La grazia di Cristo e il peccato originale

Indice

Il peccato originale

17.18 - La condanna di Pelagio è stata provvidenziale per i suoi seguaci ingannati

Certamente ritenete giustissimo che in una situazione siffatta, contro gli autori di un errore tanto nefando, si siano mossi e i Concili episcopali e la Sede Apostolica e tutta la Chiesa Romana e l'Impero Romano,26 che per grazia di Dio è cristiano, perché costoro sfuggano ai lacci del diavolo.

Chi sa che Dio non conceda ad essi il pentimento per conoscere, per confessare, per predicare, anche, la verità e per condannare una falsità veramente condannabile?

Comunque però costoro vogliano comportarsi, noi non possiamo tuttavia dubitare che è stato per la misericordia del Signore che in questo modo si è provveduto a molti, i quali li seguivano, perché vedevano che erano ammessi alla comunione cattolica.

17.19 - Anche nella sua lettera a Innocenzo Pelagio usò l'inganno

State poi ben attenti a come Pelagio abbia tentato di strisciare per trarre in inganno anche il tribunale episcopale della Sede Apostolica in questa stessa questione del battesimo dei bambini.

Nella lettera che mandò a Roma al papa Innocenzo di beata memoria e che fu consegnata al papa Zosimo, perché i latori non trovarono vivo Innocenzo, e che di là fu poi diretta a noi, dice che " alcuni lo incolpano di negare ai bambini il sacramento del battesimo e di promettere ad alcuni i regni dei cieli senza la redenzione del Cristo ".

Ma non sono così come le pone Pelagio le obiezioni che si muovono a costoro.

Infatti essi non negano ai bambini il sacramento del battesimo e non promettono a nessuno i regni dei cieli senza la redenzione del Cristo.27

Pelagio dunque enunzia le lamentate calunnie in un modo che gli consenta di poter rispondere con facilità alle imputazioni, salvando il proprio dogma.

18 - A costoro si obietta piuttosto di non voler confessare che i bambini non battezzati sono coinvolti nella condanna del primo uomo e che in essi è passato il peccato originale da dover togliere mediante la rigenerazione.

La loro opinione è che i bambini si devono battezzare unicamente allo scopo che ricevano il regno dei cieli, quasi che al di fuori del regno dei cieli a coloro, che senza la partecipazione del corpo e del sangue del Signore non possono avere la vita eterna, sia possibile avere altro che la morte eterna.

Ecco quello che si obietta a costoro sul battesimo dei bambini, non quello che Pelagio ha enunziato per proprio conto in tal modo da poter rispondere secondo i propri dogmi alla propria enunziazione, come se fosse l'obiezione di chi lo avversava.

18.20 - Quello di Pelagio è il metodo della menzogna

Fate attenzione inoltre in che modo risponda e vedete come le ombre dell'ambiguità vadano preparando un riparo alla falsità, spargendo caligine sulla verità; tanto che anche noi alla prima lettura godevamo che le sue affermazioni fossero rette o in qualche modo corrette.

Ma le esposizioni più ampie trovate nei suoi libri, dove, per quanto tenti di coprirsi, è costretto il più delle volte a scoprirsi, ci hanno reso sospette anche coteste affermazioni, così da trovarle ambigue ad un esame più attento.

Infatti dopo aver detto che quanto ha enunziato il suo avversario sul battesimo dei bambini egli " non l'ha udito mai nemmeno da un empio eretico ", soggiunge e dice: " Chi è così ignorante nella lettura del Vangelo, non dico, da tentare di dichiarare, ma anche solo di sussurrare o anche di pensare una simile enormità?

Chi inoltre è tanto empio da volere che i bambini siano esclusi dal regno dei cieli, vietando ad essi d'esser battezzati e di rinascere nel Cristo?".28

19.21 - La vera questione è quella della esistenza nei bambini del peccato originale

È inutile che pronunzi queste parole: con esse non si giustifica.

