Evangelizzazione e ministeri

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Parte I - Il ministero di Cristo e della Chiesa

19. Non si può parlare della ministerialità della Chiesa, senza riferirsi a Cristo e alla sua "diaconia", perché la Chiesa è "Cristo continuato e diffuso".

Il concilio stesso, pur non mirando a presentare una dottrina organica e compiuta sui ministeri nella Chiesa, ne prospetta però le linee fondamentali risalendo appunto dalla Chiesa a Cristo, il quale, come si esprime s. Policarpo, "si è fatto servo - diacono - di tutti" ( LG 29 ).

Paolo VI poteva, perciò, concludere il Concilio con queste parole: "L'idea di ministero ( vi ) ha occupato un posto centrale" ( Paolo VI, Omelia nella IX sessione del concilio, 7.12.1965 ).

I. Il ministero di Cristo

20. Più volte Cristo ha parlato di sè e della missione affidatagli dal Padre; e ne ha parlato facendo ricorso a immagini belle e significative, che mettono in luce l'impegnativa complessità della missione stessa.

Cristo pastore

21. Cristo è il pastore, il pastore dell'antica tradizione biblica che va da Abele ai patriarchi, e dai patriarchi a David; una tradizione cantata come gioiosa esperienza dai salmisti ( cf. Sal 23 ), e proclamata come speranza struggente dai profeti, soprattutto da Ezechiele ( cf. Ez 34 ).

Anche se nell'Antico Testamento il titolo di pastore è più riservato a Colui che deve venire, tutte le relazioni di Dio con il suo popolo si possono descrivere come una vera parabola del buon pastore, che sospinge, guida, nutre e ristora il suo gregge.

22. Gesù realizza pienamente questa tradizione, tanto che chiama se stesso il buon pastore ( cf. Gv 10,11-14 ).

La realizza come fu predetta, non per Israele soltanto ( cf. Ez 34 e Lc 15,12-14 ), ma per tutti gli uomini ( cf. Gv 10,16 ).

"Gesù va attorno … insegnando … predicando il Vangelo del Regno, e curando ogni malattia.

Vedendo le folle, ne sente compassione, perché sono stanche e sfinite, come pecore senza pastore …" ( Mt 9,35-36 ).

Cerca le smarrite e le disperse ( cf. Mt 18,12-14 ), e fa festa per il loro ritrovamento e la loro salvezza.

Le raccoglie e le difende, le conosce e le chiama una per una ( cf. Gv 10,3 ), le conduce ai pascoli erbosi e alle acque tranquille ( cf. Sal 23 ).

Per loro imbandisce una mensa, le nutre con la sua parola, ed esse l'ascoltano: "conoscono la sua voce", ed egli le nutre con la sua vita: egli è "venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. Il buon pastore offre la vita per le pecore" ( Gv 10,10-11 ).

La offre nella morte e nella risurrezione: "È risorto il pastore buono, che ha dato la vita per le sue pecore, si è offerto alla morte per amore dei suoi, alleluia" ( dalla liturgia della quarta domenica di Pasqua ).

23. Crediamo che la figura di Gesù buon pastore e "principe dei pastori" ( 1 Pt 5,4 ) sia fondamentale per ritrovare la precisa fisionomia della missione e dell'attività della Chiesa.

Soprattutto crediamo che sia la prospettiva essenziale per illuminare la realtà dei ministeri e la spiritualità che li anima.

Perciò, tale figura non può non dominare e coordinare tutta la nostra trattazione, dichiaratamente pastorale.

Cristo servo

24. Altra immagine con cui Cristo ha voluto descrivere se stesso nell'atteggiamento fondamentale della sua missione, è quella del "servo", che precisa il senso del suo essere pastore.

A seconda dei casi, "servo", per noi, può significare colui che è ministro, che svolge cioè il suo compito a servizio di qualcuno, oppure colui che è schiavo, a totale dipendenza, nell'essere e nell'agire, dal suo padrone.

Nel riferire a sè questa immagine, Cristo passa dall'uno all'altro significato.

