Summa Teologica - III

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Articolo 5 - Se siano convenienti le cerimonie che vengono compiute nella celebrazione di questo sacramento

In 4 Sent., d. 12, expos.

Pare che non siano convenienti le cerimonie compiute nella celebrazione di questo sacramento.

Infatti:

1. Questo sacramento appartiene al nuovo Testamento, come appare chiaro dalla sua stessa forma.

Ora, nel nuovo Testamento non sono da osservarsi le cerimonie dell'antico Testamento, che prescrivevano al sacerdote e ai ministri di lavarsi con acqua quando si accingevano a compiere un sacrificio: infatti nell'Esodo [ Es 30,19s ] si legge: « Aronne e i suoi figli si laveranno le mani e i piedi quando staranno per accostarsi all'altare ».

Non è dunque conveniente che il sacerdote si lavi le mani durante la messa.

2. Il Signore [ Es 30,7 ] ordinò pure che il sacerdote « bruciasse incenso aromatico » sull'altare posto dinanzi al propiziatorio.

E anche questa era una cerimonia dell'antico Testamento.

Quindi non è opportuno che il sacerdote nella messa faccia l'incensazione.

3. Le cerimonie che vengono compiute nei sacramenti della Chiesa non sono da ripetersi.

Quindi non è ragionevole che il sacerdote ripeta tante volte i segni di croce su questo sacramento.

4. L'Apostolo [ Eb 7,7 ] afferma: « Senza dubbio è l'inferiore che è benedetto dal superiore ».

Ma Cristo, che dopo la consacrazione è presente in questo sacramento, è molto superiore al sacerdote.

Perciò non è giusto che il sacerdote dopo la consacrazione benedica questo sacramento con dei segni di croce.

5. Nei sacramenti della Chiesa non si deve fare nulla che possa parere ridicolo.

Ma i gesti che si fanno nella messa, cioè che il sacerdote stenda le braccia, congiunga le mani, accosti le dita, si inchini, paiono ridicoli.

Quindi tali cose non vanno fatte in questo sacramento.

6. Pare pure ridicolo che il sacerdote si volti tanto spesso verso il popolo, e che tanto spesso lo saluti.

Perciò anche questo non va fatto nella celebrazione di questo sacramento.

7. L'Apostolo [ 1 Cor 1,13 ] considera sconveniente che Cristo venga diviso.

Ora, dopo la consacrazione Cristo è presente in questo sacramento.

Non è dunque conveniente che l'ostia venga spezzata dal sacerdote.

8. Le cose che si fanno in questo sacramento rappresentano la passione di Cristo.

Ma nella passione il corpo di Cristo fu aperto nei luoghi delle cinque piaghe.

Quindi il corpo di Cristo dovrebbe essere spezzato in cinque parti invece che in tre.

9. In questo sacramento il corpo di Cristo viene consacrato tutto intero separato dal sangue.

Non è dunque conveniente che una parte di esso venga mescolata con il sangue.

10. In questo sacramento, come il corpo di Cristo viene dato in cibo, così il suo sangue viene dato in bevanda.

Ma nella celebrazione della messa dopo la comunione del corpo di Cristo non si ammette altro cibo corporeo.

Perciò non è conveniente che il sacerdote, dopo avere assunto il sangue di Cristo, prenda del vino non consacrato.

11. La realtà deve corrispondere alla figura.

Ma a riguardo dell'agnello pasquale, che era una figura di questo sacramento, si comandava [ Es 12,10 ] che « non rimanesse nulla per la mattina seguente ».

Quindi non è giusto che si conservino delle ostie consacrate, invece di consumarle subito.

122. Il sacerdote parla [ sempre ] al plurale a quanti lo ascoltano, p. es. quando dice: « Il Signore sia con voi », oppure: « Rendiamo grazie a Dio ».

Ma non è opportuno usare il plurale per una persona sola, specialmente se si tratta di un inferiore.

Quindi non è opportuno che il sacerdote celebri la messa alla presenza di un solo inserviente.

E così pare che alcuni riti non siano opportuni nella celebrazione di questo sacramento.

In contrario:

Sta la consuetudine della Chiesa, la quale non può errare, essendo guidata dallo Spirito Santo.

Dimostrazione:

Come si è già notato [ q. 60, a. 6 ], nei sacramenti la significazione si realizza in due modi, cioè con le parole e con le azioni, perché la significazione sia più perfetta.

