La natura del bene

Indice

30 - Anche i più piccoli beni terreni provengono da Dio

Che poi siano opera sua anche i beni più piccoli, cioè quelli terreni e mortali, lo si comprende senza ombra di dubbio in quel passo dell'Apostolo in cui egli parla delle membra del nostro corpo, poiché se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui; e se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme. ( 1 Cor 12,26 )

E ha detto anche: Dio ha disposto tutte le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. ( 1 Cor 12,18 )

E ancora: Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. ( 1 Cor 12,24-25 )

Quel che l'Apostolo loda nella misura, forma e ordine della membra della carne, lo trovi nella carne di tutti gli esseri animati, dai più grandi ai più piccoli, essendo ogni carne annoverata fra i beni della terra, e in tal senso tra i più piccoli.

31 - A Dio spetta punire e condonare i peccati

Parimenti, dal momento che la natura e l'entità della pena dovuta dipendono dal giudizio divino, non umano, così sta scritto: O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!

Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! ( Rm 11,33 )

Parimenti, dal momento che per la bontà di Dio sono condonati i peccati a quanti si sono convertiti, ha reso evidente il fatto che Cristo è stato mandato. ( Gv 20,21 )

Egli è morto per noi, non nella sua natura, per cui è Dio, ma nella nostra, che ha assunto da una donna.

Così l'Apostolo proclama la bontà di Dio verso di noi e il suo amore: Dio dimostra la sua carità verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui.

Se infatti, quand'eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. ( Rm 5,8-10 )

E quanto al fatto che non c'è iniquità presso Dio, essendo puniti come meritano i peccatori, così dice: Che diremo?

Forse è ingiusto Dio quando riversa su di noi la sua ira? ( Rm 3,5 )

In un medesimo passo, poi, con un rapido avvertimento dice che la bontà e la severità vengono da Lui: Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. ( Rm 11,22 )

32 - Anche la possibilità di nuocere è concessa da Dio

Parimenti, dal momento che anche l'autorità di coloro che possono nuocere viene solo da Dio, così sta scritto per bocca della Sapienza: Per mezzo mio regnano i re e i tiranni per mezzo mio possiedono la terra. ( Pr 8,15-16 )

Anche l'Apostolo dice: Non c'è autorità se non da Dio. ( Rm 13,1 )

E che sia cosa degna, sta scritto nel libro di Giobbe: Fa regnare l'ipocrita per la malvagità del popolo. ( Gb 34,30 )

E Dio dice a proposito del popolo di Israele: Ho loro dato un re nella mia ira La malvagità degli angeli non dipende da Dio, ma dal loro peccato. ( Os 13,11 )

Effettivamente non è ingiusto che, nel momento in cui i malvagi ricevono il potere di nuocere, la pazienza dei buoni venga messa alla prova e nello stesso tempo l'iniquità dei cattivi venga punita.

Infatti, attraverso il potere concesso al diavolo, Giobbe fu messo alla prova perché risultasse la sua giustizia, ( Gb 1,12; Gb 2,6 ) Pietro fu tentato perché non presumesse di sé, ( Mt 26, 31-35.69-75 ) Paolo fu colpito perché non s'inorgoglisse, ( 2 Cor 12,7 ) Giuda fu condannato perché s'impiccasse. ( Mt 27,5; At 1,16-20 )

Mentre dunque Dio stesso ha fatto tutte queste cose secondo giustizia ( Sap 12,15 ) per mezzo del potere concesso al diavolo, a quello sarà inflitto un castigo finale non certo in ragione di tali atti compiuti secondo giustizia, ma in ragione della sua iniqua volontà di nuocere, quando si dirà agli empi che hanno perseverato nell'acconsentire alla sua perfidia: Andate nel fuoco eterno che il Padre mio ha preparato per il diavolo e per i suoi angeli. ( Mt 25,41 )

33 - Gli stessi angeli cattivi, poi, non sono stati costituiti come tali da Dio, ma peccando sono diventati cattivi; così Pietro ne parla nella sua lettera: Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò nel carcere tenebroso dell'inferno, serbandoli per il giudizio. ( 2 Pt 2,4 )

Pietro passa quindi a mostrare che a loro è ancora dovuta la pena dell'ultimo giudizio, secondo le parole del Signore: Andate nel fuoco eterno che il Padre mio ha preparato per il diavolo e per i suoi angeli, ( Mt 25,41 ) benché essi avessero già ricevuto come pena questo inferno, vale a dire quella inferiore aria tenebrosa che è come un carcere.

