Messa del Povero: nascita e sviluppo di un servizio |
La "filosofia" che ha ispirato l'origine della Messa del Povero è assai semplice e si racchiude tutta nel nome che viene dato all'Opera.
"La chiamiamo Messa del Povero", perché il fine propostosi dalle buone Suore di Carità è quello appunto di facilitare l'osservanza del precetto festivo ai poverissimi, ai quali dopo le funzioni sono distribuiti pane e minestra".1
Una filosofia che, nel tempo, si arricchirà di nuove e più dettagliate precisazioni ma che, nella sostanza rimarrà - e rimane tuttora - sempre la stessa.
In particolare, fin dall'inizio, si è attenti a sgombrare il campo ad ogni possibile equivoco che possa nascere dal nome stesso di "Messa del Povero".
"Lo scopo vero però della Messa del Povero non è, come attesterebbe a tutta prima il titolo, quello di raccogliere più mendicanti possibile, e portarli a santificare il giorno del Signore: dare loro quindi, come ricompensa della presenza, un'abbondante refezione calda, indumenti e possibilità di attendere alla pulizia personale, ma l'intento intimo delle Suore di Carità e dei nostri Catechisti Anziani è quello di nobilitare il povero mediante l'educazione al lavoro e al senso cristiano della sofferenza e della vita".2
La presenza in mezzo ai poveri ha fatto scoprire quale fosse l'azione vera da svolgere a loro favore: la maturazione di ogni opera che da Dio viene guidata e illuminata.
« Alla Messa del Povero accorrono sempre nuovi elementi e buoni elementi.
Coloro che vengono una volta ne sono impressionati e non mancano più.
E diciamo a onore del vero, e a conforto di quelli che sono i nostri più vivi ideali, che molti di essi vengono non per avere dopo la S. Messa, la refezione calda, ma perché trovano in questa cara adunata il conforto morale da cui erano da tanto tempo lontani."3
"Lo scopo della Messa del Povero non è solo, come già abbiamo detto su queste pagine, quello di dare un piatto di minestra a chi ha fame, o un vestito più o meno adattato a chi ha freddo, ma lo scopo vero della Messa del Povero è quello di elevare il morale del mendicante, incoraggiandolo a lasciare la vita abbietta dell'accattone e sollevarsi, nobilitarsi con il lavoro onesto e rimunera tivo".4
Per meglio evidenziare questa finalità compare per la prima volta - nel 1938 - sotto il titolo "Messa del Povero", l'aggiunta "Opera di Redenzione dei Mendicanti" e questo perché sono avvenuti "non pochi fatti di 'vera redenzione' ottenuti per la grazia del SS. Crocifisso e della Sua SS.ma Madre, specialmente mediante i Ritiri mensili, le prediche, i Catechismi, e l'affetto immenso con il quale si circondano i poveri derelitti, sotto i cui cenci si nasconde la dolce figura del Maestro divino".5
E per favorire la piena "redenzione" umana e cristiania dei poveri, sorgono in seguito, accanto all'opera di assistenza, nuove iniziative quali "la Filodrammatica tra i poveri stessi, facendo loro riprodurre lavori che inculchino ed encomino la vita di lavoro e di stabilità nel lavoro stesso, la pace della buona coscienza, l'utilità del risparmio, ecc. - e - Un 'altra attività iniziata in quest'anno 1938 è il laboratorio volontario delle zelatrici di Gesù Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, per ricoprire il meglio possibile le membra sofferenti dei nostri mendicanti".6
"Una attività che alla Messa del Povero si è sempre tenuta viva, è la assistenza ai suoi moribondi, in modo che nessuno, grazie al SS. Crocifisso e Maria SS. Innnacolata, è morto finora senza la parola di conforto del sacerdote e i Sacramenti di nostra santa Religione.
Però non si era ancora costituito un piccolo gruppo di volenterosi Mendicanti e di Catechisti i quali dessero il nome in modo fisso all'Opera di Assistenza ai poveri degenti, e qualora i cari malati morissero, si interessassero per l'accompagnamento al Camposanto.
