Cronache di un cinquantenario

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Collegio S. Giuseppe - Domenica 10 maggio

La famiglia del S. Giuseppe, con tutti gli ammiratori del Fr. Teodoreto, si raccolse nella Cappella del Collegio per la S. Messa: una messa di suffragio, benché la liturgia del giorno non consenta i paramenti neri, e benché nessuno pensi che il Fr. Teodoreto abbia bisogno di suffragi.

Ma la preghiera è sempre il clima migliore per mettersi in sintonia con i santi.

Al Vangelo il celebrante, mons. Monasterolo, cappellano dei Fratelli e provicario generale della diocesi torinese, fece l'elogio del Fr. Teodoreto, da lui conosciuto assai bene e con cui fu in relazione per molti anni.

Diamo qui il sunto del suo discorso:

« Questa cerimonia religiosa, indetta per il decennio della santa morte del Fr. Teodoreto, è, nello stesso tempo, un suffragio per l'anima benedetta, ed un tributo di ammirazione e di fiducia.

Fino a che la Chiesa non si sia pronunciata sulla santità di una persona, si offrono suffragi.

Ma nulla vieta che, privatamente, noi invochiamo la mediazione di una creatura che abbia lasciato vivo ricordo di elette virtù.

Per le cause di beatificazione occorrono miracoli, e con fiducia li imploriamo.

Diamo uno sguardo rapido alla vita del Fr. Teodoreto, per cogliere tre punti di particolare rilievo: la pietà, la regolarità, la sensibilità.

Di Gesù è stato detto e scritto che rimane con l'umanità nell'augustissimo Sacramento dell'altare; nella persona del Papa, maestro e guida autorizzata; e nei suoi Santi.

Non abbiamo visto Gesù pellegrino sulla terra; i Vangeli lo descrivono; ma si fa più visibile nelle persone di ricca virtù.

S. Vincenzo de' Paoli, dopo un soggiorno presso il Santo Vescovo di Ginevra, soleva dire: « Come deve essere buono il Signore se è già così buono Francesco di Sales! ».

Così i grandi, infiniti attributi divini della bontà, pazienza, misericordia, sono resi come « palpabili » nella vita dei Santi.

La pietà

- La sua anima era sempre immersa in Dio.

Diceva il Santo Curato d'Ars: « Il pesce non si lamenta mai di avere troppa acqua attorno a sé ».

Nella preghiera affettuosa e continua il Fr. Teodoreto si trovava a suo agio e gustava in modo indicibile la soavità della sua conversazione con Dio.

Bastava vederlo nel suo atteggiamento pieno di amore e di rispetto.

Alcuni studenti, già grandicelli, lo notarono; ed una volta uscirono in questo commento: « si direbbe che vede il Signore ».

In lui si sono verificati i tre gradi della preghiera: preghiera, spirito di preghiera, gusto della preghiera.

Indebolito nelle forze fisiche, si diede con maggiore intensità alla vita di conversazione con Dio.

La regolarità

- Il giudizio dei Confratelli è unanime.

Il che è una gran bella cosa.

Nella regola amata ed attuata anche nei particolari più minuti vedeva con fede quella Volontà Divina che regge soavemente e sicuramente la vita di una persona a Lui consacrata.

In ogni occasione propizia, con umiltà e decisione, ricordava a sé e ai suoi confratelli l'assoluta necessità di essere regolari.

E la regolarità era per lui la condizione indispensabile per conservare intatto lo spirito della Congregazione ed avere la benedizione di Dio.

La sensibilità

- Cioè la visione chiara di alcune particolari necessità nel campo della formazione giovanile e dell'apostolato da parte di persone che rimangono nel mondo.

Così è nata, tra non poche difficoltà e stenti ( come avviene per le opere di Dio ) l'Unione dei Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria Immacolata, vero Istituto Religioso laicale.

Vide il Fr. Teodoreto la necessità che si amasse e si seguisse in modo particolare la gioventù operaia, con scuole adatte, con una buona formazione professionale, e tanto più con la educazione seriamente cristiana.

Indubbiamente fu ispirato dal Signore.

Nessuno quanto il Signore può avere sensibilità per i problemi dell'uomo, poiché ha infinito amore ed infinita conoscenza delle necessità gravi e molteplici.

Illumina, allora, le sue « persone di fiducia »; ne affina la sensibilità umana e cristiana e le lancia nel campo in cui abbondano le messi.