Anche se però essa viene chiamata cielo, non si tratta di quel cielo in cui sono le stelle, ma di questo cielo inferiore nella cui tenebra si addensano le nuvole e dove volteggiano gli uccelli; infatti si parla di un cielo di nubi e di volatili del cielo: ( Gen 2,20; Mt 6,26 ) in base a questo, l'apostolo Paolo denomina i medesimi angeli iniqui, invidiosi di noi, ( Sap 2,24 ) contro i quali combattiamo per mezzo di una vita religiosa, spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. ( Ef 6,12 )

E perché in tal caso non si intendano i cieli superiori, altrove in modo esplicito dice: Seguendo il principe delle potenze dell'aria, che ora opera nei figli della incredulità. ( Ef 2,2 )

34 - Il peccato non consiste nel desiderio di nature cattive, ma nel rifiuto di quelle migliori

Parimenti il peccato o iniquità non consiste nel desiderio di nature cattive, ma nel rifiuto di quelle migliori; in proposito così si trova scritto nelle Scritture: Ogni creatura di Dio è buona. ( 1 Tm 4,4 )

Perciò anche ogni albero piantato da Dio in paradiso è sicuramente cosa buona. ( Gen 2,8-9 )

Dunque l'uomo, toccando l'albero vietato, non ha desiderato una natura cattiva; abbandonando invece ciò che era migliore, commise un atto cattivo.

Il Creatore è senza dubbio migliore di ogni creatura che è opera sua; non si doveva abbandonare la sua disposizione per toccare quel che era proibito, anche se buono, poiché, una volta abbandonato ciò che è migliore, si desiderava un bene creato, contravvenendo, nel toccarlo, alla disposizione del Creatore.

Insomma Dio non aveva piantato nel paradiso un albero cattivo, anche se, in quanto autore della proibizione, egli era migliore.

35 - La proibizione dell'albero rivolta ad Adamo era un invito a sottomettersi a Dio

La proibizione divina infatti voleva mostrare che la natura di un'anima razionale non ha autorità su di sé, ma dev'essere sottomessa a Dio e che salvaguarda l'ordine della propria salvezza attraverso l'obbedienza, mentre lo altera attraverso la disobbedienza.

Perciò quel che vietò di toccare lo chiamò albero della conoscenza del bene e del male; ( Gen 2,9 ) infatti chi l'avesse toccato, contravvenendo al divieto, avrebbe sperimentato la pena del peccato e in tal modo conosciuto la differenza che intercorre tra il bene dell'obbedienza e il male della disobbedienza.

36 - Il male consiste nell'uso cattivo di un bene creato

Del resto chi sarebbe così stolto da ritenere riprovevole una creatura di Dio, specialmente se piantata nel paradiso?

Oltre tutto, non è corretto riprovare nemmeno le spine e gli aculei, ( Gen 3,17-19 ) che la terra fa nascere conformemente ad un decreto divino, aggravando la fatica del peccatore.

Anche tali piante, in effetti, godono di una propria misura, forma ed ordine e chiunque le esaminasse lucidamente, le troverebbe encomiabili.

Ciononostante sono dei mali per quella natura che in tal modo doveva essere convenientemente castigata come sanzione del peccato.

Come ho già detto, quindi, il peccato non consiste nel desiderio di una natura cattiva, ma nell'abbandono di quella migliore.

Perciò è male in sé l'atto, non quella natura di cui fa cattivo uso chi pecca.

Il male consiste nell'uso cattivo del bene.

Per questo l'Apostolo biasima quanti sono stati condannati dal giudizio divino, i quali hanno venerato e servito la creatura al posto del Creatore. ( Rm 1,25 )

In tal caso egli non biasima una creatura ( chi fa questo, ingiuria il Creatore ), bensì coloro che hanno fatto un uso cattivo di un bene, avendone abbandonato uno migliore.

37 - Dio fa buon uso dei mali prodotti dai peccatori

Pertanto, nella misura in cui tutte le nature salvaguardano la propria misura, forma e ordine, non esisterà alcun male.

Tuttavia, se qualcuno avrà voluto fare un cattivo uso di queste nature buone, nemmeno così egli riesce a sconfiggere la volontà di Dio, che sa ricondurre anche gli ingiusti ad un giusto ordine.

In tal modo, se costoro hanno fatto un cattivo uso dei suoi beni per mezzo della propria iniqua volontà, egli farà buon uso dei loro mali per mezzo della sua giusta autorità, ordinando in modo retto nelle pene coloro che hanno ordinato se stessi in modo perverso nei peccati.

38 - Il fuoco eterno che tormenta i cattivi non è un male

Del resto non è una natura cattiva nemmeno lo stesso fuoco eterno, che tormenterà gli empi, godendo di una propria misura, forma e ordine, non corrotto da alcuna iniquità.

Ma il tormento è cattivo per i dannati, come un debito per i loro peccati.

In effetti non è una cattiva natura nemmeno questa luce, per il fatto che tormenta gli occhi infiammati.

39 - Il fuoco non è eterno come Dio, bensì interminabile

Il fuoco eterno, peraltro, non è eterno come Dio: pur essendo infatti interminabile, non è però senza inizio, mentre Dio è anche senza inizio.

Inoltre, pur essendo adoperato in modo perpetuo per i castighi dei peccatori, è pur sempre una natura mutabile.

C'è vera eternità, invece, dove c'è vera immortalità, cioè in quella suprema immutabilità che ha solo Dio, il quale non può assolutamente mutare.

Altro infatti è non mutare, pur avendone la possibilità, altro invece essere nell'impossibilità di mutare.

