Guida per i Catechisti

Indice

V. Cammino di formazione

19. Necessità di un'adeguata formazione.

Perché le comunità ecclesiali abbiano catechisti sufficienti e idonei, oltre ad una scelta oculata, è indispensabile puntare sulla preparazione, cui è legata la qualità.

La necessità di preparare i catechisti è richiamata con convinzione e senza soste dal Magistero della Chiesa, perché qualsiasi attività apostolica "che non sia sostenuta da persone veramente formate è condannata al fallimento".

Giova notare che i documenti del Magistero richiedono per il catechista una formazione "globale" e "specifica".

Globale nel senso cioè di abbracciare tutte le dimensioni della sua personalità, senza trascurarne nessuna.

Specifica, nel senso di essere informata alle caratteristiche del servizio, che è chiamato a svolgere in forma suppletiva, di annunciare la Parola ai lontani e ai vicini, di guidare la comunità, di animare e, quando occorre, di presiedere l'assemblea orante, di servire i fratelli nelle varie necessità spirituali e materiali.

Si ha una conferma a queste affermazioni nelle parole del Santo Padre Giovanni Paolo II: "Privilegiare la qualità significa, perciò, privilegiare un'adeguata formazione di base ed un costante aggiornamento.

È questo un impegno fondamentale, che tende ad assicurare alla missione della Chiesa personale qualificato, programmi completi e strutture adeguate, abbracciando tutte le dimensioni della formazione, da quella umana a quella spirituale, dottrinale, apostolica e professionale".

Si tratta, dunque, di una formazione esigente per l'interessato e impegnativa per quanti devono concorrere a realizzarla.

La CEP la sottolinea quale compito proprio degli Ordinari.

20. Unità e armonia nella personalità del catechista.

Nel vivere la propria vocazione, i catechisti, come ogni fedele laico, "devono essere formati a quell'unità di cui è segnato il loro stesso essere di membri della Chiesa e di cittadini della società umana".

Non ci possono essere piani paralleli e differenti nella vita del catechista:

quello "spirituale" con i suoi valori ed esigenze;

quello "secolare" con le sue espressioni;

quello "apostolico" con i suoi impegni; ecc.

Per ottenere l'unità e l'armonia della persona è sicuramente importante educare e disciplinare le proprie tendenze caratteriali, intellettuali, emozionali, ecc., per favorirne la crescita e seguire un ordinato programma di vita; è decisivo, però, andare in profondità e toccare il principio e la fonte dell'identità del catechista, che è la "persona" di Cristo Gesù.

L'oggetto essenziale e primordiale della catechesi, come è risaputo, è la persona di Gesù di Nazareth, "unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità" ( Gv 1,14 ), "la via, la verità e la vita" ( Gv 14,6 ).

È il "mistero di Cristo" ( Ef 3,4 ), nella sua integrità, "nascosto da secoli e da generazioni" ( Col 1,26 ), che deve essere rivelato.

Ne consegue che la preoccupazione del catechista dev'essere appunto quella di trasmettere, con il proprio insegnamento e comportamento, la dottrina e la vita di Gesù.

L'essere e l'operare del catechista dipendono inscindibilmente dall'essere e dall'operare di Cristo.

L'unità e l'armonia del catechista vanno lette appunto in quest'ottica cristocentrica e costruite attorno ad una "profonda familiarità col Cristo e col Padre", nello Spirito.

Non si insiste mai a sufficienza su questo punto, volendo rinnovare la figura del catechista, in questo momento decisivo per la missione della Chiesa.

21. Maturità umana.

Già nella scelta è importante fare attenzione che il candidato sia in possesso di qualità umane di base e dimostri l'attitudine ad un cammino di crescita.

L'obiettivo da raggiungere, su questo piano, è che il catechista sia una persona umanamente matura e idonea per un compito responsabile e comunitario.

Ci sono, perciò alcuni aspetti precisi da prendere in considerazione: anzitutto, la sfera propriamente umana, con quanto è connesso:

equilibrio psicofisico;

buona salute, responsabilità, onestà, dinamismo;

etica professionale e familiare;

spirito di sacrificio, di fortezza, di perseveranza; ecc.

Inoltre, l'idoneità alle funzioni di catechista:

facilità di relazioni umane, di dialogo con le diverse credenze religiose e la propria cultura;

idoneità alla comunicazione;

disposizione alla collaborazione;

funzione di guida;

serenità di giudizio, comprensione e realismo;

capacità di dare consolazione e speranza; ecc.

Infine, alcune doti caratteristiche per particolari situazioni o ambienti:

essere operatori di pace;

idonei all'impegno di promozione, di sviluppo, di animazione socio-culturale;

sensibili ai problemi della giustizia, della sanità, ecc.

Queste qualità umane, educate con una sana pedagogia, formano una personalità matura e completa, ideale per un catechista.

22. Profonda vita spirituale.

La missione di educatore nella fede richiede nel catechista una intensa vita spirituale.

È questo l'aspetto culmine e più prezioso della sua personalità e, perciò, la dimensione privilegiata della sua formazione.

