Discorsi sul Nuovo Testamento

Indice

Discorso di Sant'Agostino sulle parole dell'Apostolo

O profondità delle ricchezze della sapienza e scienza di Dio!

E sul Salmo 60: Dio, tu ci hai respinti, ci hai abbattuti; ti sei sdegnato, ma ci hai usato misericordia;

E sul Salmo 119: Buon per me se sono stato umiliato: così imparo le vie della tua giustizia ( Rm 11,33; Sal 60,3; Sal 119,71 )

1 - Le divine Scritture, che sono il nostro alimento spirituale, richiamano la nostra attenzione su ciò che dobbiamo porgere a voi così desiderosi nell'attesa, cioè su quanto dobbiamo attingere dalla dispensa del Signore, di cui siamo amministratori, per offrirlo alla vostra fame.

Ci è stato proclamato il testo dell'Apostolo che insieme a noi la vostra santità ben ricorda.

Ecco le sue parole: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio!

Quanto sono inscrutabili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie!

Infatti chi ha mai conosciuto la mente del Signore? o chi è stato il suo consigliere? o chi ha prima dato a lui perché gli si debba restituire il contraccambio?

Poiché da lui e per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose.

A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen. ( Rm 11,33-36 )

L'Apostolo esce in questa esclamazione e, come spaventato dalla profondità dei giudizi di Dio, dice: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio!, perché prima aveva asserito: Dio racchiuse tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia.

Dunque, dopo aver detto: Dio racchiuse tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia ( Rm 11,32; Gal 3,22 ) ( è effettivamente di una, diciamo pure, profondità insondabile il fatto che gli uomini siano stati costituiti rei in modo palese nella propria coscienza, affinché confessando le proprie colpe, si potesse venire loro in soccorso! ), ora esclama: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! ( Rm 11, 33 )

Dove troviamo questa profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio?

Nell'avere egli racchiuso tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia. ( Rm 11, 32 )

Sotto quale peccato? Quello dell'incredulità.

Egli infatti usa proprio questa parola: Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia.

Ci assista dunque lo stesso Signore Dio nostro, del quale l'Apostolo lodando le ricchezze, esce in quella esclamazione; e si degni di accordarci almeno una particella della sua ricchezza imperscrutabile e profonda.

Egli ci conceda di poter parlare in qualche modo di ciò che sentiamo essere inesprimibile, non per spiegarvelo ma per inculcarvelo come inesprimibile.

Sembra infatti che persino l'Apostolo, per la propria umana limitatezza, sia stato, direi, incapace di esprimere quanto con gioia aveva potuto contemplare.

Aveva visto un qualcosa che la lingua non era in grado di spiegare; aveva ammirato col cuore cose che a parole non riusciva a narrare, sicché, volendo dirigere la nostra attenzione su ciò che aveva visto, non trovò altro modo che uscire in una esclamazione che elevasse i nostri cuori: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! ( Rm 11, 33 )

Ascoltandolo, i nostri cuori si sarebbero non diretti alla bocca del fragile dispensatore, incapace di spiegare quelle ricchezze, ma innalzati a colui le cui ricchezze lo avevano fatto gridare di gioia.

La stessa cosa ci proponiamo di fare noi secondo le nostre possibilità: anche noi intendiamo indirizzare i vostri cuori a colui al quale tutti apparteniamo, a quell'unico maestro alla cui scuola siamo tutti condiscepoli.

Lì è la ricchezza di Dio, lì è la profondità di questa ricchezza, lì sono i suoi giudizi inscrutabili e le sue vie impenetrabili, ( Rm 11, 33 ) poiché egli ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia. ( Rm 11, 32 )

2 - Chi ha racchiuso tutti nell'incredulità sembra mosso dall'ira, ma chi usa misericordia con tutti ha certamente l'animo mite.

Perciò il detto dell'Apostolo concorda col salmo: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti; ti sei adirato ma hai avuto pietà di noi. ( Sal 60,3 )

Considera come egli sia adirato e come usi misericordia: Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia. ( Rm 11, 32 )

Cosa volle fare il Signore nostro Dio?

In un primo tempo adirarsi, respingere, umiliare; in seguito soccorrere, richiamare chi gli si era ribellato, esaudire chi si era nuovamente rivolto a lui; aiutare chi aveva esaudito, trasformare chi aveva aiutato, coronare chi aveva trasformato.

Metti insieme le altre testimonianze scritturali.

Ecco la voce di uno che vive e si affatica sulla terra.

È la voce di Adamo, la voce dell'intero genere umano: di quel genere umano che non fu abbandonato dal secondo Adamo che venne dal cielo affinché gli uomini, originariamente terreni, in seguito divenissero celesti. ( 1 Cor 15,47-48 )

Terreni perché umiliati, perché abbattuti, perché cacciati fuori; ma celesti perché colui che ci aveva cacciati e abbattuti e umiliati ebbe compassione di noi. ( Sal 60,3; 1 Cor 15,48 )

Ascoltiamo dunque la voce del medesimo uomo che altrove dice: Prima di essere umiliato io ho peccato.

Gemendo nella sua abiezione, egli riconosce il suo peccato; attribuisce a sé la colpa, a Dio la giustizia.

Cosa dice infatti? Prima di essere umiliato ( questa è la pena inflitta da Dio ) io ho peccato. ( Sal 119,67 )

Ecco cosa dice. Non deve in alcun modo sembrare che Dio nell'umiliarmi sia stato ingiusto: prima c'è stata la mia colpa e dopo è venuta la mia umiliazione.

Giudice giusto è pertanto il Signore mio Dio: ( 2 Tm 4,8 ) non mi sarebbe infatti toccata l'umiliazione se prima non avessi peccato.

Ma poiché proprio la sua umiliazione potrebbe apparire come un gesto di collera da parte di Dio giudice, mentre è un tratto di misericordia, ascolta ciò che altrove dice lo stesso salmo: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così io imparo le vie della tua giustizia. ( Sal 119,67 )

Badate, carissimi, a quel che dice: Prima di essere umiliato io ho peccato.

Appare come uno che gema nella pena, sospiri nei ceppi, mediante la confessione cerchi nella sua condizione di mortalità e miseria umana l'aiuto di colui che aveva offeso col peccato.

Questo infatti indicano le parole: Prima di essere umiliato io ho peccato. ( Sal 119,67 )

Mio Dio - sembra dire - non attribuisco a te la mia umiliazione; sono stato io a compiere ciò che è male, ( Sal 51,6 ) tu hai operato secondo giustizia.

3 - S'accordano con queste parole le altre che abbiamo cantato.

Infatti chi dice: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti, ( Sal 60,3 ) è lo stesso che dice: Prima di essere umiliato io ho peccato. ( Sal 119,67 )

Hai ascoltato che Dio l'ha respinto, hai ascoltato che Dio lo ha abbattuto, cioè dalla sua altezza lo ha prostrato a terra.

Lo hai ascoltato. Ora cerca il motivo per cui Dio ha fatto questo.

Dice: Prima di essere umiliato io ho peccato.

Hai ascoltato come in precedenza ci sia stato il tuo peccato e solo in seguito sia intervenuta la giustizia di Dio; ascolta ora come la stessa giustizia di Dio, che ti ha umiliato, non rivela solamente la severità del giudice giusto ma anche la clemenza di colui che usa misericordia.