Come dunque si parla di uomo buono, non però come Dio, di cui è stato detto: Nessuno è buono, se non Dio solo; ( Mc 10,18 ) come si parla di anima immortale, non però come Dio, di cui è stato detto: Il solo che possiede l'immortalità; ( 1 Tm 6,16 ) come si parla di uomo sapiente, non però come Dio, di cui è stato detto: Dio solo è sapiente, ( Rm 16,27 ) allo stesso modo si parla di fuoco eterno, non come Dio, poiché soltanto la sua immortalità è vera eternità in sé.

40 - Non si può contravvenire al giusto ordine di Dio

Dal momento che le cose sono in questi termini, conformemente alla fede cattolica e all'integra dottrina e, per quanti la comprendono, alla limpida verità, nessuno può nuocere alla natura di Dio, né la natura di Dio può nuocere ingiustamente ad alcuno.

Chi nuoce infatti - dice l'Apostolo - ne subirà le conseguenze: presso Dio non v'è parzialità. ( Col 3,25 )

41 - Tutti i beni riposti dai manichei nella natura del male e tutti i mali riposti nella natura del bene

Se i manichei volessero pensare a questo senza riporre uno zelo rovinoso nella difesa del proprio errore e con timor di Dio, non cadrebbero nelle più scellerate affermazioni blasfeme, introducendo due nature: una buona che chiamano Dio, l'altra cattiva che non è opera di Dio.

Sbagliano quindi tal punto, a tal punto farneticano, anzi giungono ad un punto tale di follia, da non accorgersi di includere beni davvero grandi nella cosiddetta natura del sommo male; vi includono infatti vita, forza, salute, memoria, intelligenza, equilibrio, potenza, abbondanza, sensibilità, luce, dolcezza, dimensioni, numeri, pace, misura, forma, ordine.

Includono poi nel cosiddetto sommo bene mali davvero grandi: morte, malattia, oblio, insipienza, turbamento, impotenza, indigenza, stoltezza, cecità, dolore, ingiustizia, disonore, guerra, smoderatezza, deformità, pervertimento.

Dicono infatti che i principi delle tenebre sono vissuti nella loro natura, hanno raggiunto l'incolumità nel loro regno, hanno conservato memoria e intelligenza.

Senza memoria e intelligenza, infatti, il principe delle tenebre non avrebbe potuto sostenere le arringhe che quelli gli attribuiscono, né avrebbe potuto essere udito da coloro ai quali si rivolgeva.

Attribuiscono ancora a quelli un equilibrio adeguato alla loro anima e al loro corpo; un regno sviluppatosi grazie alla potenza della forza; abbondanza e fecondità dei propri elementi; la percezione gli uni degli altri e della vicinanza della luce; occhi per guardare lontano, occhi che certamente non avrebbero potuto vedere la luce senza una qualche luce ( e per questo sono correttamente chiamati anche luci ); la dolcezza di assaporare il proprio piacere e la loro configurazione secondo membra e dimore ben dimensionate.

Del resto, se non ci fosse stata là una qualche bellezza, non potrebbero amare le loro unioni, né i loro corpi sarebbero il frutto di una congruenza di parti: altrimenti non potrebbe realizzarsi quanto, farneticando, affermano essersi là realizzato.

E se là non ci fosse una qualche pace, non obbedirebbero al loro principe; se là non ci fosse una misura, non farebbero altro che mangiare, o bere, o scatenarsi o quant'altro in modo del tutto insaziabile.

Peraltro, senza una misura, nemmeno quanti si comportavano così avrebbero potuto configurarsi secondo conformazioni proprie; dicono invece che quelli si sono comportati in tal modo, non potendo negare che tutte le loro azioni siano state commisurate a loro stessi.

Se poi là non vi fosse stata una forma, nessuna qualità naturale potrebbe sussistere.

Se là non ci fosse alcun ordine, non ci sarebbe chi comanda e chi si sottomette, né chi vive conformemente ai propri elementi, né infine la disposizione delle membra sarebbe ben collocata, in modo da poter realizzare tutte quelle azioni superficiali di cui costoro favoleggiano.

Se d'altra parte dicono che la natura di Dio non è morta, che cosa mai Cristo può resuscitare secondo la loro superficialità?

Se dicono che non è malata, che cosa cura? Se dicono che non dimentica, che cosa fa ricordare?

Se dicono che non è insipiente, che cosa insegna? Se dicono che non è turbata, che cosa ristabilisce?

Se non è sconfitta e prigioniera, che cosa libera? Se non è indigente, chi soccorre?

Se non ha perduto sensibilità, che cosa vivifica? Se non è accecata, che cosa illumina?

Se non è nel dolore, che cosa rianima? Se non è iniqua, che cosa corregge con i suoi precetti?

Se non è disonorata, che cosa purifica? Se non è in guerra, a chi promette la pace?

Se non è smodata, a chi impone la misura della legge? Se non è deforme, chi riforma?

Se non è pervertita, che cosa risana?

