Contro Gaudenzio vescovo donatista |
Ho ricevuto la tua risposta, Gaudenzio, seppur si possa chiamare risposta ciò che hai voluto inviarmi, temendo che il tuo silenzio fosse considerato da noi una ammissione della tua sconfitta.
Ma, un conto è rispondere, altra cosa è non tacere!
Infatti, se questo è rispondere, tu senz'altro hai dato una risposta, ma in maniera tale che anche i tuoi, che avrebbero potuto attendersi qualcosa da te, sono venuti a sapere che non hai trovato nulla di ciò che avresti dovuto rispondere; nonostante ciò, per non tacere, hai dato la tua risposta.
Così, volendo evitare di far la figura dello sconfitto, sei davvero riuscito a dimostrare che lo sei.
Di ciò danno un saggio sufficiente proprio i tuoi scritti, se quelli che li leggono sono persone intelligenti e li confronteranno con i miei attraverso un attento esame.
Tuttavia, al fine di farlo conoscere insieme ad altri scritti, venendo così incontro anche agli ingegni mediocri, è necessaria una discussione un poco più articolata: ci proverò, se sarà opportuno e se il Signore lo vorrà.
Nel frattempo, poiché hai tentato di affermare, basandoti sulla testimonianza del beato Cipriano, che siete piuttosto voi i Cattolici, considera un poco qual è la Chiesa che lui ha chiamato cattolica quando ne difendeva l'unità: " La Chiesa " - dice - " circonfusa dalla luce del Signore, diffonde i suoi raggi per tutto l'universo; senza dubbio, è unica la luce che si espande in ogni parte, senza che l'unità del corpo sia spezzata.
Essa estende i suoi rami per tutta la terra con prodigiosa fecondità e riversa in un raggio sempre più ampio i suoi ruscelli, da cui scaturiscono acque abbondanti: ma non c'è che un solo capo e un'unica origine e un'unica madre, ricca dei frutti della propria fecondità ".5
Perché, allora, volete ingannare voi stessi e volete ingannare gli altri con le vostre spudorate menzogne?
Se, in base alla testimonianza di questo martire, vostra è la Chiesa cattolica, dimostrate che essa estende i suoi raggi per tutto il mondo, dimostrate che estende su tutta la terra i rami della sua lussureggiante vegetazione!
Per questo, con vocabolo greco, viene chiamata cattolica; infatti il greco όλον si traduce in latino con tutto o universale.
Dunque: per tutto o secondo tutto si dice καθόλον, da cui deriva il nome di cattolica.
Se lo sai, perché fingi di ignorarlo? Se poi lo ignori, perché non chiedi spiegazione prima di parlare a coloro che lo sanno?
Se questo non ti piace, cerca qualche altra lingua, ma non il greco, per spiegare che καθόλον non significa attraverso tutto, o secondo il tutto, o secondo l'universale, e lascia stare la testimonianza di Cipriano.
Egli infatti parla contro di te, e tu vedi bene ciò che dice.
Egli afferma che la Chiesa cattolica, in accordo con il suo nome greco e con la sua definizione, si estende per tutto l'universo e si diffonde su tutta la terra.
Tu, invece, sostieni, pensi e dici un'altra cosa; e mentre ti appoggi sulla testimonianza di Cipriano, la testimonianza di Cipriano prova che tu mentisci.
Quando, dunque, vi si domanda quale fu il motivo della vostra uscita da questa vera e autentica Chiesa cattolica, la quale, inondata dalla luce del Signore, estende i suoi raggi su tutto l'universo, estende su tutta la terra la sua lussureggiante vegetazione, non trovate altro da dire che lì nessuno è giusto.
Voi non avete assolutamente alcuna scusa plausibile che vi giustifichi e vi lavi dalla colpa di aver abbandonato questa Chiesa.
Qual è, in effetti, la vostra risposta? Questa: " La necessità costrinse i giusti ad abbandonare gli ingiusti ".
Ma ecco la replica della divina Scrittura: Il figlio cattivo si dichiara giusto, ma non si è lavato delle tracce della sua uscita. ( Pr 23,35 sec. LXX )
Essa dice bene: della sua uscita - sì, quell'uscita di cui parla l'apostolo Giovanni: Essi sono usciti da noi ( 1 Gv 2,19 ) - e in nessun modo la lava, la difende, la scusa, la purifica.
Ai giusti, infatti, nella Chiesa cattolica compete unicamente di sopportare con somma pazienza i malvagi, che non possono né correggere né condannare; ed essi non devono abbandonare prima del tempo il campo del Signore ( Mt 13,36-42 ) a causa della zizzania, né l'aia del Signore ( Mt 3,12 ) a causa della paglia, né la casa del Signore ( 2 Tm 2,20 ) a causa dei vasi di uso vile, né le reti del Signore ( Mt 13,47-50 ) a causa dei pesci cattivi, per non tentare inutilmente di giustificare la loro partenza.
Voler dare un altro significato a queste sentenze evangeliche, qualunque siano le tue argomentazioni, significa voler contraddire il beato Cipriano, di cui tu invochi l'autorità, ed è proprio quello che tu e i tuoi avete fatto nel corso della nostra conferenza.
