Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro VI

31 - Passiamo a S. Paolo

Giuliano. Ma ormai abbiamo già detto abbastanza e più sulla Genesi.

Passiamo all'apostolo Paolo che il manicheo e il traduciano opinano esser della loro opinione.

Nel discutere dunque della risurrezione dei morti dichiara: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo. ( 1 Cor 15,22 )

Questa testimonianza è stata usurpata da te con il quale siamo in causa noi.

Ma che cosa tu reputassi di ottenerne poiché l'hai taciuto, io tuttavia lo posso confermare a mala pena, anche se lo sospetto.

Che interessa infatti alla traduce il dire che tutti muoiono in Adamo, dal momento che Adamo è il nome dell'uomo e la traduce è invece indizio del peccato e della macchia manichea?

A meno che tu eventualmente non confessi che lo stesso Adamo nient'altro è e nient'altro suona che il peccato, cosicché sembri che l'Apostolo con questo nome di Adamo abbia pronunziato che tutti muoiono nel peccato.

Ma questo sarebbe palesemente pazzesco.

Che c'è dunque di nuovo se, indicando la lingua ebraica con la parola Adamo null'altro che l'uomo, questa è infatti la sua traduzione, l'Apostolo ha detto: Tutti muoiono in Adamo e tutti riceveranno la vita nel Cristo, ossia coloro che muoiono secondo la natura dell'uomo, saranno risvegliati dai morti per la potenza del Cristo?

Chi nega questa sentenza agisce da pazzo: dalla potenza appunto del medesimo Creatore, che in questa vita istituì la fecondità e la mortalità, tutti saranno risvegliati dai sepolcri, perché ciascuno riceva la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene, sia in male. ( 2 Cor 5,10 )

Da questo detto dunque dell'Apostolo dove dice: Tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo, reputi tu che sia suggerita la morte corporale, comune ai giusti e agli ingiusti, o la morte penale che è destinata al diavolo e agli empi?

Se l'Apostolo ha qui indicato questa semplice morte naturale, la morte che nei fedeli è anche preziosa, ( Sal 116,5 ) la morte che tocca non solo ai buoni e ai cattivi, ma anche ugualmente agli uomini e agli animali; se, dicevo, ha indicato questa morte, è manifesto che con il nome di Adamo indica la natura della umanità e con il nome del Cristo invece la potenza del Creatore e del Risuscitatore.

Al contrario, se nelle parole: Tutti muoiono in Adamo vuoi che si intenda il crimine e non la natura, è decisiva la spiegazione tanto aperta quanto certa che si ha nel confronto fatto da lui: Come tutti, ossia molti, muoiono per l'imitazione di Adamo, così tutti, ossia molti, si salvano per l'imitazione del Cristo.

Dunque, o ha parlato della morte comune e ha indicato la natura, o ha parlato del peccato ed ha accusato l'imitazione.

Così infatti anche poche righe dopo ha soggiunto: Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terreno, così dobbiamo portare l'immagine dell'uomo celeste. ( 1 Cor 15,49 )

Certamente l'assunzione dell'immagine non si poteva imperare, se l'immagine si fosse creduta naturale nell'una o nell'altra parte.

Agostino. Chi è tanto negligente verso gli scritti apostolici da non vedere che l'Apostolo discorreva della risurrezione del corpo dove dichiarò: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo?

Ma tu per dilatare non i tuoi eloqui, bensì i tuoi vaniloqui, pianti una questione dove non c'è nessuna questione, e chiedi a me di quale morte sia stato detto ciò che è stato detto: Tutti muoiono in Adamo.

Assolutamente della morte del corpo è stato detto, cioè di questa morte a causa della quale è necessario che muoiano i buoni e i cattivi; non di quella morte a causa della quale si dicono morti coloro che sono mali a causa della medesima morte.

Le quali due morti le abbraccia il Signore in una sola e breve sentenza dicendo: Lascia i morti seppellire i loro morti. ( Mt 8,22 )

C'è inoltre la morte che l'Apocalisse dice morte seconda, ( Ap 2,11; Ap 20,6.14; Ap 21,8 ) quella morte per la quale e il corpo e l'anima soffriranno il tormento del fuoco eterno, quella morte che il Signore minaccia dove dice: Temete colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. ( Mt 10,28 )

Sebbene dunque nelle Scritture si trovino diverse morti, tuttavia le principali sono due: la morte prima e la morte seconda.

La morte prima è quella che introdusse il primo uomo peccando, la morte seconda è quella che introdurrà il secondo uomo giudicando.

Allo stesso modo nei Libri santi si ricordano molte alleanze, come possono accorgersene quelli che li leggono diligentemente, e tuttavia le principali alleanze sono due: l'antica e la nuova.

La prima morte dunque cominciò ad esistere quando Adamo fu buttato fuori dal paradiso e fu allontanato dall'albero della vita, la seconda morte comincerà ad esistere quando sarà detto: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno. ( Mt 25,41 )

Parlando quindi della risurrezione del corpo l'Apostolo dice: A causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti; come infatti tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo. ( 1 Cor 15,21- 22 )

Non dobbiamo pertanto indagare di quale morte si tratti in questo, essendo chiaro che si tratta della morte del corpo; ma dobbiamo piuttosto fare attenzione per opera di chi venga la morte stessa di cui si tratta: se per opera di Dio che creò l'uomo o se per opera dell'uomo che peccando divenne la causa di questa morte.

Ma, come ho detto, dobbiamo fare attenzione a questa verità come posta sotto gli occhi, non ricercarla come verità nascosta.

Infatti anche l'Apostolo ha tolto di mezzo questa questione dicendo apertissimamente: A causa di un uomo la morte.

E chi è costui se non il primo Adamo? Proprio lui è appunto quegli di cui fu detto: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte.

Al quale uomo è opposto in senso contrario il secondo Adamo, che è figura del futuro. ( Rm 5,12.14 )

Per cui anche qui si dice: A causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti.

L'affermazione dunque che tutti muoiono in Adamo va intesa così da non dimenticare l'altra: A causa di un uomo la morte.

Per questo appunto tutti muoiono in Adamo, perché a causa di un uomo la morte, come per questo tutti ricevono la vita nel Cristo, perché a causa di un uomo la risurrezione dei morti.