Essi infatti dicono che tutto questo Cristo non l'ha assicurato a quella realtà che è opera di Dio e che si è corrotta peccando per proprio arbitrio, bensì alla natura stessa, alla sostanza stessa di Dio, che coincide con il suo essere.

42 - Le bestemmie dei manichei intorno alla natura di Dio

Che cosa è paragonabile a queste affermazioni blasfeme?

Assolutamente nulla, se consideriamo gli errori di altre sette perverse; se invece questo errore viene paragonato a se stesso e posto in relazione ad un'altra parte, di cui non abbiamo ancora parlato, si dimostra che le loro bestemmie contro la natura di Dio sono addirittura di gran lunga peggiori ed ancor più esecrabili.

Secondo loro, infatti, alcune anime, che essi pretendono esser parti della sostanza di Dio, assolutamente della sua stessa natura, sono eternamente incatenate ad un orrendo globo di tenebre; esse non avrebbero peccato spontaneamente, ma sarebbero state sconfitte e sopraffatte da una progenie delle tenebre, chiamata natura del male, per debellare la quale erano discese non di propria iniziativa, ma su comando del padre.

Parimenti, secondo le loro sacrileghe fandonie, Dio per una parte liberò se stesso da un grande male, mentre condannò se stesso per l'altra parte, che non riuscì a liberare dal nemico, e per di più trionfò su di esso come se lo avesse sconfitto.

È davvero un'impudenza scellerata e incredibile credere, affermare, annunziare tali cose di Dio!

Quando poi cercano di difendere tale posizione, finendo per sprofondarvi ad occhi chiusi peggiorandola, dicono che la causa di questo sarebbe stata la commistione con la natura del male, in modo che la natura buona di Dio patisca tanti mali; questa infatti, in se stessa, non avrebbe potuto né potrebbe patire niente di tutto ciò.

Come se una natura incorruttibile debba essere celebrata per il fatto che non nuoce a se stessa e non perché nulla può nuocerle dall'esterno!

Inoltre se la natura tenebrosa ha nociuto alla natura divina e la natura divina ha nociuto alla natura delle tenebre, allora queste due nature, che si sono danneggiate a vicenda, sono entrambe cattive e la progenie delle tenebre è stata migliore di animo, poiché, se ha nociuto, lo ha fatto senza volerlo: infatti non ha voluto nuocere, ma godere del bene di Dio.

Dio invece ha voluto estirparla, come Mani va farneticando nel modo più esplicito nella lettera del suo disastroso Fondamento.

Dimenticando infatti quel che aveva detto poco prima, afferma: I suoi regni più sfolgoranti sono così ben fondati sulla terra luminosa e felice, che da nessuno potrebbero essere turbati o sconvolti; e più avanti: Il Padre della luce sommamente felice sapeva che una grande sventura e desolazione, sorgendo dalle tenebre, avrebbe gravato come una minaccia contro le sue sante generazioni, se non le avesse contrapposto una qualche divinità straordinariamente eccellente e di potente valore, grazie alla quale sconfiggere e nello stesso tempo distruggere la stirpe delle tenebre, annientata la quale agli abitanti della luce sarebbe stata procurata quiete perenne.

Ecco quindi il timore che una sventura ed una desolazione avrebbe gravato come una minaccia contro le sue generazioni.

Era così sicuro il loro fondamento sulla terra luminosa e felice, da non poter essere turbate o sconvolte proprio da nessuno?

Ecco quindi la volontà di nuocere per timore alla progenie vicina, che ha cercato di distruggere ed annientare, per procurare agli abitanti della luce quiete perenne.

Ma perché non ha aggiunto: anche una perenne catena?

Forse quelle anime, eternamente inchiodate ad un globo di tenebre, non erano abitanti della luce, dei quali dice esplicitamente che hanno subìto la sorte di errare lontano dalla loro originaria natura luminosa?

In tal caso, è stato costretto a dire, anche controvoglia, che esse peccarono con libera volontà, egli che non è disposto a riconoscere il peccato all'infuori di uno stato di necessità, proprio di una natura contraria: in ogni caso non sa quel che dice, come se egli stesso sia ormai rimasto imprigionato nel suo immaginario globo di tenebre, cercando invano una via d'uscita.

Dica pure quel che vuole a gente traviata e sventurata, dalla quale egli riceve più onore di Cristo, per poterle vendere a questo prezzo frottole tanto interminabili e sacrileghe.

Dica quel che vuole, imprigioni in un globo, come in un carcere, la progenie delle tenebre e incateni all'esterno la natura della luce, alla quale prometteva una quiete perenne, frutto della distruzione del nemico: ebbene, la pena della luce è peggiore di quella delle tenebre, la pena della natura divina è peggiore di quella della progenie antagonista.

Anche se di fatto quest'ultima è dentro le tenebre, è proprio della sua natura abitarvi, mentre alle anime che si identificano con Dio non è stato possibile essere accolte, com'egli dice, in quei regni pacifici; saranno quindi tagliate fuori dalla vita e dalla libertà della santa luce e inchiodate nell'orrendo globo citato.