Ecco su tale questione le stesse parole di questo martire in una lettera indirizzata a Massimo e ai suoi compagni di confessione: " Anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, essa tuttavia non deve costituire per la nostra fede o carità un impedimento tale, da farci abbandonare la Chiesa perché in essa abbiamo scoperto la zizzania.
Nostro unico dovere è lavorare per poter essere grano buono, cosicché, quando si comincerà a immagazzinare il frumento nel granaio del Signore, raccoglieremo i frutti del nostro lavoro e delle nostre fatiche.
L'Apostolo dice in una delle sue lettere: In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni sono destinati ad usi nobili, altri per usi più spregevoli. ( 2 Tm 2,20 )
Noi intanto lavoriamo e fatichiamo con tutte le forze per essere un vaso d'oro o d'argento.
Del resto, frantumare i vasi di coccio compete unicamente al Signore, lui che ha ricevuto lo scettro di ferro. ( Sal 2,9 )
Il servo infatti non può essere più grande del suo padrone, ( Gv 13,16 ) né alcuno può rivendicare per sé ciò che il Padre ha riservato unicamente al Figlio, affinché non creda di poter portare già la pala e il ventilabro per ventilare e ripulire l'aia, o di poter separare, con un giudizio puramente umano, tutta la zizzania dal frumento.
Questa è pretesa dell'orgoglio e presunzione sacrilega, che soltanto una follia malvagia può permettersi.
Certuni, assumendosi il compito di andare sempre al di là di quel che reclama ordinariamente una mite giustizia, finiscono per rovinarsi al di fuori della Chiesa e, mentre si inalberano con insolenza, sono accecati dal loro stesso orgoglio e perdono il lume della verità ".6
Ti rendi conto, almeno adesso, che proprio contro Cipriano voi avete levato la voce durante la nostra conferenza ed è lui che avete combattuto con la vostra ostinazione, quando sostenevate che il campo di Cristo, del quale si dice: Il campo è il mondo, ( Mt 13,38 ) non è la Chiesa, ma il mondo al di fuori della Chiesa, per poter contenere questa zizzania che si vede.
Infatti dicevate che nella Chiesa non può esserci zizzania manifesta, e tutte le volte che vi abbiamo citato questa testimonianza di Cipriano non avete osato opporgli un'aperta resistenza, né avete voluto dargli il vostro pieno assenso.
Perciò, almeno ora, svégliati, ascolta, avverti che " anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, essa tuttavia non deve costituire un impedimento tale per la nostra fede o carità, da farci abbandonare la Chiesa perché in essa abbiamo scoperto la zizzania ".7
Perché, allora, vi separate dall'unità di questa Chiesa con un nefasto scisma e vi ostinate con eretica presunzione nella medesima separazione?
Ecco, tu hai Cipriano! Dàgli il tuo assenso o contestalo!
Osserva come con queste parole, con cui afferma che esiste e si vede la zizzania nella Chiesa, ma non per questo la si deve abbandonare, egli distrugga tutte le calunnie dei tuoi scritti.
Esse ti hanno condotto sull'orlo di un immenso baratro, dove, com'è vostro costume, sei precipitato, fino a sostenere che i cristiani hanno potuto perire per i peccati altrui, pur non conoscendo coloro che hanno peccato nell'universo intero; e ciò, beninteso, perché si legge nelle sante Scritture che un unico individuo si era appropriato di una parte del bottino, colpito da anatema, e per questo peccato un popolo intero, che non ne sapeva nulla, era stato punito. ( Gs 7 )
Tu però non tieni conto che quelle pene, inflitte a corpi mortali, cioè le morti di coloro che erano destinati a morire, erano servite a creare nel popolo un salutare terrore; e che, in cambio, i peccati altrui, soprattutto quelli sconosciuti, non pregiudicarono affatto la vita eterna degli stessi morti.
Vorrai davvero sostenere questo? Oserai veramente credere e affermare che per i peccati altrui, anche se sconosciuti, è perito qualcuno davanti a Dio?
Non hai avuto paura dei tuoi colleghi, i quali, quando tacevi durante la nostra conferenza - forse perché ti mancava il coraggio di esprimerti in quanto la pensavi così - si spolmonavano per sostenere con grandi disquisizioni che i pescatori ignoravano i pesci cattivi presenti nelle reti del Signore, evidentemente per non dover dire, dopo aver ammesso che li conoscevano, che erano contaminati dal contatto con loro?
Non ti ricordi, quando si discuteva della paglia sull'aia del Signore - cioè della Chiesa, che si deve tollerare nella sua mescolanza fino al momento della vagliatura - che Emerito, messo alle strette, negò il testo e disse: " Tu non leggi la parola aia "?
I suoi l'avvertirono sussurrando all'orecchio, noi invece ad alta voce gli ricordammo il testo evangelico, in cui si dice che il Signore verrà tenendo in mano il ventilabro per pulire la sua aia, deporrà il frumento nel granaio e brucerà la paglia nel fuoco inestinguibile. ( Mt 3,12 )
Sul momento egli corresse l'errore, dovuto a dimenticanza, per cui aveva negato che ciò era scritto, però non cambiò la sua perversità eretica o scismatica a causa della quale negava che i cattivi debbano essere sopportati dai buoni per il bene dell'unità della Chiesa.