Oggi, certamente con la gioia infinita del SS. Crocifisso, è un fatto compiuto.
Questa "Compagnia della buona morte" possiamo chiamarla così, avrà per iscopo santo di vegliare sulla salute dei nostri frequentanti la Messa del Povero e se i loro mali sono tali da richiedere l'ospedale, essi medesimi solleciteranno di esservi trasportati e cosi avrà inizio la vera missione della predetta Compagnia ».7
Nel racconto della funzione di chiusura dell'anno 1940 nella Parrocchia di San Donato, chi scrive prende occasione per ritornare sulla finalità dell'Opera: "Forse taluno potrebbe formarsi il preconcetto che la frequenza alla Messa del Povero sia ispirata da desiderio di usufruire di quel po' di carità che la Provvidenza non lascia mancare: non sarà estraneo il motivo, ( nella coscienza degli uomini Dio solo può leggere ): ma io ho avuto un'impressione del tutto diversa; anche il povero ha bisogno di pregare, anche il povero sente di dover rendere il suo omaggio a Dio, ma vuol pregare senza temere di essere sfuggito, ma aspetta l'invito che spezzi la corazza di irritazione contro gli altri, contro i fortunati che dell'organizzazione sociale godono i vantaggi, mentre lui non ne è che un naufrago e una vittima ».8
E conclude citando le parole stesse di un Povero che volle ringraziare a nome di tutti: "in quest'oasi noi ritroviamo il conforto alle nostre miserie, il balsamo alle piaghe spirituali, ed anche un pane che non è quello volgare della elemosina, sibbene offerto da chi sa signorilmente donare, cristianamente donare".9
Anche le piccole festicciole organizzate con canti e suoni in occasione di qualche festa particolare hanno un preciso scopo: « Più del pane si volle dare la sensazione ai nostri poveri che non tutto è indifferente attorno a loro, che se non hanno un focolare, per un momento almeno godano di questo tepore familiare, per un momento almeno abbiano trovato la loro casa, il loro nido ».10
In queste parole può essere sintetizzata la finalità della Messa del Povero e la fonte da cui ha avuto origine.
A distanza di 40 anni dalla sua fondazione essa intende proseguire il suo cammino su quella impostazione e con quell'orientamento.
In essa, cioè, si intende assistere « tutto l'uomo, anima e corpo, secondo lo stile della genuina carità.
L'ideale sarebbe quello di risolvere radicalmente i problemi degli assistiti togliendoli dalla loro condizione di mendicanti e sistemandoli in uno stato più umano e decoroso.
Purtroppo il problema è assai complesso e le possibilità limitate.
Del resto Gesù stesso aveva ammonito: "Dei poveri ne avrete sempte con voi" ».12
L'Opera vuole portare il suo modesto contributo di sollievo della sofferenza presso i fratelli più poveri, più dimenticati e forse anche più rifuggiti e allontanati, senza la pretesa di cambiare totalmente una situazione che è sempre esistita e che esisterà sempre, anche in una società più avanzata nell'assistenza sociale.
Gli emarginati, per colpa della società o per colpa loro, esisteranno sempre: troppi fattori possono interferire nella già grande varietà dei temperamenti individuali.
Né è lecito parlare di colpa e di responsabilità personali: Dio solo è giudice delle coscienze!
Nella vita di ogni uomo incidono avvenimenti, fatti, influenze che possono portare a delle situazioni che sempre invocheranno una comprensione, un conforto, un aiuto, che sempre cercheranno una mano o una vicinanza amica.
Il cuore umano, anche e forse più ancora, dopo tragici avvenimenti, azioni sbagliate, traumi fisici o psichici sente sempre nel profondo l'intimo bisogno di un cuore che gli si affianchi e gli cammini vicino.