Perciò, egli dice, le medesime anime si avvinghieranno a quelle cose che hanno amato, abbandonate in quel medesimo globo di tenebre, procurandoselo per loro merito.

Non è questo certamente il libero arbitrio della volontà?

Vedete come chi vaneggia così non sa quel che dice e, contraddicendosi, combatte contro se stesso una guerra peggiore di quella contro il dio della progenie stessa delle tenebre.

Di conseguenza, se le anime della luce sono condannate per il fatto d'aver amato le tenebre, è ingiustamente condannata la progenie delle tenebre, che ha amato la luce.

Non c'è dubbio, infatti, che la progenie delle tenebre all'inizio amò la luce, che, per quanto in modo violento, volle pur sempre possedere, non distruggere, mentre la natura della luce volle distruggere in guerra le tenebre, che quindi amò, dopo essere stata vinta.

Scegliete allora quel che volete: è stata obbligata dalla necessità ad amare le tenebre o traviata dalla volontà?

Nel primo caso, perché una condanna? Nel secondo caso, perché coinvolgere la natura di Dio in tale iniquità?

Se la natura di Dio è stata costretta dalla necessità ad amare le tenebre, la sua è una sconfitta, non una vittoria; se lo ha fatto volontariamente, perché mai questi sventurati esitano ad attribuire la volontà di peccare ad una natura che Dio ha creato dal nulla, per non attribuirla alla luce da lui generata?

43 - I manichei attribuiscono molti mali alla natura di Dio, ancor prima della sua commistione con il male

E se poi mostriamo che prima della commistione con il male, alla quale hanno creduto nel modo più folle come una frottola inventata di sana pianta, ci sarebbero stati dei grandi mali in quella stessa cosiddetta natura della luce?

Si potrebbe forse andare oltre tali bestemmie?

In essa infatti, prima che si combattesse, ci fu una dura ed inevitabile necessità di combattere: ecco quindi un male già grande, prima che il male si mescolasse con il bene: ne spieghino la ragione, quando ancora non s'era verificata nessuna commistione.

Se poi non si trattava di una necessità, allora si trattava di volontà: qual è dunque l'origine di un male così grande, per cui Dio stesso vuole nuocere alla sua natura, mentre non era riuscito al nemico, spingendola ad una commistione crudele, ad una purificazione indegna, ad una condanna iniqua?

A tal punto giunge il male di una volontà rovinosa, colpevole, assolutamente mostruosa, prima di ogni mescolanza con il male proveniente da una progenie antagonista.

O forse non conosceva la sorte che sarebbe toccata alle sue membra, di amare le tenebre e di diventare ostili alla santa luce, come egli stesso dice, vale a dire non solo al loro Dio, ma addirittura al Padre da cui provenivano?

Qual è dunque l'origine in Dio di un male così grande dell'ignoranza, prima di ogni mescolanza con il male proveniente da una progenie antagonista?

Se al contrario egli sapeva quel che sarebbe accaduto, o in lui era una sempiterna crudeltà, se non si doleva minimamente della futura contaminazione e condanna della propria natura; oppure una sempiterna infelicità, se si doleva; ma qual è l'origine di questo male così grande del vostro sommo bene, prima di qualsiasi commistione con il vostro sommo male?

Indubbiamente se la piccola parte della sua natura, incatenata eternamente a quel globo, non conosceva la sorte che gli sarebbe toccata, allora anche in tal caso nella natura divina c'era una perenne ignoranza; nel caso contrario, una perenne infelicità: qual è l'origine di un male così grande, prima di ogni mescolanza con il male proveniente da una progenie antagonista?

Forse che gioiva con grande carità, perché attraverso la sua pena si preparava per gli altri abitanti della luce una quiete perenne?

Chi si rende conto della empietà di tale affermazione, la consideri anatema!

Se almeno quella natura facesse questo, in modo da non diventare in sé ostile alla luce, potrebbe almeno essere lodata non in quanto natura divina, ma come si fa con un uomo, disposto a patire qualche male per la sua patria, un male beninteso momentaneo, non eterno: qui però definiscono eterna la prigione nel globo delle tenebre, prigione non di una cosa qualsiasi, ma della natura divina; sicuramente quindi si trattava della gioia più iniqua, esecrabile e indicibilmente sacrilega, se la natura divina gioiva perché avrebbe amato le tenebre e per la sua futura ostilità nei confronti della santa luce.

Qual è l'origine di un male così mostruoso e scellerato, prima di ogni mescolanza con il male proveniente da una progenie antagonista?

Chi potrebbe tollerare la follia tanto empia e perversa di attribuire al sommo male tali beni e al sommo bene, che è Dio, tali mali?

44 - Le incredibili oscenità che, secondo l'immaginazione di Mani, avverrebbero in Dio

Consideriamo quindi la loro affermazione secondo cui proprio una parte della natura divina sarebbe perfettamente mescolata ovunque: in cielo, sulla terra, sotto terra; in tutti i corpi, asciutti e umidi; in tutte le carni, in tutti i semi degli alberi, delle piante, degli uomini, degli animali; non presente grazie ad un potere della divinità, per reggere e governare tutte le cose in assoluta indipendenza, in modo incontaminabile, inviolabile, incorruttibile, come noi diciamo di Dio, bensì catturata, schiacciata, profanata, poiché il suo affrancamento, la sua liberazione e purificazione non sarebbero dovuti soltanto al corso del sole e della luna, e alle potenze della luce, ma anche ai suoi eletti: è orribile a dirsi quali spudoratezze sacrileghe e prive di credibilità questo genere di errore più nefando è capace di insinuare, anche senza persuadere.