Subito dopo aggiunse che con il nome paglia si dovevano intendere i cattivi occulti, premurandosi con zelo particolare di mettere al sicuro questo punto utile alla vostra causa, che cioè i cattivi occulti non possono contaminare nessun buono.
Ecco come l'illustre avvocato difensore del vostro partito, grazie anche alla tua opposizione, ha mandato in rovina le sue fatiche!
Lui, certamente per salvaguardare la salute dei buoni, sostiene che i cattivi che restano ancora nella Chiesa sono del tutto ignorati dai buoni, perché non li rovinino qualora siano conosciuti e tollerati; tu, invece, hai affermato che i buoni periscono al contatto con i cattivi, anche se occulti.
Non ti sei preoccupato dell'enorme numero di disonesti, criminali ed empi che fin dall'inizio vivono clandestinamente in mezzo a voi: essi, stando alla tua opinione, hanno rovinato te e tutti i tuoi a vostra insaputa.
Ma neppure ora hai tremato all'idea che qualcuno dei vostri, commettendo a tua insaputa un peccato, possa rovinare te proprio mentre dici questo.
Sarà mica perché, sapendoti già perduto per le tue famigerate imprese, non hai più paura di perderti per le azioni occulte degli altri?
Che cosa potrò augurarti, se non che ci sia data la possibilità di trovarti, affinché non ti piaccia più di rovinare te stesso?
Quale residua speranza resterà ancora, non solo a noi che concordiamo con il Signore Gesù, con i Profeti, con gli Apostoli, con il santo Cipriano, sul fatto di dover sopportare i cattivi, anche quelli ignoti, se non possiamo né correggerli né punirli, per tutelare il vincolo dell'unità, ma anche a voi che, prima del tempo della mietitura, della vagliatura e della selezione sulla riva del mare, volete separarvi fisicamente dai peccatori; che cosa resta ormai da sperare, se è vera la tua opinione personale, per cui credi che " uno si perde sia per i peccati personali che commette, sia per i peccati altrui, di cui si ignora la stessa esistenza "?
Se è così, anche i vostri antenati, che si separarono dai peccatori conosciuti, come voi sostenete, sono senz'altro periti anch'essi per i peccati commessi da persone sconosciute.
Ma non solo a te, che, quando affermi che l'uomo perisce per i crimini altrui sia che li conosca sia che li ignori, non sopporti evidentemente che nessuno resti innocente, bensì anche ad Emerito, che, avendo un'opinione di gran lunga più tollerante, non coinvolge gli individui nella comunione dei sacramenti se non per i peccati altrui conosciuti e li lascia indenni da quelli occulti, il venerabile Cipriano oppose un'affermazione molto più vera: nonostante che crescano insieme, il frumento non perisce a causa della zizzania, non solo quella che sta fuori dalla Chiesa, ma anche quella che sta dentro la Chiesa; non solo quella occulta e ignorata, ma anche quella ben conosciuta e manifesta.
Credo che sia realmente cieco, non solo negli occhi di carne ma proprio nella mente, chi si sforza di dimostrare che è occulto ciò che si vede bene.
Ora, quando quel beatissimo [ Cipriano ] ammonisce di non abbandonare la Chiesa a causa della zizzania che vi si trova, non parla di una zizzania nascosta, ma piuttosto di una zizzania che si vede.
È la sua vista che può turbare coloro che la notano, se la sapienza non li rende tolleranti.
Infatti, come potremmo mai apprendere che non dobbiamo abbandonare la Chiesa a causa della zizzania occulta, se non sappiamo che neppure esiste?
Egli dice: " Anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania ".8
Dice: " Anche se si nota ", non " si presume che ci sia ".
E perché nessuno credesse che, avendo detto " sembra che esista ", intendesse dire che nella realtà non esisteva zizzania, ma sembrava che ci fosse, egli spiega chiaramente il suo pensiero con le parole seguenti: " Tuttavia la nostra fede e la nostra carità non devono essere impedite talmente, da farci abbandonare la Chiesa, perché abbiamo scoperto che nella Chiesa c'è la zizzania ".
Egli non dice: "Sospettiamo, giudichiamo, crediamo, opiniamo ", ma " scopriamo".
E la vedevano certamente così la zizzania, non nascosta bensì ben visibile, quelli che si rivolsero al padre di famiglia: Vuoi tu che andiamo a coglierla? ( Mt 13,28 ) riferendosi a quella, di cui era stato detto: Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania ( Mt 13,26 )
Ad essi rispose: No, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano, e: Lasciate che l'uno e l'altra crescano insieme fino alla mietitura. ( Mt 13,29-30 )
Nonostante ciò, tu dici - ma che altro fai tu, se non contraddire il Signore? - che " soltanto la zizzania è cresciuta nel mondo e che in quasi tutto l'universo il frumento è diminuito fino a scomparire ", dal momento che la Chiesa stessa crescendo non è ancora giunta ad alcune nazioni.
Ora, è necessario che essa le raggiunga, che si predichi il Vangelo nel mondo intero e che a quel punto venga la fine. ( Mt 24,14 )
Che ciò accadrà, il Signore lo ha predetto senza alcuna ambiguità.
Tu vedi che la Chiesa, secondo la testimonianza di Cipriano, è chiamata cattolica perché deriva dall'idea del tutto, e in essa non mancano malvagi notorii; tuttavia lui ammonisce a non abbandonarla per causa loro.