Un uomo quindi in un caso e un uomo nell'altro caso: come uno solo questo, così uno solo quello; e quindi poiché questo è il secondo uomo, quello è il primo uomo.

Noi sappiamo, come ricordi tu, che nella lingua ebraica Adamo significa uomo; ma da questo non scende ciò che tu ti sforzi di convincere impudentissimamente, ossia credere che nella frase: Tutti muoiono in Adamo l'Apostolo abbia inteso significare in Adamo ogni uomo mortale, così cioè da stimare che tutti muoiono non in quel primo uomo, ma per il fatto che sono mortali.

Non voler oscurare le affermazioni chiare, non voler storcere le affermazioni diritte, non voler complicare le affermazioni semplici: tutti muoiono nell'uomo a causa del quale c'è la morte, come tutti ricevono la vita nell'uomo a causa del quale c'è la risurrezione dei morti.

E chi è questo uomo, se non il secondo uomo? Chi è dunque quell'uomo se non il primo uomo?

Perciò chi è questo uomo se non il solo Cristo? Chi è quell'uomo se non il solo Adamo?

Pertanto come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terreno, così dobbiamo portare anche l'immagine dell'uomo celeste.

Il primo fatto si indica, il secondo dovere si impone; il primo fatto è appunto già presente, il secondo dovere è futuro.

E quindi abbiamo portato la prima immagine con la condizione del nascere e con il contagio del peccato; portiamo invece la seconda immagine con la grazia del nascere: ma per ora la portiamo nella speranza, la porteremo però nella realtà con il premio di risorgere e di regnare beatamente e giustamente.

Stando così le cose, certamente la morte dell'uomo, creato in tale stato e collocato in tale luogo da non morire se non avesse peccato, è senza dubbio una morte penale.

Ma poiché Dio cambia con la sua grazia in un beneficio per noi i nostri mali penali, preziosa è agli occhi del Signore la morte dei suoi fedeli.

Attraverso l'esperienza della morte i fedeli combattono come attraverso una disciplina, secondo quello che è scritto: La disciplina sul momento non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto più ricco di giustizia a coloro che con essa hanno combattuto. ( Eb 12,11 )

Viceversa tu, che della morte del corpo sostieni la futura esistenza anche nel paradiso, pur se nessuno avesse peccato, sei il nemico pubblico della grazia di Dio, sei il nemico pubblico dei santi, di cui è preziosa la morte, attraverso la cui esperienza essi combattono per entrare e per abitare nel paradiso.

Infatti, per quanto dipende da te, non solo la morte, ossia la separazione dell'anima dal corpo, che tuttavia non vorrebbe essere spogliata, bensì sopravvestita, così che quello che è mortale venga assorbito dalla vita, ( 2 Cor 5,4 ) ma altresì tutti i morbi e tutti i generi di mali che fanno morire gli uomini, impari a sopportarli, li metti dentro al luogo di tanto grande felicità e quiete.

Il che con quanto grande errore tu lo faccia lo vedo, ma con quale faccia non lo so.

32 - Il contesto del testo precedente

Giuliano. Ma ventiliamo tutto il contesto dello stesso passo.

Se si predica, dice, che il Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti?

Se non esiste risurrezione dei morti, neanche il Cristo è risorto!

Ma se il Cristo non è risorto, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.

Noi poi risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono.

Se infatti i morti non risorgono, neanche il Cristo è risorto; ma se il Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.

E anche quelli che sono morti nel Cristo sono perduti.

Se poi noi abbiamo speranza nel Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.

Ora invece il Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.

Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti, e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo.

Ciascuno però nel suo ordine: prima il Cristo che è la primizia, dopo alla sua venuta quelli che sono del Cristo; poi sarà la fine. ( 1 Cor 15,12-24 )

Agostino. A ventilare tutto cotesto passo della Lettera dell'Apostolo sulla risurrezione del corpo per questo ti sei deciso perché tu avessi l'occasione di diffondere con una ricca povertà, se si può dire, il tuo multiloquio, e perché ti procurassi spazi dove poter divagare allo scopo di riempire tanti libri.

Ciò si farà chiaro nella tua stessa prolissa e vanissima discussione.

33 - Legate assieme la risurrezione di Gesú e la nostra

Giuliano. Ha costruito la discussione con molta avvedutezza l'egregio Maestro ed ha versato dentro di noi la speranza della solidarietà del Mediatore, asserendo che quell'Uomo, quanto alla sostanza che lo congiunge a noi, non escluse nulla, e che l'opinione sostenuta dagli infedeli non può pregiudicare il Cristo meno di quanto pregiudichi noi.

Tanto intimamente dunque mescola l'interesse del Cristo e l'interesse degli uomini da essere necessario che in ambedue le parti si creda ciò che si giudica per l'una o per l'altra.

Avevano opinato appunto gli uomini contemporaneamente che non ci sarebbe stata la risurrezione dei morti, e tuttavia non negavano che il Cristo fosse risorto.

Prende a volo questo particolare il Maestro delle genti e dichiara necessario che ambedue le parti corrano un solo e medesimo rischio: o sarebbero risorti tutti gli uomini, o credere che nemmeno il Cristo fosse risorto.

Certamente l'Apostolo non avrebbe questa forza nella sua argomentazione, se disgiungesse, secondo i manichei e secondo i loro discepoli traduciani, la carne del Cristo dalla comunione della nostra natura.

Agostino. Manichei non sono coloro che disgiungono la carne del Cristo dalla comunione della nostra natura, bensì coloro che sostengono che il Cristo non ebbe nessuna carne.

Pertanto congiungendo a noi i manichei, che sono da anatematizzare e da condannare insieme a voi, tu sollevi anche la loro causa con il dire che essi disgiungono la carne del Cristo dalla comunione della nostra natura, quasi che confessino nel Cristo la presenza di una carne da distinguere in qualche modo dalla nostra carne.

Lascia perdere costoro, che distano molto da noi e molto anche da voi in cotesta questione della carne del Cristo.

Fa' con noi quello che fai, poiché tu confessi con noi, benché diversamente la carne del Cristo.

