Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro I

66 - Primate della nazione pelagiana

Giuliano. La quale mescolanza ti sei sforzato di far credere così esecrabile da voler far intendere che il Cristo, non per lo splendore di tale segno, ma per la condanna del congiungimento dei sessi, abbia voluto nascere da madre vergine.

Che cosa dunque ha potuto mai dirsi da chiunque di più improprio e di più impudente di questo: hai come separato con questi vessilli due re in lotta tra loro per il possesso dell'umanità e i loro due regni così da attribuire al diavolo tutto quello che abbiano prodotto le nozze e a Dio quello soltanto che abbia partorito la Vergine?

Che altro è nei riguardi di Dio fecondatore della Vergine, e mostrarlo bisognosissimo per la mancanza di una sua parte e negare che il medesimo sia il creatore di coloro che provengono dalle nozze degli uomini?

Ne tenga dunque l'autografo il lettore diligente delle tue parole e sappia che tu, discepolo fedele dei manichei e primate della nazione traduciana, altro non hai condannato che la mescolanza del legittimo coniugio.

Agostino. Non hai i sensi allenati nel separare il bene dal male.

La natura e la sostanza, sia degli uomini, sia degli angeli, buoni o cattivi, sussiste per creazione di Dio, ma ai vizi delle nature e delle sostanze, vizi che i manichei dicono essere nature e sostanze, mentre la verità nega che lo siano, Dio, giusto e onnipotente, permette di esistere per sua disposizione giudiziaria, e questi stessi vizi sono mali che non possono esistere se non venendo da nature buone e inerendo a nature buone.

In potere poi del diavolo tutte le creature che gli sottostanno per giudizio di Dio, ci sono così da non uscire dal potere di Dio, sotto il quale è costituito il diavolo stesso.

Poiché dunque tutti gli angeli e tutti gli uomini sono sotto il potere di Dio, è vana la tua loquacità con la quale dici che Dio e il diavolo si sono divisi tra loro i sudditi da avere ciascuno sotto la propria potestà.

Contro chi però tu vomiti coteste infamie di cui t'ingrassi, avvertilo per un istante.

Ecco, è presente il famoso Ambrogio: riguardo a ciò contro cui inveisci vedi che cosa ti dica: Come avrebbe potuto essere giusto lui solo scrive in mezzo a tutta la generazione deviante, se non fosse stato minimamente tenuto dalla legge della generazione colpevole essendo nato dalla Vergine?41

Ascolta ancora, ascolta e morditi la lingua proterva umiliando la fronte: Non varcò infatti il coito virile le parti segrete della vulva verginale, ma un seme immacolato nell'utero inviolabile infuse lo Spirito Santo.

Il solo infatti totalmente santo tra i nati da donna è stato il Signore Gesù, che per la novità di un patto senza macchia non sentì i contagi della corruzione terrena e li respinse con maestà celeste.42

Ti avvedi, vero, chi abbia detto ciò che dico io? Ti avvedi contro chi tu dica tutto quello che dici contro di me?

Se per questo io sono discepolo di Manicheo, lo è anche lui.

Ma non lo è lui, che ha detto queste verità prima di noi; non lo è dunque chiunque le dica.

Ma eretico manifesto è chiunque contraddica questo antico dogma cattolico.

67 - Un corpo pieno di peccati

Giuliano. Ma passiamo subito agli altri punti.

Scrivendo pertanto di me, dopo quelle tue parole che ho inserite sopra, aggiungi queste che seguono: Dopo queste parole mette quel nostro passo dove abbiamo detto: "Infatti questa vergognosa concupiscenza, che viene lodata senza un minimo di vergogna da cotesti svergognati, non esisterebbe se antecedentemente l'uomo non avesse peccato; le nozze viceversa esisterebbero anche se nessuno avesse peccato: avverrebbe appunto senza cotesto morbo nel corpo di quella vita l'inseminazione dei figli".

Fino qui ha riferito costui le mie parole.

Ha temuto infatti ciò che io ho aggiunto: "Lo può nel corpo di quella vita, che ora non può avvenire senza cotesto morbo nel corpo di questa morte".

E a questo punto, non a terminare, ma a troncare la mia sentenza in qualche modo, lo ha spaventato la famosa testimonianza dell'Apostolo dove dice: " Sono uno sventurato!

Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore ". ( Rm 7,24-25 )

Non esisteva infatti il corpo di questa morte nel paradiso prima del peccato, e per questo abbiamo detto: "Nel corpo di quella vita", che esisteva nel paradiso, "senza questo morbo si sarebbe potuta fare l'inseminazione dei figli, che ora non può avvenire senza cotesto morbo nel corpo di questa morte".43

Tu mantieni davvero e certo con particolare coerenza in questa tua opera, la tua consuetudine di non dire nulla di vero, dal momento che agisci contro la verità.

Ma ai numerosi peccati della tua erudizione potrebbe bastare appena una moltitudine di correzioni.

Perciò qui osserverò brevemente per ora che tu mentisci; io invece, e almeno dopo questa opera lo capirai, non sono avvezzo a mentire.

Per te dunque rivendica tutto il possesso di questo vizio, perché tu possa udire dal Vangelo, e certo non ingiustamente,che tu sei bugiardo fin da principio come anche il tuo padre; ( Gv 8,44 ) o quello al cui dominio dici di essere appartenuto nascendo o l'altro secondario che ti iniziò con eleganti sacramenti, che tuttavia non si possono nominare in mezzo a persone oneste.

Tutto questo dunque io l'ho pubblicato nella mia prima opera e tu fingi che lo abbia omesso: e con quanta verità e luce di discussione sia stato provato lo potrai confessare tu stesso, se leggerai le penultime parti del mio primo volume.

Non è stata dunque troncata la tua sentenza, ma è stata distrutta tutta intera con una valida risposta.

Ma ora ascolta brevemente. Ciò che l'Apostolo dice con queste parole: Sono uno sventurato!

Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, non lo riferisce alla mortalità del nostro corpo, che la carne degli animali ha ricevuta per legge di natura, ma alla consuetudine di peccare.

Dal quale reato dopo l'incarnazione del Cristo è liberato per mezzo della nuova alleanza chiunque sia passato agli amori della virtù.

Ivi dunque, parlando in persona dei Giudei, che anche dopo l'interdizione della Legge sacra erravano per la cupidigia dei piaceri, mostra che in tale stato c'è un un'unica soluzione: che credessero al Cristo.

Paolo prescriveva i rimedi per i peccati futuri così da concedere il perdono dei peccati passati.