Per questo l'assistenza materiale che la Messa del Povero può offrire ai suoi amici, entra come ultima componente nella finalità dell'Opera e si pospone all'assistenza spirituale e sociale.
È importante che il povero incontri ancora Dio, anche se viene da vie lontane.
È importante che il povero incontri ancora l'uomo-fratello, anche se dolorose esperienze gli fanno conoscere solo l'uomo-nemico o l'uomo-utile.
È questo il primo impegno della Messa del Povero che si realizza nei momenti di preghiera comunitaria, nell'assistenza alla Santa Messa festiva, nell'ascolto della Parola di Dio, nel ricordo vissuta dei grandi misteri della fede che l'Anno Liturgico ci propone ogni anno.
La partecipazione dei poveri in questi incontri è davvero sentita e commovente.
Scoprire l'uomo-fratello.
Sono troppo o sempre soli i poveri.
Sempre soli con se stessi e spesso in diffidente guardia contro gli altri, chiunque essi siano.
Hanno bisogno di ritrovarsi tra loro e con altri, in ambiente amico, per ricordare che « ogni uomo è mio fratello ».
È mio fratello l'uomo che vive nella mia condizione,
è mio fratello l'uomo che con me partecipa all'incontro settimanale,
è mio fratello l'uomo che prega con me il Padre,
è mio fratello l'uomo che si mette a mio servizio per aiutarmi nelle mie necessità,
è mio fratello anche l'uomo che si scosta da me lungo la strada per non incontrare la mia mano che si tende.
Questa azione di comprensione e di amicizia trova i suoi momenti negli incontri e nelle conversazioni ( che sovente sono sfoghi di un risentimento a lungo covato nell'anima ), nelle piccole feste che rallegrano e accomunano come le lotterie dell'Epifania e di Carnevale, nella gita-pellegrinaggio che dà modo di vivere una giornata di fraternità serena e spensierata …
« Non disprezzate i poveri, come se non fossero degni neppure di uno sguardo.
Domandatevi chi sono e scoprirete la loro grandezza: hanno il volto di Gesù.
Sono stati i Poveri ad ispirare a Gesù quella parabola sul giudizio finale che avete letto tante volte » ( S. Agostino ).
« … come il pastore separa le pecore dai capretti.
Egli metterà le pecore alla sua destra e i capretti alla sinistra.
Allora il Re dirà a quanti saranno alla sua destra: "Venite, o benedetti dal Padre mio …" perché:
- io ebbi fame e voi mi deste da mangiare
- ebbi sete e mi deste da bere
- fui pellegrino e mi avete accolto
- fui ignudo e mi rivestiste
- fui infermo e mi visitaste
- fui in prigione e mi veniste a trovare
in verità vi dico che tutte le volte che avete fatto qualche cosa a uno di questi minimi tra i miei fratelli, l'avete fatta a Me » ( Mt 25 ).
Ci sono elencate tutte le miserie: la fame, la sete, la mancanza di casa, la nudità, la malattia, la prigionia.
Nel brano evangelico riportato si accenna a tutte le miserie e non solo a quelle che potremmo definire di ordine puramente materiale quali potrebbero essere fame, sete, nudità, malattia.
C'è anche il pellegrino, quello senza casa; c'è perfino il prigioniero, quindi quello che la giustizia umana può farci considerare come colpevole e responsabiie della sua situazione.
Alla fame, alla sete, alla nudità è più facile portare soccorso e forse si è più inclini ad una giustificazione.
Meno alla malattia, specialmente se generata e aggravata da abitudini malsane.
Più difficile si presenta la situazione del senzatetto: né si vuole indagare il perché della mancanza di casa che, forse, sovente è da attribuire a responsabilità personale o a mentalità disadattata.
Quello che poi ci lascia stupiti è l'identificazione di Gesù con il "prigioniero"!
E qui, quanto facilmente si è portati a giudicare, a condannare o, nel migliore dei casi, ad ignorare dicendo: "Se lo è meritato! È giusto che paghi!".
