La Genesi alla lettera - Incompiuto |
Ora la terra era invisibile e caotica, e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo Spirito di Dio si portava al di sopra delle acque. ( Gen 1,2 )
Questo passo viene di solito criticato empiamente dagli eretici che sono contrari all'Antico Testamento allorché dicono: "In qual modo in principio Dio fece il cielo e la terra, se la terra già esisteva?", senza capire che questa frase è stata aggiunta per spiegare in quale stato si trovava la terra, di cui prima era stato detto: Dio fece il cielo e la terra.
La frase, dunque, dev'essere intesa così: "In principio Dio fece il cielo e la terra ma questa terra, fatta da Dio, era invisibile e caotica, finché non fu distinta da Dio in un ordine determinato, traendola fuori dalla confusione".
O piuttosto è preferibile intendere che in questo completamento della frase è ricordata di nuovo la medesima materia cosmica che precedentemente è stata chiamata col nome di "cielo e terra" di modo che il senso sarebbe il seguente: "In principio Dio fece il cielo e la terra; ora ciò che è stato chiamato "cielo e terra" era la terra invisibile e confusa e le tenebre coprivano l'abisso", vale a dire: "Ciò ch'è chiamato "cielo e terra" era una sorta di materia confusa, a partir dalla quale, una volta distintine gli elementi e ricevutane la forma, sarebbe stato fatto il mondo, che risulta composto di due grandissime parti, cioè il cielo e la terra?".
Questo stato confuso della materia avrebbe potuto così essere fatto capire dall'intelligenza della gente comune, se la Scrittura avesse parlato di "terra invisibile e confusa" ovvero disordinata o non disposta secondo un ordine, e avesse parlato delle tenebre sopra l'abisso, cioè sopra una profondità vastissima; questa profondità, a sua volta, è stata chiamata così per il fatto che non può essere penetrata dall'intelligenza di nessuno a causa della sua stessa informità.
E le tenebre erano sopra l'abisso. ( Gen 1,2 )
L'abisso era forse al di sotto e le tenebre al di sopra come se fossero già distinti i luoghi?
O piuttosto viene ancora spiegata la confusione della materia, che in greco è chiamata anche e la Scrittura dice: Le tenebre erano sopra l'abisso perché non c'era ancora la luce?
Se ci fosse stata la luce, questa sarebbe stata certamente al di sopra, poiché sarebbe stata più in alto e avrebbe illuminato ciò che stava al di sotto di essa.
In realtà, se uno considera attentamente che cosa sono le tenebre, scopre che non sono se non l'assenza della luce.
Ecco perché la Scrittura dice: Le tenebre erano sopra l'abisso, come se dicesse: "Non c'era la luce sull'abisso".
Perciò la materia, di cui trattiamo, che dalla susseguente opera di Dio viene distinta ed ordinata nelle diverse forme delle cose, è chiamata "terra invisibile e caotica", e "abisso" privo di luce, mentre più sopra è denotata col nome di "cielo e terra", che bisogna intendere nel senso indicato precedentemente da noi, cioè di germe del cielo e della terra, se pur è vero che dicendo "cielo e terra" non volle presentarci prima l'universo creato, sicché in seguito, dopo aver indicato la materia, passasse in rassegna le diverse parti del mondo.
Lo Spirito di Dio inoltre si portava al di sopra delle acque. ( Gen 1,2 )
La Scrittura non aveva detto in nessun passo: "Dio fece l'acqua", eppure non si deve affatto credere che Dio non avesse fatto l'acqua e che questa esistesse già prima ch'egli creasse qualcosa.
Egli infatti è Colui dal quale viene tutto, grazie al quale esiste tutto, verso il quale tende tutto, ( Rm 11,36 ) come dice l'Apostolo.
Dio dunque fece l'acqua, e credere il contrario è un grande errore.
Perché mai quindi la Scrittura non dice che Dio fece l'acqua?
Forse perché ancora una volta volle chiamare "acqua" la medesima materia che aveva denotata coi termine di "cielo e terra", o di "terra invisibile e caotica", o di "abisso"?