Ora, nella celebrazione dell'Eucaristia le parole o esprimono cose che riguardano la passione di Cristo, che viene rappresentata in questo sacramento, oppure hanno anche un riferimento al corpo mistico, che in questo sacramento viene simboleggiato; altre poi si riferiscono all'uso dell'Eucaristia, il quale deve essere accompagnato da devozione e rispetto.

Quindi nella celebrazione di questo mistero alcuni riti hanno lo scopo di rappresentare la passione di Cristo, o anche l'organizzazione del corpo mistico; altri invece mirano a eccitare la devozione e la riverenza nell'uso di questo sacramento.

Analisi delle obiezioni:

1. L'abluzione delle mani viene fatta nella celebrazione della messa per rispetto verso il sacramento.

E ciò per due motivi.

Primo, perché non siamo soliti toccare certe cose preziose se non dopo esserci lavate le mani.

Sarebbe perciò sconveniente che uno si accostasse a un così grande sacramento con le mani sporche, anche solo fisicamente.

Secondo, per il significato del rito.

Come infatti osserva Dionigi [ De eccl. hier. 3,3,10 ], l'abluzione delle estremità significa la mondezza anche dai peccati più piccoli, nel senso delle parole evangeliche [ Gv 13,10 ]: « Chi ha fatto il bagno non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ».

E tale mondezza è richiesta in chi si accosta all'Eucaristia.

E così pure anche la confessione che viene fatta prima dell'introito della messa ha questo medesimo significato, come uguale significato aveva l'abluzione dei sacerdoti nell'antica legge, secondo Dionigi [ l. cit. ].

La Chiesa però non mantiene questo rito come una cerimonia prescritta dall'antica legge, bensì come una cerimonia istituita dalla Chiesa, e che è opportuna in se stessa.

Per cui essa non viene osservata come allora.

Infatti si omette l'abluzione dei piedi e si fa la sola abluzione delle mani, che è più facile ed è sufficiente a significare la mondezza perfetta.

Essendo infatti la mano « lo strumento degli strumenti », come dice Aristotele [ De anima 3,8 ], tutte le azioni vengono attribuite alle mani.

Tanto che nei Salmi [ Sal 26,6 ] si legge: « Lavo nell'innocenza le mie mani ».

2. Anche l'incensazione la usiamo non come una cerimonia prescritta dalla legge antica, ma come un rito della Chiesa.

Quindi non la usiamo nello stesso modo in cui era stabilita nell'antica legge.

Ora, essa ha due scopi.

Primo, serve al rispetto verso il sacramento: serve cioè a eliminare con un buon odore gli eventuali cattivi odori che provocassero nel luogo una sgradevole impressione.

Secondo, serve a rappresentare l'effetto della grazia, della quale come di un buon profumo Cristo era pieno, in conformità con le parole [ Gen 27,27 ]: « Ecco, l'odore del mio figlio è come l'odore di un campo fiorito che il Signore ha benedetto »; odore che da Cristo giunge ai fedeli per l'ufficio dei ministri, come afferma S. Paolo [ 2 Cor 2,14 ]: « Il profumo della sua conoscenza si diffonde nel mondo intero per mezzo nostro ».

Per questo dunque, dopo che è stato incensato da ogni parte l'altare, che è simbolo di Cristo, vengono incensati per ordine tutti i presenti.

3. Il sacerdote nella celebrazione della messa fa i segni di croce per indicare la passione di Cristo che terminò con la croce.

Ora, la passione di Cristo si compì quasi per gradi successivi.

Prima infatti ci fu la consegna di Cristo, che fu fatta da Dio, da Giuda e dai Giudei.

E ciò viene indicato dai segni di croce alle parole: « Questi doni, queste offerte, questo santo e immacolato sacrificio ».

Secondo, ci fu la vendita di Cristo.

Ora, egli fu venduto ai sacerdoti, agli scribi e ai farisei.

A significare ciò si ripete dunque per tre volte il segno di croce alle parole: « Benedetta, ascritta, ratificata ».

- Oppure questi tre segni stanno a indicare il prezzo di tale vendita, ossia i trenta danari.

- Si aggiungono poi due segni di croce alle parole: « Perché diventi per noi il corpo e il sangue », ecc., per indicare Giuda il traditore e Cristo tradito.

Terzo, ci fu la predizione della passione di Cristo fatta nella Cena.

