Manuale sulla fede, speranza e carità

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14.48 - Solo in virtù di Gesù Cristo, mediatore fra Dio e gli uomini, è possibile salvarsi dal peccato originale

In ogni caso, quell'unico peccato, commesso con tale gravità in un luogo e in una condizione di tanta felicità, che in un solo uomo originariamente e, per così dire, radicalmente, è stato condannato tutto quanto il genere umano, è sciolto e lavato solo dall'unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, ( 1 Tm 2,5 ) il solo che poté nascere senza aver bisogno di rinascere.

14.49 - Valore del battesimo di Giovanni, accettato da Cristo per umiltà

Non rinascevano infatti quanti ricevevano il battesimo di Giovanni, che anch'Egli ricevette; ma erano preparati dal ministero del precursore che diceva: Preparate la via al Signore, ( Is 40,3; Mt 3,3; Lc 3,4 ) a quest'unico battesimo nel quale soltanto potevano rinascere.

Il battesimo di Cristo, infatti, non è di acqua soltanto, come fu quello di Giovanni, ma anche di Spirito Santo, ( Mt 3,11; Mc 1,8 ) in modo che chiunque crede in Cristo possa essere rigenerato da quello Spirito, dal quale Cristo è stato generato senza aver bisogno di rigenerazione.

Perciò quella voce del Padre, pronunziata sopra il battezzato: Io oggi ti ho generato, ( Sal 2,7; Eb 1,5; Eb 5,5; Mt 3,17 ) non indicò quell'unico giorno del tempo in cui fu battezzato, bensì dell'eternità che non muta, per rendere manifesto che quell'uomo apparteneva alla persona dell'Unigenito.

Quando infatti il giorno non prende inizio dal termine del precedente, né finisce con il cominciare del seguente, è un oggi eterno.

Dunque Egli volle essere battezzato con acqua da Giovanni, ( Mt 3,15 ) non perché fosse lavata qualche sua iniquità, ma perché fosse fatta valere la grande umiltà.

Il battesimo non trovò quindi in Lui nulla da purificare, come la morte nulla da punire; così il diavolo, schiacciato e vinto dalla verità della giustizia, non dalla violenza del potere, per averlo ucciso in modo assolutamente iniquo senza che fosse colpevole d'alcun peccato, avrebbe perso grazie a lui in modo assolutamente giusto coloro che, colpevoli di peccato, egli tratteneva.

Da Cristo furono quindi assunte entrambe le cose, cioè il battesimo e la morte, in vista di un piano preciso, non per una miserabile fatalità, bensì per una volontà di misericordia, perché quindi uno solo togliesse i peccati del mondo, ( Gv 1,29 ) così come uno solo introdusse il peccato nel mondo, ( Rm 5,12.18 ) cioè in tutto intero il genere umano.

14.50 - La grazia di Cristo ha cancellato anche gli altri peccati, aggiuntisi a quello originale

Senonché quell'unico uomo introdusse il peccato nel mondo, mentre quest'unico redentore non portò via solo quell'unico peccato, ma simultaneamente tutti quelli che vi trovò aggiunti.

Perciò l'Apostolo dice: Non è accaduto per il dono come per il peccato di uno solo: il giudizio provenne da un solo peccato per la condanna, la grazia invece da molte colpe per la giustificazione. ( Rm 5,16 )

In effetti quell'unico peccato contratto in origine, anche se solo, ci rende soggetti alla condanna, mentre la grazia giustifica da molte colpe l'uomo che, oltre all'unico peccato contratto in origine con tutti, ne ha commesse da sé anche molte altre.

14.51 - Chi è nato da Adamo è mantenuto nella condanna, chi è rinato in Cristo ne è liberato

Prendiamo poi quel che si dice un po' più avanti: Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per la giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita; ( Rm 5,18 ) ciò basta ad indicare che non c'è nessuno, nato da Adamo, che non sia trattenuto nella condanna e nessuno è liberato dalla condanna, che non sia rinato in Cristo.