Il vero catechista è il santo.

La vita spirituale del catechista si incentra in una profonda comunione di fede e di amore con la persona di Gesù, che lo ha chiamato e lo manda.

Come Gesù, il solo Maestro ( cf. Mt 23,8 ), il catechista serve i fratelli con l'insegnamento e con le opere, che sono sempre gesti di amore ( cf. At 1,1 ).

Compiere la volontà del Padre, che è un atto di carità salvifica verso gli uomini, è il cibo anche del catechista, come lo è stato per Gesù ( cf. Gv 4,34 ).

La santità di vita, realizzata nella prospettiva dell'identità di laico e di apostolo, sia dunque l'ideale da raggiungere nell'esercizio del servizio di catechista.

La formazione spirituale si svolge in un processo di fedeltà a "Colui che è il principio ispiratore di tutta l'opera catechistica e di coloro che la compiono: lo Spirito del Padre e del Figlio: lo Spirito Santo".

Il modo più idoneo per raggiungere questo alto grado di maturità interiore è una intensa vita sacramentale e di preghiera.

Dalle esperienze più significative e realistiche emerge un ideale di vita di preghiera, che la CEP propone almeno per quei catechisti che, sia pure in forma suppletiva, guidano una comunità, o che lavorano a tempo pieno, o che collaborano molto da vicino con il sacerdote, specialmente per i così detti quadri:

- Partecipazione all'Eucarestia con regolarità e, dove è possibile, ogni giorno, sostenendosi con il "pane della vita" ( Gv 6,34 ), per formare "un corpo solo" con i fratelli ( cf. 1 Cor 10,17 ) e offrire se stesso al Padre, assieme al corpo e al sangue del Signore.

- Liturgia vissuta nelle sue varie dimensioni, per crescere personalmente e per aiutare la comunità.

- Recita di qualche parte della Liturgia delle Ore, specialmente delle Lodi e del Vespro, per unirsi alla lode che la Chiesa rivolge al Padre "dal sorgere del sole al suo tramonto" ( Sal 113,3 ).

- Meditazione giornaliera, specialmente sulla Parola di Dio, in atteggiamento di contemplazione e di risposta; l'esperienza dimostra che la meditazione regolare, come la lectio divina anche per i laici, mette ordine nella vita e garantisce una armoniosa crescita spirituale.

- Preghiera personale, che nutra la comunione con Dio durante lo svolgersi delle occupazioni giornaliere, con speciale attenzione alla pietà mariana.

- Frequenza al Sacramento della Penitenza, per la purificazione interiore e il fervore dello spirito.

- Partecipazione ai ritiri spirituali, per una ripresa personale e comunitaria.

Solo se nutre la vita interiore con preghiera abbondante e ben fatta, il catechista può conseguire quel grado di maturità spirituale propria del suo ruolo.

Siccome l'adesione al messaggio cristiano, che è frutto della grazia e della libertà, in ultima analisi non dipende dall'abilità del catechista, bisogna che la sua attività sia accompagnata dalla preghiera.

Può capitare che a motivo della scarsità di persone disponibili e idonee, si corra il rischio di accontentarsi di avere catechisti con un tono spirituale piuttosto basso.

La CEP incoraggia a resistere a tali soluzioni pragmatiche, perché questa figura di apostolo possa mantenere il suo posto qualificato nella Chiesa, senza scadimenti, come anche l'attuale momento di impegno missionario richiede.

Per la vita spirituale del catechista è necessario procurare mezzi proporzionati.

Il primo è senza dubbio la direzione spirituale.

Sono da incoraggiare quelle diocesi che incaricano uno o più sacerdoti per guidare spiritualmente i catechisti, raggiungendoli nei loro posti di lavoro.

È però insostituibile assicurare l'opera costante di un direttore spirituale, che il catechista si sceglie tra i sacerdoti facilmente raggiungibili.

Questo settore va potenziato.

Soprattutto i parroci stiano vicino ai loro catechisti, e si preoccupino di seguirli nella loro crescita spirituale, prima ancora che nell'efficacia del loro lavoro.

Sono anche da raccomandare le iniziative parrocchiali o diocesane finalizzate alla formazione interiore dei catechisti, come le scuole di preghiera, le convivenze di fraternità e di condivisione spirituale, i ritiri spirituali.

Queste iniziative non isolano i catechisti, ma li aiutano a crescere nella spiritualità propria e nella comunione tra di loro.

Ogni catechista, infine, sia convinto che la comunità cristiana è luogo idoneo anche per coltivare la propria vita interiore.

Mentre guida e anima la preghiera dei fratelli, il catechista riceve a sua volta da essi uno stimolo e un esempio per mantenersi nel fervore e per crescere come apostolo.

23. Preparazione dottrinale.

È evidente la necessità della preparazione dottrinale per i catechisti, allo scopo di acquisire il contenuto essenziale della dottrina cristiana e di essere in grado di comunicarla in modo chiaro e vitale, senza lacune o deviazioni.

Per tutti i candidati si richiede una preparazione scolastica di base, ovviamente proporzionata alla situazione generale del paese.