Ma … anche al "prigioniero" Gesù ha dato il suo volto!
La Messa del Povero si impegna e si sforza di cercare il volto di Gesù in ogni fratello che si presenta.
Non sempre si riesce.
Vi sono delle situazioni in cui è difficile, alla nostra mentalità, trovare una giustificazione allo stato talvolta veramente triste in cui qualche fratello può trovarsi.
La parola che si dice, l'esortazione che si fa cadono nel vuoto.
Sempre deve essere la Fede sostenuta dalla Grazia che deve illuminare, guidare, impegnare.
Per questo si prega.
Si prega con i Poveri.
È il fine primario della Messa del Povero: farlo incontrare almeno qualche volta nella settimana con il Padre e affidare al Padre ogni situazione, ogni stato di vita.
Non si ricercano frutti immediati: li conosce solo il Padre!
Talvolta a noi non resta che l'amarezza di un fallimento, ma siamo certi che Dio opera in ogni anima e che agisce in essa con la forza del suo Amore.
Lo abbiamo riscontrato tante volte.
Ai nostri fratelli la Messa del Povero offre anche una assistenza:
- assistenza fraterna con l'ascolto delle loro pene e con la parola di comprensione e di incoraggiamento: anche le piccole feste in occasione dell'Epifania e del Carnevale, allietate dalla lotteria e da allegre can-tate, servono allo scopo;
- assistenza medica con distribuzione di medicinali a cui si dedicano generosamente due medici;
- assistenza sociale a cui danno il loro contributo gli esperti dell'Istituto Psicomedico;
- assistenza materiale con distribuzione di indumenti e di altri sussidi vari per necessità talvolta drammatiche, con la refezione del sabato e della domenica, col servizio di pulizia.
Il lavoro è molto, le esigenze sono tante: si vorrebbe poter fare di più e meglio!
Un povero bussa alla porta: è una realtà oggi scottante e urgente, come ieri e come domani.
Non la possiamo ignorare come cristiani e come uomini.
I poveri bussano alla porta: sono tanti e di tante diverse povertà: le povertà materiali, quelle morali, quelle sociali.
Gesù è venuto, ha sofferto tutte queste povertà e ha lasciato a noi, a cui è affidato il compito di renderlo presente in questo momento della storia, l'esempio e il messaggio perché imparassimo e comprendessimo come comportarci nei confronti di tante diverse povertà.
Si, perché ci sono vari modi di comportarsi col povero che bussa alla porta.
Lo si può scacciare con mal garbo, accusandolo di essere lui il responsabile della sua povertà: "Vai a lavorare …" con quel che segue.
Si può rispondergli, dal chiuso della propria casa, di andare dai pubblici poteri e di mettersi a contestare: "Tocca a loro pensarci …"
Ancora si può riunire la famiglia e discutere sulla povertà con ampie citazioni evangeliche, del concilio … : stilare un bel documento sul come, perché e quando si deve aiutare il povero e poi aprire per fargli leggere il bel documento stilato: il povero se ne è già andato … e d'altra parte non sa che farsene dei nostri bei documenti.
Si può anche aprirgli, dargli qualcosa e dirgli di andarsene e di non tornare più: e si resta con il cuore tranquillo: "Ai poveri ci ho pensato"
È possibile farsi raccontare le sue miserie, scrivere un bell'articolo, una mozione, un appello, una protesta, una dichiarazione e anche una lettera al giornale per … sensibilizzare la pubblica opinione sullo stato dei poveri!
Organizzare perfino una pubblica manifestazione con validi oratori che parlano delle miserie dei poveri, e poi tornarsene al tepore della propria casa, soddisfatti: io alle mie comodità, lui alla sua miseria!