Perché mai, infatti, non si sarebbe potuta chiamare anche "acqua" se poté essere chiamata "terra", pur non essendo ancora né acqua distinta e formata né terra né alcun'altra cosa?
Ma forse fu dapprima chiamata "cielo e terra", la seconda volta "terra caotica e abisso privo di luce", la terza volta, con termine appropriato, "acqua"; forse perché con la prima denominazione di "cielo e terra" fosse denotata la materia dell'universo creato per il quale era stata fatta assolutamente dal nulla; con la seconda denominazione di "terra confusa" e di "abisso" fosse indicato lo stato informe, poiché tra tutti gli elementi la terra è la più informe e la meno splendente; col terzo termine di "acqua" fosse indicata la materia soggetta all'opera del Creatore, poiché l'acqua è più mobile della terra e perciò, a causa della facilità di essere lavorata e perché si lascia trasformare più facilmente, la materia sotto le mani del Creatore doveva essere chiamata "acqua" piuttosto che "terra".
Così pure l'aria è più mobile dell'acqua, ma non illogicamente si crede o si comprende che l'etere è più mobile della stessa aria; ma col termine di "aria" o di "etere" meno appropriatamente sarebbe stata denotata la materia.
Si crede infatti che questi elementi posseggano maggiormente la potenza attiva, mentre al contrario la terra e l'acqua posseggono di più la potenza passiva.
Se questa potenza è occulta, penso ch'è certamente un fatto evidente che l'acqua e alcune altre cose terrene sono mosse dal vento; il vento poi è l'aria mossa e - diciamo così - ondeggiante.
Essendo dunque evidente che l'aria muove l'acqua ma occulta la forza da cui il vento è mosso, perché sia vento, chi potrebbe dubitare che la materia è denotata più appropriatamente col termine di "acqua" poiché viene mossa, anziché con quello di "aria" che la muove?
Ora, l'esser mosso è subire un'azione, il muovere, invece, è esercitare un'azione.
A ciò s'aggiunge il fatto che i prodotti del suolo vengono irrigati con l'acqua affinché possano nascere e svilupparsi completamente, sicché pare quasi che la medesima acqua si trasformi nei vegetali che nascono.
Per questo motivo la materia sarebbe stata denotata col termine più appropriato di "acqua", essendo presentata come soggetta all'opera del Creatore a causa della sua adattabilità ad essere trasformata in qualsiasi specie di corpi nascenti, anziché col termine di "aria", a proposito della quale si può osservare solo la mobilità mentre le mancano tutte le altre qualità con cui si poteva indicare più appropriatamente la materia.
In tal modo il senso completo della frase sarebbe: Nel principio Dio fece il cielo e la terra, ( Gen 1,1 ) cioè fece la materia che potesse prendere la forma del cielo e della terra; questa materia era terra invisibile e caotica ( Gen 1,2 ) ossia informe e una profondità priva di luce; questa tuttavia, poiché sarebbe stata sottoposta all'azione del Creatore che la modellava, per il fatto stesso che ubbidisce a chi la lavora, è chiamata anche "acqua".
A proposito dunque dei termini con cui fu denominata la materia, dapprima è stato indicato il fine di essa, cioè in vista di che cosa è stata fatta, in secondo luogo è stato indicato proprio il suo stato informe, in terzo luogo la dipendenza e la sottomissione al Creatore.
Per questo motivo dapprima la materia è chiamata "cielo e terra" - poiché per questo era stata fatta - in secondo luogo "terra invisibile e caotica" e "tenebre sopra l'abisso", vale a dire il vero e proprio stato informe privo di luce - e perciò è detta "terra invisibile" -, in terzo luogo "acqua sottomessa allo Spirito" per ricevere una disposizione e le varie forme.
Ecco perché lo Spirito di Dio si portava sull'acqua: per farci comprendere che era lo Spirito a operare, l'acqua invece era l'elemento con cui operava, era cioè la materia adatta ad essere lavorata.
Quando infatti diciamo che questi tre termini, materia del mondo, materia informe, materia capace d'essere lavorata, sono denominazioni d'un'unica realtà: al primo termine corrisponde bene il cielo e la terra: al secondo l'oscurità, la confusione, la profondità, le tenebre, al terzo la facilità di lasciarsi trattare; sopra questa materia si porta ormai lo Spirito del Creatore per operare.