Su questo punto sono note le difficoltà esistenti ove la scolarità è bassa.

Non si può cedere senza reagire a queste difficoltà.

Anzi, bisogna tendere ad elevare il grado di studio base richiesto per essere accettati, di modo che tutti i candidati siano preparati a seguire un corso di "cultura religiosa superiore", senza la quale, oltre a soffrire un senso di inferiorità nei confronti di quanti hanno studiato, risultano effettivamente meno capaci di affrontare certi ambienti e risolvere nuove problematiche.

Per quanto riguarda i contenuti, rimane attuale e valido il quadro completo della "formazione teologico-dottrinale, antropologica, metodologica" come è presentato dal Direttorio Catechistico Generale, emanato dalla Congregazione del Clero, nel 1971.

Per i territori di missione, però, si richiedono speciali precisazioni e aggiunte, che questo Dicastero aveva già in parte espresso nell'Assemblea Plenaria del 1970 e che ora riprende e sviluppa sulla base della Lettera Enciclica Redemptoris Missio:

- In forza del fine proprio dell'attività missionaria, gli elementi fondamentali della formazione dottrinale del catechista saranno la Teologia sulla Trinità, la Cristologia e l'Ecclesiologia, viste in una sintesi globale, sistematica e progressiva del messaggio cristiano.

Impegnato a far conoscere e amare Cristo, Dio e Uomo, egli ne farà l'oggetto di apprendimento e interiorizzazione.

Impegnato a far conoscere e amare la Chiesa, egli si familiarizzerà con la sua tradizione, storia e con la testimonianza dei grandi modelli, quali sono i Padri e i Santi.

- Il grado di cultura religiosa e teologica varia da posto a posto e a seconda che l'insegnamento viene proposto in un centro per catechisti o mediante corsi brevi.

Comunque, per tutti si assicuri un minimo conveniente, fissato dalla Conferenza Episcopale o dal singolo Vescovo, in base però al criterio generale, ricordato sopra, della necessità di apprendere una cultura religiosa superiore.

- La Sacra Scrittura continui ad essere il soggetto principale di insegnamento e costituisca l'anima di tutto lo studio teologico.

Ove occorre, venga potenziato.

Attorno alla Sacra Scrittura sia strutturato un programma che comprenda le principali branche della teologia.

Si tenga presente che il catechista deve essere abilitato alla pastorale biblica, in vista anche del confronto con le confessioni non cattoliche e con le sètte che usano la Bibbia in modo non sempre corretto.

- La Missiologia, almeno nei suoi elementi portanti, va proposta anche ai catechisti, per garantire loro un'adeguata preparazione dottrinale circa questo aspetto essenziale della loro vocazione.

- Dovendo diventare animatore della preghiera comunitaria, il catechista ha bisogno di approfondire convenientemente lo studio della Liturgia.

- A seconda delle necessità locali, saranno inseriti o potenziati alcuni soggetti di studio, come per esempio la dottrina, le credenze e i riti principali delle altre religioni o le diversità teologiche delle Chiese o delle comunità ecclesiali non cattoliche operanti nella zona.

- Speciale attenzione meritano alcuni soggetti che rendono la preparazione intellettuale del catechista più radicata e attualizzata, come:

l'inculturazione del Cristianesimo in quella particolare cultura;

la promozione umana e della giustizia in quella speciale situazione socioeconomica;

la storia del paese;

la conoscenza delle pratiche religiose, della lingua, dei problemi e delle esigenze dell'ambiente cui è destinato.

- Riguardo la preparazione metodologica, si tenga presente che molti catechisti operano in svariati campi della pastorale, e che quasi tutti sono a contatto con appartenenti ad altre religioni.

Perciò vanno introdotti non solo all'insegnamento della catechesi, ma anche a tutte quelle attività che fanno parte del primo annuncio e della vita di una comunità ecclesiale.

- Sarà pure importante offrire ai catechisti contenuti collegati alle nuove situazioni che stanno emergendo nel contesto della loro vita.

Nei programmi di studio, partendo dalla realtà attuale e dalle previsioni, si inseriscono pure materie che aiutino ad affrontare i fenomeni dell'urbanizzazione, secolarizzazione, industrializzazione, migrazioni, cambiamenti sociopolitici, ecc.

- Occorre insistere perché la formazione teologica sia globale e non settoriale.

I catechisti infatti, hanno bisogno di vivere una comprensione unitaria della fede, che favorisca appunto l'unità e l'armonia della loro personalità e anche del loro servizio apostolico.

- In questo momento, è necessario sottolineare la speciale importanza che assume, per la preparazione dottrinale dei catechisti, il Catechismo della Chiesa Cattolica.

In esso, infatti, è contenuta una ordinata sintesi della Rivelazione e della perenne fede cattolica, come la Chiesa intende proporre a se stessa e alla comunità degli uomini del nostro tempo.

Come afferma il Santo Padre Giovanni Paolo II, nella Costituzione Apostolica Fidei depositum, nel Catechismo sono contenute "cose nuove e cose antiche ( cf. Mt 13,52 ), poiché la fede è sempre la stessa e insieme è sorgente di luci sempre nuove".

