrambe le coltivazioni fino alla mietitura ( Mt 13,30 ) per evitare che per l'incapacità di sopportare i malvagi siano abbandonati i buoni che propriamente sono il corpo di Cristo; e quando essi lo sono lo è anche Cristo.
Quindi prosegue e aggiunge: Siano atterriti tutti coloro che ti abbandonano; siano confusi coloro che tornano alla terra.
La terra è infatti l'uomo che presume di sé e induce gli altri a presumere di lui.
Quindi continua: Saranno stroncati perché hanno abbandonato il Signore, fonte di vita. ( Ger 17,13 )
Che altro infatti grida la pernice se non che è presso di lei e da lei viene fornita la fonte della vita affinché quelli che s'uniscono a lei si allontanino da Cristo non essendo riusciti a trovarlo pur conoscendone già il nome?
Non riunisce infatti coloro che ha generato, ma per riunire coloro che non ha generato dice: " La salvezza promessa da Cristo è presso di me: io ve la darò ".
Ma considera quello che dice costui: Sanami Signore, e sarò risanato; fammi salvo, e sarò salvo.
Donde l'Apostolo dice: Nessuno si glori nell'uomo ( 1 Cor 3,21 ) e costui aggiunge: Poiché la mia gloria sei tu. ( Ger 17,13-14 )
In questo modo noi istruiamo un uomo nella dottrina degli apostoli e dei profeti perché venga edificato sui fondamenti posti dagli Apostoli e dai Profeti. ( Ef 2,20 )
Come Fausto convincerebbe della divinità di Cristo un pagano al quale fa dire: non credo né ai profeti su Cristo né a Cristo sui profeti?
Potrebbe forse credere a Cristo quando parla di se stesso e non quando testimonia di altri?
Pensare questo sarebbe davvero ridicolo.
Una volta che si è ritenuto qualcuno non degno di fede o non gli si crede affatto o gli si crede piuttosto quando testimonia per altri che quando lo fa per se stesso.
A questo punto Fausto, forse deriso, avrebbe potuto leggergli gli scritti attribuiti alle Sibille, a Orfeo o ad altri personaggi consimili di ambiente pagano nei quali riteneva di trovare qualche predizione sulla venuta di Cristo.
Ma non lo farebbe; confessa infatti di non conoscere quegli scritti quando dice: "Se su Cristo vi sono, come è fama, delle predizioni della Sibilla o di Ermete, che chiamano tre volte grande, o di Orfeo e di altri poeti di ambiente pagano ".
Ignorando gli scritti di costoro, e pur pensando che esistono per averne sentito parlare, comunque non li leggerebbe ad uno, come il suo catechizzando, che dice di non credere né a Cristo né ai profeti.
Che farebbe allora? Potrebbe forse presentargli Mani per poi, partendo da lui, raccomandargli Cristo?
I Manichei non l'hanno fatto mai: al contrario hanno sempre tentato di raccomandare Mani partendo da Cristo il cui nome dolcissimo è noto ovunque in modo che ungessero con questo miele gli orli della loro tazza avvelenata.
Avendo Cristo promesso ai suoi che avrebbe inviato il Paraclito, cioè il consolatore e avvocato, lo Spirito di verità ( Gv 14,16 ) e dicendo con l'occasione di questa promessa che questo Paraclito era Mani ( o in Mani ) insinuano nelle menti degli uomini che lo ignorano la notizia di quando quello spirito promesso da Cristo sia stato inviato.
Coloro che hanno letto il libro canonico intitolato Atti degli Apostoli, vi trovano quella promessa di nuovo ricordata e molto esplicitamente data per realizzata. ( At 1,8; At 2,1-4 )
Ci chiediamo solo su quale base ispirasse in quel pagano la fede in Cristo.
Credo infatti che nessuno sia tanto cieco da dire: a Mani credo, quando parla, a Cristo no.
Quindi se non ridendo, almeno con irritazione direbbe: mi ordini dunque di credere ai libri persiani proprio tu che mi hai detto di non credere a quelli degli Ebrei?