Si può avvicinarlo, fargli sentire che lo si comprende, lo si ama, che anche lui è un fratello col quale si condivide quanto si può, non solo dei mezzi finanziari ( è poco e talvolta comodo per mettersi in pace ), ma del proprio tempo, delle proprie disponibilità e possibilità, aiutarlo ad uscire dalla sua miseria, quando e se è possibile ( perché non sempre lo è ), accettarlo cosi come è con le sue buone qualità e talvolta con le sue pretese indisponenti, stabilire con lui un rapporto reciproco di comprensione e di carità fraterna.
Anche il vivere con lui, abbandonando i propri comodi o invitarlo a vivere con noi rinunciando alla nostra libertà possono essere soluzioni; ma forse; sono le soluzioni dell'eroismo dei santi.
E d'altronde l'esperienza insegna che non sempre sono possibili e attuabili tali soluzioni: sono tanto diversi i tipi di povertà, tanto diverse le situazioni, tanto contrastanti le posizioni e tanto limitate le possibilità.
Quale la risposta di oggi al povero che bussa alla porta?
Pur accanto ad iniziative vecchie e nuove che molto validamente operano nel campo della pastorale a favore dei poveri di ogni genere, forse si è passati oggi dalla "eresia dell'azione" di cui si parlava anni fa, alla "eresia del documento".
Ieri si costruivano ospedali, si creavano "opere", si agiva: oggi si fanno documenti.
Certo non tutto quello che si faceva andava bene o era ben fatto … oggi bisogna analizzare, si dice, studiare prima di agire, rendersi conto delle situazioni socio-culturali … ecc.
D'accordo! Ma non sembra che i cristiani rischino oggi sempre più di perdere, nel labirinto delle parole, delle discussioni interminabili portate sino all'esasperazione, delle analisi e delle inchieste, le vie e le energie per agire?
Il Papa ha detto: "Oggi è tempo di fare, di agire: tempo di opere buone, di interessamento per il bene del prossimo, di interventi nelle questioni relative al benessere sociale …" ( cfr. Nostro Tempo 3-XI-74 Mario Visca ).
In altre parole è tempo di rimboccarsi le maniche per chi attende e per chi bussa alla porta.
Queste riflessioni personali, fatte ad alta voce, per i nostri amici e collaboratori; mi pare che bene ci introducano alla relazione annuale delle attività della Messa del Povero.
« Dio ha scelto i poveri nel mondo, per farli ricchi con la fede ed eredi del regno promesso a quelli che lo amano » ( Gc 2,5 ).
La scelta di Dio è per i poveri: è questa una verità che siamo soliti dire ma di cui, forse, non ci rendiamo conto in profondità.
Ce la ricorda San Giacomo nella sua lettera ed è come una sintesi dell'insegnamento e dell'esempio di Gesù nella sua vita terrena.
Ogni pagina di Vangelo ce ne dà testimonianza ora con una frase, ora con una parabola, ora con un fatto.
Quanti sono i poveri ricordati nel Vangelo e quanti tipi di povertà vi incontriamo!
Per ogni povertà c'è un insegnamento di Gesù e c'è una sua azione.
L'insegnamento è per dare la ricchezza della fede, l'azione è per dare aiuto all'indigenza.
Tra questi poveri, quanti sono i "mendicanti" a cui Gesù si rivolge o spontaneamente o perché da loro sollecitato.
Vi è un episodio del Vangelo di San Giovanni che è molto significativo a questo riguardo.
C'è festa a Gerusalemme e anche Gesù vi prende parte.
È facile immaginare il clima di quella festa come di ogni altra festa popolare di allora come di oggi: c'è gente che va e che viene, c'è chi spende, chi si diverte.
Ma allora, come oggi, accanto alla festa c'è anche l'angolo dei più poveri, dei più abbandonati, di quelli che attendono da chi è in festa, uno sguardo, un aiuto.
« V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una Piscina, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato ».
Questa la scena.
E chi non ricorda, in occasione di qualche festa o anche solo di qualche assembramento, forse alla domenica alla porta della chiesa, la presenza di qualche povero mendicante?
Ma, seguiamo l'azione di Gesù: « Gesù, vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: "Vuoi guarire?".