25. Egli afferma categoricamente la propria volontà di essere servo, e prescrive questo atteggiamento come modello della missione assegnata ai suoi collaboratori: "Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere.

Tra voi però non è così; ma chi vuole essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo fra voi sarà il servo di tutti.

Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" ( Mc 10,42-45 ).

Queste intenzionali parole di Gesù interpretano la sua vita e il mistero del servizio che presta agli uomini.

Nell'ultima cena si veste da servitore e da schiavo, lava i piedi ai suoi discepoli, e poi li interroga: "Sapete ciò che vi ho fatto?

Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono.

Se dunque io, Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.

Vi ho dato infatti l'esempio …" ( Gv 13,12-15 ).

Nè sulla terra soltanto Gesù compie questo suo servizio.

Predice infatti che farà altrettanto in cielo, al banchetto eterno nella casa del Padre.

"Beati quei servi - egli dice, riferendosi alla provata fedeltà del servizio - che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli.

In verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli" ( Lc 12,37 ).

26. È un'immagine, questa del "servo", che sottolinea la dedizione e l'umiltà con le quali Cristo compie la sua missione.

Applicando a sè questa immagine, Gesù allude ai testi del profeta Isaia, che hanno celebrato il "servo del Signore", personaggio misterioso, amato e prescelto da Dio, che lo vuole a sua disposizione per compiere la liberazione di Israele e del mondo, e lo costituisce profeta per espiare e redimere.

E così, il servo di Dio diventa nell'obbedienza, nell'umiliazione e nel dolore, il servo dell'uomo e della sua redenzione ( cf. Is 42,1-4; Is 49,1-7; Is 50,4-11; Is 52,13-15; Is 53,12 ).

27. La Chiesa primitiva s'ispirò volentieri a questi testi biblici per tratteggiare e quasi scolpire, con l'eloquente incisività dei suoi inni, il volto del Signore nei tratti più espressivi del suo amore e della sua dolorosa immolazione; " … Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce …" ( Fil 2,7-8; cf. 1 Pt 2,21-25 ).

Cristo sacerdote

28. Oltre che pastore e servo, Cristo è anche sacerdote.

Un titolo e una qualifica, di cui Gesù non fa mai parola, almeno esplicitamente, anche se sono ben presenti al suo spirito tutto l'ordinamento prefigurativo del sacerdozio antico e il salmo che proclama il sacerdozio del Messia ( Sal 110,4 e Mc 12,35-37 ).

E infatti il sacerdozio di Cristo è al centro della lettera agli Ebrei: l'"argomento - come si esprime il testo - su cui abbiamo molte cose da dire" ( Eb 5,11 ).

29. Cristo è il Sacerdote nuovo che supera e trascende tutte le forme del sacerdozio antico.

"A somiglianza di Melchisedek sorge un altro sacerdote, che non è diventato tale per ragioni di una prescrizione carnale, ma per la potenza di una vita indefettibile …

Egli possiede un sacerdozio che non tramonta" ( Eb 7,15-16.24 ).

30. È il sacerdote della nuova ed eterna alleanza, che congiunge veramente in comunione di vita Dio e gli uomini, e gli uomini tra loro.

"Cristo, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo … non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna …

Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza …" ( Eb 9,11-15 ).

31. È il sacerdote che offre in sacrificio se stesso, per salvare coloro che per mezzo di lui si accostano a Dio: " … Santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso" ( Eb 7,26-27 ).

32. È il sacerdote unico.

Negli scritti del Nuovo Testamento, il titolo di sacerdote è riservato esclusivamente a Cristo e, di riflesso e per partecipazione, al suo popolo, che è popolo sacerdotale.

Quelli che noi chiamiamo sacerdoti - i vescovi e i presbiteri - nel Nuovo Testamento sono sempre chiamati semplicemente col nome della loro mansione o del loro ministero: "sovraintendenti" e "anziani".

33. Ora, il senso ultimo del sacerdozio in genere, e del sacerdozio di Cristo in specie, è quello di essere:

- una forma di servizio per gli uomini: "Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati" ( Eb 5,1 );

- la forma più efficace e insieme necessaria di servizio, perché assumendo la natura umana e facendosi in tutto simile ai fratelli, Cristo ha dato la sua vita per la loro salvezza.