Dice infatti quanto sopra vi citavo, e cioè: Buon per me che tu mi abbia umiliato; così io imparo le vie della tua giustizia. ( Sal 119,67 )

Che diremmo dunque, fratelli miei? Quando Dio umiliava, era adirato o mosso da compassione?

Se dall'umiliazione non avessimo ricavato alcun vantaggio, la cosa si potrebbe ascrivere a eccesso di severità da parte di Dio: nel qual caso tuttavia in nessun modo potremmo certo accusarlo di ingiustizia.

Sconti pure il peccatore quanto si è meritato!

Il superbo ed iniquo non lusinghi ingiustamente se stesso, ma veda di trovar cosa gli fosse dovuto, e in tal modo conoscere come Dio lo ha ripagato.

Quale peccatore infatti in fondo al cuore oserebbe proclamarsi non meritevole di supplizio, non meritevole di un giusto castigo?

Oppure, se la punizione ha fatto seguito al peccato dell'uomo, si potrà forse dire al giusto giudice: " Hai fatto male a condannare il colpevole "?

Questo dunque, avendo noi peccato, dobbiamo attribuirci; e quando siamo puniti dobbiamo confessare e le nostre colpe e la giustizia del nostro Dio.

In tal modo nella nostra stessa punizione meriteremo di incontrare la misericordia di Dio.

Questo risultato però, fratelli carissimi, nessuno lo raggiunge se prima non si sarà umiliato.

Io parlerò come mi è possibile; tuttavia ritengo che nessuno di voi riuscirà a capire ciò che dico se prima non avrà dissipato i fumi della superbia che gli ottenebrano l'occhio della mente, impedendogli di vedere la misericordia di Dio anche nella pena che da lui riceve.

4 - E prima di tutto osservate come la stessa cosa accada nella vita di ogni giorno.

Da ciò potrete ricavare un esempio per capire come Dio non abbia abbandonato l'uomo nella sua condizione mortale.

Da confronti con il comportamento degli uomini si mostra come anche a noi si possa infliggere una pena per misericordia.

E che dirò? Ecco, tu prendi misure disciplinari con il tuo servo e lo tratti con severità.

Così facendo sembrerebbe che tu lo punisca, in realtà sei misericordioso con lui.

Ma lasciamo da parte il servo, poiché potresti essere talmente arrabbiato con il servo da portargli odio.

È vero che, essendo cristiano, questo non dovresti farlo; non dovresti farlo nemmeno se consideri che anche tu sei uomo.

Non lo dovresti fare se pensassi che gli appellativi " servo " e " padrone " sono certamente diversi, ma non è diverso il nome di uomo: uomo lui, uomo tu.

Non dovresti perciò lasciarti indurre dall'odio a punire il tuo servo reo di colpa.

Ma siccome questo è frequente fra gli uomini, lasciamo da parte il servo e parliamo del figlio.

A un figlio non si può che voler bene, tanto che nessuno elogia un padre che ama suo figlio.

È quanto diceva il Signore: Se amate coloro che vi amano, che merito ne avete?

Non fanno così anche i pubblicani? ( Mt 5,46 )

Quanto più dunque è normale che si amino i figli, generati perché succedano ai genitori!

Per legge di natura nessuno assolutamente può odiare il figlio che ha generato.

Non si può lodare l'uomo per quello che si trova anche nelle bestie.

Nessuno loda l'uomo che ama i propri figli.

Questo si riscontra non solo negli animali domestici: anche i leoni, pur così feroci, sono mansueti con i propri figli; anche le tigri amano i figli; i serpenti covano le uova e nutrono i loro piccoli.

Se dunque questi animali, che sembrano così feroci e crudeli, perdono la loro crudeltà e ferocia di fronte alla prole, cosa fa di straordinario l'uomo che ama suo figlio?

Vi sto dicendo questo, fratelli, perché, dall'esempio dei figli, dall'esempio di quella creatura che nessuno può odiare, vi convinciate che può esserci una pena inflitta per misericordia.

Ecco un padre che vede suo figlio montare in superbia, ribellarsi al padre stesso, appropriarsi dei beni di casa più di quanto gli spetti, dissiparli in piaceri insulsi, sperperare ciò che ancora non è suo.

E lui, il figlio, mentre fa così, è tutto allegro, ride, canta e balla.

Il padre cerca di frenarlo, lo sgrida, lo punisce, lo bastona: gli toglie il riso, lo fa piangere.

Sembra che così gli tolga il bene e gli porti il male; e in realtà gli toglie l'allegria e gli porta il pianto.

Però, se avesse lasciato correre quell'allegria, sarebbe stato crudele, mentre facendolo piangere è stato misericordioso.

E allora, se il padre che fa piangere il proprio figlio è giudicato misericordioso, come non comprendere che anche il nostro Creatore può agire secondo quel che abbiamo cantato: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti?

Ma perché? Forse per rovinarci, per perderci?

Ecco come prosegue: Ti sei adirato, ma hai avuto pietà di noi. ( Sal 60,3 )

In che senso egli è giusto quando si adira con te?

Collega queste parole con le altre: Prima di essere umiliato io ho peccato. ( Sal 119,67 )

Quale vantaggio dunque ti reca l'essere stato respinto e atterrato?

Buon per me che tu mi abbia umiliato: così io imparo le vie della tua giustizia. ( Sal 119,67 )

5 - Ora volgiamo l'attenzione a quanto dice l'Apostolo: Dio racchiuse tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia. ( Rm 11, 32 )

Il primo peccato dell'uomo fu la superbia.

Così leggiamo nella Genesi; così troviamo in un altro testo della Scrittura. ( Gen 2-3; Sir 10,15 )

Nella Genesi cosa leggiamo? Che l'uomo, creato e formato [ da Dio ], fu collocato nel paradiso, sottoposto a una legge, sottoposto a un comando.

Questo comando ( Gen 2,7-8.16-17 ) era per ricordargli che, per quanto egli fosse diventato grande, c'era però sopra di lui un altro più grande.

Così Dio indicava all'uomo, che, essendo una creatura da lui dipendente, si doveva mantenere sempre umile; in altre parole, l'uomo, per natura inferiore a Dio, doveva mantenersi nell'umiltà.

Non v'è dubbio che l'uomo era stato fatto ad immagine di Dio, ( Gen 1,26-27; Gen 9,6 ) e Dio, come sta scritto in un altro testo, gli aveva dato il potere di reggere tutte le cose. ( Sap 10,2 )

Sì, tutte le cose erano sotto di lui, ma sopra c'era Colui che aveva creato tutto.

E l'uomo doveva rendersi conto di ciò che era al di sotto di lui, ma più ancora doveva badare a colui che gli era al di sopra.

Tenendo conto di colui che gli era sopra, avrebbe dominato con tranquillità ciò che gli era sotto.

Staccandosi da colui che gli era sopra veniva dominato da ciò che gli era sotto.

Facciamo l'esempio di tre uomini.

Uno di essi ha un servo e ha anche un padrone.

Capita spesso che dei servi danarosi abbiano dei servi sotto di sé.

Notatelo bene: un tal uomo ha un servo e ha un padrone; a uno è soggetto, all'altro comanda; nei confronti del servo è superiore, nei confronti del padrone è inferiore.