Forti dell'appoggio di Dio, non temono difficoltà, diventano santamente « cocciute »; e le loro opere sono in benedizione.

Vogliamo dunque sintetizzare in una concisa formula la vita e l'attività del Fr. Teodoreto?

Possiamo dire « prese sul serio la sua vita di cristiano e di religioso ». Ecco tutto.

Era grato al Signore per il doppio dono: il Battesimo e la Vocazione religiosa.

Sapeva ricordare che al fonte battesimale aveva già fatto una vestizione, quando il Sacerdote gli aveva imposto la veste bianca, con l'intimazione di conservarla senza macchia fino al giudizio di Dio.

Sapeva ricordare con profonda commozione l'altra grazia: la vocazione; e quindi una seconda vestizione ed una seconda consacrazione ufficiale al Signore.

Due passi, due circostanze che lo commovevano fino alle lacrime.

L'ansia di prendere tutto sul serio spiega i suoi sacrifici e le sue gioie.

Spiega la sua attività senza posa, senza che mai apparisse agitato.

Spiega la sua incrollabile fiducia nella grazia divina. Spiega tutto.

E poiché abbiamo già notato che i santi sono un ritratto vivente delle perfezioni del Maestro Divino, non rimane a noi che imparare molto da una vita così virtuosa, ed implorare la inestimabile grazia di prendere sul serio i nostri impegni che ci legano a Dio e alle necessità del nostro prossimo ».

Al Collegio S. Giuseppe, durante la Messa per il Fr. Teodoreto il 10 maggio

Alla S. Messa seguì la commemorazione in teatro, fatta dal Fr. Leone di Maria Assistente Generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane e i nostri lettori ne possono leggere qui appresso il brillante discorso.

Sul palco, a fianco dell'On.mo Fr. Nicet avevano preso posto il Sindaco di Torino, Sig Anselmetti, il Visitatore, il Direttore del Collegio, il presidente dell'Unione, l'Assessore Fr. Gustavo.

S. Em. il Card. Arcivescovo, impossibilitato a presenziare, mandò una lettera di adesione, che venne letta dal Visitatore Fr. Alfredo.

Dopo il discorso del Fr. Leone si alzò a parlare il Sindaco, ricordando il suo incontro con Fr. Teodoreto quando, giovanissimo, studiava al Politecnico e venne invitato ad insegnare alla scuola serale di via Rosine.

L'impressione che il Fr Teodoreto fece sull'animo del giovane e baldanzoso studente, è ancora viva nella mente del Sindaco, che si compiace di ricordare alcuni episodi assai significativi i quali spiegano come possa essere ancora così fresca e sentita la sua affettuosa ammirazione per il nostro Servo di Dio.

Un uragano di applausi coronò entrambi i discorsi e manifestò la soddisfazione dei convenuti per le belle cose che avevano ascoltato.

L'ingresso delle Autorità al teatro del S. Giuseppe per le celebrazioni del 10 maggio

Ecco il discorso del Fr. Leone:

« Eccomi invitato per la terza volta a commemorare il Fratel Teodoreto dinanzi a un pubblico torinese, sostanzialmente sempre lo stesso, formato dei suoi più fervidi amici, confratelli, ammiratori.

Mi sono guardato bene dal rileggere quello che dissi nelle precedenti occasioni per non esserne suggestionato; ma siccome « la lingua batte dove il dente duole » non mi stupirei che a cose fatte m'accorga d'aver ribadito all'incirca gli stessi concetti.

Colpa di chi ha avuto troppa fiducia nelle mia capacità di rinnovamento e di ripensamento.

La mia qualità di primo biografo del Servo di Dio e di Postulatore Generale per e Cause di Beatificazione e Canonizzazione della Famiglia lasalliana - i soli titoli che possano giustificare l'ostinata scelta dello stesso monotono oratore - non mi ha impedito di pensare, con vivo rammarico, alla certamente splendida orazione - splendida per il fondo e per la formazione - che ci avrebbe potuto regalare, oggi, qui, il Fratello Emiliano, così fervido estimatore di Fratel Teodoreto e così acuto studioso dell'Opera sua.

Ma egli è oramai giunto al colloquio diretto con il suo Esemplare, lassù; e amo pensarli presenti tutti e due, con tanti altri Fratelli scomparsi, in mezzo a noi, intenti come siamo a celebrare una di quelle grandi vittorie di Dio, ch'è la comparsa d'un Santo in mezzo agli uomini.