E infatti il servizio che Gesù offre agli uomini è la fiduciosa consegna in se medesimo al Padre in un eterno atto di culto che riassume tutta la vita: "Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" ( Eb 5,7-9 ).

34. Nella morte sacerdotale, che svela e compie l'intenzione salvatrice dell'intera sua vita, Gesù si presenta come l'uomo-per-gli-altri perché e in quanto è l'uomo-di-Dio-e-per-Dio.

Il ministero o servizio che egli ha reso e rende, per amore del Padre, all'umanità è dunque un ministero di pastore e di sacerdote: pastore che guida, nutre e custodisce il suo gregge; sacerdote che offre la vita per riconciliare i suoi amici con il Padre e perciò tra di loro.

E tutto e sempre con quello spirito di generosa donazione che è proprio del "servo del Signore".

II. Il ministero della Chiesa

35. "In quest'opera così grande con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sè la Chiesa sua sposa amatissima" ( SC 7 ), nata sul Calvario dal fianco squarciato di Cristo ( cf. SC 5 ) e manifestata al mondo nella pentecoste ( cf. SC 6 ) come visibile ed efficace segno di salvezza dell'intera umanità.

L'intelligenza del ministero di Cristo agevola quindi la comprensione del ministero della Chiesa.

La Chiesa di Cristo

36. Corpo di Cristo e sua sposa ( cf. Ef 5,25-27 ), la Chiesa riflette sul proprio volto i lineamenti inconfondibili e la gloria luminosa del volto di lui, e, se Cristo è pastore, servo e sacerdote, la Chiesa, intimamente associata alla vita e all'attività dello Sposo, necessariamente si manifesta con le stesse caratteristiche del servizio pastorale e sacerdotale.

37. Ogni atteggiamento della Chiesa è inteso a interpretare e tradurre l'ansia e la sollecitudine del Cristo pastore.

Tutti i gesti della Chiesa, dai più piccoli e consueti, ricorrenti ad esempio nel ritmo quotidiano di una comunità parrocchiale, ai più solenni ed eccezionali, come l'avvenimento di un concilio, ogni decisione e scelta, ogni iniziativa, innovazione o riforma, hanno unicamente questa finalità di amore: attuare il disegno di salvezza del Signore per gli uomini, essere sacramento, ossia segno e strumento, per stringere in comunione gli uomini con Dio e tra loro ( cf. LG 1 ).

Questa finalità pastorale è purtroppo incompresa e misconosciuta, talvolta, dagli stessi fedeli.

Essi condividono il pregiudizio di certa mentalità laicista corrente che intenzionalmente stravolge insegnamenti e comportamenti della Chiesa, presentandoli come giochi e interessi di deteriore politica.

La "politica" dettata da Cristo, il suo stile e metodo, cui sempre la Chiesa si ispira in un continuo impegno e sforzo di fedeltà, è invece quella che vede e colloca l'autorità nell'ottica del servizio, e del servizio pastorale ( cf. Mc 10,42ss ), e tutto opera a questo preciso scopo: "la Chiesa nel dare aiuto al mondo, come nel ricevere molto da esso, a questo soltanto mira: che venga il regno di Dio e si realizzi la salvezza dell'umanità.

Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all'umana famiglia … scaturisce dal fatto che la Chiesa è sacramento universale di salvezza, che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio verso l'uomo" ( GS 45 ).

38. La missione pastorale della Chiesa, poi, si compone e si integra con la sua natura e la sua funzione sacerdotale, essa pure partecipata da Cristo sacerdote.

Intendiamo la funzione sacerdotale in senso ampio, l'attuazione, cioè, del sacerdozio comune ( cf. LG 10-12 ), per cui il popolo di Dio è tutto un popolo sacerdotale, profetico e regale, inviato a compiere l'opera intrapresa da Cristo, a collaborare alla salvezza del mondo, offrendosi in sacrificio a Dio e annunciando le meraviglie di Dio agli uomini.