Al terzo posto poniamo colui che è servo del servo; al primo posto colui che è padrone del padrone; in mezzo colui che è servo e padrone: padrone del suo servo e servo del suo padrone.

Il terzo quindi è soltanto servo, il primo è solo padrone, quello di mezzo è insieme servo e padrone.

Questi è tranquillo nel possesso del suo servo se non è in urto con il suo padrone.

E tuttavia noi abbiamo parlato di tre uomini: tutti e tre dello stesso genere, tutti e tre della stessa sostanza, tutti e tre della stessa natura.

Non altrettanto si può dire dei tre seguenti: Dio, l'uomo e le creature inferiori all'uomo.

Di tutt'altra condizione, di sostanza ben diversa sono il fattore e la fattura, il produttore e il prodotto, l'artefice e la sua opera, il creatore e la creatura.

Quanto poi alle cose create, con termine generico si chiamano tutte creature; però tra di loro differiscono per natura, dignità, meriti e condizione.

Sebbene tutte create da Dio e da lui fatte, stanno prima le creature spirituali, poi quelle carnali: le creature spirituali stanno al primo posto, quelle carnali all'ultimo.

Un qualcosa di spirituale è la mente umana, dove sono impresse la somiglianza e l'immagine di Dio; ( Gen 1, 26; Gen 5,3 ) sono creature corporee tutte quelle che constatiamo essere oggetto dei sensi del corpo.

Le conosciamo tutti. Si vedono, si odono, emanano odori, hanno sapori, si toccano; sono dure o molli, calde o fredde, ruvide o lisce.

Sono, tutte, creature corporee e quindi inferiori.

L'uomo è costituito al di sopra di tutte queste cose ( Sal 8,7; Eb 2,7 ) solo a motivo della sua anima, della sua mente, di quel qualcosa per cui egli fu creato a immagine e somiglianza di Dio.

E Dio non è circoscritto o racchiuso in una forma corporale, per cui da una parte abbia il dorso e da un'altra gli occhi.

Egli è una luce, ma non una luce come quella che vediamo con gli occhi, neanche se la vorrai ingrandire e con la fantasia e il pensiero la ingigantisci sì da immaginare campi di luce, montagne di luce, alberi di luce, svolazzando dietro le vanità del tuo pensiero.

Vuoi capire cos'è questa luce spirituale? Pensa [ alla luce ] per la quale comprendi.

6 - Cerca di comprendere - dico - quella luce mediante la quale tu stesso comprendi.

Cosa intendo dire? Se con gli occhi del corpo distingui gli oggetti bianchi da quelli neri, lo puoi fare perché aiutato da una luce esterna, per esempio, del sole o della luna o di una lampada o di una qualche fiammella.

Se questa luce esterna non venisse in aiuto dei tuoi occhi, inutilmente terresti aperti i tuoi " lumi " e senza alcun fondamento li chiameresti lumi.

Ecco dunque, tu conosci e distingui le varie cose: l'occhio, che tieni aperto e riscontri sano; la luce, che dall'esterno ti aiuta a vedere; i colori e le forme, che, così aiutato, riesci a vedere.

Questo per gli occhi. Ma tu ascolti delle voci e sai in che modo le ascolti.

Non sono gli occhi che ascoltano né gli orecchi che vedono.

Agli occhi manca qualcosa per sentire le voci, come agli orecchi manca qualcosa per vedere i colori.

A te invece non manca nessuna delle due cose perché con gli occhi vedi e con gli orecchi ascolti.

E così conosci gli odori e sai qual è l'organo che devi avvicinare per sentirli.

Non accosti infatti l'orecchio per sentire la fragranza d'un odore, ma ti servi di quell'organo che Dio creatore ti ha dato per odorare.

Lo stesso quando vuoi gustare una qualche vivanda: non la accosti agli orecchi o agli occhi, perché sai che non sono quelli i sensi per giudicare i sapori.

E se vuoi sapere se una cosa è dura o molle, calda o fredda, lo puoi conoscere col tatto, che è diffuso su tutto il corpo.

Tutto questo lo sai. Bene! Ora guardate al vostro interno.

Cos'è questa realtà interiore alla quale tutti i sensi esterni portano le sensazioni dell'uomo?

I sensi infatti sono come degli strumenti, e sono a lei sottomessi come dei servi.

C'è un senso interno, non definibile, che è come un comandante al quale i sensi del corpo, quasi fossero suoi messi, riferiscono tutto ciò che sentono all'esterno.

Questo senso interno, che sa distinguere tutte le altre cose, è senza dubbio superiore alle cose stesse.

E allora, se l'occhio ha cose da vedere, l'orecchio cose da udire, le narici cose da odorare, il palato cose da gustare, le mani cose da toccare, non avrà la mente qualcosa che possa percepire direttamente?

Certo, è la mente che percepisce il bianco e il nero, ma per mezzo degli occhi che glielo trasmettono; è la mente che percepisce nei suoni ciò che è melodioso o stridulo, ma per mezzo degli orecchi che glielo trasmettono; è la mente che percepisce negli odori ciò che è gradito o sgradito, ma per mezzo delle narici che glielo trasmettono; è la mente che percepisce nei sapori ciò che è dolce o amaro, ma per mezzo del palato che glielo trasmette; è la mente che percepisce ciò che è duro o molle, ma per mezzo della mano che ha toccato l'oggetto.

Tutte queste cose, così molteplici e varie, la mente le sente perché gliele riferisce il corpo; e non sarà in grado di percepire qualcosa direttamente, da sola, senza che qualche organo del corpo gliela debba trasmettere?

Chiediti dunque che cosa può percepire direttamente l'anima, e troverai dove è l'immagine di Dio.

Il nero e il bianco lo sentiva per mezzo degli occhi, il melodioso e lo stonato per mezzo degli orecchi; e senza dover di nuovo elencare tutte quelle cose che passano attraverso il corpo, erano le membra del corpo che facevano da tramite.

Ma il giusto o l'ingiusto forse che glielo comunicano gli occhi?

È la mente che distingue il giusto dall'ingiusto; essa afferma: " Questo è giusto, questo è ingiusto ".

Chiediti chi glielo ha comunicato.

Se la giustizia è un colore, glielo avranno comunicato gli occhi; se è un suono, glielo avranno comunicato gli orecchi; se un odore, le narici, se un sapore, la bocca; se un corpo duro o molle, le mani.

Ma se non è nessuna di queste cose, chi glielo ha comunicato se non una luce interiore?

Orbene, questa natura, questa sostanza che vedete così superiore ( mi mancherebbe il tempo se di essa volessi parlare più diffusamente ) è qualcosa di interiore, qualcosa di divino, creato in noi da Dio a sua immagine e somiglianza, ( Gen 1,26; Gen 5,3 ) ed è superiore a tutto ciò che è corporeo; anzi essa fu creata in modo che tutto ciò che è corporeo le fosse sottomesso e la servisse.

Però questa mente non è Dio. Se fosse stata Dio, come avrebbe potuto peccare?

Dio infatti è immutabile; la nostra mente invece, poiché è creata, poiché è fatta, non è ciò che è Dio.

Essa è mutabile. Queste mutazioni le vediamo: ora sa, ora non sa; ora ricorda, ora dimentica; ora vuole, ora non vuole; ora gioisce, ora si rattrista.