Come dunque, o eretico, riuscirai a conquistare quest'uomo se non lo hai trovato già in qualche modo sottoposto al nome di Cristo in modo tale che, non dubitando più che si deve credere a Cristo, si lasci sedurre da Mani che gli sembra raccomandare meglio Cristo?
Ed ecco la pernice che riunisce i piccoli che non ha generato.
Così ancora non abbandonate lei che vi riunisce e non vi appare ancora insipiente, lei che dice che le testimonianze degli Ebrei, anche se sono vere, sono per noi inutili prima di avere la fede e superflue quando la fede interviene.
Gettino dunque coloro che hanno creduto tutti i libri attraverso i quali è accaduto che credessero.
Se questo infatti è vero, non vedo perché lo stesso Vangelo di Cristo sia letto dai fedeli.
Prima della fede è inutile perché quel pagano che Fausto, degno di riso ( o piuttosto di pianto ), presenta ridente non crede in Cristo.
Dopo la fede è superfluo se, una volta che si sia creduto a lui, è superfluo credere ai veraci annunci relativi a Cristo.
A questo punto forse direte: Ma il fedele deve leggere il Vangelo per non dimenticare ciò che ha creduto.
Certamente. Allo stesso modo, pazzi che siete, occorre leggere le veritiere testimonianze dei profeti per non dimenticare i motivi per i quali si è creduto: se li si dimenticano infatti non rimane saldo ciò che s'era creduto.
Oppure gettate via i libri di Mani per testimonianza dei quali credete che la luce avrebbe lottato con le tenebre e che la luce era Dio; e che perché la luce potesse legare le tenebre occorreva che prima la luce fosse divorata dalle tenebre legata, inquinata e dilaniata.
E voi mangiandola la ricreate, e sciogliete, e la purificate, e la sanate perché vi sia dato come compenso di non essere dannati eternamente in un globo unitamente alla parte di luce che non potrà essere liberata.
Questa favoletta ogni giorno la cantate col comportamento e con la voce: ma perché finora cercate in essa le testimonianze dei libri in modo che nelle cose superflue e nel comporre i vostri codici la sostanza estranea venga consumata e quella del vostro Dio sia tenuta legata?
Incendiate tutti quei fogli e quelle eleganti copertine fatte di pelli raffinate e ricercate perché non vi appesantisca una fatica superflua e sia sciolto il vostro Dio che, come per una pena da schiavi, è tenuto legato anche nel vostro libro.
Infatti se poteste mangiare i vostri libri, magari lessati, quale beneficio procurereste alle membra del vostro Dio!
O, se si potesse fare, forse che l'impurità della carne non terrebbe lontano i fogli dei codici dai vostri banchetti?
La purezza dell'encausto che è stato impresso nella pelle dell'agnello imputi a sé il fatto.
Ma questo lo faceste anche voi che, come nella prima vostra battaglia, avete incatenato, scrivendo, alla immondizia della pergamena ciò che era puro nella penna ( a meno che i colori non vi accusino in senso contrario ).
Voi infatti siete venuti alla luce delle pagine bianche con le tenebre dell'inchiostro.
Siete voi che dovete adirarvi contro di noi che diciamo certe cose o contro voi stessi che credete a certe cose che, lo vogliate o no, comportano certe conseguenze?
Noi a ricordo della nostra fede, a consolazione della nostra speranza, a esortazione della nostra carità leggiamo i libri dei profeti e degli apostoli armonizzando fra loro le nostre voci e ci serviamo di questo accordo come di una tromba celeste per svegliarci dal torpore di un vita mortale e per spingerci verso la palma della vocazione più alta.
Ricordando l'Apostolo qualcosa dei libri profetici così si esprime: Le accuse di chi ti insulta ricaddero sopra di me ( Sal 69,10; Rm 15,3 ) e subito aggiunge un richiamo all'utilità della lettura divina: Tutte le cose scritte prima furono scritte perché fossimo istruiti affinché attraverso la pazienza e la consolazione che ci viene dalle Scritture aumentassimo la nostra fede in Dio. ( Rm 15,4 )
Ma Fausto è contrario. A lui capita ciò che dice Paolo: Se qualcuno ci evangelizzasse in modo diverso di quanto già appreso sia scomunicato. ( Gal 1,9 )
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