In essa esistono i buoni, che in se stessi sono molti, ma in comparazione con la zizzania e la paglia sono una minoranza.
Dunque non è al di fuori di essa, bensì in essa che si realizza la parola del Signore: Per il dilagare dell'iniquità, la carità di molti si raffredderà. ( Mt 24,12 )
Ma lì c'è anche un popolo diffuso ovunque, al quale è detto: Colui che persevererà sino alla fine, sarà salvo. ( Mt 10,22 )
Coloro, poi, che hanno fede quanto un granello di senape, quella che è capace di trasformare anche le montagne, ( Mt 17,19 ) sono in assoluto rarissimi.
Di questa fede il Signore parlava, quando domandava: Ma, quando il Figlio dell'uomo verrà, credi che troverà la fede sulla terra? ( Lc 18,8 ) non di una apostasia di tutto l'universo, come tu intendi in senso completamente opposto.
Per quanto riguarda poi il battesimo, che secondo te non esiste se non nella Chiesa, e per questo ci attacchi in quanto sosteniamo che non è necessario battezzare una seconda volta coloro che provengono dalle eresie, nel caso siano già stati battezzati, è sufficiente osservare che tu non sei stato capace di spiegare come abbia potuto battezzare Feliciano, condannato ed espulso dalla vostra Chiesa, che hai cercato invano di inserire fra quelli, cui avete concesso una proroga.
Leggi la sentenza del vostro concilio di Bagai: in essa, dopo una bordata di ingiurie durissime contro di loro, ben più offensive di quelle lanciate contro Ceciliano quando i vostri antenati lo condannarono pur essendo assente e innocente, viene formulata la loro condanna aperta e indubitabile nei seguenti termini: " I colpevoli di questo crimine famigerato: Vittoriano di Carcabia, Marciano di Sullecto, Baiano di Baiana, Salvio d'Ausafa, Teodoro d'Usula, Donato di Sabrata, Miggene d'Elefantaria, Pretestato d'Assuras, Salvio di Membressa, Valerio di Melzi, Feliciano di Musti e Marziale di Pertusa, i quali con la loro funesta opera di perdizione hanno formato un ammasso di fanghiglia in un vaso sordido; così come lo sono stati quelli che un tempo furono chierici della Chiesa di Cartagine, i quali, assistendo al misfatto, sono stati strumento disonesto di questo incesto illecito, sono stati condannati, secondo l'arbitrio di Dio che tutto presiede, dalla bocca veridica del concilio: sappiatelo!".
E subito dopo comincia con la concessione di una proroga a tutti gli altri con queste parole: " A coloro, invece, che non hanno inquinato le gemme dell'arbusto sacrilego, cioè coloro che per un verecondo pudore della fede ritrassero le proprie mani dalla testa di Massimiano, noi abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa ".
Tutto ciò che va detto su tali questioni, l'ho già spiegato sufficientemente nella lettera che ti ho inviato in precedenza.
Che tu non sia stato assolutamente in grado di rispondere a questo passaggio, nessun lettore avvertito lo potrà mettere in dubbio.
Dunque tu credi senza alcun fondamento che in questa questione si debbano seguire i concili di Agrippino e di Cipriano, benché anche voi li abbiate ignorati, quando avete ammesso, senza far reiterare il battesimo, coloro che erano stati battezzati al di fuori della vostra comunione da individui che avevate condannato e contro i quali avevate imbastito processi per espellerli dalle loro basiliche.
Quanto alla sentenza di Cipriano o dei suoi colleghi, ai quali allora parve bene affermare la necessità di battezzare coloro che venivano dall'eresia, sarebbe troppo lungo discuterla come si conviene.
Però risolvimi tu, se sei capace, questa breve questione.
Quando Cipriano, vescovo della chiesa di Cartagine, ribattezzava coloro che provenivano dall'eresia, Stefano, allora vescovo della Chiesa di Roma, ammetteva gli eretici con il medesimo battesimo che avevano ricevuto al di fuori della Chiesa; e ambedue, malgrado una prassi così diversa, rimanevano saldi nell'unità cattolica.
Dimmi: nel tempo in cui la Chiesa, attraverso Stefano e i suoi innumerevoli colleghi sparsi nel mondo intero, che concordavano con la sua opinione, riceveva senza il battesimo individui che, secondo voi, erano colpevoli di ogni sorta di crimini, la Chiesa è venuta meno o no a causa del contagio dei malvagi?
Tu non puoi venirmi a dire che questi malvagi erano occulti, sia pure asserendo che anche i cattivi occulti nuocciono e causano la morte.
Dunque, qualsiasi omicida, e perfino un parricida, un adultero, un incestuoso, un idolatra, infine non solo il timido traditore di codici santi, ma anche chi torturava crudelmente o estorceva denaro con la forza, e chi dava l'ordine o materialmente li gettava al fuoco: questi individui, battezzati fra gli eretici, secondo voi venivano ammessi da Stefano o dai suoi colleghi senza il battesimo.
Tu vedi, dunque, che un po' tutta la gamma dei delitti degli uomini, se la vostra teoria sul battesimo è vera, veniva raccolta senza battesimo nella Chiesa di allora.