Ho saputo ultimamente da un devotissimo discepolo di Fratel Emiliano ch'egli si rifiutò più volte all'invito di scrivere una biografia di Fratel Teodoreto, per il timore che la cosa potesse a me dispiacere.

Io ne sarei stato invece lietissimo; e l'avessi saputo, o anche solo potuto indovinare, avrei certo sbaragliato ogni suo scrupolo in merito.

La biografia del Nostro attende difatti ancora il suo autore; poiché quella da me allestita, con l'aperto proposito di preparare e conservare la documentazione necessaria al Processo giuridico, dimostra troppo palesemente il suo pratico intento e manca di quel « fren dell'arte » che sa sceverare i documenti, li sa scompigliare, ricombinare od omettere secondo il caso, così da fornire scorci rivelatori sulla fisionomia dell'Eroe, in una composta sintesi di tutti gli elementi.

Il decennale della nascita di Fratel Teodoreto alla vita eterna coincide con il cinquantesimo di vita dell'Unione di Gesù Crocifisso e di Maria Santissima Immacolata; ed è coincidenza senza dubbio provvidenziale per dire l'inscindibilità dell'Unione e di Fratel Teodoreto.

Questo decennio, da che ci è tolta dall'occhio corporeo la vista del nostro Confratello, fa parte del cinquantennio di vita dell'Opera da Lui fondata.

Si tratta d'un cinquantennio più furgido d'avvenimenti che non parecchi secoli insieme.

Due immani guerre lo hanno straziato, senza portare i frutti d'una vera pace, seminando anzi altre ragioni di nuovi conflitti.

Fra questi due cataclismi mondiali, si è inserita, da noi, la rivoluzione fascista, miseramente crollata nel sangue, con lo strascico d'una guerra civile tra le più micidiali e vergognose, anche se vi fioriscono episodi d'eroismo e di bontà, come quelli richiamati un mese addietro qui a Torino, nella commovente pubblicazione intitolata: « Camminarono sulla linea dell'onore ».

Fra le due guerre s'inserì pure l'impresa etiopica per la conquista di un impero, tramontato quando ancora non aveva finito di albeggiare.

Mentre la crosta terrestre è solcata da innumerevoli rombanti motori di tutte le sagome, le cilindrate e le marche, nei cieli è il pieno trionfo dell'aviazione che batte stupefacenti primati di altezza e di velocità; negli oceani si diffonde la minaccia dei sottomarini, delle navi porta-aerei e acquista popolarità lo sci acquatico e la caccia subacquea.

Le sonde si sprofondano nelle viscere della terra e sotto i mari alla ricerca di giacimenti petroliferi, e nuovo impulso hanno avuto le spedizioni speleologiche, per rapire i segreti delle antiche età.

Intanto s'è scoperta la forza atomica, si sono varcate le barriere della stratosfera, si preparano i lanci sulla luna; l'automazione, i cervelli elettronici sconvolgono i metodi dell'industria e dei commerci, della ricerca scientifica e statistica; la radio e la televisione ci fanno cittadini di tutto il mondo, portandoci in casa la visione degli avvenimenti più remoti, al momento stesso in cui si stanno svolgendo.

È così che, per richiamare fatti recenti, milioni di persone poterono essere spettatrici, per quanto remote e colte di sorpresa, dell'uccisione di Kennedy e, il giorno appresso, della morte del di lui assassino.

Infinitamente più numerosi, e in ben altro clima, si poté seguire sullo schermo il pio pellegrinaggio di pace di Paolo VI in Terra santa.

Vicende, invenzioni, scoperte - con tante altre omesse per discrezione - che Fratel Teodoreto vide dal 1914 al 1954, senza perdere la fiducia ne in Dio ne negli uomini, senza incrociare le braccia impaurite.

Ha visto anche le bombe incendiarie dirompere sulle città, colpire il suo Collegio, bruciare le edizioni dell'A. e C. e non si scompose neppure allora, sapendo che su tutto vigila la Provvidenza e che l'ultima parola è sempre del Signore.

Del resto, Fratel Teodoreto, pur senza straniarsi dagli avvenimenti del suo tempo - volendovisi anzi inserire così da cristianizzarne gli aspetti a servizio delle anime - è rimasto sempre l'uomo dell'eternità, la sola cosa che non muti, la sola che duri e che conti.