Lo Spirito di Dio inoltre si portava al di sopra dell'acqua. ( Gen 1,2 )
Non si portava com'è portato l'olio al di sopra dell'acqua, com'è portata l'acqua al di sopra della terra, cioè come fosse contenuto in essa ma, se per comprendere questo fatto si devono prendere esempi dalle realtà visibili, si portava come questa luce del sole e della luna si porta al di sopra degli oggetti di quaggiù, ch'essa illumina sulla terra, poiché non è contenuta in essi ma, essendo contenuta nel cielo, si porta al di sopra di essi.
Dobbiamo anche guardarci dal credere che lo Spirito di Dio si porti al di sopra della materia come attraverso lo spazio, ma in virtù d'una certa potenza attiva e creatrice, affinché ciò su cui si portava fosse fatto e creato, allo stesso modo che la volontà dell'artefice si porta al di sopra del legno o di qualsiasi altra materia sottoposta a lavorazione o anche sopra le stesse membra del proprio corpo che egli muove per operare.
Ma anche questo paragone, pur essendo di certo più eccellente di qualsiasi altro oggetto, è tuttavia di scarso o di quasi nessun valore per comprendere l'azione con cui lo Spirito di Dio si portava sopra la materia del mondo sottomessa a lui per essere lavorata.
Noi però, tra le cose che, bene o male, possono essere comprese dalla gente, non troviamo un paragone più evidente e più appropriato all'argomento di cui trattiamo.
A proposito quindi di riflessioni di tal genere si deve tenere in grandissimo conto quanto dice la Scrittura; Voi che benedite il Signore, esaltatelo per quanto potrete, poiché egli è più grande di tutte le sue opere. ( Sir 43,33 )
Questo però si può dire solo se in questo passo s'intende di Dio lo Spirito Santo, da noi adorato nella stessa ineffabile e immutabile Trinità.
Si potrebbe però intendere anche in un altro senso.
Per Spirito di Dio potremmo cioè intendere una creatura dotata di una forza vitale che contiene tutto quanto questo mondo visibile e tutte le realtà materiali; creatura, alla quale Dio onnipotente ha dato un certo potere di servire a lui per operare riguardo a ciò che viene prodotto.
Questo spirito, essendo più eccellente di qualsiasi corpo etereo, poiché qualsiasi creatura invisibile è superiore a qualsiasi creatura visibile, non illogicamente si chiama spirito di Dio.
In realtà che cosa mai non appartiene a Dio, dal momento che, a proposito della terra, la Scrittura dice: Del Signore è la terra e quanto contiene? ( Sal 24,1 )
La stessa Scrittura inoltre, con un'espressione sintetica generale, dice: Poiché tutte le cose sono tue, o Signore, che ami la vita. ( Sap 11,26 )
Ma questo spirito si può intendere nel senso suddetto solo se la frase: Nel principio Dio fece il cielo e la terra, ( Gen 1,1 ) la intendiamo detta di una creatura visibile.
In tal modo sopra la materia delle cose visibili al principio della loro creazione si portava lo spirito invisibile, che tuttavia era anch'esso una creatura, cioè non Dio, ma una natura fatta e formata da Dio.
Se al contrario si crede che la materia di tutte le cose, vale a dire non solo di quelle intellettuali ma anche di quelle animali e materiali, è denotata col termine di "acqua", in questo passo per Spirito di Dio non si può assolutamente intendere se non lo Spirito immutabile e santo che si portava al di sopra della materia di tutte le cose fatte e create da Dio.
A proposito di questo "spirito" può sorgere una terza opinione in base alla quale si crede che mediante il termine "spirito" s'indichi l'elemento dell'aria; in tal modo sarebbero indicati i quattro elementi di cui risulta composto il nostro mondo visibile, vale a dire: cielo, terra, acqua, aria; non perché fossero già distinti e disposti in ordine, ma perché in quella materia informe perché caotica erano tuttavia prefigurati come destinati ad avere origine; quella confusione informe era denotata col termine di "abisso tenebroso".