Il servizio che il Catechismo si propone è attinente e attuale per ogni catechista.

La stessa Costituzione Apostolica attesta che esso viene offerto ai Pastori e ai fedeli perché serva loro per compiere, all'interno e all'esterno della comunità ecclesiale, "la loro missione di annunciare la fede e di chiamare alla vita evangelica".

In più, esso viene "offerto ad ogni uomo che ci domandi ragione della speranza che è in noi ( cf. 1 Pt 3,15 ) e che voglia conoscere ciò che la Chiesa cattolica crede".

Non c'è dubbio che i catechisti troveranno nel nuovo Catechismo una sorgente di ispirazione e una miniera di conoscenze per la loro specifica missione.

A queste indicazioni si deve aggiungere un invito a procurare i mezzi necessari per la formazione intellettuale dei catechisti.

Tra di essi primeggiano le scuole apposite; risultano altresì di grande efficacia i corsi brevi programmati nelle diocesi o parrocchie, l'istruzione individuale da parte di un sacerdote o di un catechista esperto, l'uso dei sussidi.

È bene che l'educazione intellettuale valorizzi metodologie composite e a portata di mano, quali le lezioni scolastiche, il lavoro in gruppo, l'esame dei casi pratici, le ricerche e lo studio individuale.

Anche la dimensione intellettuale della formazione, dunque, si presenta come molto esigente e richiede impiego di personale qualificato, di strutture e di mezzi economici.

È una sfida che va affrontata e vinta con coraggio, sano realismo e intelligente programmazione, in quanto questo settore è uno dei più sofferti nel momento presente.

Ogni catechista si impegni al massimo nello studio per divenire una lampada che illumina il cammino dei fratelli ( cf. Mt 5,14-16 ).

Per questo sia lui per primo lieto nella fede e nella speranza ( cf. Fil 3,1; Rm 12,12 ); abbia la saggezza di proporre solo i contenuti solidi della dottrina ecclesiale, nella fedeltà al Magistero; non si permetta mai di turbare le coscienze, soprattutto dei giovani, con teorie "che servono più a vane discussioni che al disegno divino manifestato nella fede" ( 1 Tm 1,4 ).

In definitiva, è dovere del catechista unire in se stesso la dimensione intellettuale con quella spirituale.

Giacché esiste un unico Maestro, il catechista sia consapevole che solo il Signore Gesù insegna, mentre lui lo fa "nella misura in cui è il suo portavoce, consentendo al Cristo di insegnare per bocca sua".

24. Senso pastorale.

La dimensione pastorale della formazione riguarda l'esercizio della triplice funzione: profetica, sacerdotale e regale del battezzato laico.

Il catechista, perciò, richiede di venire introdotto ad esercitare l'annuncio e la catechesi, ad aiutare i fratelli a vivere la fede e rendere culto a Dio, ed a compiere i servizi pastorali nella comunità.

Gli atteggiamenti principali da educare nei candidati sono:

spirito di responsabilità pastorale e leadership;

generosità nel servizio;

dinamismo e creatività;

comunione ecclesiale e obbedienza ai Pastori.

Questo tipo di formazione richiede istruzioni teoretiche, al fine di illustrare i principali ambiti apostolici nei quali un catechista può intervenire, così che ne conosca bene le esigenze e i modi di darvi una risposta.

È pure necessario che siano spiegate le caratteristiche dei destinatari, se fanciulli, adolescenti, giovani o adulti; se studenti o lavoratori; se battezzati o no; se appartenenti a piccole comunità o a movimenti; se sani o ammalati; se ricchi o poveri, ecc., e i differenti modi di rapportarsi con essi.

La formazione pastorale richiede, inoltre, esercitazioni pratiche, specialmente all'inizio, sotto la guida di maestri, o del sacerdote, o di qualche catechista sperimentato.

In particolare si assicuri ai catechisti la preparazione pastorale sacramentale, di modo che possano aiutare i fedeli a comprendere meglio il significato religioso dei segni e ad accostarsi con fiducia a queste fonti perenni di vita soprannaturale.

Non si dimentichi l'importanza di accompagnare i cristiani provati dalla sofferenza a vivere la grazia propria del Sacramento dell'Unzione degli infermi.

Istruzioni teoriche ed esercitazioni pratiche siano armonizzate, secondo il possibile, di modo che l'introduzione all'impegno apostolico risulti graduale e completo.

Per quanto riguarda la preparazione al servizio specifico della catechesi, giova rimandare espressamente al Direttorio Catechistico Generale, in particolare dove sono spiegati gli "elementi di metodologia".

25. Zelo missionario.

La dimensione missionaria è strettamente legata alla stessa identità di catechista e caratterizza ogni sua attività apostolica.

Di conseguenza va privilegiata nella formazione, facendo attenzione che ad ogni catechista venga garantita una congrua introduzione teorica e pratica ad impegnarsi come cristiano laico nel percorrere quelle tappe progressive che sono proprie dell'attività missionaria:

- Essere attivamente presente nella società degli uomini, offrendo una testimonianza autentica di vita, instaurando una convivenza sincera, collaborando nella carità per risolvere i problemi comuni.