Né incombeva sui rei con la minaccia del castigo, ma quanti accorrevano li accoglieva liberalissimamente al caldo del suo seno, senza soffocare i depressi dal terrore, ma rinfrancando con benignità i ravveduti.

La quale benignità l'aveva sperimentata lui stesso che diceva: Questa parola è sicura e degna di esser da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io.

Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia: perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me tutta la sua pazienza, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. ( 1 Tm 1,15-16 )

E perché tu intendessi che ciò si riferisce alla vita cattiva degli uomini e non alla loro natura, con il rischio di credere che in relazione all'avvento del Cristo Paolo dichiarasse peccatori anche i bambini, dice: Ha voluto dimostrare in me tutta la sua pazienza.

Ma la pazienza di Dio è quella di cui parla ai Romani: Non riconosci che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?

Tu però con la tua durezza e con il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira. ( Rm 2,4-5 )

Si esercita dunque la pazienza di Dio quando lei aspetta non a breve termine la conversione umana.

Nei bambini invece non può apparire la pazienza divina.

Se infatti esistessero dei peccati di natura che il Salvatore imputasse ai bambini, certo sarebbe falso dirlo paziente, ma con tutta certezza si direbbe crudele.

Ma Dio non può essere se non pio e giusto, e lo è il mio Dio Gesù Cristo, del quale hanno sperimentato la pazienza sia Paolo per lungo tempo persecutore, sia altri, in persona dei quali egli parla, attesi lungamente, sebbene liberati tardivamente.

E perciò dall'Apostolo è condannata la vita degli uomini, non la loro natura.

Raccomandando dunque ai Giudei questa grazia, perché la legge punisce i peccatori e non ha l'efficacia misericordiosa del battesimo, dove una breve confessione purga azioni delittuose, indica a loro il dovere di ricorrere al Cristo, d'implorare il soccorso di cotesta sua indulgenza e di avvertire che la legge morale minaccia sventure, la grazia invece efficacemente e prontamente medica.

Corpo di morte ha detto pertanto i peccati, non la carne.

Se infatti avesse parlato della miseria delle membra, che tu stimi esserci capitata a causa del peccato, l'avrebbe chiamata più esattamente morte del corpo che corpo di morte.

Ma perché tu sappia che secondo la consuetudine delle Scritture i peccati si dicono membra, leggi [ la Lettera ] ai Colossesi dove l'Apostolo stesso dice: Mortificate le vostre membra terrene: la fornicazione, l'impurità e l'avarizia che è una idolatria: cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono.

Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. ( Col 3,5-7 )

Ecco come chiama membra le azioni che dichiara peccati.

Lo stesso corpo del peccato si ha qui nella [ Lettera ] ai Romani: Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e non fossimo più schiavi del peccato. ( Rm 6,6 )

Nello stesso senso dunque esclama, impersonando i Giudei, come abbiamo detto: Sono uno sventurato!

Chi mi libererà dal corpo di questa morte? ( Rm 7,24 )

Ossia: Chi mi libererà dal reato dei miei peccati che ho commessi, mentre potevo evitarli, e che la severità della legge non condona, ma punisce?

Chi mi potrà affrancare da queste membra, cioè da questi vizi che, imitando i cattivi, ho messi insieme così da costruirmi un corpo pieno di peccato?

Chi, dico? E, quasi colpito dalla voce della realtà stessa, risponde: La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

La grazia di Dio che porta ai fedeli il dono della giustizia senza le opere, secondo quello che dice Davide: Beati coloro ai quali sono state rimesse le colpe e coperti i peccati.

Beato l'uomo a cui il Signore non imputa il peccato. ( Sal 32,1-2 )

Dio dunque, che fa beato l'uomo, è beato anche lui stesso, giustizia sempiterna, con la quale non condona se non il peccato che aveva il diritto d'imputare.

Ma non avrebbe potuto avere il diritto d'imputarlo, se quegli a cui si imputa non l'avesse potuto anche evitare.

Nessuno però può evitare le realtà naturali.

Nessuno dunque può assolutamente avere un peccato per necessità di natura. Basti averlo detto brevemente.

Agostino. Ti sei ingegnato davvero con le tue disquisizioni a volgere al vostro senso le parole dell'Apostolo: Chi mi libererà dal corpo di questa morte?

Ma che non lo potevi, lo vide meglio di te, colui che mandò il fascicolo a quell'illustre personaggio.

Egli perciò, ricordando le mie parole, omise le tue, perché non si ridesse della tua aspettata e partorita risposta.

Chi potrebbe infatti non ridere di una risposta, di cui non so se abbiate potuto convincervi, e tuttavia avete pensato di doverne convincere altri: l'Apostolo avrebbe impersonato il Giudeo che non è ancora stabilito sotto la grazia del Cristo e dice: Sono uno sventurato!

Chi mi libererà dal corpo di questa morte? la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,24-25 )

Ma è proprio vero che è Giudeo e non ancora cristiano chi dice: La grazia di Dio mi libererà per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore?

Ma lascio andare questo. Chi però potrebbe sopportare l'interpretazione che un uomo, parlando dei suoi peccati passati perché gli vengono rimessi per mezzo della grazia del Cristo che lo perdoni, dica: Chi mi libererà dal corpo di questa morte? quando apparisce limpidamente da dove sia giunto a queste parole?

Ecco, le sue parole sono nei nostri orecchi: vediamo dunque se si confessi sventurato per quello che ha fatto volente o per quello che fa nolente.

Grida costui: Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto io faccio. ( Rm 7,15 )

Grida: Non sono più io che lo opero, ma il peccato che abita in me.

Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. ( Rm 7,17-19 )

Non dice: " Ho fatto "; ma: Faccio. Non dice: " Non sono stato io che l'ho operato ", ma: Non sono più io che lo opero.

Non dice: " Ho agito "; ma: Agisco, e: " Non quello che voglio ", ma quello che non voglio.

Infine gode secondo l'uomo interiore della dilezione della legge di Dio, ma vede nelle sue membra un'altra legge che muove guerra alla legge della sua mente, e da questa legge è spinto non a fare il bene che vuole, ma a fare il male che non vuole.

È per questo che esclama: Sono uno sventurato! Chi mi libererà dal corpo di questa morte? ( Rm 7,24 )

E tu contro la verità più chiara chiudi gli occhi e spieghi il suo gemito non come è patente a tutti, ma come è piacente a te, commentando le parole: Chi mi libererà dal corpo di questa morte? nel senso: " Chi mi libererà dal reato dei peccati che ho commessi "?