Rispondi se Cipriano fu macchiato a causa di questi crimini, presenti nella stessa unità; rispondi se la Chiesa è perita o no.
Scegli ciò che credi. Se essa era finita già allora, qual è la Chiesa che ha generato Donato?
Ma se tanta gente, riunita in essa senza battesimo, non ha potuto farla perire, rispondi, per favore, quale follia persuase mai il partito di Donato a separarsi da essa, col pretesto di evitare la comunione dei malvagi.
E anche se il beatissimo Cipriano aveva sul battesimo un punto di vista diverso rispetto alla vera dottrina - e lo mostrò prima attraverso la consuetudine, poi con un ragionamento più attento sulla sua natura -, tuttavia nessuno di noi, pur avendo in materia un'opinione diversa dalla sua, si permetta di anteporsi a lui!
Infatti gli altri suoi molti e cospicui meriti, nonché il suo cuore, colmo di squisita carità, per cui mantenne una pace perfetta con i colleghi che la pensavano diversamente, e il suo glorioso martirio nell'unità della Chiesa, dimostrarono alla perfezione che egli fu un tralcio ricco di frutti sulla radice di Cristo, che il Padre potò anche attraverso questa correzione perché potesse portare frutti maggiori.
Così infatti si esprime lo stesso Gesù: Ogni tralcio che in me porta frutto, il Padre mio lo pota perché porti più frutto, ( Gv 15,2 ) mostrandoci che anche fra i tralci fecondi, il vignaiolo che è nei cieli, trova sempre qualcosa da mondare.
E chi di noi può paragonarsi all'apostolo Pietro, anche se non abbiamo mai costretto i pagani a giudaizzarsi, cosa che lui faceva quando non camminava rettamente secondo la verità del Vangelo? ( Gal 2,14 )
Per questo, corretto salutarmente dal rimprovero di un suo inferiore, l'apostolo Paolo, egli lasciò ai posteri un esempio di umiltà, ben più utile che se non avesse mai avuto bisogno di correzione.
Noi, pertanto, membri di questa Chiesa, che il contagio dei malvagi, sia occulti che manifesti, non ha potuto né potrà mai far perire, non temiamo alcuna calunnia da parte di chiunque.
Poiché, se sono malvagi, i buoni certamente o li ignorano o quando si manifestano li condannano nei loro tribunali in base alle leggi ecclesiastiche; se poi li conoscono, ma non sono in grado di condannarli per mancanza di regolare denuncia o di prove, essi li tollerano per il bene della pace della Chiesa: non solo non meritano riprensione, ma piuttosto meritano un encomio; né si separano rovinosamente a causa dei pesci cattivi, lacerando le reti del Signore prima del momento di raggiungere la riva.
Se poi vorranno compiere questo gesto, senza contare le innumerevoli testimonianze delle divine Scritture che interdicono loro di farlo, li tratterrà certamente il testo del beatissimo Cipriano, che tu stesso hai utilizzato, il quale li scongiura ad alta voce: " Anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, essa tuttavia non deve costituire un tale impedimento per la nostra fede o carità, da farci abbandonare la Chiesa perché in essa abbiamo scoperto la zizzania ".9
E non è solo a parole che egli ci scongiura, ma anche con il suo esempio.
Alcuni suoi colleghi, che con raggiri e frodi rapinavano le proprietà terriere, prestavano denaro con interessi da usura, e la cui avarizia, stando al pensiero dell'Apostolo, ( Col 3,5 ) gli sembrava non un difetto trascurabile ma un peccato di idolatria, li sopportò così com'erano per mantenere il vincolo dell'unità,10 e non divenne mai come loro a causa del loro contagio.
Si separò da loro per la differente condotta morale, non per la divisione dei sacramenti; e non toccò nulla di impuro, ma ricusando con orrore le loro opere, non riunendo a parte con sé il popolo.
Voi, invece, prendendo in senso carnale ciò che è detto dal profeta Isaia: Andate via!
Uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, e non toccate niente di impuro, ( 2 Cor 6,17; Is 52,11 ) e cose simili che si dicono nelle Scritture, voi, dico, prendendo in senso carnale anziché spirituale queste parole, vi mostrate né più né meno come quelli che il medesimo Profeta condannava perché dicevano: Non mi toccate perché sono puro. ( Is 65,5 )
E, per finire, quando avete giudicato indispensabile fuggire i peccati altrui, ma in una maniera errata, voi ne avete commessi altri che sono soltanto vostri: uno scisma sacrilego che semina divisione tra i fedeli e un'eresia sacrilega sostenuta da una mentalità empia e scellerata contro le promesse che Dio ha annunciato e realizzato a proposito della Chiesa, diffusa nel mondo intero.
Se infatti lo scisma e l'eresia, come tu credi - e mi riprendi per questo modo di parlare - non formassero insieme una sola ed unica società di gente perduta, il beato Cipriano, nella stessa lettera da cui ho tratto il testo sulla presenza della zizzania nella Chiesa, non avrebbe dichiarato a quei confessori della fede, con cui si felicitava per essersi staccati dallo scisma dei Novaziani: " Ero fortemente angustiato e tormentato terribilmente di non poter entrare in comunione con coloro che avevo già cominciato ad amare: fuggiti dalla vostra prigione, vi eravate lasciati catturare dall'errore dello scisma e dell'eresia ".11
Non voler, dunque, in contrasto con una verità così lampante, o scartare erroneamente i due appellativi o scegliere quello che dei due ti sembra più morbido: tu sei scismatico per la tua separazione sacrilega ed eretico per la tua dottrina sacrilega.
