Summa Teologica - III

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Articolo 5 - Se dopo il giudizio che si svolge nel tempo presente ci sia da attendere un giudizio universale

In 4 Sent., d. 47, q. 1, a. 1, sol. 1; C. G., IV, c. 96; Quodl., 10, q. 1, a. 2; Comp. Theol., c. 242; In Matth., c. 25

Pare che dopo il giudizio che si svolge nel tempo presente non ci sia da attendere un giudizio universale.

Infatti:

1. Dopo l'ultima retribuzione dei premi e dei castighi, sarebbe inutile un altro giudizio.

Ma in questo tempo presente viene già fatta la retribuzione dei premi e dei castighi, poiché il Signore [ Lc 23,43 ] disse al buon ladrone crocifisso: « Oggi sarai con me nel Paradiso »; e nel Vangelo [ Lc 16,22 ] si legge ancora che « morì il ricco e fu sepolto nell'inferno ».

È inutile dunque attendere un giudizio finale.

2. Secondo i Settanta in Naum [ Na 1,9 ] si legge: « Dio non giudicherà due volte la stessa causa ».

Ma nel tempo presente Dio esercita già il suo giudizio, sia sulle cose temporali che su quelle spirituali.

Pare quindi che non ci sia da attendere un giudizio finale.

3. Il premio e il castigo corrispondono al merito e al demerito.

Ora, il merito e il demerito non interessano il corpo se non in quanto è strumento dell'anima.

Quindi il premio e il castigo non sono dovuti al corpo se non a motivo dell'anima.

E così alla fine non si richiede un altro giudizio, perché l'uomo sia premiato o punito nel suo corpo, oltre a quello nel quale sono punite o premiate le anime.

In contrario:

Nel Vangelo [ Gv 12,48 ] Cristo ha affermato: « La parola che io vi ho annunziato vi giudicherà nell'ultimo giorno ».

Ci sarà quindi un giudizio nell'ultimo giorno, oltre al giudizio che si svolge attualmente.

Dimostrazione:

Non si può dare un giudizio perfetto su una cosa mutevole prima che essa abbia avuto compimento.

Come un giudizio perfetto sul valore di un atto non può essere dato prima che tale atto sia compiuto in se stesso e nei suoi effetti: poiché molte azioni che paiono utili, dai loro effetti risultano poi nocive.

E così pure non si può dare un perfetto giudizio su un uomo fino a che la sua vita non sia terminata: poiché egli è in grado di mutare in molte maniere dal bene al male o viceversa, oppure dal bene al meglio, o dal male al peggio.

Per tale motivo dunque, come dice l'Apostolo [ Eb 9,27 ], « è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio ».

Si deve però notare che, sebbene la vita temporale dell'uomo termini con la morte, tuttavia si prolunga in qualche modo nel futuro.

Primo, in quanto continua a vivere nella memoria degli uomini, presso i quali talora conserva contro la verità una fama buona o cattiva.

Secondo, in quanto continua nei figli, i quali sono qualcosa dei genitori.

Da cui le parole [ Sir 30,4 ]: « Muore il padre? È come se non morisse, perché lascia un suo simile dopo di sé ».

E tuttavia molti buoni hanno figli cattivi, e viceversa.

- Terzo, in quanto continua negli effetti delle sue opere: come dall'inganno di Ario e degli altri seduttori pullula l'incredulità sino alla fine del mondo; e sino a quel momento progredisce la fede in forza della predicazione degli apostoli.

- Quarto, in quanto si prolunga nelle vicende della salma: la quale talora viene sepolta con onore, talora invece rimane insepolta, e alla fine si riduce del tutto in polvere.

- Quinto, in quanto si prolunga nelle cose in cui l'uomo ripone il suo affetto, come ad es. in certi beni temporali, di cui alcuni finiscono presto, mentre altri durano più a lungo.

Ora, tutte queste cose sottostanno all'esame del giudizio di Dio.

Perciò non si può avere di esse un giudizio perfetto e manifesto sino a che dura il corso del tempo presente.

A tale scopo dunque ci deve essere un giudizio finale nell'ultimo giorno, in cui venga giudicato perfettamente e palesemente tutto ciò che riguarda ciascun uomo in qualsiasi maniera.

Analisi delle obiezioni:

1. Fu opinione di alcuni che le anime dei santi non vengano premiate nel cielo, né quelle dei dannati condannate nell'inferno, sino al giorno del giudizio.

Ma ciò appare evidentemente falso in base a quanto dice l'Apostolo [ 2 Cor 5,6ss ]: « Noi siamo sempre pieni di fiducia, e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore »; il che significa non più « camminare per fede, ma per visione », come risulta dal seguito del testo.

Ora, ciò significa vedere Dio per essenza, il che costituisce « la vita eterna », come si legge in S. Giovanni [ Gv 17,3 ].

Perciò è evidente che le anime separate dal corpo sono nella vita eterna.

Bisogna quindi affermare che dopo la morte l'uomo acquista uno stato immutabile per quanto riguarda l'anima.

Di conseguenza per il premio dell'anima non c'è motivo di differire il giudizio.

Essendoci però altre cose riguardanti l'uomo che si svolgono per tutto il corso del tempo, e che non sono estranee al giudizio di Dio, è necessario che alla fine dei tempi siano anch'esse sottoposte di nuovo al giudizio.

Sebbene infatti l'uomo in tali cose non possa né meritare né demeritare, esse tuttavia rientrano nel premio o nel castigo.

Perciò devono essere sottoposte al giudizio finale.

2. È vero che Dio non giudicherà « la stessa causa » due volte, però sotto il medesimo aspetto.

Non ci sono invece obiezioni ad ammettere che Dio la giudichi due volte sotto aspetti diversi.

3. Il premio o il castigo del corpo dipende da quello dell'anima; tuttavia, non essendo l'anima soggetta al mutamento se non in modo indiretto a causa del corpo, appena separata dal corpo acquista uno stato immutabile, ed è sottoposta al giudizio.

Il corpo invece rimane soggetto al mutamento sino alla fine dei tempi.

Perciò è necessario che esso riceva il suo premio o il suo castigo nel giudizio finale.

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