Nemmeno noi infatti la disgiungiamo dalla comunione della natura e della sostanza della nostra carne, ma dalla comunione del vizio.

Infatti la nostra carne è la carne del peccato, e per questo la carne del Cristo non è stata detta simile alla carne, perché è una carne vera, ma è stata detta simile alla carne del peccato, perché non è la carne del peccato.

Se dunque la nostra carne non fosse la carne del peccato, in che modo, ti prego, potrebbe essere la carne del Cristo simile alla carne del peccato?

Vaneggi forse fino a questo punto da dire che una cosa è simile, ma che non esiste la cosa a cui è simile?

Ascolta Ilario, un antistite cattolico che, comunque tu senta di lui, non puoi certamente dire manicheo.

Egli parlando della carne del Cristo scrive: Mandato dunque in una carne simile alla carne del peccato, non ebbe anche il peccato così come ebbe la carne; ma poiché ogni carne viene dal peccato, ossia è dedotta dal peccato di Adamo che l'ha generata, il Cristo fu mandato in una carne simile alla carne del peccato, esistendo in lui non il peccato, ma la somiglianza della carne del peccato.

Che cosa sei pronto a rispondere a queste parole, tu malvagissimo, tu loquacissimo, tu ingiuriosissimo, tu calunniosissimo?

È forse manicheo anche Ilario?

Ma lungi da me che io disdegni di accettare le tue ingiurie non solo in compagnia di Ilario e di tutti gli altri ministri del Cristo, ma in compagnia altresì della stessa carne del Cristo, alla quale non ti spaventa di arrecare tanta offesa da osare di uguagliarla ad ogni altra carne umana, che risulta essere la carne del peccato, se non è una menzogna quello che è scritto: Il Cristo venne in una carne simile a quella del peccato. ( Rm 8,3 )

34 - Le differenze tra Gesú e noi non rendono unica per lui la risurrezione

Giuliano. Mai appunto avrebbe detto: Se i morti non risorgono, neanche il Cristo è risorto, uno a cui si poteva replicare: Ma il Cristo è risorto eccezionalmente, perché nacque da una vergine; gli uomini invece, perché sono nati da una mescolanza diabolica, non risorgono.

Ma costui replicherebbe subito: E quale vanità fu la sua di risorgere, se non provvedeva né alla nostra speranza, né al suo magistero?

Quale metodo di insegnare sarebbe infatti e quale serietà di esempio, se in noi una natura dissimile fosse sprovvista e della speranza di regnare con lui e della forza di imitarlo?

Lontana quindi e troppo lontana da questa opinione sta la fede dell'Apostolo.

Pieno del medesimo spirito di cui fu pieno anche Pietro, l'Apostolo sa che il Cristo è morto per noi allo scopo di darci l'esempio, perché noi seguissimo le sue orme. ( 1 Pt 2,21 )

E poiché sa che la causa di tanto mistero fu il sacrificio e l'esempio, non dubita di dichiarare, anzi inculca diligentemente, che l'uomo Cristo non intraprese nulla da cui qualcuno di noi sia tenuto lontano a causa dei pregiudizi della nostra natura.

Se non esiste, dice, la risurrezione dei morti, neanche il Cristo è risorto.

Ma se il Cristo risorse dei morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste la risurrezione dei morti?

Ossia, se confessate che egli come uomo fu della medesima natura di cui siamo noi, per quale ragione pensate o che in lui sia avvenuta la risurrezione o che essa non sia per avvenire negli altri?

Premesse le condizioni, egli completa da ogni parte la sua sentenza: Ora invece il Cristo è risorto dai morti, e quindi ci sarà la risurrezione dei morti.

Agostino. A quanti reputavano che non ci fosse la risurrezione dei morti e tuttavia credevano che il Cristo fosse risorto, per questo viene detto: Se non esiste la risurrezione dei morti, neanche il Cristo è risorto, perché il Cristo risorse con lo scopo preciso di impiantare la fede della risurrezione dei morti, mostrando che gli uomini risorgeranno nella carne, come egli stesso fattosi uomo risorse nella carne.

Era quindi una conseguenza logica negare che il Cristo fosse risorto per coloro che non credevano nella risurrezione dei morti.

Onde poiché quei tali con cui si discuteva non potevano negare la risurrezione di Gesù, dovevano, tolta la caligine, confessare anche la risurrezione dei morti.

Se infatti per qualche differenza del Cristo sembra giusto agli uomini negare la risurrezione dei morti e tuttavia non negare la risurrezione del Signore, possono dire anche altre ragioni, che trovano in gran numero, con le quali sembri a loro di poter difendere il proprio errore.

Che cosa succederebbe infatti se, sentendo dire: Se i morti non risorgono, neanche il Cristo è risorto, rispondessero e dicessero: Ma egli non è uomo soltanto, bensì anche Dio: il che non è nessuno degli altri uomini?

Se dicessero: Egli secondo l'uomo stesso nacque dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria: il che non fece nessuno degli altri uomini.

Egli ebbe il potere di offrire la sua vita e di riprenderla di nuovo: ( Gv 10,18 ) il che non ebbe nessuno degli altri uomini.

Che meraviglia dunque se egli poté risorgere dai morti: il che nessuno degli altri uomini lo potrà?

Se portano dunque queste ragioni, perché concedono che solo il Cristo sia risorto dai morti e non vogliono ammettere la risurrezione degli altri, saremmo forse noi disposti a negare queste differenze tanto grandi tra il Cristo e tutti gli altri, per poter persuadere della risurrezione anche degli altri morti argomentando dalla uguaglianza del Cristo con essi?

Così dunque, senza negare questa differenza per la quale confessiamo che la sola carne del Cristo non fu la carne del peccato come la carne degli altri, ma fu una carne somigliante alla carne del peccato, e tuttavia non per questo difendiamo che sia risorta lei sola, ma difendiamo che risorgerà anche la carne degli altri, e lo difendiamo così da dire ciò che disse l'Apostolo: Se i morti non risorgono, neanche il Cristo è risorto; ma il Cristo è risorto, quindi i morti risorgono.

Né infatti perché non ci sono nell'una e nell'altra carne i medesimi meriti della origine, per questo l'una e l'altra carne non è la medesima sostanza terrena e mortale.