Qualunque però di queste opinioni sia la vera, si deve credere che in tutte le cose che sono state originate, sia le visibili sia le invisibili, non per quanto riguarda i difetti che sono contro natura, ma per quanto riguarda le stesse nature, è autore e creatore Dio, e non v'è assolutamente alcuna creatura che non abbia da lui l'inizio e la perfezione della propria specie e sostanza.
E Dio ordinò: Vi sia la luce. E la luce vi fu. ( Gen 1,3 )
Non dobbiamo pensare che Dio disse: Vi sia la luce con la voce emessa dai polmoni o con la lingua e i denti.
Queste sono immaginazioni d'individui carnali; ora, pensare secondo la carne è morte. ( Rm 8,6 )
La frase: Vi sia la luce fu invece pronunciata in modo ineffabile.
Possiamo però chiederci se quelle parole furono rivolte al Figlio unigenito, oppure se la parola che fu detta è il Figlio unigenito, poiché si chiama Verbo di Dio la parola mediante la quale fu fatta ogni cosa, ( Gv 1,1-3 ) purché tuttavia non commettiamo l'empietà di credere che il Verbo di Dio, il Figlio Unigenito, sia - per così dire - una parola pronunciata come facciamo noi.
Al contrario, il Verbo di Dio, mediante il quale è stata fatta ogni cosa, non è né cominciato ad esistere né finirà mai di esistere ma, nato senza principio, è eterno come il Padre.
La parola quindi: Vi sia la luce, se cominciò e cessò d'essere pronunciata, fu detta piuttosto al Figlio anziché essere essa stessa il Figlio.
E tuttavia anche questa parola fu detta in modo ineffabile perché non s'insinui nell'anima un'immagine carnale e turbi l'intelligenza spirituale timorata di Dio; poiché intendere in senso proprio che nella natura di Dio cominci e finisca qualcosa è un'opinione temeraria e pericolosa, che tuttavia può essere scusata con un gran senso d'umanità nelle persone carnali e semplici, non perché persistano in essa, ma perché se ne allontanino.
Qualunque cosa infatti si dice che Dio comincia e finisce, non la si deve intendere in alcun modo rispetto alla sua natura ma rispetto alla sua creatura che gli ubbidisce in modi meravigliosi.
. E Dio ordinò: Vi sia la luce. ( Gen 1,4 )
Si tratta forse della luce che appare ai nostri occhi carnali o forse d'una luce segreta che non ci è concesso di vedere mediante i sensi del nostro corpo?
E se è segreta, è forse fisica e si spande nello spazio, forse nelle zone più alte del mondo?
Oppure è forse incorporea come quella che si trova nell'anima, alla quale dai sensi del corpo viene riferito il giudizio su ciò che si deve evitare o desiderare: luce di cui non è priva neppure l'anima delle bestie?
Oppure è forse la luce superiore che si manifesta nel ragionare e dalla quale ha origine tutto ciò che è stato creato?
Quale che sia la luce qui indicata, dobbiamo tuttavia intendere la luce fatta e creata, non quella di cui risplende la stessa Sapienza di Dio, che non è creata ma generata.
Non si deve pensare che Dio fosse senza luce prima di aver creato quella di cui si tratta adesso.
A proposito di questa infatti, come dimostrano assai bene le stesse parole, è messo in risalto il fatto ch'essa è stata creata: E disse - dice la Scrittura - vi sia la luce, e la luce fu fatta. ( Gen 1,4 )
Una cosa è la luce nata da Dio, un'altra è la luce fatta da Dio; la luce nata da Dio è la stessa Sapienza di Dio; la luce fatta, al contrario, è qualunque luce mutevole, sia corporea che incorporea.
Di solito però rimaniamo sorpresi come mai potesse esserci la luce fisica prima che esistesse il cielo e i luminari del cielo che la Scrittura ci fa conoscere dopo di questa; proprio come se fosse facile o assolutamente impossibile sapere se ci sia qualche altra luce fuori del cielo, che sia tuttavia distinta e diffusa nello spazio e abbracci il mondo.