14.52 - Il mistero universale di salvezza del battesimo nella croce di Cristo raccomandato dall'Apostolo

Dopo aver parlato di questa pena, introdotta da un solo uomo, e della grazia, anch'essa introdotta da un solo uomo, per quel che ritenne sufficiente in quel punto della sua lettera, egli raccomandò il grande mistero del santo battesimo nella croce di Cristo, per farci comprendere che il battesimo di Cristo non raffigura altro che la sua morte, e la morte di Cristo crocifisso nient'altro che la remissione del peccato.

Come infatti la sua fu vera morte, così la nostra fu vera remissione dei peccati, e come la sua fu vera risurrezione, così la nostra fu vera giustificazione.

Disse infatti: Che diremo dunque? Continueremo a restare nel peccato perché abbondi la grazia? ( Rm 6,1 )

Prima infatti aveva detto: Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia. ( Rm 5,20 )

Perciò sollevò la questione se per conseguire l'abbondanza della grazia si dovesse restare nel peccato, rispondendo però: Giammai!

E aggiungendo: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere in esso? ( Rm 6,2 )

Quindi, per mostrare che siamo morti al peccato, disse: Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? ( Rm 6,3 )

Se dunque qui si mostra che siamo morti al peccato, poiché siamo stati battezzati nella morte di Cristo, anche i più piccoli che sono battezzati in Cristo muoiono certamente al peccato, poiché sono battezzati nella sua morte.

È stato detto infatti, senza fare alcuna eccezione, che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte, e questo per accreditare il fatto che siamo morti al peccato.

A quale peccato del resto i più piccoli, rinascendo, possono morire, all'infuori del peccato contratto con la nascita?

Perciò riguarda anche loro quanto viene detto di seguito: Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché, come Cristo fu risuscitato dai morti per la gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in novità di vita.

Se infatti siamo stati completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione: sappiamo infatti che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso insieme a Lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato.

Infatti chi è morto, è stato ormai riscattato dal peccato.

Ma se noi siamo morti con Cristo, crediamo che vivremo anche insieme con Lui: sappiamo che Cristo, risuscitando dai morti, ormai non muore più, la morte non ha più potere su di Lui.

In quanto Egli è morto al peccato, è morto una sola volta, ma in quanto vive, Egli vive per Dio.

Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. ( Rm 6,4-11 )

Qui aveva incominciato a dare la prova che noi non dobbiamo restare nel peccato, perché abbondi la grazia, dicendo: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere in esso?

E per mostrare che noi siamo morti al peccato, aveva aggiunto: Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?

In tal modo egli ha concluso tutto questo passo come l'aveva cominciato.

Ha introdotto quindi la morte di Cristo, per poter dire che anch'egli morì al peccato: a quale peccato, se non alla carne, nella quale era non certo il peccato, ma qualcosa che gli assomigliava e che perciò prese il nome di peccato?

Disse quindi a coloro che erano stati battezzati nella morte di Cristo ( non i soli adulti, ma anche i più piccoli ): Così anche voi ( che siete come Cristo ) consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

14.53 - La morte, risurrezione e ascensione al cielo di Cristo figura della vita cristiana sulla terra

Dunque tutto quel che è accaduto sulla croce di Cristo, nella sepoltura, il terzo giorno nella risurrezione, nell'ascensione al cielo e nel sedersi alla destra del Padre, è accaduto in modo che a queste realtà, non simbolicamente solo a parole, ma anche con i fatti possa conformarsi la vita cristiana che in esse si realizza.

È a motivo della sua croce che infatti è stato detto: Quelli che sono di Gesù Cristo, hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e concupiscenze; ( Gal 5,24 ) a motivo della sepoltura: Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Cristo nella morte; ( Rm 6,4 ) a motivo della risurrezione: Come Cristo fu risuscitato dai morti per la gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in novità di vita; ( Rm 6,4 ) a motivo dell'ascensione al cielo e del suo sedersi alla destra del Padre: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove Cristo siede alla destra del Padre; gustate le cose di lassù, non quelle che sono sopra la terra: voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta insieme con Cristo in Dio. ( Col 3,1-3 )

14.54 - La fede in Cristo che verrà dal cielo a giudicare i vivi e i morti non riguarda questa vita

Quel che poi confessiamo riguardo a Cristo come evento futuro, che cioè verrà dal cielo a giudicare i vivi e i morti, non riguarda la nostra vita che conduciamo quaggiù, poiché non si tratta di ciò che Egli ha già compiuto, ma di quanto si dovrà compiere alla fine dei tempi.