Il Signore, "che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue … ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre …" ( Ap 1,6 ).

"Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" ( 1 Pt 2,4-5 ).

39. Ritorna l'idea centrale di questa riflessione proposta alle nostre comunità: la Chiesa prosegue e imita Cristo pastore, donandosi all'attuazione del piano di Dio.

Lo rende presente e imita quale sacerdote, sacrificando se stessa per il raggiungimento della salvezza.

Accoglie in sè e imita Cristo come servo, nella dedizione piena alla sua missione, per cui diventa essa pure serva e ministra nell'opera della glorificazione di Dio e della santificazione degli uomini.

40. Non è lecito alla Chiesa, vantarsi di quanto essa ha fatto per il bene dell'umanità.

Tutto ciò che è e fa, la Chiesa lo deve all'amore gratuito, fedele e misericordioso del suo Signore.

Tuttavia in un tempo di larga diffusione di critiche corrosive, di programmate denigrazioni e distorsioni della verità, non è vanto ma affermazione di giustizia, oltre che umile riconoscimento della perdurante presenza dello Spirito, se invitiamo a ricordare che la Chiesa è sempre stata a servizio dell'umanità.

Lo attesta la storia: la storia sua, che è poi la storia delle nostre popolazioni, e delle varie nazioni sparse nel mondo intero.

Basta passare in rassegna le innumerevoli opere a servizio della verità e della cultura, della carità e della civiltà, della giustizia, del progresso e della pace.

E basta pensare alla tenace costanza, con cui la Chiesa ha svolto questo suo servizio, sempre pronta a difendere, se accusata, il suo diritto a servire; a riprendere, se ostacolata, il suo dovere di donazione; a riattivare, se impedita, le sue istituzioni di carità disponibile e generosa.

41. Anche la Chiesa, dunque, è serva, come servo fu il Cristo e come serva fu e si professò - lo accenniamo con gioia filiale - Maria, la Vergine Madre.

Tra i rapporti reali e i motivi di somiglianza della Chiesa con Maria, è da rilevare la nota della ministerialità, comune a entrambe.

All'annuncio dell'Angelo ( cf. Lc 1,38 ) e nel cantico del Magnificat ( cf. Lc 1,48 ), Maria chiamò se stessa "ancella del Signore", e tale fu davvero, nel silenzio e nel nascondimento, nel servizio ai misteri di Nazareth e di Betlemme, del Calvario e del Cenacolo.

Giustamente la Vergine Madre è chiamata ministra dell'incarnazione redentrice ( cf., tra gli altri, s. Beda il Venerabile, Hom. 4, 49; in Lc 11: Verbi incarnandi ministra facta est temporalis ).

La Chiesa apostolica

42. Associando e configurando a sè la Chiesa nella sua missione, Cristo non poteva non imprimere per sempre sul volto di lei il raggio splendente del suo stesso volto.

La carità pastorale e la prontezza a servire, con la capacità e la generosità di immolarsi per la vita del mondo ( cf. Gv 6,51 ), segnano indelebilmente l'essere e l'agire della Chiesa.

43. A noi qui preme conoscere - ed è conoscenza illuminante - come la comunità primitiva, che ha valore esemplare per ogni periodo di rinnovamento e di crescita nella vita ecclesiale, abbia manifestato in concreto questa ministerialità pastorale e sacerdotale.

44. Che gli apostoli ne avessero coscienza, lo sappiamo dai loro scritti: "Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" ( 1 Cor 4,1 ); "Quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù" ( 2 Cor 4,5 ).

E che gli apostoli volessero e formassero delle comunità tutte ministeriali, rette da ministri e pervase di spirito diaconale o di servizio, ci è rivelato dal Nuovo Testamento.

Nella sua prima lettera ai Tessalonicesi, Paolo raccomandava: "Vi preghiamo, fratelli, di avere riguardo per quelli che faticano fra di voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e carità, a motivo del loro lavoro" ( 1 Ts 5,12-13 ).

Esortazioni dello stesso genere, che lasciano intravedere la costituzione ministeriale delle comunità apostoliche, non sono scarse.

