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Incarnazione suprema del « Vangelo della speranza » è il martirio.
I martiri, infatti, annunciano questo Vangelo e lo testimoniano con la loro vita fino all'effusione del sangue, perché sono certi di non poter vivere senza Cristo e sono pronti a morire per lui nella convinzione che Gesù è il Signore e il Salvatore dell'uomo e che, quindi, solo in lui l'uomo trova la pienezza vera della vita.
In tal modo, secondo l'ammonimento dell'apostolo Pietro, si mostrano pronti a rendere ragione della speranza che è in loro ( cfr. 1 Pt 3,15 ).
I martiri, inoltre, celebrano il « Vangelo della speranza », perché l'offerta della loro vita è la manifestazione più radicale e più grande di quel sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, che costituisce il vero culto spirituale ( cfr. Rm 12,1 ), origine, anima e culmine di ogni celebrazione cristiana.
Essi, infine, servono il « Vangelo della speranza », perché con il loro martirio esprimono in grado sommo l'amore e il servizio all'uomo, in quanto dimostrano che l'obbedienza alla legge evangelica genera una vita morale e una convivenza sociale che onora e promuove la dignità e la libertà di ogni persona.
Animato da queste certezze, il Sinodo sa di poter offrire all'Europa di oggi un grande segno di speranza, facendo memoria della « grande esperienza di martirio, in cui ortodossi e cattolici, nei Paesi dell'Est europeo, sono stati accomunati in questo nostro secolo ».101
Questa particolare messe di martiri del ventesimo secolo, forse la più grande dopo i primi secoli del cristianesimo,102 rifulge come segno di speranza perché dice, per l'oggi e per il domani, la vitalità della Chiesa, che nasce dalla mietitura di questa messe evangelica, in quanto come diceva Tertulliano « il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani ».103
Questi veri martiri del ventesimo secolo « sono una luce per la Chiesa e per l'umanità: "I cristiani d'Europa e del mondo, chini in preghiera sul limitare dei campi di concentramento e delle prigioni, devono essere riconoscenti per quella loro luce: era la luce di Cristo, che essi hanno fatto risplendere nelle tenebre" ( Lettera apostolica per il quarto centenario dell'unione di Brest [ 12 novembre 1995, 4 ] ) ».104
Proprio perché appartenenti a diverse confessioni cristiane, questi nuovi martiri risplendono anche come segno di speranza per il cammino ecumenico, nella certezza che il loro sangue è anche linfa di unità per la Chiesa.
Se, infatti, al termine del secondo millennio, « essa "è diventata nuovamente Chiesa di martiri ( Tertio millennio adveniente, 37 ), possiamo sperare che la loro testimonianza, raccolta con cura nei nuovi martirologi, e soprattutto la loro intercessione, affrettino il tempo della piena comunione tra i cristiani di tutte le confessioni ».105
Ma c'è un altro « segno di speranza » che le Chiese possono offrire all'Europa.
È la presenza di Maria, madre della speranza, una presenza viva e vera, alla quale i popoli cristiani d'Europa hanno sempre creduto, come testimoniano gli innumerevoli santuari a lei dedicati, disseminati in ogni parte del Continente, quali segni eloquenti della profonda venerazione nutrita verso di lei in ogni nazione e in ogni paese.
La Vergine santissima, « donna di speranza, che seppe accogliere come Abramo la volontà di Dio "sperando contro ogni speranza" ( Rm 4,18 ) »,106 si è più volte mostrata come madre capace di ridare speranza nei momenti difficili della storia del Continente: con la sua protezione costante
ha evitato sciagure e distruzioni irreparabili,
ha favorito il progresso e le moderne conquiste sociali,
ha sostenuto la rinascita di popoli a lungo oppressi e umiliati.107
Ella, oggi come ieri, cammina con gli uomini e le donne di ogni età e condizione, con i popoli orientati verso un traguardo di solidarietà e di amore, con i giovani, protagonisti di futuri giorni di pace, con quanti, all'Ovest come all'Est, sono alla ricerca della loro vera identità, con coloro che ancora sono minacciati da tanti e violenti conflitti.