Che i bambini non possano senza il battesimo entrare nel regno dei cieli non l'hanno negato mai nemmeno costoro.

Ma la questione non verte su questo: la questione è sulla purgazione dei bambini dal peccato originale.

È su questo punto che deve purgarsi chi non vuol confessare che il lavacro della rigenerazione ha qualcosa da purgare nei bambini.

E vediamo perciò le altre affermazioni che sta per fare.

Dopo il riferimento della testimonianza evangelica che nessuno può entrare nel regno dei cieli senza essere rinato dall'acqua e dallo Spirito, ( Gv 5,3 ) testimonianza dalla quale non si muove ad essi nessuna questione, come abbiamo detto, seguitando domanda: " Chi è mai tanto empio da impedire ad un bambino di qualsiasi età la redenzione comune a tutto il genere umano? ".29

Anche qui c'è dell'ambiguità: quale redenzione dica, se dal male al bene o se dal bene al meglio.

Tant'è vero che anche Celestio a Cartagine confessò nel suo libello la redenzione dei bambini, e tuttavia non volle confessare che da Adamo sia passato in essi il peccato.

20.22 - Ambiguità di Pelagio sulla sorte dei bambini che muoiono senza battesimo

Ma badate che cosa poi soggiunga costui: " E da impedire di rinascere alla vita eterna e certa ad un bambino che è nato alla vita incerta? ".30

Cioè: " Chi è tanto empio da impedire di rinascere alla vita eterna e certa a chi è nato alla vita incerta? ".

Quando leggemmo per la prima volta queste parole, credemmo che egli avesse voluto dire vita incerta questa vita temporale, sebbene sembri a noi che avrebbe fatto meglio a dirla mortale, invece che incerta, perché è certa la morte con cui finisce.

Tuttavia, poiché non si dubita che sia incerta in ogni momento della sua durata, nient'altro credemmo che avesse voluto chiamare vita incerta se non questa vita mortale.

Perciò, sebbene non avesse voluto confessare apertamente la morte eterna dei bambini migranti da questa vita senza il sacramento del battesimo, nondimeno la nostra preoccupazione in proposito veniva confortata da un ragionamento di cui ci sentivamo quasi sicuri.

Dicevamo cioè: Se la vita eterna non può essere se non dei battezzati, come costui sembra riconoscere, certamente a quelli che muoiono senza il battesimo rimane la morte eterna.

E questo destino non può per nessuna giustizia di Dio toccare a coloro dai quali non sono stati commessi in questa vita peccati di nessun genere, se non si ammette in essi il peccato originale.

21.23 - "So dove non vanno, non so dove vanno"

Ma non mancarono poi dei fratelli che ci misero sull'avviso.

Pelagio l'avrebbe potuto dire per la ragione che è notoriamente solito rispondere a quanti lo interrogano su tale questione nei termini seguenti: " Dei bambini che muoiono senza battesimo io so dove non vanno, ma non so dove vanno ", cioè so che non vanno nel regno dei cieli, dove invece vadano diceva o dice d'ignorarlo, perché non ardiva dire che andassero alla morte eterna i bambini dei quali sentiva che non avevano fatto qui nessun peccato e non consentiva che avessero tratto il peccato originale.

Pertanto anche queste sue parole, trasmesse a Roma a sua grande discolpa, sono tanto ambigue da poter offrire al dogma di costoro dei nascondigli dai quali può sortire a tradimento il senso ereticale, quando, non essendoci nessuno capace di rispondere, ci si viene a trovare nelle condizioni di un uomo stremato in mezzo al deserto.

21.24 - Altri testi sospetti di Pelagio

Ma è nel libro della sua professione di fede, inviato a Roma con la medesima lettera al medesimo papa Innocenzo, quale aveva già scritto un'altra lettera, il testo dove Pelagio si è denudato molto più evidentemente nel tentativo di coprirsi.