E scrosciasse paurosa la guerra o sorridesse un'alba di pace; imperversassero dure crisi di disoccupazione e di disagio, o si annunciasse il miracolo economico della ricostruzione; tra avvenimenti così contrastanti egli non trovò mai che fosse motivo di cambiare il suo messaggio, ancorato com'esso è alle divine esigenze, non già alle mutevoli mode umane.

E il messaggio non è venuto meno con Lui: pare anzi che la di Lui morte lo abbia reso più vivo e operante, più ricercato oggetto di studio, d'amore, di contemplazione, d'esecuzione.

Sarei tentato d'affermare che, se non si voglia far parere retorica e vana la pur doverosa celebrazione odierna, essa deve servire soprattutto a riascoltare e rimeditare il messaggio ch'egli ci lasciò, forse senza volerlo apertamente, e assai più nel suo modo di vivere che non attraverso proclami non mai lanciati, o discorsi di storica risonanza e scritti di larga diffusione, non essendo nel suo stile, e forse neppure nei suoi mezzi, il ricorso a queste forme usuali della propaganda fra gli uomini.

Ne egli parlò mai di un proprio messaggio, e potrebbe persino stupirsi che ne parliamo noi.

Il quale messaggio, se c'è - e poiché c'è - non può essere che il riecheggiamento del messaggio evangelico, conservato nella sua più genuina integrità, se pure con colorazioni adatte al tempo e all'ambiente in cui visse Fratel Toedoreto; poiché - com'ebbe a dire il poeta Péguy - Dio ha ritagliato il tempo nell'eternità, dandogli la possibilità di diventare esso pure eterno.

Mi piace distinguere un triplice messaggio: sostanziale l'uno, devozionale un altro, il terzo sociale.

Messaggio di santità

Il primo messaggio, il più sostanziale e sostanzioso, di cui gli altri due non sono che corollari, è il messaggio della Santità, ch'egli trasmette, innanzi tutto ai suoi Confratelli di religione, ma anche ai semplici fedeli, poiché la santità è la vocazione di ogni cristiano.

Potremo dire la vocazione d'ogni uomo, dato che Iddio non concepì l'uomo nel puro ordine naturale; lo inserì fin dall'inizio, nell'ordine della sopranatura, dandogli così la forzata vocazione alla santità, quella che poi Gesù esplicito con l'invito: « Siate perfetti come il Padre vostro celeste è perfetto » ( Mt 5,48 ).

Ideale di santità irraggiungibile in tale sconfinata misura; di cui ci rimane però la costante nostalgia, che ci rende infelici se troppo ce ne allontaniamo.

La filosofia oggi trionfante dell'esistenzialismo, che dell'infelicità stessa sembra farsi vanto e compiacimento, potrebbe forse non essere altra cosa che la traduzione in sistema della gran verità annunziata da quell'impavido integralista che fu Leon Blois quando disse: « Il n'y a d'autre tristesse que de n'étre pas des saints ».

In termini più modesti e correnti si esprimeva il Fratel Teodoreto, quando scriveva al suo degno nipote Fratel Bonaventura: « Se non ci facciamo santi, siamo i più grandi sciocchi del mondo ».

La santità, può ben dirsi, fu la caratteristica saliente del Fratel Teodoreto, il quale non brillava certo né per classica bellezza nell'aspetto, né per eccelse doti di mente, né per attitudini tecniche e didattiche eccezionali, in quella stessa che fu la sua specializzazione come insegnante, l'arte del disegno.

Non rapiva certo con la eloquenza, del cui dono era anzi assai scarsamente fornito.

E nemmeno può dirsi che avesse, come superiore, superiori doti umane d'autorità e di governo.

Riscattava però tutto con la santità.

Fin da giovane religioso - e anche prima - questo carisma gli fu riconosciuto universalmente; né valeva a nasconderlo il suo sforzo di mimetizzarsi nella più perfetta adesione alla vita comune.

Io ero fratello giovanissimo negli anni tra il 1910 e il 1914, quando Fratel Teodoreto non aveva ancora dato inizio alla sua singolare impresa dell'Unione.

Ma ricordo assai bene che fin da quei tempi fra noi si diceva: « Bisogna prendere nota di quanto fa e dice Fratel Teodoreto.

Se non lo facessimo, significherebbe che non ce ne fa proprio nulla d'avere un santo nel nostro Distretto. Se non è un santo quello … ».

E, cosa tanto più ammirevole: la sua santità non camminava sui trampoli, non s'appoggiava a nessuna singolarità di atteggiamenti, a pratiche penitenziali aggiunte, a orari impossibili, meno che mai a pose di maestro e di giudice.