Costui dice: Il male che non voglio io faccio, e tu dici: " Che ho commessi ".

Forse fino a tal punto delle persone che leggono questi scritti disperi che preferiscano ascoltare lui piuttosto che te e credere a lui piuttosto che a te?

Lascia chiedere a costui la grazia di Dio non solo per essere assolto perché ha peccato, ma anche per essere aiutato a non peccare.

Ed è quello che fa in questo caso.

Se dice: il male che non voglio, io faccio, non ha motivo di dire: Rimetti a noi i nostri debiti, ma di dire: Non c'indurre in tentazione. ( Mt 6,12-13 )

Come dice però l'apostolo Giacomo: Ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza che l'attrae e lo seduce. ( Gc 1,14 )

Questo è il male di cui egli dice: So che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene. ( Rm 7,18 )

Questo male è nel corpo di questa morte.

Questo male non esisteva nel paradiso prima del peccato, perché questa carne non era ancora il corpo di questa morte, alla quale si dirà da ultimo: Dov'è, o morte, la tua vittoria? ( 1 Cor 15,54-55 )

Ma lo si dirà quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale si sarà vestito d'immortalità. ( 1 Cor 15,53-54 )

Per ora invece è corpo di questa morte, perché il medesimo Apostolo ha detto: Il corpo è morto a causa del peccato. ( Rm 8,10 )

Ascolta gli intenditori cattolici dell'Apostolo.

Accogli, non le mie parole, ma quelle di coloro con i quali io accolgo le tue ingiurie.

Ascolta non Pelagio, ma Ambrogio.

Anche la carne di Paolo scrive era corpo di morte, come egli stesso attesta: " Chi mi libererà dal corpo di questa morte? ".44

Ascolta, non Celestio, ma Gregorio: Dentro di noi stessi, dice, siamo assaliti dai nostri vizi e dalle nostre passioni.

Giorno e notte ci pungono gli speroni brucianti del corpo di questa bassezza e del corpo di questa morte, provocati dovunque, a volte segretamente, a volte anche palesemente, e innervositi dall'attrazione dei piaceri materiali, mentre questo fango schifoso nel quale ci troviamo esala con ogni abbondanza il fetore della sua lordura, e per giunta anche la legge del peccato, la quale è nelle nostre membra, fa guerra alla legge dello spirito.45

Tu abbaiando a queste stelle della città celeste scrivi: Corpo di morte ha detto i peccati, non la carne, e neghi che l'Apostolo abbia voluto riferirsi alla mortalità del nostro corpo, mortalità che la carne degli animali, così ti esprimi, ha ricevuta per legge di natura.

Tu infatti ritieni proprio quello che Pelagio nel processo palestinese condannò con cuore finto: che cioè Adamo fu creato mortale, di modo che sarebbe morto sia che peccasse, sia che non peccasse.

E così, opponendoti a questi personaggi e ad altri loro compagni nella fede sana, a tanti e a tanto grandi dottori, sei costretto a riempire il paradiso, anche se nessuno avesse peccato, del dolore delle partorienti, della fatica dei nascenti, dei gemiti dei languenti, dei funerali di quelli che muoiono, della mestizia di quelli che piangono.

Che c'è da meravigliarsi allora che siate andati fuori da questo paradiso che è la Chiesa, quando quel paradiso, dal quale andarono fuori coloro che peccando ci mandarono in coteste miserie, lo avete fatto quale non osa immaginarlo, non dico nessuno dei Cristiani, ma nemmeno qualcuno degli uomini, se non è un pazzo?

68 - La tua mamma bevitrice

Giuliano. Nella prima opera infatti la discussione è stata più ampia.

Del resto nemmeno tu sei chiaro nel dire quale morte tu voglia far intendere, quando dici che nel paradiso prima del peccato non c'era il corpo della morte, perché nei libri che dedicasti al nome di Marcellino hai confessato che Adamo fu creato mortale.46

Quanto all'affermazione aggiunta da te che l'istituto delle nozze è un morbo, si può accettare pacificamente, se lo dici soltanto dei tuoi genitori.

Forse infatti puoi essere consapevole di qualche morbo occulto della tua mamma, della quale nei libri delle Confessioni hai informato che era stata chiamata, per usare la tua stessa parola, meribibula [ bevitrice di vino ].47

Per il resto nel matrimonio dei santi e nel matrimonio di tutte le persone oneste non c'è assolutamente nessun morbo.

Perché anche l'Apostolo non concesse per rimedio un morbo, quando premuniva le persone della Chiesa dal morbo della fornicazione per mezzo dell'onestà delle nozze.

E come il modo di sentire dell'Apostolo abbia completamente ridotto a zero la tua sfrontatezza e il tuo dogma, è mostrato nella penultima parte del mio primo volume, ed è stato spiegato pure in tutto il corpo della risposta stessa, come ha suggerito l'opportunità dei contesti.

Agostino. In nessun altro caso come in questo è apparso così evidente il tuo dolo e la tua coscienza condannata dalla scienza.

Tu sai infatti, tu sai benissimo, perché è tanto manifesto da non poterlo ignorare chi ha letto quei libri: tu sai che nei libri pubblicati da me per Marcellino io ho agito con forza contro la vostra eresia, che cominciava già a sorgere allora, perché non si credesse che Adamo sarebbe morto, anche se non avesse peccato.

Ma poiché io lo dicevo mortale nel senso che poteva morire, atteso che avrebbe potuto peccare, tu a coloro che non hanno letto e forse non leggeranno quei libri hai voluto insinuare con velata insidia, caso mai leggessero questi tuoi scritti, che io abbia detto: Adamo fu creato mortale, di modo che sarebbe morto, sia che peccasse, sia che non peccasse.

Di questo infatti si trattava con voi, qui sta tutta la controversia tra noi e voi: noi diciamo che Adamo, se non avesse peccato, non avrebbe sofferto la morte del corpo; voi invece dite che sarebbe ugualmente morto, tanto se avesse peccato, quanto se non avesse peccato.

Perché dunque fingi d'ignorare quale morte io voglia fare intendere quando dico che nel paradiso prima del peccato non c'era il corpo della morte, mentre sai ciò che ho fatto in quei libri e con quale esplicitezza e chiarezza l'ho fatto, spiegando che Dio non avrebbe detto al peccatore nel punirlo: Polvere sei e polvere tornerai ( Gen 3,19 ) - e chi non intende che l'abbia detto della morte del corpo? - se Adamo avesse dovuto tornare in polvere, cioè morire, almeno con il corpo, anche senza aver commesso nessuna iniquità?