- Annunziare con franchezza ( cf. At 4,13; At 28,31 ) la verità su Dio e su colui che Egli ha inviato per la salvezza di tutti, Gesù Cristo Signore ( cf. 2 Tm 1,9-10 ), di modo che gli appartenenti ad altre religioni, ai quali aprirà il cuore lo Spirito Santo ( cf. At 16,14), possano credere e liberamente convertirsi.

- Incontrare i seguaci di altre religioni senza pregiudizi e con un dialogo franco e aperto.

- Preparare i catecumeni nel cammino di introduzione graduale al mistero della salvezza, alla pratica delle norme evangeliche e alla vita religiosa, liturgica e caritativa del popolo di Dio.

- Costruire la comunità, accompagnando i candidati a ricevere il Battesimo e gli altri sacramenti dell'iniziazione cristiana, così che entrino a far parte della Chiesa di Cristo, che è profetica, sacerdotale e regale.

- In dipendenza dai Pastori e in collaborazione con gli altri fedeli, compiere quegli esercizi che, secondo il piano pastorale, sono finalizzati alla maturazione della Chiesa particolare.

Questi servizi sono collegati alle diverse necessità di ogni Chiesa e contraddistinguono il catechista dei territori di missione.

Ne consegue che l'attività formativa deve aiutare il catechista ad affinare la propria sensibilità missionaria, rendendolo capace di scoprire e di coinvolgersi in tutte le situazioni favorevoli al primo annuncio.

Giova ripetere il pensiero di Giovanni Paolo II già riportato sopra, secondo cui i catechisti, quando sono ben formati allo spirito missionario, diventano essi stessi animatori missionari della propria comunità ecclesiale ed incidono fortemente nell'evangelizzazione dei non cristiani, disposti ad essere mandati dai Pastori fuori della propria Chiesa o nazione.

I Pastori, consci della propria responsabilità, sappiano valorizzare al massimo questa insostituibile schiera di apostoli e li aiutino a crescere sempre più nello zelo missionario.

26. Attitudine ecclesiale.

Il fatto che la Chiesa è per sua natura missionaria e che è inviata e destinata all'evangelizzazione di tutti gli uomini porta ad una doppia convinzione: che l'azione apostolica non è un atto individuale e isolato; e che va compiuta in comunione ecclesiale a partire dalla Chiesa particolare con il suo Vescovo.

Queste constatazioni fatte da Paolo VI in relazione agli evangelizzatori, possono essere applicate a pieno titolo ai catechisti, il cui ruolo è una realtà eminentemente ecclesiale e quindi comunitaria.

Il catechista, infatti, è inviato dai Pastori e agisce con la missione ricevuta dalla Chiesa e in nome di essa.

La sua azione, di cui non è padrone ma umile servo, ha legami istituzionali e nell'ordine della grazia con l'azione di tutta la Chiesa.

Gli atteggiamenti principali che si devono curare per educare convenientemente un catechista in questa dimensione comunitaria sono:

- L'attitudine all'ubbidienza apostolica ai Pastori, in spirito di fede, come Gesù che "spogliò se stesso assumendo la condizione di servo ( … ), facendosi obbediente fino alla morte" ( Fil 2,7- 8; cf Eb 5,8; Rm 5,19 ).

Questa obbedienza apostolica sia accompagnata da un atteggiamento di responsabilità, in quanto il ministero di catechista, dopo la scelta e il mandato, è esercitato dalla persona chiamata e resa idonea interiormente dalla grazia dello Spirito.

In questo contesto dell'ubbidienza apostolica diventa quanto mai opportuno il mandato o la missione canonica, come viene fatto in molte Chiese, in cui emerge il legame tra la missione di Cristo, della Chiesa con quella del catechista.

È consigliabile una speciale funzione liturgica o liturgicamente ispirata, debitamente approvata, compiuta nella comunità da cui parte il catechista, durante la quale il Vescovo o un suo delegato esprime il mandato, compiendo un gesto che ne indichi il significato, come ad esempio l'imposizione del crocifisso o la consegna dei Vangeli.

È conveniente che questo rito del mandato sia diverso per solennità a seconda che il catechista è a tempo pieno o solo parziale.

- Capacità di collaborazione ai vari livelli: il senso comunitario produce necessariamente nell'individuo un'attitudine operativa di collaborazione, che va educata e sostenuta.

Il catechista sappia tener conto di tutte le componenti della comunità ecclesiale in cui è inserito, e operare in unità con esse.

Un particolare richiamo va fatto alla collaborazione con gli altri laici impegnati nella pastorale, specialmente in quelle Chiese dove sono più sviluppati i servizi laicali distinti da quello del catechista.

Per saper collaborare a questo livello non basta una convinzione interiore, ma occorre pure l'uso dei mezzi adatti al lavoro d'insieme, quali sono la programmazione e la revisione in comune delle varie opere e attività.