Dicono infatti che le potenze della luce si trasformino in maschi avvenenti e che affrontino le femmine della progenie delle tenebre; che, d'altro canto, le potenze della luce si trasformino in femmine avvenenti e che affrontino i maschi della progenie delle tenebre.

In tal modo ecciterebbero con la loro avvenenza la più laida passione dei principi delle tenebre; così la sostanza vitale, vale a dire la natura di Dio, che quelli ritengono catturata nei loro corpi, una volta affrancatasi, sfuggirebbe dalle loro membra estenuate dalla concupiscenza e, una volta sollevata o purificata, giungerebbe alla liberazione.

Questo è quanto tali sciagurati leggono, dicono, ascoltano, credono; questo è attestato nel settimo libro del loro Tesoro ( nome che attribuiscono ad uno scritto di Mani, dove sono raccolte tali bestemmie ): Allora quel Padre beato, che possiede vascelli luminosi come ricoveri e dimore o segno di grandiosità, per la sua innata clemenza reca soccorso alla sua sostanza vitale per spogliarla e liberarla da redini empie e da soffocanti ristrettezze.

Ad un suo cenno invisibile, quindi, trasfigura quelle sue potenze, racchiuse in questo vascello così splendente, ponendole in condizione di offrirsi alle potestà avverse disposte con ordine nelle singole traiettorie dei cieli.

Ed essendo tali potenze menzionate composte di maschi e femmine dell'uno e dell'altro sesso, comanda agli uni, che hanno la forma di fanciulli imberbi, di offrirsi al genere avverso delle femmine, agli altri, aventi la forma di vergini luminose, di offrirsi al genere contrario di maschi: ben sapendo che tutte quelle potestà ostili sarebbero facilmente conquistate, a causa della più laida concupiscenza congenita, per loro letale, alienandosi in quelle forme così avvenenti che appaiono loro e in tal modo dissolvendosi.

Sappiate però che proprio questo nostro Padre beato coincide addirittura con le sue potenze, che necessariamente trasforma in incontaminata rassomiglianza di fanciulli e di vergini.

Se ne serve quindi come di armi proprie, attraverso le quali porta a compimento la sua volontà.

Di queste potenze divine, poste a mo' di connubio contro le razze infernali, capaci in modo rapido e agevole di attuare istantaneamente quel che hanno pensato, sono pieni i vascelli luminosi.

Pertanto se la ragione esige che le medesime sante potenze appaiano ai maschi, all'istante si rendono visibili, assumendo le sembianze di vergini bellissime.

A sua volta, nel farsi avanti alle femmine, deponendo la forma di vergini, assumono la forma di fanciulli imberbi.

Dinanzi a questa splendida apparizione, aumenta la loro ardente concupiscenza e in tal modo si scatenano i loro infimi pensieri e l'anima vivente, slegata in questa occasione dalle loro membra in cui era racchiusa, evade, mescolandosi alla sua aria più pura; dopo essersi qui completamente purificate, salgono verso i vascelli luminosi, preparati per loro per il trasferimento e la traversata verso la propria patria.

Ciò che però reca ancora le macchie del genere avverso discende in piccole parti attraverso calori infuocati, mescolandosi agli alberi e alle altre piante, praticamente a tutte, e impregnandosi di calori diversi.

E nella maniera in cui da questo grande e luminosissimo vascello figure di fanciulli e di vergini appaiono alle autorità contrarie che dimorano in cielo e che possiedono una natura ignea; nella maniera in cui, in seguito a questo splendido spettacolo una parte di vita, sciolta dalle loro membra in cui era contenuta, viene convogliata attraverso flussi caldi sulla terra: allo stesso modo anche quella illimitata potenza, che si trova nel vascello delle acque vitali, tramite i suoi angeli appare, raffigurando fanciulli e sante vergini, a queste autorità, la cui natura è fredda e umida, disposte con ordine nei cieli.

E indubbiamente alle femmine appaiono sotto forma di fanciulli, ai maschi sotto forma di vergini.

Grazie quindi a questa trasformazione e differenziazione di persone divine e bellissime, i principi della stirpe umida e fredda, sia maschi che femmine, vengono disciolti e la forza vitale che è in essi si dilegua, mentre il residuo viene sciolto e convogliato attraverso flussi freddi sulla terra, amalgamandosi con tutti quanti i generi della terra.

Chi potrebbe tollerare tutto ciò? Chi potrebbe credere, non dico che le cose stiano così, ma che addirittura sia stato possibile affermarlo?

Ebbene, c'è chi teme di dichiarare anatema il magistero di Mani e non teme di credere che Dio operi e subisca tutte queste cose!