Per ridare speranza all'Europa, perciò, le Chiese non possono non guardare a lei e invocarla, perché continui a mostrarsi come madre della speranza e conduca l'Europa intera, attraverso i cammini della misericordia, all'incontro rinnovatore con « Gesù Cristo, nostra speranza » ( 1 Tm 1,1 ).
Maria, infatti, insegna a essere aperti agli impulsi di Dio, ad accogliere la parola di Dio e a metterla in pratica.
Come al mattino di Pentecoste ha presieduto con la sua preghiera all'inizio dell'evangelizzazione sotto l'azione dello Spirito Santo, così anche oggi, alla vigilia del terzo millennio, Maria continua a essere « stella dell'evangelizzazione » e a proteggere e sostenere la Chiesa nel suo impegno per annunciare, celebrare e servire il « Vangelo della speranza ».108
Accompagnate e protette da questa schiera di martiri e certe della presenza materna di Maria, le Chiese europee si orienteranno al grande Giubileo del Duemila.
Il Sinodo - ultimo della serie dei Sinodi a carattere continentale celebrati in questi anni di vigilia - si presenta come una porta aperta sul Giubileo.
Proprio perché giunge al termine delle altre Assemblee speciali del Sinodo dei Vescovi - che si sono interrogate sulla missione della Chiesa oggi in Africa, in America, in Asia e in Oceania, mettendo in risalto specificità storiche, culturali e religiose proprie di ciascuna di queste parti della terra - potrà essere un'occasione propizia per far memoria del vincolo che unisce l'Europa agli altri continenti in virtù del Vangelo e del suo annuncio, ma anche per riscoprire l'originalità dell'esperienza europea e della sua cultura, unitaria pur nella diversità dei filoni che hanno concorso a costituirla, e per riappropriarsi delle responsabilità che l'Europa e le sue Chiese hanno verso il mondo.
Potrà essere anche un momento per accogliere, nella logica di uno scambio di doni, quanto le altre Chiese hanno da dire alle Chiese europee e crescere insieme, nel segno della comunione universale, verso il riconoscimento, l'incontro e l'annuncio di Cristo, a servizio dell'umanità.
91. Proprio perché celebrato nell'immediata vigilia del Giubileo, il Sinodo può e deve essere visto in stretta relazione di circolarità con questo straordinario evento della Chiesa universale.
In questo senso, il Giubileo, con i suoi contenuti e le sue molteplici sfaccettature, getta una benefica luce interpretativa sul Sinodo e sui suoi lavori e il Sinodo, per parte sua, offre provocazioni e indicazioni concrete alle Chiese europee perché possano vivere in pienezza il dono dell'Anno Santo.
Giubileo e Sinodo rimandano, quindi, l'uno all'altro e ciò che il Giubileo richiama è provocazione per i lavori del Sinodo e, ancora più radicalmente, « icona » dell'Europa di oggi e del suo bisogno di rinnovamento.
Il Giubileo, fin dalle sue origini ( cfr. Lv 25 ), era un tempo dedicato in modo particolare a Dio, occasione per riscoprire e riconoscere il vero volto di Dio e per tornare a lui.109
Così facendo, si dischiudeva la possibilità di una vita nuova nella giustizia per tutto il popolo.
È questo anche il compito che attende l'Europa di oggi: essa deve ritornare a Dio e poggiare su di lui le solide fondamenta della sua casa; solo così potrà ritrovare la speranza e vedrà fiorire un'era nuova di libertà, di unità, di pace.
La Chiesa in Sinodo, professando e riproponendo la fede nel Signore Gesù, rilevazione perfetta del volto di Dio, offre il suo insostituibile contributo al dischiudersi di una nuova era per il continente europeo.
Il riconoscimento del vero volto di Dio portava con sé l'impegno per il ristabilimento della giustizia:110 chi, infatti, riconosce che il Dio biblico, rivelatoci da Gesù, è un Dio che sta dalla parte di coloro che cercano giustizia e si trovano in una condizione di bisogno, è il Dio che fa uscire dall'Egitto ed è il padrone della terra, non può non impegnarsi per realizzare la giustizia.