Questo legame di unità tra tutte le forze è compito specialmente dei Pastori, ma la saggezza di un catechista dovrà puntare a favorire la convergenza di quanti operano nel raggio della sua azione.

Il catechista sappia soffrire per la Chiesa, sostenendo le fatiche connesse con l'apostolato fatto in comune e accettando le imperfezioni dei membri della Chiesa, ad imitazione di Cristo che ha amato la Chiesa donandosi per lei ( cf. Ef 5,25 ).

L'educazione al senso comunitario venga curata fin dall'inizio, con esperienze programmate, realizzate e revisionate in gruppo dai candidati.

27. Operatori della formazione.

Un problema di capitale importanza nel settore della formazione dei catechisti è quello di avere formatori idonei e sufficienti.

Quando si parla di operatori si deve tener presente il quadro completo delle persone coinvolte nella formazione.

Anzitutto i catechisti siano convinti che il loro primo formatore è Cristo Signore, il quale forma attraverso lo Spirito Santo ( cf. Gv 16,12-15 ).

Ciò comporta in essi spirito di fede e attitudine alla preghiera e al raccoglimento, per fare spazio alla pedagogia divina.

L'educazione di apostoli, infatti, è eminentemente un'arte che si esprime sul piano soprannaturale.

La persona è la prima responsabile della propria crescita interiore, cioè di come rispondere alla chiamata divina.

La coscienza di questa responsabilità spinga il catechista a dare una risposta attiva e creativa, impegnandosi e assumendosi tutte le responsabilità del proprio progresso di vita.

Il catechista opera in comunione, al servizio e con l'ausilio della comunità ecclesiale.

Anche la comunità, dunque, è chiamata a collaborare per la formazione dei suoi catechisti, specialmente assicurando loro un ambiente positivo e fervoroso, accogliendoli per ciò che sono e offrendo loro la dovuta collaborazione.

Nella comunità, i Pastori svolgono un servizio di guida anche come educatori dei catechisti.

Ciò comporta in essi un interessamento particolare e, nei candidati, confidenza e coerenza nel seguirne le direttive.

Il Vescovo e il parroco sono, in forza del loro ruolo, i formatori nati dei catechisti.

I formatori, cioè quelli che la Chiesa incarica di aiutare i catechisti a realizzare il programma educativo, sono come i "compagni di viaggio", il cui servizio qualificato è molto prezioso.

Sono anzitutto i responsabili dei centri per catechisti e anche quanti curano la formazione di base e quella permanente dei candidati al di fuori dei centri.

È importante che si scelgano formatori idonei i quali, oltre ad essere eccellenti per senso di Chiesa e vita cristiana, siano dotati di una preparazione apposita per questo compito e godano di un'esperienza personale per aver esercitato essi stessi il servizio catechistico.

È bene che i formatori siano costituiti in gruppo ( équipe, team ) possibilmente di sacerdoti, religiosi, laici, sia uomini che donne, scelti soprattutto tra i catechisti sperimentati.

In questo modo la formazione risulterà più completa e incarnata.

I candidati abbiano confidenza verso i loro formatori e li considerino guide indispensabili che la Chiesa amorevolmente offre loro per raggiungere la più alta maturità.

28. Formazione di base.

Il processo formativo che precede l'inizio del ministero catechistico non è uguale in tutte le Chiese, a motivo della differente organizzazione e possibilità, e varia anche se viene realizzato in un centro o al di fuori di esso.

Bisogna insistere perché a tutti i catechisti sia offerto un minimo sufficiente di formazione iniziale, senza la quale non sono in grado di rispondere convenientemente alla loro missione.

A tale scopo, ecco alcuni criteri e indirizzi, che contribuiranno a promuovere e guidare le scelte operative:

- Conoscenza del soggetto:

è necessario che il candidato sia conosciuto personalmente e nel suo ambiente culturale.

Senza questa conoscenza di base, la formazione risulterà piuttosto una semplice istruzione e sarà poco personalizzata.

- Attenzione alla realtà socio-ecclesiale:

è importante che i catechisti siano educati in forma non astratta, ma incarnata nella realtà in cui vivono e operano.

L'attenzione alle situazioni ecclesiali e sociali offre punti di riferimento concreti e garantisce una formazione maggiormente situata.

- Continuità e gradualità nella formazione:

i candidati siano aiutati a raggiungere tutti gli obiettivi della formazione in modo progressivo e graduale, rispettando i ritmi di crescita di ognuno e le necessarie differenze dei vari momenti.

Non si pretenda di avere un catechista completo fin dall'inizio, ma lo si aiuti a crescere senza interruzioni e scompensi.

- Metodo ordinato e completo:

tenendo conto dell'ambiente di missione e degli indirizzi di una sana pedagogia, occorre che il metodo formativo sia:

esperienziale, arricchito cioè da confronti, programmati e guidati, con le situazioni ecclesiali, culturali e sociali del luogo;

integrale, che miri alla crescita della persona in tutti i suoi aspetti e valori;

dialogante, con uno scambio continuo tra la persona e Dio, il formatore, la comunità;

liberante, al fine di sciogliere il catechista da qualsiasi condizionamento conscio e inconscio, in contrasto con il messaggio evangelico;

armonico, tendente ad assumere l'essenziale e a condurre all'unità interiore.