Dice: " Riteniamo un solo battesimo e affermiamo che si deve celebrare nei bambini con le medesime parole del sacramento con le quali si celebra anche nei grandi".31

Non dice nemmeno: Con il medesimo sacramento, e certo, se lo dicesse, rimarrebbe ancora ambiguo; ma dice: " Con le medesime parole del sacramento ", come se per i bambini la remissione dei peccati si asserisca con il suono delle parole, ma non si compia nella realtà dei fatti.

Tuttavia lì per lì sembrò che affermasse una verità che andava d'accordo con la fede cattolica, ma non riuscì ad ingannare quella Sede Apostolica fino in fondo.

Dopo le risposte del Concilio d'Africa, una provincia nella quale quella pestifera dottrina era, sì, giunta serpeggiando, ma senza occuparla tanto vastamente, né inquinarla profondamente, per la premura di fratelli fedeli si fecero patenti anche altre sue affermazioni fatte da lui a Roma, dove era vissuto assai a lungo e dove prima che altrove si era buttato a tali discorsi e discussioni.

Sono le medesime affermazioni che il papa Zosimo, come potete leggere, ha inserite come esecrande nella lettera che ha scritta con il desiderio che sia diffusa per l'intero orbe cattolico.

In essa Pelagio, come se commentasse la Lettera dell'apostolo Paolo ai Romani, ragiona e dice così: " Se il peccato di Adamo nuoce anche a coloro che non peccano, allora anche la giustizia del Cristo giova pure a coloro che non credono".32

E le altre idee simili che abbiamo confutate e dissolte33 nei libri scritti da noi sul battesimo dei bambini.

Tali opinioni non osò per la verità proporle in quella sorta di commento come sue convinzioni personali.

Ma in un ambiente dov'era notissimo e dove il suo modo di pensare e di parlare non poteva ignorarsi, diceva precisamente quello che, in quei libri dal primo dei quali ho già stralciato qualcosa,34 tratta non velatamente, bensì molto apertamente con tutta la sua forza dialettica, per far credere che la natura umana non è nei bambini viziata in nessun modo per propaggine.

Attribuendo ad essa la salute le toglie il Salvatore.

22.25 - Il trattamento da riservare a Pelagio e a Celestio

Questa è la situazione. Si costata ormai la nascita di un dogma pestifero e d'un errore ereticale.

La Chiesa con l'aiuto di Dio se ne guarda ancora più apertamente di prima.

Questi due signori, cioè Pelagio e Celestio, o siano ridotti tra i penitenti o siano condannati in modo assoluto, se rifiutano la penitenza, perché l'opinione pubblica li mostra o anche li dimostra come gli autori di questa eresia.

Oppure, se non ne sono gli autori, ma l'hanno imparata da altri, tuttavia vengono con certezza vantati come gli assertori e i dottori che l'hanno fatta serpeggiare e crescere più vastamente a causa sia dei loro discorsi e dei loro libri, sia a causa di altri indizi ben fondati e della fama suscitata ed alimentata dall'insieme di tutti questi elementi.

A tal punto che altro resta se non che ogni cattolico, secondo le forze che gli dà il Signore, rintuzzi questa peste e resista ad essa vigilantemente, perché, combattendo a favore della verità, per necessità di rispondere e senza mania di contendere, si istruiscano gli ignoranti?

E così si converte in una utilità per la Chiesa il disegno tramato dal nemico a danno di essa, in conformità con le parole dell'Apostolo: È necessario che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi. ( 1 Cor 11,19 )

23.26 - Secondo i Pelagiani la loro dottrina non comprometteva la fede cattolica

Perciò, dopo il molto che abbiamo potuto scrivere battendoci contro questo errore, nemico della grazia di Dio, elargita a piccoli e grandi per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, dobbiamo esaminare adesso quello che costoro asseriscono per il desiderio d'evitare astutamente l'accusa di eresia.