45 - Alcune nefande oscenità alle quali i manichei hanno motivo di credere

Dicono peraltro che questa stessa parte frammista della natura di Dio venga purificata attraverso i loro eletti, beninteso con il mangiare e con il bere, sostenendo che essa è catturata in tutti gli alimenti; assunti con il mangiare e con il bere per il nutrimento del corpo dalla presunta santità degli eletti, per questa medesima santità sarebbe disciolta, identificata e liberata.

Né tali sventurati badano al fatto che a questo punto non è poi ingiustificato accreditare quanto essi negano invano, finché non dichiareranno anatema quei medesimi libri e non cesseranno di essere manichei.

Se infatti, com'essi dicono, in tutti i semi è catturata una parte di Dio, purificata dagli eletti attraverso il mangiare, chi non avrebbe ragione di credere che essi fanno quel che viene fatto, come si legge nel loro Tesoro, tra le potenze dei cieli e i principi delle tenebre?

Del resto essi dicono che la loro carne proviene dalla progenie delle tenebre e non esitano a credere e ad affermare che quella sostanza vitale, parte di Dio, si trova catturata in loro.

Indubbiamente se essa deve essere disciolta e purificata attraverso il mangiare, come il loro errore letale li costringe ad affermare, chi non vedrebbe senza inorridire quali conseguenze nefande e spudorate ne scaturirebbero?

46 - La nefanda dottrina della Lettera del Fondamento

Dicono quindi che Adamo sia stato il primo uomo creato da alcuni principi della progenie delle tenebre, per trattenere la luce e non farla sfuggire da loro.

Infatti nella lettera chiamata Fondamento Mani scrive così circa il modo in cui il principe delle tenebre, presentato come padre del primo uomo, ha parlato e agito nei confronti degli altri principi delle tenebre suoi compagni: Dice dunque a quanti condividono quelle pericolose finzioni: Che cosa vi sembra questa grandissima luce che appare?

Contemplate in che modo muove la volta celeste e scuote moltissime autorità.

Per questo è più giusto per voi concedere subito quella parte di luce racchiusa nelle vostre forze: potrò così plasmare un'effigie di quel grande essere luminoso apparso nella gloria, grazie al quale potremo regnare, una volta liberati da ogni contatto con le tenebre.

Udendo queste parole e dopo una comune e lunga consultazione, ritennero giustissimo concedere quel che veniva loro richiesto.

Del resto non erano nemmeno certi di poter conservare ininterrottamente la medesima luce: pensarono perciò che sarebbe stato meglio offrirla al proprio principe, senza perdere per nulla la fiducia di poter regnare per questo in futuro.

Bisogna dunque esaminare in che modo abbiano concesso quella luce di cui disponevano.

Essa infatti è disseminata anche in tutte le divine scritture e nei recessi celesti; ai sapienti poi non è per nulla difficile sapere come sia stato concesso questo dono: infatti chi voglia contemplare autenticamente e con fede lo conosce in modo diretto ed esplicito.

Poiché fra quanti erano convenuti insieme c'era grande promiscuità, beninteso di maschi e femmine, quello li stimolò a congiungersi e con tale atto gli uni fecondarono e le altre restarono incinte.

Gli esseri partoriti assomigliavano quindi a chi li aveva generati, acquisendo, in quanto primogeniti, moltissime forze dei progenitori.

Ricevendo tutto questo, il loro principe se ne rallegrò, come di un dono speciale.

E come vediamo accadere tuttora che la natura del male, che dà forma ai corpi, li configura traendo da essi le forze, così allo stesso modo il principe di cui s'è parlato, ricevendo la prole dei suoi compagni, dotata della sensibilità dei progenitori, della loro prudenza e della luce procreata insieme alla generazione, la mangiò.

Avendo quindi assunto moltissime forze da questo alimento, ricco non solo di energia, ma ben più dell'astuzia e della sensibilità depravata proveniente dalla feroce progenie dei progenitori, chiamò a sé la propria sposa, proveniente dalla sua stessa stirpe; congiuntosi con lei, seminò, come gli altri, l'abbondanza di mali che aveva divorato: aggiungendovi qualcosa del suo pensiero e della sua potenza, facendo in modo che la sua sensibilità formasse e delineasse tutto quel che aveva profuso.

La sua compagna accoglieva tutto questo, proprio come una terra ben coltivata riceve di solito il seme.

In lei infatti vengono forgiate e sviluppate le effigi di tutte le potenze celesti e terrene, in modo fa far assomigliare tutto quel che veniva formato ad un mondo compiuto.

47 - Le orrende oscenità che sono indotti a perpetrare

Sacrilega mostruosità! Esecranda dissoluzione! Epidemia di anime travolte!

Tralascio quel che una tesi del genere comporta riguardo alla natura divina, catturata in questo modo; ma che almeno tali sventurati, ingannati e contagiati da un errore micidiale, facciano attenzione a questo: se attraverso l'accoppiamento di maschi e femmine viene catturata una parte di Dio, che essi promettono di liberare e purificare mangiando, una necessità interna a questo errore così nefando li costringe a liberare e purificare una parte di Dio non soltanto dal pane, dai legumi e dalla frutta, che sembrano essere pubblicamente la loro unica alimentazione, ma anche da quel che si può raccogliere nell'utero femminile dopo un amplesso.