Queste mutazioni non sono in Dio: egli è al di sopra della mente, è il creatore della mente.

7 - Ebbene, tutto questo di cui vi ho parlato è superiore al corpo e inferiore a Dio: è al di sotto del padrone, al di sopra del servo.

Sono le tre cose di cui parlavo poc'anzi.

Se dunque tre uomini, tutti e tre uomini, nella loro condizione sono ordinati secondo una certa gerarchia ( per cui uno è padrone e basta, l'altro è servo e basta, il terzo è servo rispetto al padrone e padrone rispetto al servo ), non vi pare che tutto il creato sia ordinato anch'esso in maniera più semplice ma insieme più diversificata?

La natura e la sostanza della mente è al di sotto di Dio, la natura di ogni essere corporeo è al di sotto della mente.

Ma, come dicevo prima, un padrone tiene senza difficoltà sotto di sé il suo servo se lui stesso non è in contrasto con il suo padrone.

Così per la mente: se non si fosse messa contro il suo padrone, per quella superbia per cui pretese d'essere indipendente ed autonoma, l'universo corporeo le sarebbe rimasto sempre soggetto come un suo servo.

Ma poiché, spinta da superbia, si mise contro il suo Padrone, ecco che il suo corpo, creatura a lei data per servirla, è diventato per lei tormento di pena, tormento di vendetta.

Ora infatti la mente è tormentata per le resistenze del corpo, mentre prima aveva il dominio su tutta la natura corporea.

Come se quell'uomo … - dall'esempio infatti vi si rende più comprensibile la nostra situazione, e cioè come la difficoltà stessa che abbiamo nel capire fa parte anch'essa di quella pena con cui siamo stati umiliati.

Cerchiamo di spiegare la cosa da quello che capita comunemente -.

Mettiti di nuovo davanti agli occhi quelle tre persone, perché è cosa abbastanza comprensibile, pur presentando delle differenze.

Le cose infatti sono tanto più distanti da noi quanto più diverse.

Molto distanti sono Dio e la mente, e molto distanti la mente e il corpo.

Invece in quei tre, uno è uomo, l'altro è uomo e il terzo anch'egli uomo.

Non è diversa la natura; solo la condizione crea l'ordine gerarchico.

Tuttavia, siccome queste cose sono nella nostra esperienza quotidiana, le comprendiamo più facilmente di quelle che sono da noi così distanti.

Cerca dunque di capire quel che stiamo dicendo.

Pensa a quell'uomo di mezzo, che è servo ma anche padrone, padrone ma anche servo; servo di quello che gli è sopra, padrone di quello che gli è sotto.

Supponi ora che egli abbia offeso quello che gli sta sopra.

Offeso in che modo? Per un atto di superbia.

Ha considerato che anche lui aveva un servo, e così, pensando al servo sottoposto alla sua autorità, ha osato ergersi contro il padrone.

Si è innalzato contro il suo padrone; ma il padrone lo ha fatto bastonare dal suo servo.

Perché quel padrone del " servo-padrone " era padrone di tutti e due, e quel servo non aveva tanto potere sull'altro servo quanto ne aveva lui su tutti e due.

E questo servo come avrebbe potuto rifiutarsi di obbedire a quel signore che non era servo di nessuno, quando questi, da padrone com'era di tutti e due, gli intimava di picchiare il suo [ immediato ] padrone?

Così il nostro Dio. Avendolo noi offeso, comandò che fossimo tormentati attraverso il nostro corpo: la morte si impadronì del corpo e noi cominciammo a soffrire pene proprio lì dove avevamo osato levarci in superbia contro il Padrone.

E così ora siamo bastonati dal nostro servo.

Siamo tormentati dalle tribolazioni della nostra carne.

Il Signore ci ha umiliati, facendoci percuotere dal servo.

8 - Ma perché Dio ci ha umiliati facendoci percuotere dal servo?

Perché noi prima avevamo peccato: Prima di essere umiliato io ho peccato. ( Sal 119,67 )

Messo dunque sotto la sferza del tuo servo, grida al Signore tuo Dio dicendo: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia. ( Sal 119,71 )

Quali sono queste vie della giustizia?

Che, come io ho a mio servizio il corpo, così tu hai me al tuo servizio; e come io esigo che mi obbedisca il corpo, così dovevo obbedire io a te.

Da questo dunque ho imparato le vie della tua giustizia, come se dall'alto mi avesse parlato il mio Signore e mi avesse detto: " O servo malvagio, ( Mt 18,32; Lc 19,22 ) almeno adesso, in questa umiliazione, riconosci chi ha offeso e a chi avresti dovuto essere sottomesso!

È vero che sei tormentato dal tuo servo: hai il corpo e vorresti che ti obbedisse in tutto.

Tu esigi che quando vuoi alzare la mano, la mano si alzi; che quando vuoi muovere il piede, il piede si muova; e in fondo, per quanto io abbia disposto che tu sia tormentato da questo tuo servo, tuttavia esso ancora ti obbedisce ".

E infatti se vogliamo camminare e cambiare posto al corpo, diamo ordini ai piedi ed essi obbediscono; se vogliamo vedere qualcosa, comandiamo all'occhio di guardare ed esso non oppone resistenza: guarda e riferisce.

Tendiamo l'orecchio al suono e subito ci riferisce sul tipo di suono.

Alziamo la mano per toccare qualcosa; non ci oppone resistenza.

Orbene, nel fatto che ci obbedisce, il corpo ci indica che noi ne siamo i padroni; nel fatto invece che ci oppone resistenza, ci ricorda che anche noi abbiamo un padrone.

E allora vediamo in che cosa il tuo corpo si rifiuta di obbedirti.

Per esempio: tu sei in grado di camminare per diecimila passi e ne vorresti fare ventimila: non ti obbedisce.

Puoi camminare per cinquantamila passi e tu ne vorresti fare sessantamila: non ti obbedisce.

Vorresti vegliare due notti: per un po' ti obbedisce, per un po' non ti obbedisce.

Vorresti muovere il braccio per sollevare un peso: fino ad un certo punto ci riesci, oltre, non ti obbedisce.

Aggiungici poi i tanti disturbi che ti affliggono per le infermità e il deterioramento, che non si possono contare, e renditi conto di come " un corpo corruttibile appesantisce l'anima ". ( Sap 9,15 )

Ecco dunque: per quel tanto che ti obbedisce, il corpo ti conferma che sei tu il suo padrone; laddove invece ti oppone resistenza, ti ricorda che tu devi servire il tuo Signore.

E allora di' al tuo Signore: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia. ( Sal 119,71 )

E come puoi imparare le vie della sua giustizia?

Non rifiutandoti di servire il tuo Signore, così come vuoi che a te serva il tuo corpo.

E tu già cominci a servire il tuo Signore; però il tuo corpo non ti serve ancora come vorresti.

Tu adesso credi, mentre prima eri un infedele; tu metti in pratica i precetti del Signore, percorri la sua via; ma in te la giustizia non è ancora perfetta.

Per questo non è ancora perfetta l'obbedienza di chi è al tuo servizio.

Ancora rimane in te qualcosa di amaro, affinché questo mondo non ti sia del tutto dolce, con il pericolo che tu smetta di desiderare il tuo Signore, che ha fatto il mondo.