E a indicarla si fanno per la terza volta due segni di croce: uno alla consacrazione del corpo, l'altro alla consacrazione del sangue, quando nei due casi si dice: « Benedisse ».

Quarto, ci fu il compimento della passione stessa.

E qui, per rappresentare le cinque piaghe di Cristo, ci sono cinque segni di croce alle parole: « Ostia pura, ostia santa, ostia immacolata, pane santo della vita eterna e calice dell'eterna salvezza ».

Quinto, si rappresenta la distensione del corpo di Gesù sulla croce, l'effusione del sangue e il frutto della passione con tre segni di croce alle parole: « [ Quanti riceveremo ] il corpo e il sangue siamo ripieni di ogni grazia e benedizione », ecc.

Sesto, vengono rappresentate le tre orazioni che Gesù fece sulla croce.

La prima per i persecutori, quando disse: « Padre, perdona loro »; la seconda per la propria liberazione dalla morte, quando disse: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? »; la terza per conseguire la gloria, quando disse: « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito ».

E per esprimere tutto ciò si fanno tre segni di croce alle parole: « Santifichi, vivifichi, benedici », ecc.

Settimo, vengono ricordate le tre ore che Cristo rimase sulla croce, cioè dall'ora sesta all'ora nona.

E a indicare ciò si fa di nuovo un triplice segno di croce alle parole: « Per Cristo, con Cristo e in Cristo ».

Ottavo, si ricorda la separazione della sua anima dal corpo con le due successive croci tracciate fuori del calice.

Nono, si commemora la risurrezione avvenuta nel terzo giorno per mezzo dei tre segni di croce alle parole: « La pace del Signore sia sempre con voi ».

Più brevemente però si può dire che dipendendo la consacrazione di questo sacramento, il gradimento e il frutto di questo sacrificio dalla virtù della croce di Cristo, ogni volta che si accenna a una di queste cose il sacerdote traccia un segno di croce.

4. Il sacerdote dopo la consacrazione non fa i segni di croce per benedire e per consacrare, ma solo per ricordare la virtù della croce e le circostanze della passione di Cristo, come risulta da quanto abbiamo già detto [ ad 3 ].

5. I gesti che il sacerdote fa nella messa non sono gesti ridicoli, avendo un significato simbolico.

Quando infatti il sacerdote dopo la consacrazione stende le braccia vuole indicare le braccia di Cristo distese sulla croce.

Quando invece alza le mani per pregare vuole indicare che la sua orazione in favore del popolo è diretta a Dio, secondo la raccomandazione di Geremia [ Lam 3,41 ]: « Alziamo con le mani i nostri cuori a Dio verso il cielo ».

E l'Esodo [ Es 17,11 ] riferisce: « Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte ».

Il fatto poi che il sacerdote talvolta congiunga le mani e si inchini pregando supplichevolmente e umilmente designa l'umiltà e l'obbedienza con le quali Cristo accettò la sua passione.

Il sacerdote infine dopo la consacrazione tiene congiunte le dita, cioè il pollice e l'indice con i quali ha toccato il corpo consacrato di Cristo, perché se dei frammenti vi fossero rimasti attaccati, non vadano dispersi.

Il che rientra nel rispetto dovuto al sacramento.

6. Il sacerdote si rivolge verso il popolo cinque volte per ricordare che il Signore nel giorno della risurrezione apparve cinque volte, come dicemmo sopra [ q. 55, a. 3, ob. 3 ] trattando della risurrezione di Cristo.

Saluta invece il popolo sette volte, cioè le cinque in cui si volta e le altre due in cui non si volta, ossia prima del prefazio, quando dice: « Il Signore sia con voi », e quando dice: « La pace del Signore sia sempre con voi », per indicare i sette doni dello Spirito Santo.

- Invece il vescovo, quando celebra nelle festività, nel primo saluto dice: « La pace sia con voi », come disse il Signore dopo la risurrezione [ Gv 20,19.21.26; Lc 23,46 ]: infatti è principalmente il vescovo che ne rappresenta la persona.

7. La frazione dell'ostia significa tre cose: primo, le ferite inferte nella passione al corpo di Cristo; secondo, la distinzione del corpo mistico nei diversi stati; terzo, la distribuzione delle grazie derivate dalla passione di Cristo, come scrive Dionigi [ De eccl. hier. 3,3,13 ].

Perciò tale frazione non implica alcuna divisione in Cristo.