Gli rispose il malato: "Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella Piscina quando l'acqua si agita.
Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me".
"Io non ho nessuno!" ed erano trentotto anni che si trovava in quella triste condizione di solitudine, di abbandono, di miseria!
"Non ho nessuno!": quante volte l'abbiamo sentita ripetere questa espressione dagli amici che frequentano la Messa del Povero.
Non hanno nessuno né per la loro miseria, né per le loro necessità.
Quante porte sono chiuse o si chiudono al loro bussare e non solo di abitazioni, ma di uffici, di enti, di istituzioni.
Per loro non esiste alcun diritto, a nulla: sono degli sfruttatori, degli scocciatori.
Quante volte ci siamo sentito ripetere anche noi: « Gli abbiamo già dato, ora non è più possibile …
Anche aiutarlo non serve a niente!
Ma non vede che quando ha due soldi li va a bere?
Aveva il suo posto qui ma non l'ha saputo tenere …
Ha soltanto delle esigenze e poi continua nella sua solita vita …" e vía di questo tono.
Ecco, allora ci resta più difficile ripetere la verità detta all'inizio, pur facendola preceder da un "Eppure".
Si, "Eppure, Dio ha scelto i poveri!"
Anche quelli a cui si accennava.
Anche quelli che ci sembrano responsabili della loro miseria.
Anche quelli che sono recidivi, refrattari ad ogni sollecitazione, anche quelli che noi diciamo irricuperabili.
Dio li ha scelti nel mondo per farli ricchi con la fede!
E penso che proprio i più poveri, proprio questi poveri che alla povertà materiale uniscono la povertà della volontà, dello spirito, dell'animo siano scelti da Dio perché ad essi veramente deve essere "annunciata la buona novella" da Chi "è venuto a chiamare non i giusti ma i peccatori", ( Mt 9,11 ) da Chi è stato mandato "non per giudicare il mondo, ma perchè il mondo si salvi per mezzo di lui", ( Gv 3,17 ) da chi insegna "quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi, e sarai beato perché non hanno da ricambiarti". ( Lc 14,13-14 )
A questi Gesù va incontro come al paralitico di Gerusalemme.
L'importante è farli incontrare con Gesù.
Non è sufficiente, per queste povertà un discorso sociologico o di efficienza organizzativa: può essere utile e talvolta necessario, ma non è il vero rimedio.
O crediamo che solo in Gesù c'è la salvezza o continuiamo a girare attorno al nucleo centrale della questione con i nostri bei discorsi e i nostri bei programmi ricchi di soluzioni, di previdenze, di assistenze e non arriviamo al cuore del problema.
Certo fa pensare la frase che Gesù dice al paralitico che ha guarito, quando lo incontra nuovamente: "Ecco che sei guarito non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio". ( Gv 5,14 )
C'è in essa indicato qualcosa di sostanziale e qualcosa di aleatorio.
Sottolineo soltanto quello che mi pare sostanziale: "Non peccare più!", come a dire "Ora che mi hai incontrato, non allontanarti più dal mio amore".
È proprio questa la finalità che si propone la Messa del Povero.
« La povertà é problema sociale: tocca alla società risolverlo e attuare quelle iniziative che portino ad eliminarla ».
Questa affermazione che sempre più frequentemente sentiamo ripetere ci porta a considerazioni che una mentalità moderna pare rendere sempre più evidenti e normali.
Così anche la povertà-miseria si inquadra nel contesto di problemi che attendono la soluzione da una normativa di chi ha potere di legiferare.
La realtà che alla Messa del Povero viviamo ogni anno ci porta a ben diverse prospettive e a ben diverse conclusioni, pur comprendendo che, in uno stato ideale, forse le precedenti conclusioni possono avere una loro validità.
Innanzitutto perché, come cristiani, crediamo nell'insegnamento e nell'esempio evangelico.