- Progetto di vita:

una pedagogia valida aiuta l'individuo a costruirsi un progetto di vita, che fissi gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli, ma in modo realistico.

Ogni catechista sia educato, sin dall'inizio, a farsi un programma ordinato, nel quale venga curata prima di tutto l'identità e lo stile di vita, poi anche le qualità necessarie per l'apostolato.

- Dialogo formativo:

è l'incontro personale tra il candidato e il formatore.

È un incontro importante per illuminare, stimolare e accompagnare il progresso nella formazione.

Il catechista sia aperto con il formatore e instauri con lui un dialogo costruttivo e regolare.

Nel dialogo formativo ha un posto singolare la direzione spirituale, che raggiunge l'intimo profondo della persona e l'aiuta ad aprirsi alla grazia, in modo che cresca in sapienza.

- In contesto comunitario:

la comunità cristiana, dove il catechista vive e svolge la sua attività, è il necessario luogo di confronto, proposta e discernimento di vita per tutti i suoi membri e particolarmente per quelli che realizzano una vocazione apostolica.

I catechisti possono scoprire progressivamente nella comunità come si attua il progetto divino di salvezza.

Nessuna vera educazione apostolica può avvenire al di fuori del contesto comunitario.

Questi indirizzi pedagogici siano tenuti presenti laddove esiste una buona struttura per la formazione di base.

Tuttavia, anche dove si è soltanto all'inizio, essi possono servire da stimolo e da orientamento per i Pastori e per gli stessi candidati.

Si eviti assolutamente di improvvisare la preparazione dei catechisti o di lasciarla alla loro esclusiva iniziativa.

29. Formazione permanente.

Il carattere evolutivo della persona, il dinamismo proprio dei sacramenti del Battesimo e della Confermazione, il processo di continua conversione e di crescita nella carità apostolica, il rinnovamento della cultura, l'evoluzione della società e il continuo perfezionamento delle metodiche didattiche richiedono al catechista di mantenersi in stato di formazione durante tutto il periodo del suo servizio attivo.

Questo impegno riguarda sia i dirigenti che i semplici catechisti e coinvolge tutte le dimensioni della loro formazione: umana, spirituale, dottrinale e apostolica.

La formazione permanente assume caratteristiche particolari secondo le diverse situazioni: all'inizio dell'impegno apostolico, è un'introduzione al servizio, necessaria per ogni catechista, che consiste in istruzioni teoretiche ed in esperienze pratiche guidate.

Durante lo svolgimento dell'attività, la formazione permanente è rinnovamento continuo per mantenersi idonei ai vari impegni che, a loro volta, possono mutare.

Qui si garantisce la qualità dei catechisti, evitando logoramenti lungo il trascorrere del tempo.

In certi casi di speciale difficoltà, di stanchezza, di cambiamento di posto o di occupazione, ecc., la formazione permanente diventa maturazione e ripresa, aiutando il catechista a ricuperare il fervore iniziale.

La responsabilità della formazione permanente non può essere demandata unicamente agli enti centrali; essa richiede di essere curata anche dai diretti interessati e dalle singole comunità, in considerazione del fatto che esistono realtà diversificate da persona a persona e da luogo a luogo.

Oltre a riaffermare la validità di tutti questi principi, è necessario incentivare l'uso di strumenti utili alla formazione permanente.

In vero, a questo proposito, esistono ostacoli derivanti da ristrettezze economiche, carenza di personale qualificato, scarsezza di libri e di altro materiale didattico, distanze e inadeguatezza dei mezzi di trasporto, ecc.

Pur tuttavia la formazione permanente dei catechisti rimane un imperativo indiscutibile.

Gli sforzi che i responsabili stanno già compiendo al riguardo vanno incoraggiati.

L'obiettivo è che ovunque si crei un'organizzazione sufficiente e si facciano iniziative concrete, di modo che nessun catechista venga trascurato nella sua crescita continua.

Tra le iniziative in favore della formazione permanente sono in prima fila quelle curate dai centri, che seguono gli ex allievi, almeno nel primo periodo, attraverso la corrispondenza circolare e individuale, l'invio di materiale, le visite sul posto da parte dei formatori, gli incontri di revisione nei centri stessi.

I centri sono ambienti quanto mai adatti per organizzare corsi di rinnovamento e riqualificazione in favore dei catechisti in qualsiasi momento del loro servizio.

Le diocesi, se non hanno un centro cui riferirsi, cercheranno altri ambienti per realizzare i loro programmi di formazione permanente, che generalmente consistono in brevi corsi, incontri giornalieri, ecc., animati da personale appositamente incaricato a livello diocesano.

Analogamente si deve agire nelle singole parrocchie o in gruppi di parrocchie vicine che collaborano tra loro.

Per la formazione permanente non sono sufficienti iniziative isolate, ma occorrono programmi organici, che prevedano un rinnovamento ciclico sui vari aspetti della personalità del catechista.