È a questo riguardo che l'Apostolo, proseguendo, ha aggiunto: Quando si manifesterà Cristo, vostra vita, allora anche voi vi manifesterete insieme a Lui nella gloria. ( Col 3,4 )

14.55 - Due interpretazioni del giudizio finale

In due modi si può intendere il fatto che Egli giudicherà i vivi e i morti: o possiamo intendere come vivi coloro che qui non sono ancora morti e che all'atto della sua venuta saranno trovati ancora fisicamente vivi, e come morti coloro che, prima della sua venuta, hanno abbandonato il proprio corpo o stanno sul punto di abbandonarlo; oppure come vivi i giusti e come morti gli ingiusti, poiché anche i giusti saranno giudicati.

In qualche caso infatti il giudizio di Dio viene evocato in senso negativo, donde l'espressione: Quanti hanno operato il male, andranno alla risurrezione del giudizio; ( Gv 5,29 ) in qualche altro caso anche in senso buono, secondo quanto è stato detto: Dio, per il tuo nome salvami, e nella tua potenza giudicami. ( Sal 54,3 )

È attraverso il giudizio di Dio che vengono discriminati i buoni dai cattivi, in modo che i buoni, che debbono essere liberati dal male e non perduti con i cattivi, vengano separati alla sua destra. ( Mt 25,31-46 )

Di qui il grido del Salmo: Giudicami, o Dio; e come per esplicitare meglio: Distingui la mia causa dalla gente non santa. ( Sal 43,1 )

15.56 - La fede nello Spirito Santo, al quale la Chiesa è congiunta come a Dio il suo tempio

Dopo aver parlato di Gesù Cristo, unico Figlio di Dio, Signore nostro, restando nei limiti di questa confessione, aggiungiamo di credere, come sai, anche nello Spirito Santo, in modo che risulti compiuta la Trinità che è Dio.

Viene quindi ricordata la santa Chiesa; essa ci offre la possibilità di comprendere che la creatura razionale, appartenente alla Gerusalemme libera, ( Gal 4,26 ) doveva essere collocata in subordine, dopo la menzione del Creatore, cioè di quella somma Trinità.

Infatti tutto quel che è stato detto di Cristo uomo riguarda l'unità personale dell'Unigenito.

L'ordine corretto di questa confessione reclamava pertanto che alla Trinità fosse congiunta la Chiesa, come all'abitante la sua casa, a Dio il suo tempio, al fondatore la sua città.

E la Chiesa dev'essere intesa nella sua totalità, non solo nella parte che è pellegrina sulla terra e loda il nome del Signore dal sorgere del sole al suo tramonto, ( Sal 113,3 ) cantando un canto nuovo ( Ap 5,9 ) dopo la schiavitù antica, ma anche quella che è eternamente in comunione nei cieli con chi l'ha fondata, né ha mai sperimentato il male di una sua caduta.

Essa persiste beata fra i santi Angeli e reca il soccorso necessario alla parte di sé che è ancora pellegrina, poiché entrambe saranno unite in una comunità eterna, mentre ora lo sono nel vincolo della carità, essendo stata tutta istituita per adorare l'unico Dio.

Perciò né la Chiesa tutta intera, né una sua parte vuole essere adorata al posto di Dio, né essere Dio per chiunque appartenga al tempio di Dio, costituito di quegli dèi creati dal Dio increato. ( Sal 82,6; Gv 10,34-35 )

Per questo, se lo Spirito Santo fosse creatura, anziché creatore, sarebbe senz'altro creatura razionale ( è questa infatti la creatura somma ); in base al principio di fede, perciò, non sarebbe anteposto alla Chiesa, appartenendo anch'egli ad essa in quella sua parte che è nei cieli, né avrebbe un tempio, essendo un tempio egli stesso. Invece un tempio lo ha e l'Apostolo ne parla: Non sapete che i vostri corpi sono tempio in voi dello Spirito Santo che avete da Dio? ( 1 Cor 6,19 )

E altrove: Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? ( 1 Cor 6,15 )

Come dunque può non essere Dio, se ha un tempio, o essere inferiore a Cristo, se ha le sue membra come tempio?