Certamente la carne somigliante alla carne del peccato ha la sua differenza che la distingue dalla carne del peccato, ma non sia mai che il Cristo risorgendo si faccia disuguale da coloro ai quali volle farsi uguale morendo.

Pertanto la carne simile a quella del peccato, per quanto concerne la differenza di appartenere al peccato e di non appartenere al peccato, non la dobbiamo equiparare alla carne del peccato basandoci sul fatto che non volle che tra l'una e l'altra carne ci fosse la differenza di risorgere e di non risorgere colui che non volle che ci fosse tra esse la differenza di non morire e di morire.

Ma l'imitazione, che tu sostieni dove non ce n'è il bisogno, quale valore ha per la nostra causa?

L'imitazione è appunto nella volontà; ma la volontà, quando è buona, viene preparata dal Signore, ( Pr 8 sec. LXX ) come è scritto.

Nessuno quindi imita se non lo voglia, muore invece e risorge l'uomo, lo voglia o non lo voglia.

Ma anche la stessa imitazione non avviene sempre quando la natura dell'imitando è la medesima dell'imitante: altrimenti non potremmo imitare la giustizia e la pietà degli angeli che hanno una natura diversa dalla nostra: il che tuttavia anche tu stesso hai confessato ( Mt 6,10 ) che noi chiediamo al Signore nella orazione quando diciamo: Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.38

Né imiteremmo Dio Padre, la cui natura è tanto diversa dalla nostra.

Tuttavia il Signore dice: Siate come il Padre vostro che è nei cieli, ( Mt 5,48 ) e per tramite di un Profeta si dice: Siate santi perché io sono santo. ( Lv 11,44 )

Non per questo dunque è impossibile a noi l'imitazione del Cristo perché egli fu in questo secolo in una carne somigliante alla carne del peccato e noi invece siamo nella carne del peccato.

35 - L'immagine di Dio non può avere il peccato naturale

Giuliano. Tiriamo fuori le forze seguenti contro la traduce e diciamo: Se il Cristo che si fece uomo non ebbe il peccato naturale, per quale ragione alcuni tra voi dicono che sulla immagine di Dio domina una pravità ingenita?

Poi, se il male è nella natura, anche il Cristo, che viene a trovarsi nella medesima natura, è stato costituito sotto il regno del diavolo.

Ma se si crede reo il Cristo, è vana la nostra predicazione ed è vuota la vostra fede; e poi risultano falsi testimoni gli Apostoli, perché contro Dio hanno testimoniato che egli formò innocente e santo il suo Figlio dal seme di Davide secondo la carne, se il crimine di un seme maledetto lo ha contaminato con la sua infezione.

Assolutamente siamo i più miserabili di tutti gli uomini, se speriamo in un tale Cristo.

Ora invece il Cristo, non meno vero uomo che vero Dio, generato dalla stirpe di Adamo, nato da una donna, nato sotto la legge, non fece e perciò non ebbe nessun peccato.

Appare quindi che il crimine è un fatto della volontà e non del seme.

Agostino. È certo che tutta la struttura del tuo ragionamento sorge da questa specie di fondamento che tu hai messo all'inizio: Se il Cristo che si fece uomo, non ebbe il peccato naturale, per quale ragione alcuni tra voi dicono che sulla immagine di Dio domina una pravità ingenita?

Demolita e cancellata questa proposizione, con una facilissima scrollatina si manda all'aria tutto quello che hai aggiunto dopo come conseguenza.

Non segue infatti che, se il Cristo, che si fece uomo, non ebbe il peccato naturale, ossia il peccato originale, non domini sulla immagine di Dio nessuna pravità ingenita; poiché non segue che, se non ebbe nulla di pravo la carne somigliante alla carne del peccato, non abbia nulla di pravo la carne a cui è simile, ossia la carne stessa del peccato; ma anzi è questo che segue: se c'è la carne somigliante alla carne del peccato, ci deve essere anche la carne del peccato.

Perché ogni simile deve esser simile a qualcosa, e se solo il Cristo ebbe, sì, una vera carne, come tutti gli altri uomini, ma tuttavia non ebbe la " proprietà " della carne del peccato ma la sua somiglianza, non solo è necessario che ci sia un'altra carne del peccato alla quale sia simile, ma è necessario che la carne di tutti gli altri uomini non sia se non la carne del peccato.

Perciò il male, sebbene sia nella carne del peccato, non è tuttavia nel Cristo, il quale in una carne vera, non tuttavia nella carne del peccato ma in una carne simile alla carne del peccato, venne a sanare la carne del peccato.

Non lui dunque crediamo reo, ma da lui viene sciolto il nostro reato: sia il reato originale, sia il reato aggiunto.

Onde né è vana la predicazione dell'Apostolo, il quale non predicherebbe nel Cristo la somiglianza con la carne del peccato, se non sapesse che la carne degli altri è la carne del peccato; né è vuota la nostra fede, che svuota la vostra eresia; né risultano falsi testimoni gli Apostoli, che distinguono la carne somigliante alla carne del peccato dalla carne del peccato, il che non fa la vostra eresia, ed evangelizzano il Cristo dal seme di Davide così tuttavia da asserirlo nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, non dalla concupiscenza della carne, perché avesse una carne simile alla carne del peccato, ma non potesse avere la carne del peccato.

Né siamo noi più miserabili di tutti gli altri uomini credendo a queste verità, ma noi crediamo che a causa di una grande miseria non sia stata distinta la carne del Cristo dalla carne del peccato.

Perciò tu termini la tua argomentazione con una vana conclusione dicendo: Appare quindi che il crimine è un fatto della volontà e non del seme.

Hai dedotto questo proprio senza fondamento, perché ho dimostrato che non sono logiche le premesse dalle quali reputi che nasca la tua conclusione, e senza dubbio ho dimostrato che, potendo esistere i semi nel paradiso, sarebbero nulli dopo il paradiso i vizi dei nascenti, se dalla cattiva volontà dei primi generanti non fossero stati viziati anche i semi.