A credere poi di dover insultare anche mia madre, che non ti ha fatto nulla di male e contro di te non ha mai avuto alcuna discussione, sei stato vinto dalla libidine della maldicenza, senza aver timore di quello che è scritto: Neppure i maldicenti erediteranno il regno di Dio. ( 1 Cor 6,10 )

Ma che c'è da meravigliarsi se ti mostri nemico anche di lei, quando sei nemico della grazia di Dio, per la quale ho detto mia madre liberata da quel suo vizio di fanciullezza?

Io al contrario tengo in onore i tuoi genitori come Cristiani cattolici e mi rallegro con essi che siano morti prima di vederti eretico.

Quanto poi all'istituto delle nozze, noi non diciamo che sia un morbo, consistendo nel giacere insieme per procreare figli e non per saziare la libidine, che tu neghi sia un morbo, mentre confessi che contro di essa è stato previsto il rimedio delle nozze.

Certamente infatti perché non si pratichi la fornicazione, il rimedio delle nozze contraddice, si oppone, resiste alla libidine che tu lodi.

Di modo che, se la libidine oltrepassa quel limite che le è stato imposto per la procreazione dei figli, chi cede alla libidine nel coniuge pecchi almeno venialmente.

Ai coniugi infatti parlava l'Apostolo quando, dopo aver detto: Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione, soggiunge subito: Questo però vi dico per venia, non per comando. ( 1 Cor 7,5-6 )

Di questo male pertanto la sola a far buon uso con l'intenzione di propagare la prole è la pudicizia coniugale.

A questo male si cede venialmente nel coniuge, quando si cede non per la prole, ma solo per la voluttà carnale.

A questo male si resiste per non soddisfare la bramosia di una voluttà riprovevole.

Questo male abita nel corpo di questa morte, ed è per il suo muoversi inopportuno, anche quando manca il consenso della mente, che si dice: Io so che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene. ( Rm 7,18 )

Questo male non c'era nel corpo di quella vita, dove la libidine o non esisteva affatto perché obbedivano alla volontà anche le membra genitali, o non si muoveva assolutamente mai contro l'arbitrio della volontà.

Di questo male, insorto improvvisamente, sentirono vergogna i progenitori, ( Gen 3,7 ) che prima di peccare erano nudi, ma non ne provavano vergogna. ( Gen 2,25 )

Di questo male hai sparso le lodi impudentemente anche con quei quattro libri tuoi, ai quali sono stato costretto a rispondere con sei libri miei.

69 - Ritorni al tuo passato manicheo

Giuliano. Ma per arrivare a tale confessione della miseria umana e della grazia divina, l'Apostolo aveva detto sopra: Nelle mie membra vedo un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato. ( Rm 7,23 )

Dopo tali parole ha esclamato: Chi mi libererà dal corpo di questa morte?

La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,24-25 )

Risulta bene per le premesse poste da te che l'Apostolo ha soggiunto: Sono uno sventurato! Chi mi libererà dal corpo di questa morte?

La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.

Ma presentemente non facciamo la questione se l'Apostolo l'abbia detto, bensì la questione con quale fede, con quale senso, con quale ragione l'abbia detto.

Egli infatti chiamava legge insita nelle membra, ribelle ai santi consigli per consuetudine di cattive azioni e ancora agli inizi dell'emendamento, l'abitudine cattiva, che anche dagli eruditi del mondo si suole dire seconda natura.

Poco prima infatti, chiamando in causa per rimproverarli coloro ai quali parlava, aveva detto: Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne.

Come avete messo le vostre membra a servizio della impurità e della iniquità a pro dell'iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione. ( Rm 6,19 )

E per mostrare che non chiamava carne questo corpo che ha le sue radici nei semi, ma chiamava carne impropriamente i vizi, circa due capitoli dopo soggiunge: Quando eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. ( Rm 7,5 )

Dice: Quando eravamo nella carne, quasi che al tempo in cui discuteva non fosse nella carne.

Ma chi conosce le Scritture, riconosce questo genere di elocuzione.

Perciò dove la comunanza delle parole ingenera questione, si adoperi la regola della ragione per riportare sulla sua livella quanto sembri che si sia abbassato.

Del resto, Fausto, vescovo dei manichei, tuo maestro, è di questa testimonianza dell'Apostolo che soprattutto si avvale contro di noi, dicendo che con questi ragionamenti, della legge cioè che abita nelle membra in opposizione al consiglio della mente, nient'altro è stato significato da lui che la natura cattiva.

Quindi niente di meno doveva essere fatto da te che intendere questo passo nel modo in cui viene esposto dai manichei, così che, imboccando tu il medesimo vicolo storto di Fausto, la tua non sembra una discussione, ma una restituzione del passato.

Agostino. Ti risponda non il manicheo Fausto, ma il cattolico Gregorio, dotto e dottore.

Egli, non agli inizi dell'emendamento, come dici tu, non chiamava legge insita nelle membra, ribelle ai santi consigli per abitudine di malvagie azioni, la consuetudine cattiva, che anche dagli eruditi si suole dire seconda natura; ma la legge del peccato, che è nelle nostre membra in guerra con la legge della mente l'attribuiva a questo nostro corpo mortale e terreno, scrivendo in modo pacifico ed aperto: La legge del peccato, che è nelle nostre membra, muove guerra alla legge dello spirito, mentre si studia di rendere sua schiava l'immagine regale che sta dentro di noi, e di cedere alla legge del peccato come sue spoglie tutte le ricchezze che tale immagine ha versate in noi per il beneficio di quella divina e prima creazione.

Perciò, dice, forse qualcuno appena, governandosi con lunga e rigida filosofia e ritornando un poco alla volta alla nobiltà della sua anima, potrà richiamare e rivolgere a Dio la natura della luce che è in lui, congiunta a questo umile e tenebroso loto.

O almeno, agendo con il soccorso della misericordia di Dio, si richiamerà ugualmente alla luce e al loto, se tuttavia con lunga e assidua meditazione si abitua a guardare sempre in alto e ad innalzare con freni ancora più forti la materia che lo abbassa e lo appesantisce.48

Questo diceva il beato Gregorio, non agli inizi del suo emendamento, ma già vescovo, volendo esporre o piuttosto, trattandosi di verità risapute, ricordare in quale e quanta lotta contro i vizi interni si trovino i santi a causa del corpo che aggrava l'anima.

La quale lotta certamente non ci sarebbe stata in quel luogo di pace beata, cioè nel paradiso delle sante delizie, se nessuno avesse peccato.