Ma poiché in questo passo si può intendere che si tratti anche d'una luce incorporea, se diciamo che in questo libro viene fatta conoscere non solo la creatura visibile ma ogni specie di creature, che bisogno c'è d'indugiare in questa discussione?
E forse per quanto riguarda il quesito che ci si pone, quando cioè furono fatti gli angeli, questi sono indicati simbolicamente in questa luce in modo conciso - è vero - ma tuttavia assai appropriato e conveniente.
E Dio vide che la luce è una cosa buona. ( Gen 1,4 )
Bisogna intendere che con questa frase è indicata non la gioia derivante da un bene, diciamo così, insolito, ma l'approvazione dell'opera.
Che cosa infatti può dirsi di più appropriato a proposito di Dio, nella misura che può dirsi tra gli uomini, che usando le espressioni: "disse", "fu fatto", "lo approvò"?
In tal modo dal fatto che "disse" si comprende il suo comando, con l'espressione "fu fatto" si comprende la sua potenza, dal fatto che "lo approvò" si comprende la sua bontà; proprio come queste realtà ineffabili dovevano essere espresse da un uomo ad altri uomini in modo che potessero essere di giovamento a tutti.
E Dio separò la luce dalle tenebre. ( Gen 1,4 )
Da queste parole si può capire con quanta facilità dell'azione di Dio si dice che furono compiuti questi fatti.
Poiché non c'è alcuno che pensi che quando la luce fu fatta fosse confusa con le tenebre e perciò fosse in seguito necessario separarla: la separazione della luce dalle tenebre avvenne invece per il fatto stesso che la luce fu creata.
Può forse la luce essere unita alle tenebre? ( 2 Cor 6,14 )
Dio dunque separò la luce dalle tenebre perché fece la luce, l'assenza della quale si chiama tenebra.
Tra la luce e le tenebre c'è poi la differenza che c'è tra l'essere vestito e l'esser nudo, o tra ciò che è pieno e ciò che è vuoto, e altri esempi simili.
Abbiamo già detto più sopra in quanti sensi si può intendere la luce, la cui assenza e il cui contrario si può chiamare la tenebra.
Orbene, ci sono tre specie di luce: la prima è quella che si vede con gli occhi del nostro corpo, corporea anch'essa, come quella del sole, della luna delle stelle e di qualsiasi altro corpo di tal genere; contrarie a questa luce sono le tenebre quando un luogo è privo di luce.
Un'altra specie di luce è parimenti la vita sensitiva e capace di distinguere le cose che dal corpo sono trasmesse al giudizio dell'anima, come le cose bianche e nere, le cose squillanti e roche, di odore grato e spiacevole, dolci o amare, calde o fredde, e così tutte le altre cose di tal genere.
Una cosa infatti è la luce percepita dagli occhi, e un'altra cosa è quella con cui, mediante gli occhi, si possono giudicare le stesse sensazioni.
Quella infatti risiede nel corpo, questa invece, sebbene per mezzo del corpo percepisca ciò che prova, risiede tuttavia nell'anima.
Le tenebre contrarie a questa luce sono spie d'insensibilità o, per meglio dire, di mancanza della facoltà sensitiva, cioè il non aver sensazioni, sebbene vengano introdotte nei sensi cose che potrebbero essere percepite dai sensi, se nell'essere vivente ci fosse questa luce per mezzo della quale si hanno le sensazioni.
E ciò non avviene quando mancano gli organi del corpo come nei ciechi e nei sordi - poiché nell'anima di questi tali risiede la luce di cui trattiamo, mentre mancano gli organi del corpo -; ciò inoltre non avviene neppure allo stesso modo in cui non si sente una voce nel silenzio, quando nell'anima si trova anche questa luce ed esistono gli organi del corpo ma non viene introdotto nulla che si possa percepire dai sensi.