Dicono: " Questa è una questione che non costituisce un pericolo per la fede ".

Ossia, qualora si dimostrasse che costoro sono usciti fuori dalla giusta orbita della fede, il loro errore non dovrebbe apparire una colpa criminale, ma una colpa civile.

In questo senso parlò Celestio nel processo ecclesiastico di Cartagine: " Quanto alla trasmissione del peccato, ho già detto che nella Cattolica ho udito molti che la negano e altri che l'ammettono.

Questo però è un argomento aperto alla discussione e non è un'eresia.

Ho detto sempre che i bambini hanno bisogno del battesimo e si devono battezzare: che altro vuole Paolino? ".

Disse così per far intendere che sarebbe stata da giudicarsi eresia, se avesse negato la necessità di battezzare i bambini.

Poiché invece confessa che si devono battezzare, sebbene come ragione del loro battesimo non dica la ragione invocata dalla verità, ma un'altra che non rientra nella fede, non crede di errare e quindi di dover essere giudicato come eretico. Similmente nel libello presentato a Roma, dopo aver spiegato, quanto a lungo gli piacque, la propria fede dalla Trinità dell'unica divinità fino al modo della futura risurrezione dei morti, verità sulle quali nessuno l'aveva interrogato e nessuno gli moveva questione, quando arrivò a parlare del problema allora dibattuto, disse: " Se al di fuori di quanto è definito per fede sono nate certe questioni che per molti sono oggetto di controversia, non sono io che, quasi da inventore di un qualche dogma, ho fondato questo insegnamento arrogandomi un'autorità indiscussa, ma noi non facciamo altro che offrire al giudizio della vostra apostolicità le verità che ho apprese dalla fonte dei Profeti e degli Apostoli, perché, se qualche errore d'ignoranza ci fosse eventualmente sfuggito, da uomini che siamo, venga corretto dalla vostra sentenza ".35

Capite bene, com'è chiaro, che premettendo un tale preambolo mirava a questo: se fosse apparso in lui qualcosa d'errato, gli altri avessero la bontà di credere che non aveva errato nella fede, ma in questioni che sono fuori dalla fede e dove, sebbene l'errore sia da correggere, non si corregge tuttavia come eresia e di chi non sia stato corretto si dice che erra, ma senza che tuttavia sia giudicato per questo un eretico.

23.27 - Esempi di problemi che non compromettono la fede

Ma lo inganna parecchio questa sua opinione.

Le questioni presenti, che stima fuori dalla fede, sono ben diverse da quelle nelle quali, rimanendo salva la fede che ci fa cristiani, o s'ignora quale sia la verità e resta sospeso il giudizio definitivo o s'interpreta diversamente da come sta la verità, in forza d'una congettura umana e debole.

Per esempio quando si vuole sapere come e dove sia il paradiso in cui Dio collocò l'uomo che formò dalla polvere, ( Gen 2,7 ) sebbene la fede cristiana non dubiti che esista quel paradiso.

O quando si vuol sapere dove siano adesso Elia o Enoch, se qui o altrove, sebbene non dubitiamo che essi vivano negli stessi corpi con i quali sono nati.

O quando si vuol sapere se l'Apostolo sia stato rapito al terzo cielo con il corpo o senza il corpo ( 2 Cor 12,2 ), per quanto sia una ricerca presuntuosa quella di voler conoscere ciò che attesta d'ignorare, salva s'intende la fede, colui che ebbe tale privilegio.

O quanti siano i cieli, nel terzo dei quali Paolo dice d'essere stato rapito.

O se gli elementi di questo mondo visibile siano quattro o siano di più.

Che cosa origini le eclissi di sole o di luna, che gli astrologi sanno predire con il computo esatto dei tempi.

Perché gli antichi uomini abbiano vissuto tanto a lungo quanto è attestato dalla santa Scrittura e se in proporzione alla loro longevità abbiano cominciato a generare con un ritardo di pubertà.