Non lusingatevi perché noi non dichiariamo nullo il vostro battesimo.
Esso non è vostro, ma della Chiesa cattolica, alla quale noi fermamente aderiamo; da essa lo avete portato quando vi siete separati, non certo per la vostra salvezza ma per la vostra perdizione.
I vasi del Signore, infatti, restarono santi anche presso gli stranieri; per questo il re, che ebbe l'ardire di farne un uso oltraggioso, fu punito dall'ira di Dio; ( Dn 5,20 ) anche l'arca dell'alleanza, benché caduta nelle mani dei nemici, non perdette affatto il suo potere di santificazione. ( 1 Sam 4-6 )
Se dunque questi oggetti sacri, che si trovarono fra le mani di estranei, cessando di stare con i loro possessori non perdettero affatto la loro virtù di santificazione, a maggior ragione i sacramenti cristiani non perdono la loro virtù, quando passano nelle mani degli eretici, ma perché rimangano ancora fra noi!
Ecco ciò che ti ho scritto nella lettera,12 e quanto vi abbiamo detto durante la conferenza.
Voi invece avete giudicato bene eludere la questione, non sapendo come risolverla, poiché, come l'Apostolo ha detto riferendosi a quelli che soffocano la verità nell'ingiustizia, ( Rm 1,18 ) così anche voi imprigionate la verità del battesimo divino nell'iniquità dell'errore umano.
Ma questa verità, che non è vostra, noi non dobbiamo assolutamente dichiararla nulla a causa dell'iniquità, che è vostra.
E poiché si capisce bene che, quando il medesimo Apostolo scriveva soffocano la verità nell'ingiustizia, si riferiva ai popoli idolatri, tu, a guisa di risposta [ alla mia lettera ], mi hai sollecitato a dimostrare ciò che l'Apostolo non rigetta del sacrilegio dei pagani, ciò che non condanna del loro culto empio, come se fosse in suo potere di non rescindere e condannare ciò che è sacrilego ed empio, proprio come facciamo noi riguardo al vostro scisma e alla vostra eresia!
Vi sono tuttavia alcuni nuclei di verità, concepiti da taluni filosofi pagani sopra il dio ignoto, che l'Apostolo non solo non ha demolito, ma di cui si è servito come prova quando lo giudicò opportuno.
Così, rivolgendosi agli Ateniesi, dichiara a proposito di Dio: In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri hanno detto. ( At 17,28 )
Questa verità della sapienza, che il beato Paolo, lungi dal rigettarla, utilizzava per istruirli, essi la detenevano nell'iniquità della loro idolatria, che la dottrina dell'Apostolo abbatteva ricorrendo a tutti gli espedienti apostolici.
Anche noi ci comportiamo così: le verità che i vostri antenati hanno ricevuto nella vera Chiesa cattolica e vi hanno trasmesse, noi non le rigettiamo, ma le riconosciamo; quanto al vostro sacrilegio, noi lo annulliamo quando vi convertite o lo condanniamo se persistete nell'ostinazione.
Del resto, proprio tu hai risolto perfettamente sia la questione nel suo complesso sia tutto ciò che è oggetto del nostro dibattito, esponendo con sufficiente accuratezza una parola sola del tribuno.
Io infatti ti avevo detto: " Neppure questo si legge nella lettera del tribuno, che tu abbia invocato nella verità il nome di Dio ",13 poiché non vi avevo assolutamente letto quella parola.
Tu hai risposto: " Ti inganni o, piuttosto, vuoi ingannare.
Le parole del tribuno sono queste: Non sia mai detto che questa grande opera, la casa del Signore, dove così sovente hai invocato il nome di Dio e del suo Cristo, sia stata ridotta in cenere dalla tua Religione che vi si era stabilita.
Cerca di capire che ciò che si chiama religione, nell'ambito della verità, è chiamata superstizione quando si tratta dell'errore ".
Quando mai io ho fatto questa osservazione? Quando mai ho fatto questo ragionamento?
Quando ho potuto dimostrare una cosa per l'altra? Lo confesso, questo sfugge allo scarso acume del mio ingegno!
Credimi pure, su questo punto posso essermi ingannato; comunque in nessun modo, come tu hai detto, ho voluto ingannare servendomi di una parola.
Pertanto dev'essere il tribuno che, da militare qual è, ha equivocato quando si rivolge a uno, che sa o crede eretico, dicendogli: " per la tua Religione ", in quanto l'eresia non è religione ma superstizione, e la religione si riferisce con locuzione appropriata alla verità, non alla falsità.
C'è di più. Secondo la tua spiegazione, il vero culto di Dio si chiama religione, invece il culto falso si chiama superstizione.
Allora, ascolta la tua stessa voce! Presta orecchio alla tua stessa parola e così non ti rifiuterai più di seguirci!
Proprio nell'esordio della tua prima lettera al tribuno, tu hai collocato questa dedica: " All'onorevole e, se così vuoi, per noi carissimo Dulcizio, tribuno e notaio, Gaudenzio vescovo "; poi hai aggiunto subito dopo: " Ho ricevuto la lettera della tua Religione ".14
Dunque, perché esiti ancora a venire da noi?