9 - Dagli estremi confini della terra grida dunque a lui, o Chiesa diffusa in tutto il mondo, e digli con le parole del salmo: Dagli estremi confini della terra a te ho gridato, poiché il mio cuore era in angustia. ( Sal 61,3 )

Nel salmo però c'è anche scritto: Mi hai innalzato sulla pietra, mi hai guidato, poiché sei diventato la mia speranza. ( Sal 61,3-4 )

Dio ci ha innalzati sulla pietra. Su quale pietra? Lo dice l'Apostolo: La pietra poi era Cristo. ( 1 Cor 10,4 )

E come su quella pietra è sorta per noi la speranza?

Perché il nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale noi siamo stati fatti, è il Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. ( Gv 1,1-3 )

Egli assunse la carne dalla massa della nostra mortalità: prese su di sé la morte, che era la pena del peccato, ma non prese il peccato; e, mosso da misericordia, consegnò alla morte quella sua propria carne per liberarci dal peccato.

Non fu consegnato [ alla morte ] contro sua voglia: non sarebbe stato crocifisso se non si fosse consegnato liberamente.

E se fu Giuda a consegnarlo, lo consegnò perché lui voleva, sicché a Giuda non va attribuito il merito di quanto voluto da Cristo, ma gli spetta solo la condanna per la sua cupidigia.

Nel tradire il Signore infatti non aveva in mente la nostra salvezza ma la sua avarizia e la sua perfidia.

Fu infatti Giuda a consegnare Cristo, ma anche Cristo consegnò se stesso, e il Padre di Cristo lo consegnò.

Apparentemente tutti fecero la stessa cosa.

Fecero la stessa cosa ma non la fecero con la stessa intenzione.

Il Padre consegnò il Figlio per misericordia, il Figlio si consegnò parimenti per misericordia, Giuda consegnò il Maestro per la sua perfidia.

Nel fatto di consegnare sembra che non ci sia alcuna differenza, ma c'è molta differenza tra la misericordia e la perfidia.

In che senso lo consegnò il Padre? Ascolta l'Apostolo: Egli non risparmiò il suo proprio Figlio ma per tutti noi lo consegnò. ( Rm 11, 32 )

E il Figlio in che senso si consegnò? È ancora l'Apostolo che del Signore afferma: Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me: ( Gal 2,20 ) ossia consegnò questa carne per essere uccisa, affinché tu non avessi da temere per la tua carne.

Con la sua resurrezione dopo tre giorni ti fece vedere quel che tu devi sperare per la fine del mondo.

Egli dunque ti va avanti, diventato la tua speranza. ( Sal 61,3-4 )

Tu ora vivi con la speranza della resurrezione, ma se prima non fosse risorto il nostro capo, le diverse membra del corpo non avrebbero avuto alcuna speranza.

10 - Che diremo dunque, fratelli miei? Nel nostro Signore, anche prima della passione il suo corpo era a lui sottomesso come un servo al suo padrone.

Egli infatti non era legato al corpo per un castigo o una punizione, quasi che dovesse essere schiaffeggiato dal suo servo come lo siamo noi.

Se egli volle soffrire nel corpo, lo volle di propria libertà e potenza, non per necessità o debolezza.

Lo dichiarò lui stesso: Ho il potere di privarmi della mia anima e ho il potere di riprenderla.

Nessuno me la toglie, ma io stesso da me, liberamente, me ne privo. ( Gv 10,18 )

Grande potenza era dunque in lui; accettando però di soffrire nella carne, con ciò stesso dimostrò cosa tu meriti di soffrire.

Lui soffrì senza che se lo fosse meritato, tu perché te lo sei meritato.

Ma affinché tu sopporti con pazienza i patimenti che hai meritato, viene a consolarti colui che patì senza averlo meritato.

Accetta dunque la tua sofferenza finché non passi la tua mortalità.

Il regno a cui appartieni avanza a tappe distribuite nel tempo; ma egli ti fa già vedere quello che ha promesso mostrando nella propria persona di essere già risuscitato.

Egli infatti dopo tre giorni risuscitò: volle risorgere per primo per mostrarci cosa dobbiamo noi sperare per la fine.

Noi pensavamo che la carne fosse destinata a perire; è per questo che non volle prendere la carne se non da quell'umanità dalla quale la prendiamo anche noi.

Se l'avesse presa da qualche altra parte, noi avremmo potuto dire: " Quella carne è potuta risorgere perché assunta da una natura diversa ".

È stata presa infatti da quella sorgente da cui la prendiamo noi.

Egli, è vero, non volle che la madre avesse rapporti maritali, perché era l'unico Figlio di Dio e, avendo un Padre in cielo, in terra non si cercò se non una madre.

In tal modo ci mostrò che nulla è male di quanto aveva creato.

Aveva creato il maschio e la femmina, aveva creato ambedue i sessi; ( Gen 1,27; Gen 5,2 ) ma poiché Adamo era stato sedotto dalla donna, le donne avrebbero potuto disperare della propria salvezza, se il sesso femminile non fosse stato onorato nella persona della Vergine Maria.

Egli scelse di nascere da una donna. Era conveniente che si facesse uomo, che nascesse uomo.

Ma Dio non ha creato solo l'uomo; ha creato anche la donna: e, come ho detto, le donne avrebbero potuto disperare e dire di essere escluse dalla misericordia di Dio perché a causa di una donna l'uomo era stato traviato.

Perciò il Signore si degnò di nascere da una donna, assumendo per sé il sesso maschile, e così conferì dignità ad entrambi i sessi: si presentò come creatore di entrambi e di entrambi salvatore.

È come all'uomo la morte tramata dal serpente era stata comunicata per mezzo di una donna, così la vita fu annunziata agli uomini per mezzo di donne. ( Gen 3,1-7; Mt 28,8-10 )

Infatti a vedere il Signore risorto furono prima le donne, le quali poi lo annunziarono agli uomini, cioè agli apostoli.

E così il Signore nostro Gesù Cristo ha fatto vedere nella sua carne ciò che noi dobbiamo sperare per la fine.

Egli ci ha umiliati perché noi imparassimo le vie della sua giustizia. ( Sal 119,71 )

11 - E allora riaccostiamoci per la via dell'umiltà, noi che eravamo stati buttati fuori per la superbia.

La causa della nostra mortalità, la causa della nostra infermità, la causa di tutti i nostri affanni, di tutte le nostre difficoltà, di tutte le sventure che nella vita presente soffre il genere umano, non è che la superbia.

Lo trovi nella Scrittura che dice: L'origine di ogni peccato è la superbia. ( Sir 10,15 )

E cosa dice inoltre? L'inizio della superbia dell'uomo è l'apostatare da Dio. ( Sir 10,14 )

Se la superbia vi sembra un male da poco, tremate almeno di fronte a questo apostatare da Dio.

E se vi spaventa l'apostatare da Dio, sradicate la causa di questa apostasia.

Perché è stata la superbia a far apostatare l'uomo da Dio.

È proprio lei l'origine di tutti i nostri mali, poiché noi in questa vita siamo dei malati.

E allora succede come con un bravo medico: quando vede un malato che soffre diversi disturbi, non si sofferma alle cause prossime del male, tralasciando quelle che sono all'origine di tutti i mali.