Perché dunque non si dice piuttosto a te, per servirci in modo verace della medesima forma di ragionamento di cui tu ti sei servito in modo fallace: Se l'uomo Cristo è stato mandato agli uomini in una carne simile a quella del peccato, per quale ragione, non alcuni tra voi, ma tutti voi dite che l'altra carne alla quale somiglia questa del Cristo non è la carne del peccato, se non esiste un'altra carne del peccato?

Se il Cristo non ebbe una carne simile a quella del peccato, è vana la predicazione di colui che lo ha detto, è vana anche la fede della Chiesa cattolica che lo ha creduto, risulta poi anche falso testimonio l'Apostolo che rese contro il Cristo la testimonianza che egli ebbe una carne simile a quella del peccato, che non ebbe.

Ma se crediamo così, noi non siamo nella società degli uomini di fede.

Ora però il Cristo fu mandato in una carne somigliante a quella del peccato, perché egli solo ebbe una vera carne in modo che essa non fosse la carne del peccato, bensì la sua somiglianza; e conseguentemente è necessario confessare che la carne di tutti gli altri uomini è la carne del peccato, alla quale fu fatta simile la carne del Cristo, vera carne, ma senza essere la carne del peccato.

36 - La risurrezione in S. Paolo

Giuliano. Vengono trafitti appunto i manichei, e perché credono nel peccato naturale, e perché negano la risurrezione della carne.

Ora invece, dice l'Apostolo, il Cristo è risorto, primizia di coloro che sono morti.

Poiché a causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti. ( 1 Cor 15,20-21 )

Qui l'Apostolo non parla della risurrezione universale, di cui faranno esperienza anche gli uomini scellerati, anche gli uomini sacrileghi, ma parla solamente della risurrezione di coloro che saranno trasferiti alla gloria.

Dunque con il semplice nome di risurrezione indica la risurrezione beata, a confronto della quale la risurrezione degli empi viene taciuta, come se non fosse risurrezione.

Qui dunque l'Apostolo non inculca, come ho detto, solo la risurrezione che è comune ai buoni e ai cattivi, ma inculca la risurrezione beata, e sebbene non siano un tutt'uno la risurrezione e la beatitudine della risurrezione, come non sono un tutt'uno nemmeno la risurrezione e la miseria della risurrezione, tuttavia poiché la beatitudine eterna non c'è senza la risurrezione, con il nome di risurrezione è significata anche quella felicità che fa essere non penitendo il risveglio.

Come se qualcuno, colmando di lodi la diligenza, la forza e le diverse propensioni, le volesse indicare compendiandole nella vita e chiamasse per esempio erudita la vita di uno, elegante la vita di un altro, infaticabile la vita di un terzo, non eliminerebbe certamente la distinzione così da far sembrare un tutt'uno la vita con la diligenza, la vita con l'eleganza, la vita con la fortezza: altro è appunto vivere, altro è aspirare, ma tuttavia se non vivi, non aspirerai in nessun modo.

Così pure la risurrezione non è lo stesso che la beatitudine: c'è appunto un risveglio misero delle ceneri; tuttavia non regnerai in nessun modo se prima non risorgerai.

Dunque la morte del corpo e la risurrezione del corpo si fronteggiano come realtà opposte: se la morte fosse universalmente penale, anche la risurrezione sarebbe universalmente premiale; ora invece c'è la risurrezione penale di tutti coloro che sono assegnati ai fuochi eterni, dunque anche la morte non è suppliziale, ma naturale.

Come infatti la morte del corpo non fa universalmente che ci si penta di aver cessato di vivere, così la risurrezione non fa universalmente che ci piaccia di essere ritornati a vivere.

Ma e il bene della risurrezione premiale sta nella rimunerazione dei risorti, e l'amarezza della risurrezione penale sta nella ustione dei puniti: le quali sorti seguono ambedue secondo i meriti.

Appare dunque che l'Apostolo non discorre della morte naturale, ma della morte dei criminosi che la pena perpetua fa infelice; né discorre della risurrezione comune, ma della risurrezione che la gloria sempiterna fa beata; né dove discute delle persone reca pregiudizio alle creature, ma, salve sempre le distinzioni e posti i confini tra le nature e le volontà, mescola talvolta i vocaboli, così che non sparisca per la confusione la peculiarità delle realtà.

Dunque a causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti; qui non dichiara che la morte è stata creata dall'uomo, ma che è apparsa nell'uomo, come la risurrezione dei morti non dice che è stata fatta da un uomo, cioè dal Cristo, ma in un uomo, come il medesimo Maestro scrive ai Filippesi: Si fece obbediente fino alla morte, ma alla morte di croce.

Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome. ( Fil 2,8-9 )

Concorre in questo anche l'asserzione dell'apostolo Pietro: Uomini d'Israele, ascoltate: quel Gesù, uomo di Nazaret, accreditato da Dio in mezzo a voi, voi l'avete ucciso per mano degli empi e Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte.

E ugualmente: Questo Gesù Dio lo ha risuscitato e noi tutti gli siamo testimoni. ( At 2,22-24.32 )

Ivi dunque, com'era proprio dell'uomo subire la morte senza ingiuria della divinità, così era proprio della divinità risvegliare dai morti quell'uomo.

Ma ciò che si dichiara operato da Dio per mezzo della persona del Verbo lo fa anche il Cristo stesso.

Così infatti egli aveva detto: Ho il potere di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo. ( Gv 10,18 )

Pur essendo dunque una sola la persona del Figlio, tuttavia con una legittima distinzione altro si applica alla carne, altro alla divinità.

A causa di un uomo, dunque, la morte, e a causa di un uomo la risurrezione dei morti, manifestata, non creata.

Del resto ambedue, la morte e la risurrezione, sono state istituite da Dio, ma in Adamo la condizione della morte, nella persona del Cristo invece brillarono le primizie della risurrezione.

Ivi dunque dove dice l'Apostolo: A causa di un uomo la morte, se tu dici a causa della volontà dell'uomo, nulla appartiene alla natura; se a causa della natura dell'uomo, nulla spetta alla colpa.

Ha collocato appunto i due uomini, l'uomo della morte e l'uomo della risurrezione, l'uno di fronte all'altro, senza voler sottomettere il secondo uomo della risurrezione all'uomo della morte.