Era la pura e semplice santità del « terribile quotidiano », quella che fu proclamata da Pio XI nel dichiarare eroiche le virtù del Beato Fratel Benildo, prima ancora che fosse canonizzata la « Piccola Via » di Santa Teresa del Bambino Gesù.

Era la santità della più pura marca lasalliana, che non ammette distinzione tra « la perfezione e il compimento dei doveri del proprio stato, purché lo si faccia "en vue de l'orare de Dieu" »; santità non appoggiata quindi su nulla che non sia l'essenza stessa del nostro vivere quotidiano, del nostro pregare, studiare, faticare, vigilare diuturno; con questa attività si confonde, in esse si afferma ed esalta, anche se, istante per istante, non colpisce con nulla di straordinario.

Santità che sta nella norma, non nella eccezione.

Santità di lungo corso, la vorrei dire, perché per l'appunto, il suo eroismo consiste nel durata l'intera vita.

Ma su questo aspetto così incoraggiante della santità lasalliana, di cui fu un fulgido campione il Nostro, ricordo di aver insistito già, due anni addietro, nell'inaugurare il busto di Fratel Teodoreto alla vecchia e sempre prospera scuola di Santa Pelagia, teatro per tanto tempo del suo apostolato.

Mi basta quindi avervi fatto oggi cenno.

A noi l'impegno di rendere fruttuoso il richiamo di questo primo e più importante messaggio.

Fondando l'Unione prima, e poi l'Istituto Secolare dei Catechisti, che mai intese Fratel Teodoreto se non associare ai suoi Confratelli nell'anelito verso la santità, altre anime non chiamate a vivere separate dal mondo, ma a restarvi come lievito atto a far fermentare l'intera massa?

E non volle neppure porre ingannevoli schermi a quell'aperto invito alla santità, per i membri dell'Unione: riunioni di preghiera, giorni di Ritiro mensile e annuale, opera di catechizzazione ne costituiscono la visibile ossatura, tutt'altro che allettante per una gioventù superficiale e godereccia.

Ammette il gioco, nelle sue forme più semplici, per i piccoli, a giusto sollievo; e le passeggiate, per i più grandi, purché abbiano come meta e sapore di pellegrinaggio.

Chi cerca biscotti invece di pane, deve cercare altrove.

Se saranno pochi ad accogliere l'invito austero e a perseverarvi, Fratel Teodoreto non se ne duole: meglio essere pochi, ma tutti « con l'ali dritte e ferme » all'alta vetta.

Anche la Devozione alle Cinque Piaghe, che i membri dell'Unione devono prediligere e propagandare, non promette pioggia di rose in terra, né soluzione spedita di casi disperati.

Tutta roba soda, perché la santità non consente di gingillarsi.

Qui si parla della santità di Fratel Teodoreto; ed è quasi vana la protesta che non s'intende anticipare il giudizio della Chiesa, giudizio non ancora iniziato, poiché il Processo Informativo Ordinario che si sta facendo nell'Arcivescovado di Torino, come dice l'aggettivo stesso di « informativo », non fa che raccogliere le informazioni, sulle quali la Santa Sede Apostolica emetterà poi verdetto di santità o meno.

Più che di santità noi intendiamo qui parlare della « fama di santità » del nostro Servo di Dio; e questa incontra davvero il consenso più universale che possa desiderarsi.

Messaggio devozionale

Ho accennato alla Devozione alle Cinque Piaghe: è questo il messaggio devozionale lasciato da Fratel Teodoreto.

Egli correggerebbe senza dubbio, dicendo: « Lasciato da Fra Leopoldo Musso dei Frati Minori ».

E Fra Leopoldo preciserebbe così: « Lasciato da Gesù stesso … ».

Chi sia il vero autore, lasciamo che se la vedano fra loro, lassù.

Il certo si è che la pia formula venne consegnata nelle mani di Fratel Teodoreto dall'umilissimo Francescano, ed egli la passò ai suoi Confratelli, affinché se ne facessero i propagandisti: tutto questo, al dire di Fra Leopoldo, per espresso volere di Gesù Crocifisso, che scelse all'uopo i Fratelli delle Scuole Cristiane, perché attraverso i loro alunni e le rispettive famiglie, sono in posizione singolarmente favorevole a procurare larga diffusione.