Risulta che alcuni abbiano confessato di essere dediti a queste pratiche in un pubblico giudizio, non soltanto in Paflagonia, ma anche in Gallia, come ho sentito da un cristiano cattolico a Roma; e quando si chiedeva loro quale fosse l'autorità della Scrittura che li induceva a comportarsi in tal modo, rinviavano al loro Tesoro, poc'anzi ricordato.

Di fronte a tale obiezione costoro poi sono soliti rispondere che un nemico imprecisato si è separato da loro, vale a dire dal numero dei loro eletti, producendo uno scisma e dando vita a questa luridissima eresia.

È perciò evidente che anche se essi non seguono tali pratiche, chi le segue lo fa in ogni caso sulla base dei loro libri.

Dunque rinneghino i libri, se ritengono ripugnante questo delitto, che altrimenti sono costretti a commettere, mantenendo i libri; se al contrario non lo commettono, l'impegno ad una condotta più pura equivale alla sconfessione dei loro libri.

Ma come si comportano quando si dice loro: O purificate la luce da tutti i semi in ogni modo possibile, senza indietreggiare dinanzi a quel che dichiarate di non fare, oppure dichiarate anatema Mani?

Egli infatti sostiene che in tutti i semi c'è una parte di Dio, catturata attraverso un amplesso e che ogni luce, cioè ogni parte di Dio che raggiunga gli alimenti degli eletti viene purificata mangiandola: vedete bene di che cosa vi si vuole persuadere e ancora esitate a dichiararlo anatema?

Insomma come si comportano dinanzi a queste parole?

A quali sotterfugi si piegano quando debbono scegliere tra il dichiarare anatema una dottrina tanto nefanda o il commettere una sconcezza tanto esecranda!

Al confronto, sembrano tollerabili, anche se, considerati in se stessi, non legittimabili, tutti quei mali che ricordavo poc'anzi come intollerabili, riguardanti le loro affermazioni intorno alla natura di Dio: che essa è necessariamente costretta a combattere; che è o tranquilla nella sua eterna ignoranza, oppure angustiata da un eterno dolore e timore, andando incontro alla corruzione proveniente dal suo contaminarsi e alle catene di una dannazione eterna; infine che in seguito al combattimento sarà fatta prigioniera, schiacciata, contagiata e dopo una falsa vittoria eternamente inchiodata ad un orrendo globo di tenebre e strappata alla sua originaria felicità.

48 - Preghiera per il ravvedimento dei manichei

Quant'è grande la tua pazienza, o Signore misericordioso e compassionevole, longanime e ricco di misericordia, e veritiero! ( Sal 103,8 )

Tu fai sorgere il sole sopra i buoni e i cattivi, fai piovere sopra i giusti e gli ingiusti; ( Mt 5,45 ) tu non vuoi la morte del peccatore, ma che egli ritorni e viva; ( Ez 33,11 ) tu castighi poco alla volta e offri l'occasione di far penitenza, perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore; ( Sap 12,2; Gb 24,23 ) tu guidi pazientemente alla penitenza, nonostante che molti, secondo la durezza del loro cuore, un cuore impenitente, accumulino collera su di sé per il giorno della collera e della rivelazione del tuo giusto giudizio, tu che rendi a ciascuno secondo le sue opere; ( Rm 2,4-6 ) tu che dimenticherai tutte le sue iniquità nel giorno in cui l'uomo si sarà convertito dalla sua cattiveria alla tua misericordia e verità: ( At 3,26; Ez 18,21-22 ) concedici e donaci che per mezzo del nostro ministero, tramite il quale hai voluto far riprovare quest'errore abominevole e davvero spaventoso, così come molti sono stati liberati, anche altri vengano liberati e meritino di ricevere nel dolore della penitenza, grazie al sacrificio del santo battesimo come pure al sacrificio di uno spirito contrito e di un cuore affranto e umiliato, ( Sal 51,19 ) la remissione dei peccati e delle loro bestemmie, ( Mt 12,31 ) con le quali ti hanno offeso per ignoranza.

Hanno tanto valore la misericordia che sopravanza tutto, la tua autorità e la verità del tuo Battesimo, e le chiavi del regno dei cieli nella tua santa Chiesa! ( Mt 16,19 )

Perciò non bisogna disperare nemmeno di coloro i quali, finché vivono su questa terra grazie alla tua pazienza, pur sapendo quanto sia male intendere o dire di te tali cose, sono trattenuti in quella perfida professione per una qualche abitudine o ricerca di un vantaggio temporale e terreno, se, almeno pungolati dai tuoi rimproveri, ( Sal 25,7; Sal 141,5 ) si rifugiano presso la tua ineffabile bontà, anteponendo a tutte le lusinghe della vita carnale la vita celeste ed eterna.

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