Dove abbia potuto vivere Matusalemme ( Gen 5,25-27 ) che non era nell'arca e che, stando alla maggioranza dei codici greci e latini sul computo degli anni, sarebbe dovuto sopravvivere al diluvio, oppure se si debba credere piuttosto ad una minoranza di codici, rarissimi a trovarsi, nei quali il computo dei suoi anni è fatto così da indicarlo già morto prima del diluvio.

In queste e in simili questioni, varie e innumerevoli, attinenti sia all'oscurità profondissima delle opere di Dio, sia alla segretezza occultissima delle Scritture e che sarebbe difficile abbracciare e definire con un qualche criterio di certezza, chi non capisce che da una parte molte verità s'ignorano senza nessun danno della fede cristiana e che d'altra parte in qualcosa si erra senza incorrere in nessun crimine di dogma ereticale?

24.28 - Il fondamento della fede

Ma quando sono in causa i due uomini per l'uno dei quali siamo stati venduti come schiavi del peccato e per l'altro siamo redenti da tutti i peccati, per l'uno siamo stati precipitati nella morte e per l'altro siamo liberati per la vita; infatti il primo ci ha portati in se stesso alla rovina facendo la propria volontà e non la volontà di colui che l'aveva fatto, il secondo ci ha fatti salvi in se stesso non facendo la propria volontà, ma la volontà di colui che l'aveva mandato: ( Gv 4,34; Gv 5,30 ) quando dunque sono in causa questi due uomini è propriamente in causa la sostanza della fede cristiana.

Uno solo infatti è Dio e uno solo il Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù. ( 1 Tm 2,5 )

Perché, non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati, ( At 4,12 ) e Dio in lui ne ha stabilito la fede per tutti risuscitandolo dai morti. ( At 17,31 )

Pertanto senza questa fede, cioè senza la fede nell'unico Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, senza la fede dico nella sua risurrezione - risurrezione che Dio ha stabilito per tutti -, che certo non si può credere in tutta la sua verità senza la sua incarnazione e morte: in conclusione, senza la fede nell'incarnazione, nella morte e nella risurrezione del Cristo la verità cristiana non dubita che nemmeno gli antichi giusti abbiano potuto, per essere giusti, venir mondati dai loro peccati e giustificati dalla grazia di Dio.

E ciò si è verificato sia per quei giusti dei quali parla la santa Scrittura, sia per quelli di cui essa non parla, ma nell'esistenza dei quali si deve credere, o prima del diluvio o dopo fino a quando fu data la legge o nel periodo stesso della legge, non solo tra i figli d'Israele come furono i profeti, ma anche fuori da quel popolo come Giobbe.

I cuori di tutti costoro erano mondati dalla medesima fede nel Mediatore e in quei cuori si riversava la carità per mezzo dello Spirito Santo, ( Rm 5,5 ) che spira dove vuole, ( Gv 3,8 ) non inseguendo i meriti, ma suscitando anche gli stessi meriti.

La grazia di Dio infatti non sarà grazia in nessun modo, se non sarà gratuita in ogni modo.

24.29 - La grazia operava anche nell'Antico Testamento

La morte regnò da Adamo fino a Mosè, ( Rm 5,14 ) perché non poté vincere la morte nemmeno la legge data per mezzo di Mosè.

La legge infatti non fu data come capace di conferire la vita, ( Gal 3,21 ) bensì perché degli uomini, morti spiritualmente e bisognosi della grazia per essere riportati alla vita, mostrasse non solo la prostrazione a causa della propagazione del peccato e della sua dominazione, ma altresì la condanna per colpevolezza a causa del sopraggiungere della trasgressione della legge stessa.

