Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone LXII

I. Che cosa è la « maceria », o quali le sue aperture nelle quali dimora la colomba

1. Mia colomba nelle fenditure della roccia, nelle aperture della maceria.

La colomba ha trovato rifugio non solo nelle fenditure della roccia, ma anche negli anfratti della maceria.

Che se per « maceria » intendiamo non una congerie di pietre, ma la comunione dei santi, vediamo se per aperture della maceria abbia voluto intendere luoghi lasciati vuoti dagli angeli che sono decaduti a causa della superbia, e che devono essere occupati dagli uomini, come rovine da restaurarsi con pietre vive.

Per questo dice l’Apostolo Paolo: Stringendovi a lui pietra viva, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale ( 1 Pt 2,4-5 ).

Né penso sia fuori luogo se diciamo che la custodia degli angeli tiene il posto della maceria nella vigna del Signore, che è la Chiesa dei predestinati, dicendo san Paolo: Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza? ( Eb 1,14 ).

E il Profeta: L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva ( Sal 34,8 ).

E se è così starà bene quel senso, perché due cose consoleranno la Chiesa nel tempo del suo pellegrinaggio: riguardo al passato, la memoria della passione di Cristo, e riguardo al futuro il fatto che pensa e ha fiducia di essere ammessa nell’assemblea dei Santi.

Essa considererà queste due cose quasi fosse dotata di occhi davanti e di dietro, con insaziabile desiderio; e la vista delle due cose, molto piacevole, le serve di rifugio nei mali e nel dolore.

Piena consolazione quando non solo sa cosa debba aspettarsi, ma anche da chi lo aspetta.

Attesa senza dubbi, che è garantita dalla morte di Cristo.

Come può aver dubbi per la grandezza del premio, quando considera la dignità del prezzo?

Con quale gioia guarda con la mente le fenditure per le quali è scaturito il prezzo del sangue sacrosanto!

Con quale gioia passa per gli anfratti della maceria, vede le stanze e i posti che sono molti e diversi nella casa del Padre, nei quali deve collocare i suoi figli secondo la diversità dei loro meriti!

E per ora, unica cosa che può fare, riposa in essi con la sola memoria, rivestendo già con l’animo il celeste abitacolo che viene di lassù.

Avverrà poi che abiterà le rovine quando abiterà con il corpo e con la mente le aperture della maceria; quando illustrerà con la sua universale presenza quei domicili vuoti che gli antichi abitatori hanno abbandonato, né vi apparirà più anfratto alcuno nella celeste maceria, che godrà anch’essa di essere reintegrata e ritornata perfetta.

II. L’anima si fa queste aperture nella « maceria » degli angeli e si scava la roccia, cioè Cristo, sull’esempio di Paolo e di Davide

2. Oppure, se meglio ti garba, diremo che queste caverne non vengono trovate, ma fatte dalle menti studiose e pie.

In che modo? Chiedi. Con il pensiero e il desiderio.

Cede infatti come una materia fragile la pia maceria al desiderio dell’anima, cede alla pura contemplazione, cede alla frequente orazione.

L’orazione del giusto, infatti, penetra i cieli ( Sir 35,21 ).

Non le altezze di questa aria materiale, non con l’aiuto delle ali, come gli uccelli che fendono l’aria volando, o perforerà come una acuta spada la volta solida ed eccelsa del firmamento; ma si tratta dei cieli santi, vivi, razionali, che narrano la gloria di Dio, i quali, mossi da pietà in nostro favore si inclinano volentieri ai nostri voti, e come aprendoci il seno al contatto dei sentimenti della nostra devozione, ci ricevono nelle loro viscere ogni volta che bussiamo con degna intenzione alla loro porta.

A chi bussa, infatti, verrà aperto ( Mt 7,8 ).

Ognuno di noi, pertanto, potrà, anche nel tempo della nostra vita mortale, scavarsi un’apertura in qualsiasi parte vorrà della celeste maceria: e ora visitare i Patriarchi, ora salutare i Profeti, ora mescolarsi al senato degli Apostoli, ora inserirsi ai cori dei Martiri; esaminare passando con tutto l’ardore della mente le condizioni e le mansioni delle beate Virtù, dal minimo degli Angeli fino ai Cherubini e Serafini, quanto comporterà la sua devozione.

Da quelli che più lo colpiranno secondo l’azione dello Spirito che agisce come vuole, se si fermerà e busserà subito gli sarà aperto, e fattasi come una caverna nei monti, o piuttosto nelle menti sante, mentre esse si piegano per fargli posto mosse dalla pietà, potrà riposarsi un poco presso di loro.

Ogni anima che fa in questo modo ha un volto e una voce che piace a Dio.