8. « Il corpo del Signore », secondo le parole del Papa Sergio, riferite dal Decreto [ di Graz. 3,2,22 ], « può trovarsi in tre condizioni.

La porzione dell'ostia messa nel calice significa il corpo del Signore già risorto », ossia Cristo stesso, la santa Vergine e altri santi che siano già eventualmente nella gloria con il loro corpo.

« La porzione che viene mangiata rappresenta quanti peregrinano ancora sulla terra »: poiché questi sono uniti mediante il sacramento, e vengono triturati dalle sofferenze come il pane mangiato viene triturato dai denti.

« La porzione che rimane sull'altare sino alla fine della messa significa il corpo di Cristo che giace nel sepolcro: poiché sino alla fine del mondo i corpi dei santi staranno nei sepolcri », mentre le loro anime sono in purgatorio o in cielo.

Oggi però quest'ultimo rito di serbare una porzione dell'ostia sino alla fine della messa non si osserva più.

Tuttavia il simbolismo delle tre porzioni rimane.

E alcuni lo hanno espresso metricamente: « L'ostia è divisa in parti: intinta nel sangue evoca i beati, asciutta i viventi, serbata i sepolti ».

Altri invece spiegano che la parte immessa nel calice significa coloro che vivono in questo mondo, la parte serbata fuori del calice quanti hanno conseguito la pienezza della beatitudine con il corpo e con l'anima, la parte mangiata tutti gli altri.

9. Il calice può avere due significati.

Primo, può indicare la passione, che è rappresentata in questo sacramento.

E allora la porzione dell'ostia immessa nel calice indica quelli che sono ancora partecipi delle sofferenze di Cristo.

Secondo, può anche indicare il possesso della beatitudine, che pure è simboleggiata da questo sacramento.

E allora la porzione immessa nel calice rappresenta coloro che con il corpo sono già nella pienezza della beatitudine.

È da notare poi che la parte lasciata cadere nel calice non può essere distribuita al popolo per completare la comunione, poiché Cristo non porse il pane intinto se non a Giuda il traditore ( Gv 13,26 ).

10. Il vino, essendo liquido, è capace di lavare, per cui viene assunto dopo la comunione eucaristica per l'abluzione della bocca in modo che non vi rimangano frammenti, come esige il rispetto dovuto al sacramento.

Da cui la prescrizione dei Canoni [ Decretales 3,41,5 ]: « Il sacerdote, dopo aver prese entrambe le specie eucaristiche, deve sempre lavarsi la bocca con il vino; eccetto il caso in cui nello stesso giorno debba dire un'altra messa, affinché il vino dell'abluzione non impedisca la seconda celebrazione ».

- E per il medesimo motivo si lava con il vino le dita con le quali ha toccato il corpo di Cristo.

11. La realtà deve corrispondere alla figura in qualche punto: in quanto cioè non si deve conservare per il giorno dopo una parte dell'ostia consacrata che è servita alla comunione del sacerdote, dei ministri o anche del popolo.

Da cui la disposizione del Papa Clemente riferita dal Decreto [ di Graz. 3,2,23 ]: « La materia del sacrificio sia corrispondente al bisogno del popolo.

Se ne avanza non venga serbata per il domani, ma con timore e tremore sia consumata dai chierici ».

Tuttavia, poiché questo sacramento, a differenza dell'agnello pasquale, deve essere ricevuto quotidianamente, è necessario conservare per gli infermi delle altre ostie consacrate.

Quindi lo stesso Decreto [ ib., can. 93 ] ordina: « Il sacerdote abbia sempre pronta l'Eucaristia, per cui se qualcuno si ammala lo possa comunicare subito, impedendo così che muoia senza la comunione ».

12. Alla celebrazione solenne della messa devono prendere parte più persone.

Da cui la disposizione del Papa Sotero riportata dal Decreto [ di Graz. 3,1,61 ]: « È stato pure stabilito che nessun sacerdote osi celebrare la messa se non alla presenza di due persone che vi assistano e rispondano; poiché dicendo egli al plurale: "Il Signore sia con voi", e nella parte segreta: "Pregate, fratelli", è evidentemente opportuno che il suo saluto abbia una risposta ».

E così nello stesso Decreto [ ib., can. 59 ] è prescritto che il vescovo per una maggiore solennità celebri la messa alla presenza di molti.

Tuttavia nelle messe private basta avere un solo inserviente, che rappresenta tutto il popolo cattolico rispondendo al sacerdote in nome di esso al plurale.

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