Basti citare la lettera ai Romani: "Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri.

Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi.

Chi ha il dono della profezia, la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero, attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; chi l'esortazione, all'esortazione.

Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia" ( Rm 12,4-8 ).

Nei suoi viaggi apostolici, san Paolo aveva cura di costituire, dove ancora non c'era, un gruppo di anziani a sostegno della comunità ( cf. At 14,23; At 20,17 ).

Accanto però a questo gruppo si trovano sempre altre persone, con mansioni varie di servizio.

Così nella lettera agli Efesini: "Un solo corpo …" ( Ef 4,4 ), nel quale "a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura di Cristo" ( Ef 4,7 ).

"È lui ( Cristo ) che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo …" ( Ef 4,11-12; cf. 1 Cor 12,28-29 ).

45. In comunità di questo tipo, con molteplicità talvolta esuberante e incomposta ( cf. 1 Cor 12-14 ) di carismi e ministeri, l'autorità degli apostoli rimane sempre però superiore, coordinatrice dei ministeri e giudice dei carismi ( cf. 1 Cor 12-14; 2 Cor; Gal ).

L'autorità degli apostoli appare sempre come il primo ministero e il primo carisma.

46. Questa strutturazione della comunità esigeva, naturalmente, una grande disponibilità o meglio un grande spirito di servizio, quale appunto poteva darlo quello Spirito di Dio, che ai singoli distribuisce i compiti e aiuta a svolgerli per il bene di tutti.

Una delle esortazioni variamente ricorrenti in contesti di carità - quella carità che san Paolo considera, come è in realtà, la via più eccellente per l'edificazione della comunità e la condizione indispensabile per l'esercizio dei ministeri ( cf. 1 Cor 12,31-13,1ss ) - è, ad esempio, la seguente: "Mediante la carità, siate a servizio gli uni degli altri" ( Gal 5,13 ).

47. Col passare degli anni e l'approssimarsi della fine della loro esistenza terrena, gli apostoli dovettero preoccuparsi di assicurare stabilità maggiore e più serena continuità alle Chiese da loro fondate.

Nella varietà dei ministeri, tornano allora con più insistenza il ministero dei diaconi, e quello degli anziani uniti in presbiterio.

E si distingue meglio, in questa progressiva chiarificazione, anche il ministero dei vescovi, quali successori e continuatori degli apostoli stessi.

Tanto si ricava dagli scritti del Nuovo Testamento in particolare dalle lettere pastorali di san Paolo, e dagli scritti dei padri apostolici, specie dalle lettere di sant'Ignazio di Antiochia.

48. Il recente concilio Vaticano II, nella costituzione sulla Chiesa, riassume la storia della successione apostolica, con questa pagina: "La missione divina, affidata da Cristo agli apostoli, durerà sino alla fine dei secoli, poiché il Vangelo che essi devono predicare è per la Chiesa il principio di tutta la sua vita in ogni tempo".

Per questo gli apostoli, in questa società gerarchicamente ordinata, ebbero cura di costituirsi dei successori.

"Infatti, non solo ebbero vari collaboratori nel ministero, ma perché la missione loro affidata venisse continuata dopo la morte, lasciarono quasi in testamento ai loro immediati cooperatori l'ufficio di completare e consolidare l'opera da essi incominciata, raccomandando loro di attendere a tutto il gregge, nel quale lo Spirito Santo li aveva posti a pascere la Chiesa di Dio.

Perciò si scelsero di questi uomini e in seguito diedero disposizione che, quando essi fossero morti, altri uomini esimi subentrassero al loro posto.

Fra i vari ministeri che fin dai primi tempi si esercitarono nella comunità, secondo la testimonianza della tradizione tiene il primo posto l'ufficio di quelli che, costituiti nell'episcopato, per successione che decorre ininterrotta dall'origine, possiedono il tralcio del seme apostolico …

I vescovi dunque assunsero il servizio della comunità con i loro collaboratori, presbiteri e diaconi, presiedendo in luogo di Dio al gregge di cui sono pastori, quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa …" ( LG 20 ).

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