Non è dunque privo di questa luce chi non percepisce mediante i sensi, ma quando non esiste nell'anima una siffatta potenza che non si è soliti chiamare neppure anima, ma solo vita come quella che ha una vite o un altro albero o qualsiasi specie di piante, se pure è vero che ci si possa convincere in alcun modo che le piante hanno almeno una vita siffatta, mentre alcuni eretici commettono un grave errore credendo che le piante non solo hanno sensazioni attraverso il fusto, cioè vedono, odono, distinguono il calore e il fuoco, ma capiscono le ragioni e conoscono i nostri pensieri; ma questa è un'altra questione.
Le tenebre di questa luce, in virtù della quale si ha qualunque sensazione, sono dunque l'insensibilità che si riscontra quando qualsiasi essere vivente non ha la stessa facoltà di percepire sensazioni.
Ora, ammette che si chiama con un termine appropriato "luce" questa facoltà chiunque ammette che si chiama giustamente "luce" la facoltà con cui ci è palese qualsiasi cosa.
Quando noi diciamo: "È chiaro che ciò è armonioso, che questo è dolce, che ciò è freddo" - e così altre cose corporee di tal genere che per caso percepiamo con i sensi del corpo - la luce per cui queste cose sono evidenti è certamente nell'intimo dell'anima, sebbene le cose di cui si ha la sensazione vi siano introdotte attraverso il corpo.
La terza specie di luce esistente nelle creature può intendersi quella in virtù della quale noi ragioniamo.
La tenebra contraria a questa luce è l'irrazionalità, come sono irrazionali le anime delle bestie.
Sia dunque che questa frase della Genesi per luce primordiale fatta da Dio nella natura voglia fare intendere quella del cielo fisico, vale a dire quella sensibile di cui partecipano gli animi, sia che voglia s'intenda quella razionale che posseggono non solo gli angeli ma anche gli uomini, bisogna credere che Dio separò la luce dalle tenebre ( Gen 1,4 ) per il fatto stesso che la luce fu creata; poiché una cosa è la luce, altra cosa è l'assenza della luce che Dio ordinò mediante le tenebre contrarie alla luce.
La Scrittura infatti non dice che Dio fece le tenebre, poiché Dio fece la bellezza degli esseri e non la loro deficienza che rientra nel nulla, a partire dal quale Dio creatore fece ogni cosa.
Noi tuttavia comprendiamo che da Dio furono disposte nel loro ordine le deficienze quando la Scrittura dice: E Dio separò la luce dalle tenebre, affinché nemmeno le stesse deficienze fossero prive del loro ordine, dal momento che Dio regola e amministra tutte le cose.
Così accade anche quando si canta: le pause di silenzio a intervalli determinati e misurati, sebbene siano assenza di voci, sono tuttavia bene ordinate da chi è esperto nel canto e contribuiscono in qualche modo alla dolcezza dell'intera armonia.
Così anche in pittura le ombre servono a far risaltare le parti in rilievo e piacciono non già per la bellezza ma per l'ordine in cui sono disposte.
Dio infatti non è autore neppure dei nostri peccati e tuttavia ne è il regolatore quando dispone i peccatori in quello stato e li costringe a soffrire le pene meritate.
Questo significa il fatto che le pecore sono poste a destra, i capri invece a sinistra. ( Mt 25,33 )
Alcune cose dunque Dio non solo le fa ma le regola pure, altre invece le regola soltanto.
I giusti non solo li fa ma li regola anche, i peccatori invece, in quanto sono peccatori, non li fa ma li regola soltanto.
Quando infatti pone i primi alla destra e i secondi alla sinistra, il fatto che ordina che vadano al fuoco eterno si riferisce all'ordine dei meriti.
Così la bellezza degli esseri e le stesse nature non solo le crea ma le regola anche; ma le deficienze relative alla bellezza degli esseri e i difetti delle nature Dio non li fa ma li regola soltanto.
Egli dunque disse: Vi sia la luce, e la luce fu fatta, ( Gen 1,4 ) ma non disse: "Vi siano le tenebre, e le tenebre furono fatte".
Di queste due cose dunque l'una la fece, l'altra invece Dio non la fece, ma tuttavia le regolò entrambe quando separò la luce dalle tenebre.
In tal modo, per il fatto che le cose le fa lui, ciascuna di esse è bella, e poiché le regola lui, sono tutte belle.
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