E questo perché chiunque anche allora arrivava a comprendere, per la misericordia divina, questa situazione non si perdesse, e benché fosse destinato al castigo attraverso il regno della morte e se ne fosse reso cosciente a motivo della trasgressione della legge, cercasse l'aiuto di Dio, e così dove era abbondato il peccato sovrabbondasse la grazia, ( Rm 5,20 ) la quale è la sola forza che libera dal corpo di questa morte. ( Rm 7,24-25 )

25 - Sebbene dunque non abbia potuto rimuovere da nessuno il regno della morte nemmeno la legge data per mezzo di Mosè, tuttavia anche al tempo della legge c'erano uomini di Dio che non vivevano sotto la legge terrificante, accusante, castigante, ma che vivevano sotto la grazia allettante, risanante, liberante.

Erano coloro che dicevano: Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre, ( Sal 51,7 ) e: Nulla è intatto nelle mie ossa per i miei peccati, ( Sal 38,4 ) e: Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo, ( Sal 51,12 ) e: Sostieni in me un animo generoso, ( Sal 51,14 ) e: Non privarmi del tuo Santo Spirito. ( Sal 51,13 )

Erano coloro che dicevano: Ho creduto, perciò ho parlato. ( Sal 116,1 )

Anch'essi infatti venivano mondati dalla stessa fede che monda noi pure.

Tanto che anche l'Apostolo dice: Animati da quello stesso spirito di fede, di cui sta scritto: - Ho creduto, perciò ho parlato -, anche noi crediamo e perciò parliamo. ( 2 Cor 4,13 )

Per la stessa fede si diceva: Ecco una vergine riceverà nel suo grembo un figlio e lo partorirà e lo chiameranno Emmanuele, che significa Dio con noi. ( Is 7,14; Mt 1,23 )

Per la stessa fede si diceva di lui: Ed egli, come uno sposo che esce dalla stanza nuziale, esulta come prode che percorre la via: egli sorge da un estremo del cielo e la sua corsa raggiunge l'altro estremo; nulla si sottrae al suo calore. ( Sal 19,6-7 )

Per la stessa fede si diceva a lui: Il tuo trono, o Dio, dura per sempre; è scettro giusto lo scettro del tuo regno.

Ami la giustizia e l'empietà detesti: perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza dei tuoi eguali. ( Sal 45,7-8 )

Con il medesimo spirito di fede con il quale noi crediamo in avvenimenti passati essi li vedevano futuri.

Perché, non è vero che non siano stati partecipi di questi avvenimenti proprio coloro che li poterono con amore pieno di fede vaticinare a noi.

Per quale ragione l'apostolo Pietro dice: Perché continuate a tentare Dio imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare?

Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati noi e nello stesso modo essi pure, ( At 15,10-11 ) se non per la ragione che anch'essi sono stati salvati per la grazia del Signore Gesù Cristo e non per la legge di Mosè, che non portava alla guarigione del peccato, ma solo alla cognizione del peccato?

Lo insegna l'Apostolo scrivendo: Per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato. ( Rm 3,20 )

Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti. ( Rm 3,21 )

Se adesso la giustizia di Dio è stata manifestata, c'era dunque anche prima, ma occulta.

La sua occultazione era significata dal velo del tempio che si squarciò alla morte del Cristo per indicare la sua rivelazione. ( Mt 27,51 )

Anche allora dunque c'era nel popolo di Dio questa grazia dell'unico Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù, ma c'era in modo latente come sul vello la pioggia, che Dio riserva, non dovuta, ma liberamente regalata, alla sua eredità. ( Sal 68,10 )

Adesso invece che quel vello si è, per così dire, asciugato, ossia ora che il popolo giudaico è stato riprovato, la grazia di Dio apparisce in modo patente, come sull'aia, in mezzo a tutte le genti. ( Gdc 6,36-40 )

26.30 - Lo schema della storia della salvezza secondo i Pelagiani

Guardiamoci dunque dal dividere i tempi alla maniera di Pelagio36 e dei suoi discepoli, i quali dicono: " Uomini giusti sono vissuti all'inizio in forza della natura, poi sotto la legge e terzo sotto la grazia ".