Così non basta curare la professionalità del lavoro; bisogna privilegiare sempre l'identità della persona.

Merita particolare sottolineatura ogni programma a carattere spirituale, perché questa dimensione è di gran lunga la principale.

Non si dimentichi la necessità che il catechista rimanga radicato nella sua comunità, per realizzare la formazione continua nel suo contesto e assieme agli altri fedeli.

Nello stesso tempo si miri a sviluppare la dimensione universale, valorizzando gli incontri tra catechisti di diverse Chiese particolari.

Infine, al di là delle iniziative organizzate, la formazione permanente è affidata agli interessati.

Ogni catechista, perciò, prenda a cuore il proprio continuo progresso e si impegni personalmente con tutte le forze, convinto che nessuno può sostituirsi alla sua responsabilità primaria.

30. Mezzi e strutture di formazione.

Tra i mezzi di formazione emergono i centri o scuole per catechisti.

È sintomatico che i documenti della Chiesa, dall'Ad Gentes alla Redemptoris Missio, insistano sull'importanza di favorire "la creazione e il potenziamento delle scuole ( o centri ) per catechisti, che, approvate dalle Conferenze Episcopali, rilascino titoli ufficialmente riconosciuti da queste ultime".

Quando si parla di centri per catechisti ci si riferisce a realtà molto differenti: da organismi sviluppati, capaci di ospitare a lungo i candidati con un programma di formazione organico, fino a strutture essenziali, per piccoli gruppi o corsi brevi, o anche solo per incontri giornalieri.

Il maggior numero dei centri sono diocesani o interdiocesani; diversi anche nazionali, o continentali o internazionali.

Questi diversi livelli dei centri si completano a vicenda e vanno tutti promossi.

Esistono elementi comuni a questi centri, come il programma formativo che fa del centro un luogo di crescita nella fede, la possibilità di residenza, l'insegnamento scolastico inframezzato da esperienze pastorali e soprattutto la presenza di un gruppo di formatori.

Esistono anche elementi propri, che rendono i centri molto diversi l'uno dall'altro, tra i quali:

lo standard minimo richiesto di preparazione scolastica, che è proporzionato a quello nazionale;

le condizioni per l'accettazione dei candidati;

la durata del corso e della residenza;

le caratteristiche dei candidati stessi: solo uomini o solo donne o entrambi; giovani o adulti; sposati o non sposati o coppie;

sensibilità e accentuazioni diverse nei contenuti e metodi formativi, che si adattano alla realtà locale;

formazione specifica o meno per le spose dei catechisti;

rilascio o no di un diploma.

È importante che esista una certa connessione tra i centri, soprattutto a livello nazionale, sotto la responsabilità della Conferenza Episcopale.

Questa connessione è favorita da incontri regolari tra tutti i formatori dei vari centri e dallo scambio di sussidi didattici.

In questo modo si tende all'unità della formazione e vengono potenziati i singoli centri attraverso l'arricchimento che deriva dall'esperienza altrui.

L'importanza dei centri non si limita all'attività formativa diretta verso le persone.

Essi possono diventare fucine di riflessione su temi importanti di carattere apostolico, quali: i contenuti della catechesi, l'inculturazione, il dialogo interreligioso, i metodi pastorali, ecc., in supporto alla responsabilità dei Pastori.

Oltre ai centri o scuole, vanno menzionati i corsi e gli incontri, di diversa durata e composizione, organizzati dalle diocesi e parrocchie, in special modo quelli con la partecipazione del Vescovo e dei parroci.

Sono mezzi formativi molto validi e, in certe zone o situazioni, diventano l'unico modo di offrire una buona formazione.

Questi corsi non si contrappongono ai programmi dei centri, ma servono per prolungarne l'influsso o, come avviene molto spesso, per compensarne la mancanza.

Sia per l'attività dei centri che per quella dei corsi, sono indispensabili gli strumenti didattici: libri, audiovisivi, e tutto quel materiale che serve per preparare bene un catechista.

È compito dei Pastori responsabili far sì che i luoghi di formazione siano forniti di tale materiale in proporzione alla loro entità.

È lodevole la consuetudine di scambiarsi i mezzi didattici tra un centro e l'altro e tra una diocesi e un'altra.

Talvolta sono utili interscambi tra nazioni confinanti e omogenee per situazione socio-religiosa.

La CEP insiste sul fatto che non basta proporsi obiettivi elevati nella formazione, ma che occorre individuare ed usare i mezzi efficaci.

Perciò, oltre a ribadire la priorità assoluta di formatori, da preparare bene e sostenere, la CEP chiede che si operi ovunque un potenziamento dei centri.

Anche qui si impone sano realismo, per evitare di fare un discorso solo teorico.

L'obiettivo raggiungibile è di fare in modo che a tutte le diocesi venga offerta la possibilità di formare un certo numero dei loro catechisti, almeno i quadri, in un centro.

Oltre a ciò, di incrementare le iniziative sul posto, particolarmente gli incontri programmati e guidati, perché sono indispensabili per la prima formazione di chi non ha potuto frequentare un centro, e per la formazione permanente di tutti.

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