Se infatti si limitasse a curare il male nelle sue cause prossime tralasciando quella che è all'origine dei disturbi, tornerebbero presto le manifestazioni del male: per un po' di tempo il malato sembrerebbe guarito, ma la guarigione non dura.

Il medico veramente bravo è quello che raccoglie bene tutti i sintomi di ogni male; e quando ne scopre la causa prima, quella da cui derivano tutti i mali come rami di un'unica radice, strappa questa radice, e allora tutto il groviglio dei malanni viene eliminato.

Così si comporta il Signore Gesù Cristo; e per questo è chiamato Salvatore.

Egli affermò: Non i sani hanno bisogno del medico ma i malati, ( Mt 9,12 ) e venne verso i malati, perché noi malati non potevamo andare verso di lui.

Cercò quelli che non lo cercavano; si rivolse a chi era infermo: soffrì molti dolori, sopportò che dei ciechi lo uccidessero, per risanare con la sua morte i loro occhi.

Tutto questo egli fece e, siccome vedeva che la causa di ogni nostro male è la superbia, ci ha guariti con la sua umiltà.

12 - E allora non irridere l'umiltà di Cristo!

Che Cristo sia venuto nell'umiltà è motivo di beffe per molti pagani e magari lo fosse per loro soli!

Lo è anche per molti eretici, che pur si dicono cristiani.

Per loro è sconveniente che Cristo sia nato da donna; è sconveniente che sia stato inchiodato alla croce e coperto di piaghe: ed erano vere quelle piaghe che egli ricevette, e veri quei chiodi che lo trafissero!

Per loro tutto ciò ripugna, e quindi dicono: " Era simulazione. Egli finse di soffrire, ma in realtà non soffrì ".

Ma allora è con una menzogna che ti ha liberato la Verità?

Tu eri malato di menzogna e con una menzogna fosti risanato?

Come si può sostenere una cosa simile?

Quelli che parlano così mostrano all'evidenza che sorta di maestri siano.

Quando il Signore risuscitò, a quel suo discepolo che dubitava egli presentò le mani perché le toccasse e le cicatrici perché le palpasse.

E mentre lui diceva: " Non crederò se non avrò messo le mie dita nel suo costato ", ( Gv 20,25 ) egli si presentò non solo per essere visto con gli occhi ma anche toccato con le mani.

E il discepolo, toccate le sue cicatrici, raggiunse l'evidenza della verità ed esclamò: Mio Signore e mio Dio! ( Gv 20,28 )

Ebbene se Cristo ci ha ingannati, come puoi tu pretendere di dire la verità?

Dimmi: a quale titolo vuoi che io ti ascolti? Che ti ascolti come maestro?

" Sì, mi risponde, come maestro ".

Ma cosa mi dici, cosa mi insegni?

" Ti insegno che Cristo non è nato da donna, non ha avuto una vera carne, e non fu vera morte la sua, né vere furono quelle ferite; e, se non furono vere quelle ferite, neppure vere furono le cicatrici ".

Io, però, dal Vangelo sento dire che il Signore Gesù Cristo al discepolo che dubitava ha presentato le sue cicatrici.

Certo, avrebbe potuto risorgere senza cicatrici lui che aveva potuto risanare gli occhi al cieco nato.

Ma perché volle presentare la testimonianza delle cicatrici?

Perché la testimonianza di quelle cicatrici nel corpo doveva essere medicina per le ferite dell'anima.

E allora che mi vai raccontando? Che esse erano false?

Che Cristo simulò tutte queste cose e che quel discepolo esclamò: Mio Signore e mio Dio ingannato da tale simulazione?

E se Cristo mediante una menzogna volle risanare quel discepolo, come faccio io a sapere se tu mi dici la verità o la menzogna?

Tu infatti non ritieni che il mentire sia cosa illecita se cerchi di presentarmi Cristo come autore di menzogna.

Io ti potrei dire: " Anche tu menti ". E tu a me: " Oh! No. Io non mento ".

Tu menti di sicuro! " Per carità! Io non mento ". Certamente mi diresti così perché io ti creda.

Che se mi dicessi: " Sì, sto mentendo ", vorrei sapere come ti si possa credere in qualche cosa.

Perché io ti possa credere in qualche modo, bisogna che tu mi dica: " Per carità! Io non mento ".

Bene, tu mi dici " Per carità! Io non mento " perché consideri peccato mentire quando insegni qualcosa.

E allora una cosa che consideri per te peccato tu la vuoi imputare a Cristo?

Via dunque tutte le falsificazioni umane! Come è scritto nel Vangelo, così è venuto Cristo.

E non ti sembri sconveniente l'umiltà di Cristo; essa ripugna solo a chi è superbo.

Non essere superbo e non ti sembrerà ripugnante l'umiltà di Cristo.

13 - L'Apostolo dice: Per chi è puro, tutto è puro; ma per i contaminati e per gli infedeli nulla è puro: sono contaminate la loro mente e la loro coscienza. ( Tt 1,15 )

Con cuore casto tu dunque dichiara: " Lo concepì una donna, lo concepì una vergine ".

Lo concepì nella fede: vergine lo concepì, vergine lo partorì, vergine rimase.

Credi a tutte queste cose e non ti appaiano immonde quelle viscere.

Che se anche quella carne fosse stata davvero immonda, Cristo, venendo nella carne, avrebbe purificato quella carne immonda e non sarebbe stato reso immondo da colei che fosse stata immonda.

Rifletti sull'umiltà del tuo Signore. Se essa ti turba, è perché tu sei superbo.

L'umiltà turba il superbo. E siccome tu sei superbo, fatti violenza perché non ti ripugni la medicina a te somministrata contro il tuo gonfiore.

Se infatti tu sei superbo, sei gonfio, non grande.

E se sei gonfio, manda giù la medicina, perché le tue viscere si sgonfino e tu possa guarire.

Questa medicina, il medico te l'ha preparata perché tu possa berla.

Il medico te l'ha preparata nel calice. Bevi il calice amaro, se vuoi acquistar la salute.

Non vedi che sei gonfio? Non vedi che le tue viscere sono malate?

Ti sembra di essere grande, ed invece sei soltanto gonfio.

La tua non è grandezza, ma malattia. Vuoi liberarti dal male? Vuoi liberarti dal tuo gonfiore?

Bevi al calice dell'umiltà. Te l'ha preparato colui che è venuto a te nell'umiltà.

E perché non avessi difficoltà a berlo, per primo l'ha bevuto il medico: non perché il medico ne avesse bisogno, ma per togliere ogni esitazione al malato.

Quindi non disprezzare l'umiltà dalla quale ti viene la salute.

Il capo di tutti i mali è la superbia.

È venuto a liberarci dal capo di tutti i mali colui che si è degnato farsi capo della Chiesa. ( Ef 5,23; Col 1,18 )

Tolta via l'origine di tutti i mali, tu sarai guarito.

Umìliati e sarai sano, e allora potrai dire con sicurezza: È un bene per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia. ( Sal 119,71 )

Tu ti eri innalzato e sei stato abbassato.