Cioè, per natura da Adamo in tutto il lungo periodo prima che fosse data la legge.

" Allora infatti " dicono " si conosceva il Creatore dietro la guida della ragione, e la regola di come si doveva vivere si portava scritta nei cuori, non per la legge della lettera scritta ma per la legge della natura.

Essendosi però viziati i costumi, quando la natura cominciò a non bastare più, perché stinta, fu aggiunta ad essa la legge, perché, come una lima, ne raschiasse la ruggine che l'appannava e la riportasse al suo primo fulgore.

Ma dopo che prevalse " così ragionano " un'eccessiva abitudine di peccare, a risanar la quale poco valeva la legge, arrivò il Cristo e a quel morbo, che si potrebbe dire disperatissimo, portò rimedio il Medico in persona, da se stesso, non per mezzo dei suoi discepoli ".

26.31 - Per la fede anche gli antichi giusti furono membra del Cristo

Nel ragionare così tentano d'escludere dalla grazia del Mediatore gli antichi giusti, come se l'uomo Cristo Gesù non sia stato il Mediatore tra Dio e gli uomini ( 1 Tm 2,5 ) di quei tempi, per la ragione che non aveva preso ancora la carne dal seno della Vergine e non era ancora uomo quando vivevano quei giusti.

Se fosse così, l'Apostolo non direbbe: A causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti, e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo. ( 1 Cor 15,21-22 )

Secondo i vaniloqui di costoro quegli antichi giusti né ebbero bisogno della mediazione dell'uomo Cristo per essere riconciliati con Dio, bastando ad essi la natura, né riceveranno la vita in lui, essendo evidente che non appartengono al suo corpo e alle sue membra, in rapporto al quale Gesù è divenuto uomo per gli uomini.

Se invece è vero quello che dice la Verità per mezzo dei suoi Apostoli: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo, perché dal primo uomo viene la morte e dal secondo la risurrezione dei morti, quale cristiano oserebbe dubitare che anche quei giusti, i quali piacquero a Dio nei tempi verdi del genere umano, arriveranno alla risurrezione della vita eterna, non della morte eterna, perché risorgeranno nel Cristo; e risorgeranno nel Cristo perché appartengono al corpo del Cristo, e appartengono al corpo del Cristo perché anche di essi è capo il Cristo; ( 1 Cor 11,3 ) e anche di essi è capo il Cristo perché uno solo è il Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù? ( 1 Tm 2,5 )

E non sarebbe stato capo di essi, se mediante la sua grazia non avessero creduto nella sua risurrezione.

E questo come avverrebbe, se avessero ignorato la sua futura venuta nella carne, né in forza di questa fede fossero vissuti nella giustizia e nella pietà?

Infatti se l'incarnazione del Cristo non avesse giovato ad essi per la ragione che non era avvenuta ancora, non gioverebbe nemmeno a noi il giudizio del Cristo sui vivi e sui morti, perché non è ancora avvenuto.

Se al contrario in forza della fede in questo giudizio non ancora avvenuto, ma venturo, noi staremo alla destra del Cristo, certamente quei giusti sono membra del Cristo in forza della fede nella sua incarnazione, non ancora avvenuta per quei tempi, ma ventura.

27.32 - Ai giusti dell'Antico Testamento fu rivelata l'umanità del Redentore

Non dobbiamo credere infatti che ai giusti dell'antichità abbia giovato solamente la divinità del Cristo che esisteva da sempre e non anche la rivelazione della sua umanità che non esisteva ancora.

L'affermazione di Gesù Signore: Abramo bramò di vedere il mio giorno e lo vide e se ne rallegrò, ( Gv 8,56 ) se Gesù ha voluto che come suo giorno s'intendesse il suo tempo, rende certamente testimonianza ad Abramo che egli era pieno di fede nella sua incarnazione.