Ecco, considera il tribuno Dulcizio: benché faccia parte della nostra comunione, per tua attestazione non è un uomo superstizioso ma religioso, e quindi, sempre secondo la tua spiegazione, non aderisce al falso culto di Dio, ma a quello vero.
Pertanto è piuttosto lui nella Chiesa cattolica, non tu; e tu certamente non hai equivocato sul significato di questa parola, tant'è vero che spieghi anche come la religione differisca dalla superstizione, quanto la verità dista dall'errore.
Quest'uomo, lo ripeto, è un militare, ed essendo poco esperto nell'uso appropriato delle parole, non sapeva che cosa fosse la religione.
D'altronde, mi guarderò bene dal dire: " Lui, adulandoti, ti ingannava ".
Tu, però, che ricorri al Profeta per rimproverare coloro con cui disputi, e proclami: " Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che chiamano luce le tenebre e tenebre la luce ", ( Is 5,20 ) se è una superstizione ciò che crede Dulcizio insieme a noi, perché l'hai chiamata religione?
Se invece l'hai chiamata verità, perché, continuando ad aderire alla superstizione eretica, respingi la religione cattolica?
Segui dunque la tua testimonianza, soprattutto tenendo conto che anche i vostri, quando verranno a saperlo, probabilmente non resteranno in comunione con te, poiché sei entrato in comunione con il tribuno Dulcizio attraverso questa parola.
Su, fratello Gaudenzio, non perdere l'occasione che il Signore ti ha data anche attraverso la tua lingua.
O, forse, ti adonti perché ti chiamo fratello?
Questo titolo, è vero, voi non lo avete voluto accettare da noi durante la nostra comune conferenza, mostrando così che proprio a noi il Signore ha dato quest'ordine attraverso il Profeta: Dite: voi siete nostri fratelli, a coloro che vi odiano e vi detestano, ( Is 66,5 ) e che voi, invece, fate parte del numero di coloro che odiano e detestano coloro ai quali il Signore dice questo.
Certamente non puoi negare di aver chiamato religione il culto, al quale appartiene il tribuno Dulcizio.
Per questo ti ha inviato quella lettera, perché non ti uccida e perché rientri nella comunione della Chiesa, di cui lui fa parte.
Pertanto, se la sua è una religione, la tua è una superstizione.
Benché tutti e due vi siate detti vicendevolmente questo, tu sei propenso a dire che è stato lui, non tu, ad ingannarsi.
Perciò, tenendo conto della tua testimonianza così veritiera e della tua esposizione così esatta, e del fatto che il tribuno Dulcizio aderisce alla religione, è certo in forza della religione che l'ordine dell'imperatore ti sollecita verso la nostra comunione.
Da ciò ne consegue che è altrettanto in forza della religione che l'imperatore cristiano considera un dovere del suo ufficio di non permettere che si pecchi impunemente contro le cose divine, mentre tu vuoi che si preoccupi esclusivamente di quelle cose che appartengono alla sfera di una repubblica terrena.
In tal modo, dimenticando ciò che hai letto, tu hai affermato che il re dei Niniviti non aveva ordinato al popolo di fare penitenza.
Ecco le testuali parole che mi hai indirizzato: " Perché " - dici - " inganni la povera gente?
È a Giona che Dio ha dato l'ordine; il Signore ha inviato un profeta al popolo; nulla di simile ha ordinato al re ".
Fai bene attenzione, allora, a ciò che è scritto, e non prendertela con me ma con te stesso, perché o non ricordi bene i testi sacri o sei tu piuttosto che inganni questa povera gente: Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore.
Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino.
Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino, e predicava: Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta.
I cittadini di Ninive credettero al Signore e bandirono un digiuno, vestirono di sacco, dal più grande al più piccolo.
Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere.
Poi fu proclamato in Ninive questo decreto, per ordine del re e dei suoi grandi: Uomini e animali, grandi e piccoli, non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua.
Uomini e bestie si coprano di sacco e si invochi Dio con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. ( Gn 3,3-8 )
Hai sentito che, alla fine, il re si è preso cura proprio di ciò che tu non vorresti fosse una competenza specifica dei re?
Certo, volle che si eseguisse con zelo maggiore quanto era stato fatto con insufficiente impegno.
Pertanto, i cittadini di Ninive non furono forzati alla penitenza dal comando del re, sotto la minaccia di confische, proscrizioni, uso della forza militare, poiché eseguirono gli ordini docilmente.
Noi, dunque, non diamo risalto al fatto che questo popolo abbia subìto tali cose, perché neanche tu mostri un re che è stato disprezzato.
D'altra parte, quando i re comandano con timore religioso di seguire ciò che vuole Dio, se ciascuno obbedisce partendo dal timore per arrivare all'amore, riceve dal Signore la pace, non come la dà il mondo, ( Gv 14,27 ) poiché il mondo dà la pace in vista di una utilità temporale, il Signore invece in vista della salvezza eterna.
E poiché questa è la religione che professa il tribuno Dulcizio - tu non negherai le tue parole! - il partito di Donato è una superstizione, alla quale la sua religione cerca di strapparti.