E continua: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo.

Quello dunque che dice: Tutti riceveranno la vita nel Cristo, lo dice anche degli empi o solamente dei fedeli?

Se dice degli empi che riceveranno tutti la vita nel Cristo, nessuno dunque è punito; se lo dice dei fedeli, non tutti dunque ricevono la vita nella fede del Cristo, ma solamente i fedeli, sebbene tutti assolutamente li risvegli la sua potenza, dalla quale sono stati creati.

Se dunque dove dice: Tutti muoiono in Adamo, parla della morte del corpo, non viene indicato qui nessun reato con il nome della morte, perché nel medesimo Adamo si trova che è morto anche il Cristo; né infatti sarebbe seguita la verità della risurrezione, se non fosse stata preceduta dalla verità della morte.

L'Apostolo quindi dichiara che tutti muoiono in Adamo.

Se questa morte non indica altro che la dissoluzione del corpo, essa certamente non riguarda per nulla il peccato naturale, né pregiudica affatto gli innocenti se si dice che essi muoiono in Adamo, nel quale è morto anche il Cristo.

Se invece tu vuoi che le parole: Tutti muoiono in Adamo riguardino il peccato dell'animo, e non semplicemente la morte, ma la morte rea e misera, cioè la morte alla quale segue la pena assegnata ai crimini, e in quella geenna evidentemente non ci poté essere né il Cristo, né i santi; allora l'Apostolo non pregiudica nemmeno gli innocenti, i quali non hanno nulla del male volontario, come nulla hanno del bene volontario, ma ritengono soltanto quello che sono stati fatti da Dio; e noi li consacriamo con il diritto del battesimo, perché colui che li fece buoni creandoli li faccia migliori rinnovandoli e adottandoli.

Pertanto quello che l'Apostolo dice con le parole: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo, dista tanto da cotesto sospetto della traduce manichea, quanto dista dal peccato il Cristo, il quale e non ebbe l'iniquità e nella sua natura umana non ebbe nulla meno degli altri.

Agostino. Che cos'è quello che discutendo contro di noi tu dici: Vengono trafitti appunto i manichei, e perché credono nel peccato naturale, e perché negano la risurrezione della carne?

Forse che noi, come i manichei, o attribuiamo il peccato ad una natura aliena, o neghiamo la risurrezione della carne?

Siano assolutamente trafitti da voi i manichei, che insieme a voi sono trafitti da noi, anche quando sono aiutati da voi.

In loro aiuto appunto voi negate che la discordia tra la carne e lo spirito sia da attribuirsi al peccato di Adamo, con la conseguenza che essi nel cercare o nel rendere la ragione di questo male concludono che è stata mescolata a noi la natura aliena del male, coeterna al Dio buono.

Tu poi spieghi i passi che seguono, dove l'Apostolo discute della risurrezione della carne, e dici che egli non parla della risurrezione comune, cioè dei buoni e dei cattivi, ma solamente della risurrezione di coloro che saranno trasferiti alla gloria.

È proprio così; tuttavia parla della risurrezione del corpo.

A questa dunque si oppone dalla parte contraria la morte del corpo, e ad esse, ossia alla morte del corpo e alla risurrezione del corpo, si assegnano due uomini come autori di ciascuna di esse: Poiché a causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti.

E questi stessi due uomini sono espressi anche con i propri nomi, perché apparisca con evidenza di quali uomini ciò sia stato detto, e si aggiunge: Come infatti tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo.

Muoiono dice, e non: Moriranno; e viceversa non: Ricevono la vita, ma dice: Riceveranno la vita.

Ora infatti muoiono per la pena, allora riceveranno la vita per il premio.

Non parla quindi sul momento di quella morte che è futura per quanti con l'anima e con il corpo saranno tormentati dal fuoco eterno; altrimenti userebbe in ambedue i casi il verbo al futuro, e come disse: Riceveranno la vita, così direbbe: Moriranno.

Avendo detto invece: Muoiono, il che avviene certamente ora, e: Riceveranno la vita, il che avverrà allora, indica sufficientemente che, nelle parole: A causa di un uomo la morte, tratta di quella morte che separa l'anima dalla carne, sebbene appartengano anche a quella morte futura, che si dice morte seconda, coloro che con la rigenerazione per mezzo del Cristo non sciolgono il reato che hanno contratto con la generazione per mezzo di Adamo.

Ora perciò, poiché parla della risurrezione del corpo, che è futura, e ad essa contrappone la morte del corpo, che avviene attualmente, e poiché questi due eventi contrari hanno ciascuno il suo autore, la morte Adamo e la risurrezione dei morti il Cristo, come si intende che è premiale quella risurrezione, così si deve intendere che sia penale questa morte.

Al premio appunto non si contrappone la natura, ma la pena.

E perciò in questo passo, dove la risurrezione del corpo si oppone alla morte del corpo, l'Apostolo non tratta della risurrezione comune, che spetta ai giusti e agli ingiusti, ma piuttosto di quella risurrezione nella quale saranno coloro che riceveranno la vita nel Cristo, e non coloro che saranno condannati dal Cristo, sebbene faccia risorgere gli uni e gli altri lui stesso, la cui voce udranno tutti coloro che sono nei sepolcri e usciranno quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. ( Gv 5,28-29 )

La ragione dunque per la quale l'Apostolo volle toccare la risurrezione che appartiene ad un beneficio del Cristo e non anche quella risurrezione che appartiene solamente al suo giudizio, è questa: essendo premiale la risurrezione, risulti anche penale la morte del corpo, contrapposta alla risurrezione.

Come infatti la morte è contraria alla vita, così la pena al premio.

E poiché mediante questa pena, cioè mediante la morte del corpo, i santi martiri combatterono e vinsero, la loro morte nella quale adesso dormono è preziosa al cospetto del Signore, ( Sal 116,15 ) non per il suo genere, ma per la grazia di lui.

Appunto anche le pene dei santi sono senza dubbio preziose, ma non perché sono preziose per questo non sono pene; come non perché sono pene per questo sono preziose, ma sono preziose perché sono state accettate in omaggio alla verità o perché sono state tollerate con il sentimento della pietà.