È infatti secondo la sua incarnazione che Gesù ha il suo tempo, e invece la sua divinità trascende ogni tempo, perché è per mezzo di essa che sono stati creati tutti i tempi.

Se poi qualcuno crederà di dover intendere l'affermazione di Gesù del giorno eterno che non va a finire nel domani e non è preceduto dal giorno ieri, ossia dell'eternità stessa nella quale Gesù è coeterno al Padre, come avrebbe potuto Abramo avere veramente una tale brama, se non avesse conosciuto la futura mortalità di colui del quale cercava di vedere l'eternità?

Poniamo infine l'ipotesi che qualcuno limiti il senso delle parole di Gesù dicendo che la sua affermazione: Abramo cercò il mio giorno, non si deve intendere se non così: Cercò me, che sono il giorno che non passa, ossia la luce indefettibile, presso a poco come quando diciamo: La vita del Figlio, della quale parla il Vangelo affermando: Ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, ( Gv 5,26 ) non intendiamo separare il Figlio e la sua vita come due realtà diverse, ma intendiamo come vita lo stesso e medesimo Figlio che ha detto: Io sono la via, la verità, la vita, ( Gv 14,6 ) e del quale si è detto: Egli è il vero Dio e la vita eterna. ( 1 Gv 5,20 )

Si dice cioè che Abramo desiderò di vedere la divinità del Cristo pari a quella del Padre senza nulla presapere della sua incarnazione, come l'hanno cercato anche alcuni filosofi che non seppero nulla della sua carne.

Ma contro questa ipotesi io faccio osservare che c'è anche la pagina dove Abramo comandò al suo servo di mettergli la mano sotto il femore e di giurare per il Dio del cielo, ( Gen 24,2-3 ) e domando: sarà mai possibile a qualcuno dare di questo episodio un'interpretazione giusta che possa fare a meno di supporre in Abramo la consapevolezza che la carne nella quale si sarebbe incarnato il Dio del cielo discendeva da lui stesso?

28.33 - L'importanza della umanità nel Redentore

Alla carne e al sangue del Dio del cielo rese una testimonianza notissima ai fedeli cristiani anche Melchisedech, quando benedì lo stesso Abramo, ( Gen 14,18.20 ) tanto che molto tempo dopo si diceva nei Salmi al Cristo ciò che, pur essendo un evento non ancora venuto, ma ancora venturo, cantava tuttavia la sola e medesima fede anche dei padri, che è la nostra fede: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedech. ( Sal 110,4 )

Per coloro che trovano la morte in Adamo giova appunto il Cristo perché è il Mediatore per la vita.

Ma non è il Mediatore in virtù della divinità nella quale è uguale al Padre: per essa infatti anch'egli dista da noi quanto il Padre, e come ci sarà mediazione dove la distanza rimane la stessa?

Perciò l'Apostolo non dice: Un solo Mediatore tra Dio e gli uomini, il Cristo Gesù, ma dice: l'uomo Cristo Gesù. ( 1 Tm 2,5 )

Mediatore dunque in forza di ciò che lo fa uomo : inferiore al Padre in forza di ciò che lo fa più vicino a noi, superiore a noi in forza di ciò che lo fa più vicino al Padre.

Si dice lo stesso con maggiore esplicitezza così: inferiore al Padre perché in condizione di servo, ( Fil 2,7 ) superiore a noi perché senza macchia di peccato.

Indice

26 Honorii leges
27 Pelag., Ep. ad Innocentium
28 Pelag., Ep. ad Innocentium
29 Pelag., Ep. ad Innocentium
30 Pelag., Ep. ad Innocentium
31 Pelag., Libellus fidei 7
32 Pelag., Exp. in Ep. ad Rm 5, 15
33 De peccat, mer. et rem. 3, 3, 5-6
34 Pelag., Pro lib. arb. 1
35 Celest., Libellus fidei Romae
36 Aug., Contra duas epp. Pelag. 1, 21, 39