In secondo luogo perché, come uomini, sappiamo che i problemi dell'uomo non si risolvono su un piano di rapporto solo sociale ed economico, ma principalmente su un piano di incontro e di rapporto umano, personale e spirituale.
« Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio ». ( Mt 4,4 )
« Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose ( cibo, vestito … ) vi saranno date in aggiunta ». ( Mt 6,33 )
Nella grande città industriale, in mezzo al frenetico fermento delle attività di ogni genere, nel mondo così vario di gruppi, di associazioni, di incontri, di iniziative, nel fluire di opere assistenziali, caritative e sociali e anche, nel torbido mondo di una delinquenza solitaria o associata, esiste un gruppo, sia pure piccolo, di persone che si sentono, per colpa loro o per deficienza di strutture adeguate, ai margini di tutto.
Per rendersi conto di questo è necessario averle incontrate e aver parlato sia pure per breve tempo con loro.
Le situazioni, le motivazioni, le cause di questo stato di cose sono le più disparate.
Ne possiamo citare alcune che a noi paiono più significative e indicative di un campionario assai vasto.
Citiamo dei nomi così a caso.
23 anni - 5 anni di casa di cura per malattie mentali.
Non presenta particolari anomalie, ma il suo cervello è come smarrito.
Famiglia disgregata.
È solo.
È stato dimesso: ha bussato a molte porte di Enti e di privati: non ha mai avuto risposta.
Non può essere inserito in nessun lavoro, non ha mezzi di sussistenza, non ha casa.
Evita di aggregarsi a bande di delinquenti.
Gira per la città senza meta e senza scopo.
35 anni - situazione familiare disastrosa.
Ha lavorato per qualche tempo, poi una condanna per piccolo furto: da allora tutto il mondo si chiude per lui.
Si è dato al bere che si procura con quel poco che riesce a raccogliere.
Non ha casa e non possiede altro che il sacchetto di plastica in cui tiene il pane e quanto ottiene in elemosina.
48 anni - 10 anni di sanatorio da cui esce ed entra a periodi alterni; nessun parente.
Soggetto a manifestazioni di violenza nei momenti di maggior esasperazione.
Nessuna prospettiva per il futuro.
Dorme dove può.
52 anni - alcoolizzato con frequenti attacchi di cirrosi epatica per cui è ricoverato spesso in ospedale: ne esce disintossicato ma non guarito.
Gira per la città; non ha casa e ritorna al solito vizio.
C'è poi l'anziano che non ha ancora raggiunto l'età per la pensione sociale, che ha alle spalle un passato di vicende penose che l'hanno distrutto fisicamente e moralmente e che si ritrova solo e senza speranze.
Sono questi solo alcuni casi, ma ogni persona ha il suo dramma, il suo cammino doloroso, per ognuno diverso.
Raramente c'è in questo cammino la vera delinquenza o l'ostinata cattiveria.
Denominatore per tutti: la solitudine e l'emarginazione che stimolano il desiderio di incontro, di sentirsi ancora persona, di non sentirsi rifiutato e di sapere che c'è chi si interessa ai suoi casi e lo ascolta.
Un mondo carico di problemi di fronte ai quali sentiamo sovente tutta la nostra incapacità e il vuoto dei bei programmi ideologici.
Siamo convinti che si dovrebbe e forse si potrebbe fare di più e meglio, che la "civiltà" potrebbe e dovrebbe forse trovare delle soluzioni: per questo sentiamo più vivo il rincrescimento di non sapere o di non potere fare e sentiamo più intenso l'impegno di realizzare almeno quel poco che ci è possibile nell'amore.
Sentiamo che il nostro primo dovere è quello di dare a questi nostri fratelli un sostegno e un conforto di ordine spirituale, pur ricercando anche la possibilità di un servizio di carattere economico e materiale, per cui non ha alcun significato per noi la distinzione tra fine e mezzo.
È a tutto l'uomo che cerchiamo di rivolgerci, nella convinzione che egli vive non di solo pane.
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