Se tu ti attenessi a questo modo di sentire sano e cattolico, non ammetteresti nel paradiso di Dio, ossia nel luogo delle delizie sante, non solo le pene delle morti, ma nemmeno le pene delle malattie mortali.

Ora, ogni pena dell'uomo che cos'è se non una pena della immagine di Dio?

La quale pena se viene inflitta ingiustamente, è certamente ingiusto colui che la infligge.

Ebbene, chi può dubitare che si infligga ingiustamente una pena all'immagine di Dio se non ha meritato la pena per una sua colpa?

Solo infatti il mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù, soffrì la pena senza la colpa, per eliminare evidentemente la nostra colpa e la nostra pena: non quella pena che è da scontarsi in questo secolo maligno, ma la pena che si doveva a noi come pena eterna.

E tuttavia egli stesso, assumendo dentro di sé in prossimità della morte anche il nostro stato d'animo, disse: Padre, se è possibile, passi da me questo calice. ( Mt 26,39 )

Ed egli aveva certamente il potere di offrire la sua vita e di riprenderla, ma tuttavia quel Dio maestro con queste sue parole fece capire che la morte, accettata da lui per noi volontariamente e non patita da lui forzatamente, non preceduta da nessuna sua colpa, era una pena che egli sopportò per la nostra iniquità, unico senza nessuna iniquità da parte sua.

Se dunque è singolare questa gloria della misericordia del Cristo, per la quale egli sopportò per noi la pena senza la colpa, così da morire egli pure, non certamente nella carne del peccato, ma per la sua carne somigliante alla carne del peccato, in Adamo tuttavia, dal quale discende la carne del peccato, senza dubbio tutti gli altri uomini in questo secolo maligno che è fuori dal paradiso, tutte le pene di qualsiasi genere che soffrono dalla nascita alla morte, tra le quali soffrono certamente anche la morte, le patiscono meritamente e debitamente per i loro peccati, o contratti nascendo, o aggiunti vivendo malamente, sotto un giudice giusto e onnipotente, senza la cui volontà non cade a terra nemmeno un passero, ( Mt 10,29 ) il quale certamente né farebbe né lascerebbe infliggere pene alle sue immagini, se non le sapesse inflitte giustamente.

E cos'è " giustamente " se non per il merito dei peccati o per lo scopo di un esame delle virtù, di modo che, anche dopo la remissione dei peccati, il pegno della vita eterna, che i rinati ricevono, giovi ad essi per il secolo futuro, qui invece paghino tutto ciò che si deve pagare alla vanità e alla malignità di questo secolo penale?

Cos'è dunque quello che dici: I bambini sono battezzati, perché Dio, che li ha fatti buoni creandoli, li faccia ancora più buoni rinnovandoli e adottandoli?

Buoni certamente li ha fatti, perché ogni natura in quanto natura è buona, ma non farebbe ingiustamente o non lascerebbe ingiustamente essere miseri coloro che ha fatto buoni.

Sebbene anche tu, dicendo che i bambini vengono " rinnovati ", confessi incautamente e inavvertitamente che essi, pur essendo nuovi di nascita, contraggono la vetustà dell'uomo vecchio.

Sei quindi forzato a fare una di queste tre scelte: o riempire il paradiso delle pene degli uomini, o dire ingiusto Dio nelle pene delle sue immagini dove patisce l'innocenza dei bambini, o, poiché sono da detestare e da condannare queste due prime conclusioni, riconoscere il peccato originale, e così capire che tutti coloro che muoiono di morte corporale muoiono in Adamo, perché a causa di questo stesso uomo la morte, ossia per la sua colpa e per la sua pena; e coloro che nella risurrezione corporale non sono condannati ma vivificati, vengono vivificati nel Cristo, perché a causa di questo stesso uomo la risurrezione dei morti, ossia per la sua giustizia e per la sua grazia.

Poiché infatti è penale la morte del corpo, vediamo che le viene contrapposta soltanto la risurrezione " premiale " del corpo, pur essendovi anche un'altra risurrezione penale.

37 - Per ultima sarà annientata la morte nemica

Giuliano. Ciascuno però nel suo ordine: prima il Cristo che è la primizia, dopo la sua venuta quelli che sono del Cristo; poi sarà la fine. ( 1 Cor 15,23-24 )

Lo stesso anche altrove: Egli è il primogenito di coloro che risorgono dai morti. ( Col 1,18 )

Dopo, quelli che sono del Cristo, cioè i santi che sono rapiti sulle nubi. ( 1 Ts 4,17 )

Poi sarà la fine, perché questi andranno nel regno eterno e gli empi invece nel fuoco eterno. ( Mt 25,46 )

Quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e potenza.

Bisogna infatti che egli regni, finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.

Per ultima sarà annientata la nemica morte.

Però quando il Salmo dice che tutte queste cose sono state sottoposte, è chiaro che si deve eccettuare colui che gli ha sottomesso ogni cosa.

E quando tutto gli sarà stato sottomesso, allora anch'egli stesso sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. ( 1 Cor 15,25-28 )

Il regno di Dio Padre, raggiunto il numero pieno dei santi, che è contenuto nella prescienza divina, vuole che scompaia ogni principato e ogni specie di forza della potestà avversaria. Bisogna appunto che questa sia l'efficacia di un così grande mistero: che siano messi sotto i piedi di Dio tutti i nemici della giustizia.

Il che allora avverrà quando la morte eterna vedrà se stessa distrutta e vinta da tutti i santi.

Ma quando per la manifestazione del regno tutti quei generi di potestà saranno stati assoggettati tanto al Cristo quanto al suo Corpo, molto di più tutta la comunità glorificata dei santi non cesserà di essere sottomessa a Dio, ma tutto il Corpo degno del regno dei cieli, che si costruisce sotto il Cristo come suo Capo, aderirà con perfetta disposizione alla volontà divina, cosicché, estinta tutta la cupidità delle colpe, Dio e unisca tutti e soddisfi tutti.

Agostino. In questa parte della tua discussione non hai portato avanti quasi nulla che interessi la causa in corso tra noi.

Qual è infatti la ragione per cui hai creduto d'inserire tutto codesto passo, dove l'Apostolo parla della risurrezione del corpo, se non la sua affermazione: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo?