Ivi infatti non ci sarebbe il corpo di questa morte, la cui corruttibilità aggrava l'anima, ma il corpo di quella vita, nella quale la carne non concupirebbe contro lo spirito così da rendere necessario allo spirito di concupire contro la carne, ( Gal 5,17 ) ma la natura umana si allieterebbe della felice concordia di entrambi.

Se dunque tu volessi espugnare e non aiutare i manichei, che introducono un'altra natura e sostanza del male, certamente non negheresti con quelli che ti hanno ingannato queste miserie della vita umana, che sono manifeste a tutti e cominciano dai bambini, ma con i fedeli cattolici e con i più chiari dottori diresti da dove sia precipitata in esse la nostra natura, che all'origine fu istituita nella beatitudine.

70 - Il peccato originale è una scusa originale

Giuliano. Riassumendo dunque quanto abbiamo fatto: né io ho defraudato i tuoi scritti, né tu hai apportato alcunché su cui, ben lungi dal provarlo con la testimonianza delle Scritture, abbia riversato almeno uno sbiadito colore di pietà.

Né l'Apostolo intese dire quello che tu pensi, né diversa era nel paradiso la condizione della mescolanza dei sessi da quella che si pratica adesso nei matrimoni o da quella di cui Dio ci ha fatto conoscere l'istituzione da parte sua, sia con la stessa creazione dei sessi e la qualità delle membra, sia con la ripetuta benedizione.

Alla fine di tutto risplende questa verità: tutti coloro che sono ingannati da te, meritano più indignazione che compassione, perché a scusa dei propri crimini che commettono per cattiva volontà, infamano dietro tua istigazione la natività per non correggere l'attività.

Agostino. Attività pia è in questa vita onorare Dio e per mezzo della sua grazia combattere contro i vizi interni e non cedere ad essi, quando eccitano e spingono a comportamenti illeciti, e chiedere con religiosa pietà il perdono se si cede e l'aiuto divino per non cedere.

Nel paradiso al contrario, se nessuno avesse peccato, non ci sarebbe l'attività pia di espugnare i vizi, perché il permanere della felicità consisterebbe nel non avere vizi.

Ma non è indizio di persone che combattono fedelmente contro i vizi l'esaltazione impudente dei vizi che voi fate frequentemente.

Ed è proprio vero, o Giuliano, che Ambrogio quando diceva: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, essendo viziata la nostra stessa origine,49 o lo diceva dietro mia istigazione, o infamava la natività per non correggere l'attività?

O forse Gregorio quando diceva: Venera la natività che ti ha liberato dai vincoli della natività terrena,50 o quando parlando del Cristo o parlando dello Spirito Santo diceva: Per mezzo di lui si cancellano le macchie della prima natività, attraverso le quali noi siamo concepiti nelle iniquità e le nostre madri ci hanno generati nei delitti;51 o Ilario, quando diceva del re Davide: Sa di essere nato sotto l'origine del peccato e sotto la legge del peccato,52 costoro infamavano la natività per non correggere l'attività?

Oserai forse convincere il tuo cuore che l'attività dei pelagiani è preferita all'attività di costoro?

Perdonate: non crederemmo mai che voi viviate meglio di loro, nemmeno se non amaste la concupiscenza della carne così da volerla collocare anche nel paradiso prima del peccato, tale e quale si trova ad essere ora che concupisce contro lo spirito.

Poiché, se, come dici, Non era diversa la condizione nel paradiso della mescolanza dei sessi da quella che si pratica adesso nei matrimoni, vuol dire che c'era là anche prima del peccato la libidine della carne, senza la quale non possono attualmente mescolarsi i due sessi.

Se dunque non volete che in quella beatitudine le membra genitali, non ancora pudende, nel compiere la loro opera di seminare la prole, potessero obbedire senza libidine alla volontà umana, torno ancora a domandarvi quale crediate fosse allora la medesima libidine.

Certamente, quando era necessaria, seguiva la volontà.

Ma forse anche quando non era necessaria per la propagazione dei figli, stimolava tuttavia l'animo e lo spingeva o a tutti gli accoppiamenti condannabili o a tutti gli accoppiamenti veniali con il coniuge?

Se infatti era tale e quale è adesso, faceva senza dubbio così, sia che le si resistesse per temperanza, sia che le si cedesse per intemperanza.

E allora l'uomo era costretto o a servire alla libidine peccando o a contrastarla con intima guerra.

La prima di queste ipotesi, se avete sensibilità umana, la sentite in disaccordo con l'onestà; la seconda con la pace di quella felicità.

Resta dunque che la libidine, se esisteva nel paradiso, era talmente sottomessa alla volontà da non trarre al peccato la mente retta e quieta, né da provocarla al combattimento, e da non spingere né a peccare né a battagliare lo spirito che obbediva a Dio e godeva di Dio.

E poiché adesso la concupiscenza non è così, ma appetisce avidamente e non temperatamente gli stessi comportamenti leciti, in quelli poi illeciti o umilia lo spirito o concupisce contro lo spirito, riconoscete il male contratto dalla natura viziata nella sua integrità.

Del qual male fa buon uso per l'ufficio di propagare la castità dei coniugi; dal qual male si trae il vincolo della colpa della generazione da sciogliere con la rigenerazione.

71 - L'iter del primo peccato

Giuliano. Ma basta su questo; ora affronterò le questioni che seguono.

Nel corpo dunque di questa morte, quale esso non era certamente nel paradiso prima del peccato, un'altra legge nelle nostre membra muove guerra alla legge della nostra mente, perché, anche quando non vogliamo, anche quando non acconsentiamo, né le offriamo le nostre membra per soddisfare ciò che desidera, tuttavia abita nelle nostre membra e sollecita la mente che resiste e si oppone, provocando un conflitto, il quale, sebbene non sia condannabile in quanto non attua l'iniquità, è tuttavia miserabile in quanto è senza tranquillità.53

Che sia naturale la voluttà di tutti i sensi lo insegna la testimonianza universale.

Che poi questa voluttà e concupiscenza sia esistita nel paradiso prima del peccato lo mette in evidenza il fatto che la via al delitto passò attraverso la concupiscenza, la quale dopo aver eccitato gli occhi con la bellezza del pomo accese anche il prurito della speranza di un giocondo sapore.

Non poté quindi questa concupiscenza, che pecca quando non tiene la sua misura ed è invece una disposizione naturale e innocente quando sta nel limite della concessione, non poté, dico, essere frutto del peccato, perché si dice che essa fu occasione del peccato non certo per suo vizio, ma per vizio della volontà.