Volto per la purità, voce per la confessione.

La confessione infatti e la bellezza sono davanti a Lui ( Sal 96,6 ).

Perciò viene detta colei che è così: Mostrami il tuo volto, risuoni nelle mie orecchie la tua voce.

Voce è l’ammirazione nell’animo del contemplante, voce è pure il ringraziamento.

Si compiace molto di queste caverne Iddio, dalle quali risuona la voce del ringraziamento, la voce di ammirazione e di lode.

3. Felice la mente che si applica a scavarsi un posto di frequente in questa maceria, ma più felice quella che lo scaverà nella pietra!

Si può infatti scavare anche nella pietra, ma per questo ci vuole la punta di una mente più pura e una intenzione più forte, e anche dei meriti più grandi.

E chi mai è all’altezza di questi compiti? ( 2 Cor 2,16 ).

Certo colui che disse: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; questo era in principio presso Dio ( Gv 1,1-2 ).

Non ti sembra che si sia immerso negli stessi penetrali del Verbo, e dall’intimo del suo petto abbia scavato il midollo sacrosanto della intima sua sapienza?

Che cosa dire di colui che parlava tra i perfetti la sapienza nascosta nel mistero che nessuno dei principi di questo mondo conobbe.

E dopo aver con pia curiosità trapassato il primo e il secondo cielo, non ha forse questo pio scrutatore spinto questa sua curiosità fino al terzo?

Ma questa sapienza non l’ha tenuta celata a noi, parlandone fedelmente ai fedeli con le parole che poté.

Ma ascoltò parole ineffabili che non poté ripetere agli uomini, potendole usare solo nel colloquio tra sé e Dio.

Pensa dunque che Dio consoli la sollecita carità di Paolo, e gli dica: perché ti preoccupi perché l’umana intelligenza non comprende i tuoi concetti?

Risuoni la tua voce alle mie orecchie.

Vale a dire: « Se quello che provi non riesci a rivelarlo ai mortali, consolati, perché la tua voce può essere gradita alle divine orecchie ».

Vedi come la santa anima ora ha per noi una sobria carità, ora una carità estatica per Dio.

Vedi anche a riguardo del santo Davide, che non sia lui stesso l’uomo che parla a Dio come se si trattasse di un altro: Poiché il pensiero dell’uomo ti darà gloria, e il resto del pensiero ti farà festa ( Sal 76,11 ).

Dunque, poiché con la parola e l’esempio del Profeta il suo pensiero profetico poteva esser conosciuto, subito il Profeta ne faceva una pubblica confessione, e ne traeva materia per lodare il Signore tra il popolo, riservando il resto del pensiero a sé e a Dio, facendo festa con lui nella letizia e nell’esultanza ( Sal 45,16 ).

Questo volle significarci con il citato versetto.

Di tutto quello, cioè, che quel suo pensiero avido di scrutare riusciva a scavare dal segreto della sapienza, ne impartiva la parte che poteva per la salvezza dei popoli mediante una sollecita predicazione; il resto, che la gente non poteva comprendere, lo impiegava con festoso giubilo nelle divine lodi.

Vedi come la santa contemplazione utilizza tutto, e tutto quello che non può essere impiegato per l’edificazione dei popoli può diventare molto bene gioconda e bella lode a Dio ( Sal 147,1 ).

III. I due generi della contemplazione della maestà divina; chi è che viene schiacciato dalla visione della gloria e chi no

4. Stando così le cose, ne deriva che vi sono due generi di contemplazione: uno circa lo stato, la felicità e la gloria della città celeste, che cosa faccia o come sia il riposo di quella immensa moltitudine di celesti cittadini, l’altro circa la stessa maestà del Re, la sua eternità, la sua divinità.

Il primo nella maceria, l’altro nella roccia.

Ma quest’ultima specie di contemplazione, quanto è più difficile da scavarsi, altrettanto quello che scavi è più dolce e saporoso.

Né temere la minaccia della Scrittura per coloro che scrutano la maestà.

Porta solo un occhio puro e semplice; non sarai oppresso dalla gloria, ma vi sarai ammesso, a meno che non cerchi la gloria di Dio, ma la tua.

Diversamente uno viene oppresso dalla sua propria gloria, non da quella di Dio, mentre tendendo a questa sua gloria non gli lascia alzare la testa a quella di Dio, in quanto resa pesante dalla cupidigia.

Liberiamoci da questa e scaviamo nella Pietra nella quale sono nascosti i tesori della sapienza e della scienza.

Se ancora dubiti, ascolta la stessa Pietra: Quelli che per me operano non peccheranno ( Sir 24,30 ).