È questa una sfida che attende l'Europa di oggi, chiamata sia a realizzare entro i suoi confini una convivenza capace di superare le barriere, i conflitti, le divisioni e di far crescere l'unità, l'accoglienza, la solidarietà, la pace, sia a rispondere con scelte concrete e responsabili al grido di sofferenza che le viene da quanti nel mondo vivono nell'ingiustizia, nella guerra e nella miseria.
La Chiesa in Sinodo si fa promotrice di una tale Europa, individuando le strade per servire il « Vangelo della speranza » nella testimonianza della carità e nella promozione della solidarietà.
L'avvicinarsi della fine del secondo millennio sollecita tutti a un esame di coscienza e la Chiesa, introducendosi al Giubileo e vivendolo, non può varcare la soglia del nuovo millennio senza spingere i suoi figli a purificarsi, nel pentimento, da errori, infedeltà, incoerenze, ritardi.111
Come le vicende storiche di questo secolo e dei secoli scorsi chiedono all'Europa il coraggio e la lungimiranza di un serio esame di coscienza, nel riconoscimento di colpe e errori storicamente commessi, in campo economico e politico,112 così il clima spirituale, culturale e sociale che caratterizza gli europei di oggi esige di interrogarsi sulle sue cause profonde e di riconoscere di avere spesso abbandonato quella ispirazione e quelle radici che avevano sostenuto e reso significativo il cammino del Continente.
La Chiesa in Sinodo intende favorire e sollecitare questo esame di coscienza, individuando nella questione antropologico-etica e in quella della fede le motivazioni radicali di uno stato di cose e di un sistema di vita bisognosi di ritrovare una ispirazione in grado di orientare e di dare senso.
Il Giubileo « vuol essere una grande preghiera di lode e di ringraziamento soprattutto per il dono dell'Incarnazione del Figlio di Dio e della Redenzione da Lui operata »,113 ) come pure per la presenza viva e salvifica di Cristo nella Chiesa e nel mondo.
Riconoscendo e celebrando la presenza del Risorto sarà, quindi, un anno intensamente eucaristico.114
Anche l'Europa è chiamata a rendere grazie per la sua storia da duemila anni segnata e animata dall'incontro con il Vangelo e per il tempo che oggi le è dato da vivere, come tempo carico di responsabilità e di grazia.
La Chiesa in Sinodo si pone in questa prospettiva e, favorendo e sollecitando un rinnovato incontro con Cristo, aiuta i suoi membri e tutti gli europei a ritrovare e a rinnovare - come era accaduto ai discepoli di Emmaus, dopo che lo avevano riconosciuto nello spezzare del pane ( cfr. Lc 24,30-31 ) - quella gioia che si apre all'impegno di chi percorre con responsabilità le strade del mondo contagiando altri e coinvolgendoli nella stessa gioia.
Grazie a tutto questo e a ciò che il Sinodo saprà seminare nella vita delle Chiese e dell'intera Europa, rifiorirà la speranza e le donne e gli uomini europei, con la passione per la costruzione di un'Europa nuova, saranno nella gioia.
Si tratta di avere occhi penetranti per scorgere i segni di questa speranza che sono già presenti, di saperli riconoscere e valorizzare.
Allora il Giubileo, anche per l'Europa, sarà un invito alla festa e sarà fonte di gioia.
Indice |
101 | Giovanni Paolo II, Discorso all'Angelus ( 25 agosto 1996, 2 ). |
102 | Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa ( 1 dicembre 1992, 2 ). |
103 | Tertulliano, Apologeticum, 50,13. |
104 | Giovanni Paolo II, Discorso all'Angelus ( 25 agosto 1996, 2 ). |
105 | Ivi. |
106 | Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Tertio millennio adveniente, 48 ( 10.XI.1994 ). |
107 | Cfr. Giovanni Paolo II, Atto di affidamento a Maria nel santuario di Fatima [ Portogallo ] ( 13 maggio 1991, 2 ). |
108 | Cfr. Paolo VI, Esort. ap.
Evangelii nuntiandi, 82 ( 8.XII.1975 ); Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, conclusione. |
109 | Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Tertio millennio adveniente, 12 ( 10.XI.1994 ). |
110 | Cfr. ivi, 13. n. 51. |
111 | Cfr. ivi, 33. |
112 | Cfr. ivi, 27. |
113 | Ivi, 32. |
114 | Cfr. ivi, 55. |