Né il suo tempio è altro rispetto al tempio di Dio, dal momento che l'Apostolo li identifica: Non sapete che siete tempio di Dio?

E per provarlo, ha aggiunto: E che lo Spirito Santo abita in voi? ( 1 Cor 3,16 )

Dio quindi abita nel suo tempio, non solo lo Spirito Santo, ma pure il Padre e il Figlio, il quale, anche a proposito del proprio corpo, in virtù del quale è diventato il capo della Chiesa che è in mezzo agli uomini, per ottenere Egli stesso il primato su tutte le cose, ( Col 1,18 ) ha detto: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. ( Gv 2,19 )

Infatti il tempio di Dio, cioè di tutta intera la somma Trinità, è la santa Chiesa, che è universale in cielo e sulla terra.

15.57 - La Chiesa celeste senza macchia

Quanto alla Chiesa che è in cielo, poi, non possiamo affermare se non che là nessuno è cattivo e che inoltre nessuno ne è caduto o cadrà, da quando Dio non risparmiò gli angeli peccatori, come scrive l'apostolo Pietro, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell'inferno, serbandoli per il giudizio di punizione. ( 2 Pt 2,4 )

15.58 - Come intendere le differenze tra gli angeli buoni e considerare la natura degli astri

Ma qual è la struttura di quella società totalmente beata e superiore?

Come vi si configurano le differenze di grado?

Anche se tutti vengono definiti Angeli, secondo una certa denominazione generale, così come leggiamo nella Lettera agli Ebrei: A quale degli angeli poi ha detto: Siedi alla mia destra? ( Eb 1,13 ) ( significando che tutti indistintamente sono chiamati Angeli ), nondimeno vi sono degli Arcangeli.

E i medesimi Arcangeli sono definiti Virtù?

Infatti usando l'espressione: Lodatelo, voi tutti, suoi Angeli; lodatelo, voi tutte sue virtù, ( Sal 148,2 ) è come dire: "Lodatelo, Angeli tutti; lodatelo Arcangeli tutti".

E come si differenziano quei quattro titoli, con i quali l'Apostolo sembra aver abbracciato tutta quanta la società celeste, quando ha detto: E Troni, e Dominazioni, e Principati, e Potestà? ( Col 1,16 )

Rispondano a queste domande quanti vi riescono, purché siano in grado di provare le loro affermazioni: quanto a me, confesso la mia ignoranza.

Io non so nemmeno con certezza se rientrino in quella società il sole e la luna e tutte le stelle, benché ad alcuni sembrino corpi luminosi, ma privi di sensibilità e intelligenza.

15.59 - Il difficilissimo problema relativo al corpo degli angeli

Chi potrà spiegare parimenti con quali corpi gli angeli siano apparsi agli uomini, in modo da risultare non solo visibili, ma anche tangibili?

D'altra parte non è grazie ad una massa corporea, ma ad un potere spirituale che possono presentare alcune visioni agli occhi non materiali, bensì spirituali, o alle menti, o dire qualcosa non all'orecchio esteriore, ma nell'interiorità dell'animo umano, dove anch'essi sono attestati; sta scritto infatti nel libro dei Profeti: L'angelo che parlava in me mi disse ( Zc 1,9 ) ( e non: Che parlava a me, bensì: In me ); oppure apparire durante il sonno, parlando come in sogno; ne abbiamo una prova nel Vangelo, dove si dice: Ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse. ( Mt 1,20 )

Questi modi sembrano indicarci che gli angeli non hanno corpi palpabili, suscitando la questione estremamente difficile circa il modo in cui i patriarchi abbiano potuto lavare loro i piedi, ( Gen 18,4; Gen 19,2 ) e Giacobbe abbia potuto combattere con l'angelo, lottando in modo così duro. ( Gen 32,29-32 )

Sollevando tali domande e avanzando ciascuno come può delle supposizioni, si compie un esercizio non inutile dell'intelligenza, purché si resti nell'ambito di una discussione misurata e ci si guardi dall'errore di quanti suppongono di sapere quel che non sanno.

Riguardo a questioni come queste, o simili a queste, che importanza ha giungere ad affermazioni o a negazioni o a definizioni discriminanti, quando non è colpevole il non sapere?

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