Chi mi darà ali come di colomba, perché possa volare e riposarmi? ( Sal 55,7 ).

Là trova riposo il mansueto e il semplice, mentre invece chi ha l’inganno nel cuore viene schiacciato, come il superbo e colui che è avido di vanagloria.

La Chiesa è colomba, e perciò riposa.

Colomba perché innocente, perché geme.

Colomba, dico, che nella mansuetudine accoglie la parola seminata in lei.

E riposa nel Verbo, cioè nella Pietra, poiché la pietra è il Verbo.

La Chiesa è, dunque, nelle fenditure della roccia, attraverso le quali guarda dentro e vede la gloria del suo Sposo; né tuttavia viene oppressa da questa gloria, perché non la usurpa per sé.

Non viene schiacciata perché non è scrutatrice della maestà, ma della volontà.

Poiché, per quanto riguarda la maestà, ogni tanto osa fissare in essa lo sguardo, ma come per ammirare, non per scrutare.

E se talvolta capita di venire rapiti in estasi nella contemplazione di essa, è questo l’effetto del dito di Dio che eleva l’uomo, non temerità dell’uomo che cerca di invadere insolentemente i segreti di Dio.

L’Apostolo, infatti, quando ricorda di essere stato rapito, quasi si scusa di aver osato tanto; chi altro mai dei mortali presumerebbe con propri sforzi di intricarsi con importuna contemplazione e orrenda investigazione della divina maestà e irrompere nei divini arcani?

Gli scrutatori, pertanto, della maestà, penso si possano dire quelli che irrompono, non quelli che sono rapiti in essa, ma irrompono in essa.

Costoro, si, vengono schiacciati dalla gloria.

5. È, dunque, cosa da temere lo scrutare la maestà; ma scrutare la volontà è cosa sicura e pia.

Perchè non dovrei insistere con somma diligenza nello scrutare il mistero della gloria della volontà alla quale so di dovermi sottomettere in tutto?

Soave gloria, che procede dalla contemplazione della soavità di lui, e dalla vista delle ricchezze della sua bontà e della sua grande misericordia.

Infine abbiamo visto questa gloria, gloria come dell’Unigenito del Padre ( Gv 1,14 ).

È, infatti, tutto benignità e veramente paterno quello che apparve della gloria in questa parte.

Non mi opprimerà questa gloria, anche se fisso lo sguardo in essa con tutte le forze.

Io piuttosto mi imprimerò in essa.

Infatti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore ( 2 Cor 3,18 ).

Siamo trasformati quando siamo conformati.

Non certo nella gloria della maestà, ma presuma modestamente l’uomo la conformità con la volontà di Dio.

La mia gloria è questa, se giungerò a udire di me: « Ho trovato un uomo secondo il mio cuore ».

Cuore dello Sposo, cuore del Padre suo.

Quale? Dice: Siate misericordiosi, come il vostro Padre è misericordioso ( Lc 6,36 ).

Questa è la forma che desidera vedere mentre dice alla Chiesa: Mostrami il tuo volto, forma di pietà e di mansuetudine.

Questo volto leva con tutta fiducia alla Pietra, alla quale assomiglia.

Accostatevi a Lui e sarete raggianti, e i vostri volti non saranno confusi ( Sal 34,6 ).

Come potrà l’umile essere confuso dall’umile, la santa dal pio, la modesta dal mansueto?

Non avrà troppa paura della purità della Pietra il volto puro della sposa, non più che la virtù avrà da temere dalla virtù e la luce dalla luce.

IV. La Chiesa abita nella roccia nei fedeli perfetti, nella « maceria » nei meno perfetti, in terra in una fossa a causa degli infermi.

A chi dice: « Mostrami il tuo volto, risuoni la tua voce ecc. »

6. Ma siccome per il momento la Chiesa non è ancora in grado da ogni parte di accedere a forare la pietra non è infatti di tutti quelli che sono nella Chiesa esaminare i segni della divina volontà, o apprendere da se stessi le profondità di Dio perciò viene detto che abita non solo nelle fenditure della pietra, ma anche nelle buche della maceria.

Dunque, nei perfetti che ardiscono scavare e penetrare con una coscienza pura e con l’acume dell’intelligenza gli arcani della sapienza, abita nelle fenditure della roccia.

Per il rimanente abita negli anfratti della maceria, affinché coloro che, o non possono da se stessi scavare nella pietra, o non ardiscono farlo, scavino nella maceria, contenti di contemplare almeno la gloria dei santi.

Se a qualcuno neppure questo è possibile, a questi propone Gesù crocifisso, perché anch’egli senza sua fatica abiti nelle fenditure della Pietra per scavare le quali non ha faticato.