Umìliati e sarai innalzato, perché Dio resiste ai superbi ma dà la sua grazia agli umili. ( Pr 3,34; Gc 4,6; 1 Pt 5,5 )

Ed è per questo che Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per avere di tutti misericordia. ( Rm 11, 32 )

14 - L'uomo si era allontanato da Dio, si era abbandonato alle proprie concupiscenze, ( Sir 18,30 ) aveva rotto i freni.

Errando, vagando di qua e di là era arrivato ad adorare gli idoli.

Era montato in superbia perfino il popolo giudaico, che pure adorava l'unico Dio; era montato in superbia ed era caduto nell'iniquità.

E Dio, per mostrar loro che anch'essi erano infermi, per mostrar loro che anch'essi erano soggetti alla fragilità della carne ( poiché quella cupidigia che si è propagata dal seme dei progenitori rimaneva anche in loro ) diede ad essi la legge e dei precetti giusti e buoni e santi, come dichiara l'Apostolo: In effetti la legge è santa e il comandamento giusto e santo e buono.

Ma allora, egli soggiunge, una cosa che è buona, per me è diventata morte? Non sia mai!

Ma il peccato, per rivelarsi come peccato, per mezzo di una cosa buona ha causato in me la morte. ( Rm 7,12-13 )

Osserva come egli definisce buona la legge che era stata data ai giudei.

La definisce buona perché data da Dio.

Nel decalogo infatti sono comandate cose che sono tutte buone.

Che forse era un male il Non rubare, non uccidere, non commettere adulterio, non dire falsa testimonianza, ecc., fino al Non desiderare la roba d'altri? ( Es 20,13-17 )

Infatti se non porti via la roba d'altri ma solo la desideri, non cadi sotto le leggi del foro, ma Dio ti condanna nel suo giudizio.

Badate perciò, fratelli: la legge fu data ai giudei infermi ma superbi.

Essi cominciarono a compiere degli sforzi per eseguire quel che è giusto secondo la legge, ma furono abbattuti dalle loro concupiscenze, e così divennero trasgressori essi che prima erano iniqui ma non trasgressori secondo la legge, non prevaricatori di essa.

Difatti l'Apostolo dice: Dove non c'è legge non c'è nemmeno la prevaricazione. ( Rm 4,15 )

Quando viene data la legge, chi agisce contro di essa, anche se fa le stesse cose che faceva prima ( quando era peccatore ma non prevaricatore ), dopo, venuta la legge, non solo è peccatore ma anche prevaricatore.

E siccome ormai è non solo peccatore ma anche prevaricatore, si avvera quanto dice l'Apostolo: La legge è subentrata perché abbondasse il peccato. ( Rm 5,20 )

Ma perché doveva abbondare il peccato? Vi si riferisce quel: O Dio, tu ci hai respinti e ci hai dispersi. ( Sal 60,3 )

Però l'Apostolo prosegue dicendo: Ma dove ha abbondato il peccato ivi ha sovrabbondato la grazia.

Ecco dunque che, per il fatto che ha abbondato il peccato, noi diciamo giustamente: O Dio tu ci hai respinti, ci hai dispersi: ti sei adirato.

Per il fatto che ha sovrabbondato la grazia continuiamo giustamente: Ma hai avuto misericordia di noi. ( Rm 5,20; Sal 59,3 )

I giudei dunque non possono dire: " Noi siamo questo e quello ".

Dio infatti ha racchiuso tutti nell'incredulità perché di tutti potesse avere misericordia. ( Rm 11, 32 )

15 - Riconosciamo dunque, fratelli carissimi, la nostra vita, cioè il Signore nostro Gesù Cristo; e sapendo che essa è medicina della nostra superbia, teniamoci stretti all'umiltà del Signore nostro Gesù Cristo.

Crediamo in lui; tutto speriamo dalla misericordia di colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato alla morte per tutti noi. ( Rm 8,32 )

E se facciamo progressi nelle vie della sua giustizia, non insuperbiamoci e non disprezziamo gli altri.

Nel cammino della giustizia non stiamo a guardare quanta strada abbiamo fatto, ma quanta ce ne resta da fare.

E sempre gemiamo. Gemiamo finché siamo pellegrini, perché la nostra gioia non l'avremo se non nella patria quando saremo uguali agli angeli. ( Lc 20,36 )

Finché siamo nel corpo siamo pellegrini lontano dal Signore. ( 2 Cor 5,6 )

Perché pellegrini lontano dal Signore? Perché, risponde, noi camminiamo nella fede e non nella visione. ( 2 Cor 5,7 )

Fede è credere ciò che non vedi, visione è vedere le cose in cui hai creduto.

Quando arriverà la visione, la fiamma della carità sarà bruciante perché quello che avevi bramato assente lo abbraccerai presente, contemplerai presente quel che avevi creduto quand'era assente.

E se così dolce è Dio raggiunto con la fede, che cosa sarà nella visione?

Ecco, quando tutte le cose di adesso, che pur ci fanno soffrire per i postumi dei nostri peccati, saranno passate, allora avremo conseguito la pienezza della giustizia; allora, aggregati agli angeli, canteremo l'inno sempiterno dell'" alleluia ".

Saremo nella lode di Dio senza interruzione, e non ce ne distrarrà la fame, perché la fame non la sente se non il corpo che si corrompe e appesantisce l'anima. ( Sap 9,15 )

Non avremo sete, non ci ammaleremo, non invecchieremo, non avremo sonno, non soffriremo nessuna infermità; ma, come sono i corpi degli angeli, tali saranno i nostri corpi nella resurrezione dei morti. ( Mt 22,30 )

Non ti meravigliare che nella resurrezione dei morti questi nostri corpi carnali diverranno corpi celesti.

Pensate che prima di venire all'esistenza, noi non eravamo affatto; e da questo credete a ciò che saremo quando risorgeremo.

Ognuno rifletta dentro di sé: prima di esser nato, che cosa era, dov'era, dove si nascondeva?

Le parti del nostro corpo adesso fra loro distinte, gli orecchi, gli occhi, il volto, lo spirito che dà vita a tutto il complesso del corpo, tutte queste cose dov'erano?

Certo nel segreto della natura, certo dove nessuno le vedeva.

Da lì saltarono fuori: tu non esistevi affatto e Dio ti ha dato la forma.

Ti pare grande cosa che Dio possa farti diventare da uomo angelo, lui che dal fango ti ha fatto uomo? ( Gen 2,7 )

Che cosa eri prima? Eppure sei uomo.

Sei uomo, e non puoi diventare angelo? È più vicino diventare da uomo angelo che dal niente diventare uomo.

Ciò che era più straordinario in te Dio l'ha già fatto: e allora non farà quel tanto che resta?

16 - È necessario che tu creda, è necessario che la tua fede non si distacchi da Cristo né dal suo Vangelo né dalle sue promesse.

È necessario che tu comprenda come la quasi totalità di ciò che è stato scritto si è realizzato, ed è poco ciò che resta ancora da realizzarsi.

Così la Chiesa. Ora la vedete diffusa in tutto il mondo, mentre fino a poco tempo fa neppure esisteva.

Pochi anni fa voi eravate pagani, ora siete cristiani.

I vostri genitori prestavano il culto ai demoni, e i templi erano affollati di gente che bruciava incenso; ora invece la Chiesa si riempie di gente che loda Dio.

Con quanta rapidità Dio ha cambiato la storia!