Leggi anche su questo argomento il mio secondo libro e troverai che quanto diciamo può convincere anche il tuo animo.

Riguardo poi a quello che hai esposto quasi con un pizzico di acume: la legge del peccato è, sì, nelle nostre membra, ma essa ha il peccato quando acconsentiamo e invece suscita soltanto lotta quando non acconsentiamo e manifesta la nostra miseria turbando la pace, quale persona prudente non si accorgerà che è contraddittorio?

Se infatti la legge del peccato, cioè il peccato e la necessità del peccato, è inserita nelle membra nostre per natura, che giova non prestarle il consenso, quando è inevitabile subire il castigo per il fatto stesso della sua presenza?

Oppure, se c'è, sì, la legge del peccato, ma essa non pecca quando io non le acconsento, inestimabile allora è la potenza della volontà umana che, se l'assurdità ci consente di dire così, costringe lo stesso peccato a non peccare.

Ma si ritorna alla insostenibilità del tuo modo di parlare: perché se non pecca non è nemmeno legge del peccato, se è legge del peccato pecca; se poi pecca soltanto perché esiste, in che modo le si può impedire di peccare dal momento che è impossibile far sì che il peccare si distacchi da lei?

Agostino. Al tuo secondo libro ho risposto con il quarto dei miei e ho dimostrato che hai parlato a vuoto; ma giudichino i lettori se si debba risposta a chi arriva a tanta insania che, mentre confessa che il peccato è un male, dice che la concupiscenza dei peccati è un bene.

E tuttavia siamo costretti a rispondere non volendo abbandonare le persone meno pronte d'intelligenza alle quali siano potuti arrivare questi libri.

Che è dunque quello che dici senza sapere quello che tu dica?

Forse che anche nel paradiso, prima dei veleni del serpente malconsigliante, prima che la volontà umana fosse corrotta da un discorso sacrilego, c'era già la libidine di un cibo illecito?

E, ancora più intollerabile a sentirsi dire, provocava al male senza essere mala?

E vedevano quegli esseri umani il frutto dell'albero proibito e la concupiscenza lo concupiva, ma, perché non lo mangiassero, la concupiscenza dello spirito lottava contro la concupiscenza della carne, e vivevano in quel luogo di tanta beatitudine senza possedere in se stessi la pace della mente e del corpo?

Non siete dementi a tal punto da crederlo, non siete impudenti a tal punto da dirlo.

Cercate allora di capire e non vogliate frastornare con vana loquacità coloro che capiscono.

La prima a muoversi fu la volontà cattiva che credette al subdolo serpente, e la seguì la concupiscenza cattiva che agognò il cibo illecito.

Non ci fu dunque nel paradiso una qualsiasi cupidigia che si sia opposta ad una qualsiasi volontà, ma piuttosto una cupidigia depravata si mise a servizio di una volontà depravata.

E quindi, sebbene fossero già ambedue cattive, tuttavia fu la volontà a condurre la cupidità e non la cupidità a condurre la volontà; la cupidità non precedette la volontà, né resisté alla volontà.

Infine, se prima della consumazione del peccato, la volontà si fosse rivoltata all'illecito operare, senza nessuna fatica si sarebbe sedata l'illecita cupidità.

Parlando di questo il beato Ambrogio dice: La carne, ritornando alla fonte del suo vigore, riconosce la sua nutrice e, deposto l'ardire della ribellione, si aggioga all'arbitrio dell'anima che la governa.

Tale era la carne nel momento in cui le fu concesso di abitare nei luoghi segreti del paradiso, prima che, infettata dal veleno del serpente pestifero, conoscesse la sacrilega fame e per golosità trascurasse il ricordo dei precetti divini, iscritti nei sensi dell'anima.

Da qui è tradizione che sia nato il peccato, facendogli da genitori il corpo e l'anima: mentre la natura del corpo è tentata, l'anima sana compatisce malamente il corpo.

Se l'anima avesse frenato l'ingordigia del corpo, l'origine del peccato sarebbe stata estinta sul nascere.54

Non vedi come Ambrogio, dottore cattolico e ricco di sapienza cristiana, ha già chiamato fame sacrilega la stessa concupiscenza dell'illecito cibo, che tu asserisci innocente se non si lascia ad essa di fare quello che desidera?

E tuttavia se l'anima, correggendo appunto la volontà, avesse frenato cotesta ingordigia del corpo, sarebbe stata estinta sul nascere l'origine del peccato, come dice Ambrogio.

Ma poiché, per non aver represso l'appetito del cibo illecito, si arrivò alla consumazione del peccato, non fu estinta l'origine del peccato, bensì dilagò nei posteri, e la discordia che ne seguì tra la carne e lo spirito fu tanto grande da convertirsi in natura a causa della prevaricazione del primo uomo, come dice in un altro passo il medesimo dottore.55

Tu però contro tutto questo dici che a te insegna la testimonianza universale che è naturale la voluttà di tutti i sensi.

Come se nel corpo, non di questa morte ma di quella vita, non potesse essere la voluttà di tutti i sensi così sufficiente alla natura da non esservi assolutamente concupiscenze illecite per somma concordia dell'animo e della carne verso i diritti della virtù.

Oh quanto grandemente sbagli tu nel congetturare dalla presente corruttibilità e infermità della natura le sante delizie del paradiso e quella beatitudine!

Altra era quell'immortalità dove l'uomo poteva non morire, altra è l'attuale mortalità dove l'uomo non può che morire, altra sarà la somma immortalità dove l'uomo non potrà morire.

Che litighi della concupiscenza litigante, cioè della legge che nelle membra alterca con la legge della mente?

Si dice legge del peccato perché persuade ai peccati e li comanda, per così dire; e si pecca senza scusanti se con la mente ci si mette a suo servizio.

Si dice peccato perché è stata causata dal peccato e appetisce di peccare.

Il suo reato è stato sciolto dalla rigenerazione, il suo conflitto è stato lasciato in essere per esercitazione.

È un male chiaramente. Non con le forze della nostra volontà, come credi tu, gli resistiamo, senza l'aiuto divino.

Questo male va debellato, non va negato; lo dobbiamo sconfiggere, non difendere.

Infine, se gli acconsenti riconosci che è un male peccando, se gli resisti riconosci che è un male lottando.

72 - La concupiscenza è peccato per la sua stessa presenza

Giuliano. Oppure che giova la moderazione della concupiscenza, se l'accusa la sua stessa presenza?

Vedi dunque dove si spingano i tuoi acumi!

Primo a dire che la natura pecca senza la volontà, e ciò è impossibile.