I Giudei hanno fatto questo lavoro, ed egli entrerà nel lavoro degli infedeli per essere fedele.

Né vi è da temere che incontri una ripulsa, perché è stato chiamato per entrare: Entra tra le rocce, dice Isaia, nasconditi nella fossa di fronte al timore che desta il Signore, allo splendore della sua maestà ( Is 2,10 ).

All’anima ancora inferma e inerte che, come confessa quel tale nel Vangelo, non ha la forza per scavare e si vergogna di mendicare, viene mostrata una fossa scavata nella terra dove stia nascosta, fino a che guarisca e progredisca, e possa poi anch’essa da sé scavarsi dei buchi nella pietra per i quali penetrare nell’intimo del Verbo, mediante il vigore e la purezza dell’anima.

7. E se per terra scavata intendiamo quella di cui è detto: Hanno forato le mie mani e i miei piedi ( Sal 22,17 ), non c’è da dubitare che l’anima ferita che dimorerà in essa, acquisterà presto la salute.

Che cosa vi è infatti di più efficace per curare le ferite della coscienza e purificare la punta della mente, quanto l’accurata meditazione delle piaghe di Cristo?

Tuttavia fino a che sia completamente purgata e risanata, non vedo come le possa convenire quello che è detto: Mostrami il tuo volto, risuoni nelle mie orecchie la tua voce.

Come del resto oserebbe mostrare il suo volto e levare la sua voce colei alla quale si dice di starsene nascosta?

Nasconditi in una buca della terra ( Is 2,10 ).

Perché? Perché il tuo volto non è bello né degno di essere veduto.

Non sarà degno di essere veduto fino a che non sarà in grado di vedere.

Quando poi per il soggiorno nella fossa di terra avrà progredito nel sanare l’occhio interiore in modo da poter anch’essa contemplare a faccia scoperta la gloria di Dio, allora essa potrà ormai dire con fiducia quello che vedrà, divenuta gradita quanto alla voce e al volto.

È necessariamente gradito il volto che può fissare lo splendore di Dio.

Non sarebbe infatti in grado di farlo se non fosse esso stesso splendente e puro, trasformato cioè in quella stessa immagine di splendore che contempla.

Diversamente con la stessa dissomiglianza si tirerebbe indietro come folgorato da insolito fulgore.

Dunque, quando l’anima pura potrà intuire la pura verità, allora lo Sposo bramerà vedere il suo volto, e per conseguenza udire la sua voce.

8. Quanto infatti gli piaccia la predicazione della verità fatta con purezza di mente, lo mostra subito dopo dicendo: Perché la tua voce è soave.

E dimostra che non gli piace la voce se gli dispiace la faccia, soggiungendo subito: E il tuo volto è leggiadro ( Ct 2,14 ).

Qual è l’interno decoro del volto se non la purità?

In molti questa piacque senza la voce della predicazione; in nessuno invece piacque la voce senza il volto leggiadro.

Agli impuri la verità non si mostra, non si dona la sapienza.

Che cosa dicono, dunque, se non videro?

Noi parliamo di quel che sappiamo, e testimoniamo quello che abbiamo veduto, dice ( Gv 3,11 ).

Va’ dunque tu, e testimonia, se lo sai, quello che non hai veduto, e parla di cose che ignori.

Chiedi chi io chiamo impuro?

Colui che va in cerca di lodi umane, che non predica gratuitamente il Vangelo, che evangelizza per mangiare, chi fa della pietà un mercato, chi non bada al frutto, ma a quello che gli si dà.

Tali sono gli impuri.

E quelli che non sono in grado dì vedere la verità a causa della loro impurità, hanno tuttavia modi di predicarla.

Perché agite così in fretta, perché non aspettate la luce?

Perché presumete di compiere l’opera della luce prima della luce?

Invano vi alzate prima della luce ( Sal 127,2 ).

Luce è la purità, luce è la carità, che non cerca il proprio interesse.

Questa preceda, e il piede della lingua non si poserà sul mal sicuro.

Con occhio superbo non si vede la verità, questa si manifesta a chi è schietto.

La verità non trova difficoltà per manifestarsi al cuore mondo, né per essere predicata da esso.

Ma al peccatore dice Dio: perché vai ripetendo i miei decreti, e hai sempre in bocca la mia alleanza? ( Sal 50,16 ).

Molti, trascurando la purità, hanno cercato di parlare prima di vedere, e o errarono gravemente, non sapendo di che cosa parlassero o che cosa affermassero, o si resero vergognosamente vili, insegnando agli altri ciò che essi non avevano imparato.

Da questo doppio male ci preservi sempre per le vostre preghiere lo Sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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