Tutti questi eventi prima che si realizzassero erano già stati scritti: li si leggeva e, sebbene non si vedessero ancora, vi si credeva.

Noi al presente vediamo realizzate le cose che i nostri antenati leggevano sui libri.

Se quindi si sono realizzati così numerosi e importanti avvenimenti, non si avvereranno quei pochi che restano?

Con fede salda, fratelli, credete che si avvereranno, dal momento che tutti gli eventi del passato sono avvenuti proprio in quella maniera come erano stati descritti e preannunziati prima che accadessero.

Molte migliaia di anni prima fu detto ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti. ( Gen 22, 18; Gen 26,4 )

A un solo uomo si diceva: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti.

Questi considerava che appunto era solo e per di più vecchio, che anche sua moglie era vecchia, anzi consunta dalla vecchiaia, eppure gli si diceva: " Da te nascerà un figlio ".

Cosa ci poteva essere di più impensabile?

Ma - quasi fosse stato poco dire a un uomo vecchio decrepito: " Tu avrai un figlio " - gli si aggiungeva: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti.

Dio prometteva cose straordinarie, cose in sé impossibili ma a lui facili. ( Lc 18,27 )

Quell'uomo, allora solo, credette in quel che non vedeva, mentre noi lo vediamo.

Egli lo credette; a noi sta davanti agli occhi.

Anzi, quanto sta davanti ai nostri occhi è l'attuazione della promessa a lui fatta.

Da Abramo infatti nacque Isacco, da Isacco Giacobbe, da Giacobbe il popolo giudeo; dal popolo giudeo nacque Davide e dalla stirpe di Davide la vergine Maria, dalla vergine Maria nacque il Signore Gesù Cristo.

Nella discendenza di Abramo dunque saranno benedette tutte le genti, ( Gen 22,18; Gen 26,4 ) poiché tutte le genti sono benedette in Cristo.

Ecco al presente a noi si addita quel che ad Abramo fu promesso.

E allora, se Dio - che è onnipotente e fedele - ha attuato quel che aveva promesso a un solo uomo, non attuerà ciò che ha promesso all'umanità intera?

Miei fratelli, cresca l'edificio della vostra fede, si irrobustisca la vostra speranza!

Dio non ingannò quel singolo uomo: potrà ingannare tutto il genere umano?

A lui fece intravedere l'universo popolato di cristiani; a noi mostrerà l'universo che, unito a Cristo suo Figlio, vive la vita eterna.

17 - Ritenendo queste verità, comprendete, fratelli, che la Chiesa non la si trova in una fazione ma nella totalità.

Tutti redense Cristo, per tutti versò il suo sangue.

Vi sono cristiani in tutto il mondo; e la loro unità è la Chiesa di Cristo.

Senza fondamento gli eretici si sollevano contro la Chiesa di Cristo: è loro sembrata piccola cosa essere privati dell'eredità; osano anche lanciare calunnie agli eredi.

Richiamateli alla totalità dove regna l'unità, e che essi non vi attirino in una qualche fazione.

Se voi li seguite, andrete a finire nella fazione; se loro dan retta a voi, verranno all'universalità: saranno vinti a tutto loro vantaggio.

Cristo infatti, miei fratelli, quando fu sospeso alla croce, redense l'universalità [ degli uomini ].

Contratto di Cristo fu la passione di Cristo: lì ci ha riscattati dove fu crocifisso.

Lì infatti versò il sangue, prezzo di riscatto per noi, lì dove secondo i salmi era stato predetto che sarebbe avvenuto.

Considerate quanti anni prima era stato predetto: Hanno forato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa.

Mi guardavano e scrutavano attentamente; si sono divisi le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. ( Sal 22,17-19 )

È difficile distinguere se tutte queste affermazioni le si ascolti dal salmo o le si proclami dal Vangelo.

Non è forse vero che come si canta nel salmo così si legge nel Vangelo: Hanno forato le mie mani e i miei piedi: hanno contato tutte le mie ossa? ( Sal 22,17-18 )

Ecco dove Cristo ci ha redenti. Ci ha redenti là dove furono contate tutte le sue ossa, dove furono trafitti dai chiodi i suoi piedi e le sue mani.

Là egli versò il suo sangue, che è il prezzo del nostro riscatto.

Nello stesso salmo ci si lascia comprendere anche cosa abbia comprato.

Lo volete sapere? Interrogate lo stesso salmo. Cosa comprò Cristo appeso alla croce?

Lo dice dopo pochi versetti: Se ne ricorderanno e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra e lo adoreranno tutte le famiglie delle genti. ( Sal 22,28 )

Perché lo adoreranno? Poiché suo è il regno ed egli dominerà sulle genti. ( Sal 22,29 )

Come volendo rispondere sul perché e su chi sia costui al quale si convertiranno tutti i confini della terra e dinanzi al quale si prostreranno adoranti tutte le famiglie della terra, ( Sal 22,28 ) dice: Poiché suo è il regno ed egli dominerà sulle genti. ( Sal 22,29 )

Perché è suo? Perché lo ha comprato.

18 - Ecco ora irrompere il nemico avido di possedervi, e questo in nome di Cristo.

Egli può, è vero, dividere alcune delle vesti di Cristo ma quella tunica nessuno la può dividere, essendo stata cucita dall'alto. ( Gv 19,23 )

Dice: Si sono divisi le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. ( Sal 22,19 )

E l'Evangelista afferma: C'era lì una tunica tessuta dall'alto [ fino in basso ], e dissero coloro che avevano crocifisso il Signore: Non la dividiamo ma tiriamola a sorte. ( Gv 19,23-24 )

Quella tunica non era oggetto di divisione, era al di fuori di ogni divisione.

Perché quella tunica era esente da divisioni? Perché era tessuta dall'alto.

È indicato anche perché una tunica tessuta dall'alto non era suscettibile di divisioni.

Che cosa si cuce dall'alto? Ciò di cui a noi viene detto: " In alto il cuore! ".

Pertanto chi ha il cuore in alto non può essere diviso in parti, perché appartiene a quella tunica che è indivisibile.

Orbene, miei fratelli, questa tunica è stata per sorte assegnata allo stesso Signore nostro Gesù Cristo, perché la sua sorte è la stessa sua eredità.

Inoltre pur essendo sua eredità egli se la comprò.

Coloro che si sono separati possono, sì, appartenere a qualcuna delle altre vesti di Cristo essendosi egli vestito di tutte, e tutti coloro che credono in lui egli in qualche modo li indossa.

Tuttavia coloro che bramano onori terreni, agi temporali, miraggi corporei, non sono tessuti dall'alto, perché hanno in cuore desideri mondani, e quindi possono dividersi.

Viceversa, quella tunica che è tessuta dall'alto non può essere divisa.

Voi dunque, germogli della Cattolica, rallegratevi perché appartenete a questa tunica.

Interrogate il vostro cuore per vedere se da Cristo non vi aspettate altro che il Regno dei cieli.

Non cercate le cose vane, i beni terreni, le immagini corporee e tutto quello che soddisfa in questo mondo, in questa terra.

Se vi interrogate, la vostra coscienza vi risponderà che voi avete " in alto il cuore ".

E se avete " in alto il cuore ", siete tessuti dall'alto; e se siete tessuti dall'alto, è impossibile che siate divisi.

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