Secondo a dire che la concupiscenza è peccato e non pecca, cioè che una medesima cosa è e non è.

Infine a dire che la concupiscenza quando turba la pace è miserabile, né è punita per tanto crimine d'aver distrutto la quiete; quando invece porta a compimento una iniquità è condannabile.

Ma la legge del peccato, come per se stessa merita un castigo, così scusa la volontà dell'uomo.

Perché una legge e costringente e naturale e mai desistente non può certo essere vinta dalla volontà, e nessuno è reo di ciò che non ha potuto evitare.

Ma non pecca nemmeno la stessa legge del peccato, perché non ha potuto fare altro.

Dio però ascrive a reato l'inevitabile, né a fare questo male così grave è costretto da qualcuno.

Tutti assolti quindi, si trova in colpa Dio soltanto, che con strano ardire imputa agli altri la necessità, mentre egli fa il male senza necessità.

Brava la tua sapienza, o nobilissimo disputatore, che con i passaggi della dialettica punica per raccomandare i doni hai rovinato i giudizi, per simulare la grazia hai rovesciato la giustizia, per infamare la natura hai incriminato il Creatore degli uomini, e l'hai incriminato tanto da far apparire il tuo Dio più colpevole non solo di un qualche peccatore, ma della stessa legge del peccato.

E dopo tutto questo rechi la più volgare offesa a sacerdoti cattolici dicendo che negano la grazia del Cristo, del quale difendono l'equità; noi lodiamo, sì, la clemenza dei rimedi, ma salva rimanendo la giustizia delle leggi.

Agostino. Magari riconoscessi i sacerdoti cattolici, che, molto tempo prima che voi cominciaste ad esistere, dissero che la natura umana è stata viziata dalla concupiscenza della carne, concupiscente contro lo spirito, sebbene anche lo spirito concupisca contro la carne, concupiscenza intesa come legge del peccato che resiste alla legge dello spirito dopo il peccato commesso nel paradiso.

Nessuno quindi nasce attualmente senza la concupiscenza.

Contro di essa combatte lo spirito nei santi per vivere in maniera giusta, lottando contro di essa fino a quando non esisterà più, una volta che sia stata ristabilita perfettamente la salute dell'uomo e riportata la carne all'accordo più completo con lo spirito.

Dice Ambrogio che per la prevaricazione del primo uomo il dissenso tra la carne e lo spirito si è convertito in natura.56

Tale dissenso è descritto da Cipriano, un punico nel quale, come penso, non osi canzonare la dialettica punica che hai canzonata in me, in questi termini: Tra la carne e lo spirito c'è battaglia e scontro quotidiano per discordia reciproca, in modo che non facciamo le stesse azioni che vogliamo, cercando lo spirito i beni celesti e divini, concupendo la carne i beni terreni e mondani.

Perciò preghiamo che tra loro due si stabilisca la concordia per intervento e aiuto di Dio, perché, compiendosi la volontà di Dio e nello spirito e nella carne, sia salva l'anima che per mezzo di Dio è rinata.

È una verità che apertamente e manifestamente dichiara con la sua voce l'Apostolo dicendo: " La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne: queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste ".57

Tale concordia tra la carne e lo spirito, che Cipriano ci esorta a desiderare e a chiedere con l'orazione al Signore, tu non ammetti che esistesse nemmeno nel paradiso prima del peccato.

O se vi esisteva, per quale ragione non confessi che andò perduta quando la natura rimase viziata per la prevaricazione del primo uomo, e alla beata pace dell'anima e del corpo successe una ben misera discordia?

E ti indigni con noi come se recassimo offesa a sacerdoti cattolici, cioè a voi, con il nostro ragionare, perché diciamo che negate la grazia del Cristo, mentre siete voi che nella maniera più impudente e volgare offendete cotesti sacerdoti veramente cattolici con le parole che vomitate con furore sfrenato contro di me, perché seguo e difendo la fede di costoro.

L'Apostolo dice: Camminate secondo lo spirito e non sarete portati a soddisfare le concupiscenze della carne. ( Gal 5,16 )

Domando: Perché le evoca se non esistono? Perché vieta di soddisfarle se sono buone?

Ma spiega ancora quali concupiscenze siano, dicendo: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne: queste cose si oppongono a vicenda, cosicché voi non fate quello che vorreste. ( Gal 5,17 )

A chi diceva: Non fate quello che vorreste?

Lo diceva forse, secondo la vostra mirabile intelligenza, ai Giudei che non vivevano ancora sotto la legge del Cristo, e non a coloro ai quali aveva domandato: È per le opere della legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver creduto alla predicazione? ( Gal 3,2 )

Dei fedeli cristiani diceva pertanto che non facevano quello che avrebbero voluto, concupiscendo la carne contro lo spirito.

Per quale ragione questo, se non perché avrebbero voluto che la loro parte inferiore collimasse con la parte superiore, cioè che la carne collimasse con lo spirito, e non riuscivano a fare quello che avrebbero voluto, e restava ad essi di non acconsentire a quel vizio e allo spirito restava di concupire contro la carne?

Ma anche se fosse stato vero in essi quello che pensate voi, che per una cattiva abitudine vivessero malamente, pur senza volerlo, cos'è che dici allora: La natura non può peccare senza la volontà, quando confessi che costoro peccavano senza volerlo?

Per qual ragione poi la concupiscenza della carne sia stata detta peccato o legge del peccato, l'abbiamo già detto sopra.58

Che se è cosa buona non acconsentire alla concupiscenza per azioni illecite, certamente la concupiscenza è per se stessa un male, perché fa concupire azioni illecite, anche se non si fanno per mancanza di consenso e per mancanza di effettuazione.

Quanto poi ai giudizi di Dio, a sovvertirli siete voi che dite che le miserie del genere umano, le quali cominciano dai bambini, accadono senza nessun merito di peccato.

Né voi domandate il dono di Dio per non cadere in tentazione, ( Mt 26,41 ) cioè per non peccare.

Confidate infatti nella vostra forza, e una delle due: o la cecità non vi fa vedere o la stoltezza non vi fa dolere d'essere stati denunziati e condannati da quel Salmo santo. ( Sal 49,7 )

73 - Ti ho risposto integralmente

Giuliano. Ma proseguiamo subito, passando alle nostre parole che per confutarle Agostino ha prese dalla prefazione.

Scrive Agostino: Mi basta avere avvertito che costui si è proposto di confutare i miei testi con questo metodo: interrompere in alcuni casi le mie sentenze togliendo le parti intermedie, decurtarle in altri casi non riferendo le parti estreme.