Superstizione è volerti togliere la vita, atto che la religione di costui proibisce nel modo più assoluto; superstizione è ciò per cui rimproveri l'imperatore di preoccuparsi tanto di tali questioni, che proprio la sua religione gli ha imposto di risolvere.
Pertanto, siccome con la tua parola la causa è finita, ti scongiuro per il Dio della religione, il Dio della verità, di porre fine una buona volta anche al tuo errore.
È la stessa Chiesa di Cristo, fratello, la quale in questo tempo si dilata crescendo nell'universo intero, e contiene cattivi e buoni che dovranno essere separati dalla vagliatura finale.
Concludendo, vorrei indirizzarti le parole di colui che tu hai voluto prendere come testimone del nome cattolico: " Essa è colei che, inondata dalla luce del Signore, proietta i suoi raggi su tutto l'universo; proprio lei è quella che estende su tutta la terra i rami della sua lussureggiante vegetazione ".15
Per conseguenza: "Anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, essa tuttavia non deve costituire un impedimento tale per la nostra fede o carità, da farci abbandonare la Chiesa perché in essa abbiamo scoperto la zizzania.
Nostro unico dovere è di lavorare per poter diventare grano buono; in tal modo, quando si comincerà a raccogliere il frumento nel granaio del Signore, noi raccoglieremo il frutto del nostro lavoro e delle nostre fatiche.
Dice l'Apostolo in una delle sue lettere: In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni sono destinati ad usi nobili, altri per usi più spregevoli. ( 2 Tm 2,20 )
Per quel che ci riguarda, lavoriamo e dedichiamo tutte le nostre energie per essere vasi d'oro o d'argento.
Quanto al frantumare i vasi di coccio, esso è esclusivo diritto del Signore, il quale ha ricevuto lo scettro di ferro. ( Sal 2,9 )
Il servo non può essere più grande del suo Signore, ( Gv 13,16 ) pertanto nessuno rivendichi per sé il diritto che il Padre ha riservato al Figlio e non pensi che possa già usare la pala o il ventilabro per ventilare e ripulire l'aia o che possa separare la zizzania, con giudizio umano, dal frumento.
Questa sarebbe una pretesa dell'orgoglio e una sacrilega presunzione, che solo una follia malvagia può permettersi.
E mentre certuni si arrogano il diritto di andare sempre al di là di quel che reclama una mite giustizia, periscono al di fuori della Chiesa; e mentre con insolenza si inalberano, accecati dall'orgoglio che li gonfia, perdono la luce della verità ".16
Queste sono parole del beatissimo Cipriano, non mie; sì, sono proprio le parole di costui che hai posto nell'esordio dello scritto che ci hai inviato,17 come il testimone più qualificato del nome cattolico, di cui hai tessuto le più ampie lodi: parole che, pur dette da lui, essendo vere e divine, sono realmente parole di Dio.
Ecco ciò che devi ascoltare; ecco ciò che devi evitare, affinché, con l'aiuto della misericordia del Salvatore, possiamo conservare insieme la verità cattolica, amare insieme la pace cattolica, crescere insieme con il suo frumento in ogni luogo, tollerare insieme la zizzania sino alla fine, vivere insieme senza fine nel granaio!
Ormai vedi chiaramente che, senza fare alcuna difesa di Ceciliano o di qualsiasi altro uomo che voi giudicate opportuno accusare, la Chiesa cattolica si sostiene da sola con la sua forza e la sua solidità.
Del resto, la nostra comune conferenza ha assolto Ceciliano; quanto agli altri che voi accusate, o le accuse sono dubbie o la condanna è ingiusta.
Ma sarebbe del tutto assurdo trasferire la causa della Chiesa, esorbitando dalla sfera della ragione, fra le questioni puramente umane, poiché essa si fonda ed è difesa dalle testimonianze di Dio.
Anche se constatassimo con assoluta evidenza che in essa esistono individui cattivi, e non potessimo separarli dai sacramenti della Chiesa, la nostra fede o la nostra carità non dovrebbero esserne impedite fino al punto di doverci separare noi stessi dalla Chiesa, per il solo fatto che abbiamo scoperto anch'essi fra la zizzania della Chiesa.
Se pensi di rispondere, non aggirare il problema divagando con inutili digressioni.
Rispondi bene a ciò che ho detto, non eludendo in modo fallace, ma discutendo in modo razionale.
Quanto al contenuto della tua prolissa risposta, che ho qui sotto gli occhi, o piuttosto al non contenuto, se ne ravviserò la necessità e il Signore mi darà la grazia, lo illustrerò con maggiore impegno in un'altra opera.
Indice |
5 | Cypr., De unitate Ecclesiae, 5 |
6 | Cypr., Ep. 54, 3 |
7 | Cypr., Ep. 54, 3 |
8 | Cypr., Ep. 54, 3 |
9 | Cypr., Ep. 54, 3 |
10 | Cypr., De lapsis, 6 |
11 | Cypr., Ep. 54, 2 |
12 | Vedi sopra 1,6,7 |
13 | Vedi sopra 1,6,7 |
14 | Vedi sopra 1,1,2-2,3 |
15 | Cypr., De unitate 5 |
16 | Cypr., Ep. 54, 3 |
17 | Vedi sopra 2,2,2 |