Ossia la ragione è che voi non volete attribuire la morte del corpo al peccato del primo uomo, bensì alla natura, che in quel primo uomo dite costituita tale che egli sarebbe stato morituro, peccasse o non peccasse.

Su questo argomento stimo che ti sia stato risposto a sufficienza.

Perciò, omessi i punti sui quali ti sei voluto dilungare superfluamente, sarebbe forse da discutere di quale morte l'Apostolo abbia detto: Per ultima sarà annientata la nemica morte; se di questa morte che c'è ora e che costringe l'anima ad uscire dal corpo, o se di quella morte che non consente all'anima di uscire dal corpo, perché ambedue subiscano insieme lo strazio del fuoco sempiterno; la quale morte non c'è ora certamente, ma è futura, né sarà distrutta allora, ma piuttosto comincerà allora ad esistere.

E che essa non ci sia ancora chi lo può mettere in dubbio?

Ma questa morte che allora si affollerà in tutti coloro che muoiono corporalmente e a cui è contraria la risurrezione del corpo, della quale discuteva l'Apostolo per fare tutte queste sue dichiarazioni; questa morte, dico, che vige ora, la morte del corpo, comune e nota a tutti noi, sarà certamente distrutta per ultima, allorché questo corpo corruttibile si sarà rivestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale si sarà rivestito d'immortalità. ( 1 Cor 15,53-54 )

Il che lo percepiamo detto senza dubbio della risurrezione del corpo che ci sarà allora contro la morte del corpo che c'è ora.

Perciò se la morte eterna, che non ci fu mai prima, non può esser distrutta proprio nel momento in cui piuttosto comincerà, e se la morte eterna non sarà mai distrutta, perché durerà per sempre, resta che questa morte di ora sia annientata per ultima, cioè alla fine, quando dalla risurrezione della carne la sua esistenza sarà resa impossibile.

Ebbene, come potrebbe esser nemica la morte, se fosse così naturale da non essere penale?

Penale poi non lo potrebbe essere in nessun modo sotto un giudice giusto e onnipotente, se non fosse accaduta per i meriti di un peccato.

Emenda ormai una buona volta, ti preghiamo, il tuo modo di sentire, e monda il paradiso dei beati, che avevi contaminato con le pene degli uomini.

Ma non si può dire quanto mi piaccia la tua affermazione: Nel regno dei cieli avverrà che, estinta tutta la cupidità delle colpe, Dio e unisca tutti e soddisfi tutti.

Oh, se ammonito da questa tua sentenza, ti correggessi, e la cupidità delle colpe che ora, anche se rintuzzata, non cessa di farci guerra nella nostra carne, ma che allora, come confessi rettissimamente tu, sarà così estinta da non esistere più, non ti piacesse più oramai di lodarla come un bene, ma di accusarla piuttosto come un male!

Essa è infatti quella tua protetta per cui la carne concupisce contro lo spirito, così da rendere necessario anche allo spirito di concupire contro la carne, ( Gal 5,17 ) perché l'uomo non commetta il male che lo faccia condannare. Il qual male della discordia tra realtà ambedue buone e create dal Dio buono, cioè tra la carne e lo spirito, si è convertito nella natura per la prevaricazione del primo uomo, non lo proclama né Manicheo, né un coadiutore dei manichei, ma un loro distruttore, Ambrogio.39

38 - Il battesimo dei morti

Giuliano. Altrimenti, dice, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti, se i morti non risorgono affatto?

Perché si fanno battezzare per loro? E perché noi ci esponiamo continuamente a rischi?

Ogni giorno io affronto la morte, com'è vero che voi siete il mio vanto nel Signore.

Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto ad Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe, se i morti non risorgono?

Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo.

Se cotesta speranza della gloria futura, dice, quando Dio sarà tutto in tutte le realtà, viene scossa da un'empia mancanza di fede e si nega la risurrezione dei morti, che faranno coloro che sono battezzati per i morti?

È nato di qui l'errore di alcuni i quali hanno ritenuto che agli esordi del Vangelo ci sia stato l'uso che i superstiti facessero professione di fede a favore dei cadaveri e versassero l'acqua del battesimo anche sulle membra dei defunti: il che appare provenire dalla ignoranza.

Quello infatti che dice l'Apostolo: Vengono battezzati pro mortuis non indica altro se non ciò che egli disse ai Romani: Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme con lui nella morte, ( Rm 6,4 ) ossia: Per quale grazia noi accediamo a ricevere il battesimo con tale disposizione d'animo da mortificare le nostre membra per l'avvenire e da vivere assolutamente come morti, se non c'è la speranza che viviamo dopo la morte?

Per quale ragione poi io mi sobbarco anche a pericoli quotidiani, incappando continuamente nella morte a cui mi condannano i persecutori, per potermi gloriare davanti a Dio dei vostri progressi, se i morti non risorgono?

Per quale ragione poi ho combattuto anche in senso umano contro le belve ad Efeso, cioè per quale ragione ho sostenuto il bestiale furore dei sediziosi, se è ancora incerto che i morti risorgano?

Non vi lasciate ingannare: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi.

Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio: ve lo dico a vostra vergogna. ( 1 Cor 15,29-34 )

L'amore dei peccati, dice, vi tenta a diffidare dell'avvenire: non si crede nel giudizio, per peccare con maggiore audacia.

Assolutamente non sanno stimare Dio coloro, dice, che negano la risurrezione.

Voi dunque non negate soltanto la rimunerazione, ma la potenza della divinità, e di questo dovete arrossire fin troppo.

A vostra confusione io dico che, di tali, se ne possono trovare alcuni in mezzo a voi.

Agostino. Qui pure non hai voluto dire assolutamente nulla che interessi l'argomento trattato ora nella nostra discussione.

Perciò non ho bisogno di rispondere con il tuo multiloquio alle parole dell'Apostolo che hai tentato di commentare a modo tuo, poiché le affermazioni che hai fatto, sebbene tu in alcuni punti non sia stato fedele al senso di quell'autore, non sono tuttavia contro la fede.

Indice

38 Sopra 2,52
39 Ambrosius, In Luc. 7, 12, 53