E mi basta aver indicato sufficientemente la ragione per cui costui abbia fatto così.

Adesso vediamo che cosa abbia opposto di suo alle affermazioni nostre, poste da lui come ha voluto.

Fanno ormai seguito infatti le sue parole e prima, come accenna colui che ti ha mandato il fascicolo, questi ha trascritto una parte della prefazione, certamente di quei libri dai quali ha fatto i pochi stralci.

Ecco il contenuto della prefazione: "Fratello beatissimo" scrive "dottori del nostro tempo e autori di una nefanda sedizione che ferve ancora hanno decretato di giungere ad infamare e a rovinare attraverso la distruzione di tutta la Chiesa uomini che li irritano con i loro studi, non comprendendo quanto onore abbiano conferito a personaggi la cui gloria hanno dimostrata indistruttibile, a meno che non si distrugga la religione cattolica.

Se qualcuno infatti dice o che negli uomini esiste il libero arbitrio o che Dio è il creatore di coloro che nascono, è chiamato celestiano e pelagiano.

Per non essere dunque chiamati eretici, diventano manichei, e per paura di una infamia falsa incorrono in un crimine vero, a guisa di quegli animali che per spingerli nelle reti si accerchiano da ogni parte con ventagli di penne: incapaci di ragionare, si cacciano dentro ad una morte sicura per una paura vana".59

Conosco le mie parole, ma non riferite da te integralmente.

E, sebbene la sostanza della controversia non stia in esse, perché fanno parte della prefazione, tuttavia, perché sia chiara la tua leggerezza, l'indirizzo beatissimo fratello non si trova in quel luogo, ma subito nella prima riga del libro.

Ancora, dopo le parole: Ad infamare e a rovinare uomini che li irritano con i loro santi studi, ho aggiunto: Poiché altra via non si offriva, hanno decretato di giungere attraverso la distruzione di tutta la Chiesa.

Dopo di che ho detto pure: Il confessore del libero arbitrio e il confessore di Dio creatore è chiamato celestiano e pelagiano.

Spaventati da questo iniquo discorso, per togliersi di dosso un tale odioso nome, i semplici abbandonano anche la fede sana, pronti a credere senza ombra di dubbio e che negli uomini non esista il libero arbitrio e che Dio non sia il creatore di coloro che nascono, rinunziando così ad ambedue le verità che prima avevano affermate.

Ma tutto questo è stato tralasciato da te.

Dopo di che ci sono le parole che tu hai riportate: e non sarà un'opera difficile provare quanto siano sicuramente vere e quanto inoppugnabili.

Né io dunque ho riportato alcunché di meno dalle tue parole, né tu hai riportato nemmeno il mio primo capitolo nell'ordine che io gli ho dato.

Lo sottolineo proprio perché risulti la gravità dello scrittore punico.

Agostino. Colui che dai tuoi libri estrasse i brani che volle e li trasmise a leggere a chi volle, fu lui stesso a fare ciò che tu imputi a me, né altro penso creda anche tu stesso.

Né difatti nel mio medesimo libro, contro il quale tu abbai, io ho premesso una introduzione per dire a quale fascicolo fossi stato spinto a rispondere.

Ma tu vai in cerca di che cosa dire dileggiando, perché senti di non dire nulla di valido ragionando.

Sebbene, anche in quelle mie parole che ora poni davanti a te per confutarle avresti potuto avvertire quello che io dico.

Non avrei detto infatti: Non sta così come parli tu, chiunque tu sii che l'hai detto,60 se fossi stato certo che eri stato tu a dirlo e non colui che mandò a chi volle lo scritto che volle, e che io avevo intrapreso a confutare dopo che mi era stato trasmesso.

Ma rendo grazie a Dio che all'intera tua opera, dalla quale costui scelse quello che volle e come gli piacque, io, con l'aiuto del Signore, ho risposto in tal modo da sbaragliare tutti i macchinamenti eretti da te, nuovo eretico, contro l'antichissima fede cattolica.

74 - Ti ho già risposto

Giuliano. Ascoltiamo dunque come tu abbia replicato contro queste mie parole: Non sta così come parli tu, chiunque tu sii che l'hai detto; non sta così; molto inganni o mediti d'ingannare: noi non neghiamo il libero arbitrio, ma è la Verità che dice: " Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero ". ( Gv 8,36 )

Questo Liberatore voi lo negate agli schiavi ai quali attribuite una falsa libertà. Infatti, " uno è schiavo di chi l'ha vinto ", ( 2 Pt 2,19 ) come dice la Scrittura e nessuno, se non mediante la grazia del Liberatore, è sciolto da questo vincolo di schiavitù, da cui non è immune nessun uomo.

Appunto " a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ".61

Amplissima è la dignità del nostro compito, come sta a indicare sia la stessa considerazione e stima degli interessi che difendiamo, sia anche la vostra paura.

Voi, combattendo contro il sangue dei nostri con profusione di denaro, con elargizione di eredità, con invio di cavalli, con sedizione di popoli, con corruzione di magistrati, per un verso vi vergognate di professare la vostra fede che noi aggrediamo, e per un altro verso ricorrete alle parole della nostra sentenza dalla quale avete deviato.

Agostino. O calunni scientemente, se lo dici mentendo; o lo credi, non sapendo che dire, con persone che mentiscono.

Ma ormai basti quello che ho già risposto per questi argomenti alla tua falsità o anche alla tua malignità.62

Indice

41 Ambrosius, De Arca Noe 3, 7
42 Ambrosius, Lib II in Lc 2, 23. 56
43 De Nupt. et Concup. 2,6
44 Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13;
Rm 7,24
45 Gregorius Naz., Orat. I de fuga sua 2, 9
46 De pecc. mer. et rem. 1, 3-4
47 Confess. 9,18
48 Gregorius Naz., Orat. I de fuga sua 2, 9
49 Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13
50 Gregorius Naz., Orat. in Natalem Domini 41, 14
51 Gregorius Naz., Orat. in Pentecosten
52 Hilarius, In Sal. 118, 75
53 De Nupt. et Concup. 2,6
54 Ambrosius, In Luc. 7, 142-143
55 Ambrosius, In Luc. 7, 141
56 Ambrosius, In Luc. 7, 141
57 Gal 5,17;
Cyprianus, De Orat. Dominica 16
58 Sopra 71
59 De nupt. et concup. 2,6-7
60 De nupt. et concup. 2,8
61 Rm 5,12;
De nupt. et concup. 2,8
62 Sopra 42