Nei primi trent'anni - dal 1915, data dell'approvazione pontificia, al 1944 - secondo un calcolo fatto dallo stesso Fratel Teodoreto, se ne distribuirono circa otto milioni di copie in ben 14 diverse lingue.

Le ultime statistiche che fanno ammontare le copie distribuite a 10 milioni, e le lingue a 17, confermano l'impressione mia generica che il fervore in questa opera di propaganda si sia alquanto attenuato.

Il decennale della morte di Fratel Teodoreto viene qui per risvegliare, dirò con il Carducci, « i pigri cuori e gli animi giacenti », che vogliamo supporre ancor capaci di entusiasmo.

La Devozione alle Cinque Piaghe merita il massimo impegno di diffusione da parte nostra.

Non incontrò subito, localmente, gran favore; ne fu anzi dapprima rifiutata l'approvazione, che poi venne invece concessa, e di gran cuore, dallo stesso Sommo Pontefice Benedetto XV, il quale volle di sua mano scrivere parole d'alto incoraggiamento sotto una propria fotografia, destinata all'Unione stessa.

Al Santo Padre aveva parlato di questa devozione il compianto Monsignor Angelo Bartolomasi, allora Ausiliare di Torino e poi Vescovo Castrense, il cui nome, rimasto sempre in luce di tanta simpatia e venerazione tra i Fratelli, mi piace qui ricordare.

La « Devozione » non ha nulla di romantico - se pure tale parve essere, al gusto anglo-sassone, l'immagine della fanciulla abbracciata ai piedi del Crocifisso, simboleggiante l'anima distaccata dalle cose del mondo - e non è certo fatta per piacere ai cercatori di pensieri preziosi, di tenere frasucce.

Direi che ha un sapore classico, per l'essenzialità degli atti che contiene e delle domande che 'formula.

Occorre una certa maturità per gustarla, appunto come avviene per i classici dell'umanità.

Chi da se non ha saputo scoprire la grande ricchezza della formata - che venne inserita nel « Preces et pia Opera », raccolta ufficiale delle preghiere indulgenziate dalla Penitenzeria Apostolica - vi può essere aiutato dai magnifici commenti che ne diede il Dott. Gaetano Sales, sopra il Bollettino « L'amore a Gesù Crocifisso », negli anni passati.

Il Fr. Leone legge il discorso commemorativo al San Giuseppe

In questo secolo in cui le sempre nuove invenzioni mettono tante sorta di piaceri, sia pur leciti, a così buon mercato, e ci portano nella casa stessa, mediante un solo giro di chiavetta, insieme con l'utile informazione politica, sociale, sportiva, anche il film, la rivista, l'operetta, o addirittura l'opera o il dramma; in questo secolo che amare esperienze hanno scoraggiato dall'economizzare per il futuro e spinto invece all'immediato godimento dei pochi o molti mezzi di fortuna che ognuno possiede, opera da monito prezioso, da ben registrato freno una devozione che ci fa contemplare, ad una ad una, le cinque principali Piaghe del Nostro Salvatore, che fu piagato tutto affinché dai suoi lividi noi fossimo risanati.

E non sarà piccolo merito dinanzi al Signore se questo salutare richiamo avverrà per opera delle nostre mani, divenute più operose nel diffondere il prezioso volantino.

Messaggio sociale

L'ultima grande opera di Fratel Teodoreto e del suo Istituto Secolare è la « Casa di Carità Arti e Mestieri » di corso Benedetto Brin.

Sorse nell'immediato dopo guerra, in un momento in cui nessuno osava costruire e, naturalmente, mancava il primo quattrino per cominciare.

Queste circostanze, che avrebbero fatto da remora ai prudenti secondo la carne, parvero a Fratel Teodoreto favorevoli quanto mai, per dimostrare che tutto era opera della Divina Provvidenza.

E meno male che a Torino, dove operò il Cottolengo, il Santo per antonomasia della Provvidenza, ci sia, a quando a quando, qualche audace che cammina sulle orme da lui tracciate un secolo fa.

Il farlo parrebbe tanto facile, visto che in fondo chi fa tutto è il Signore; ma una cosa è certa, che il colpo riesce solo ai santi: gli altri, se mai osano tentare, ci rischiano il fallimento e la gattabuia.

Quanto amò quest'opera il Fratel Teodoreto e quanto i suoi figli spirituali ne desiderano la diffusione per ogni dove!

È il messaggio sociale che siamo invitati a meditare.

Nella grande promozione odierna della classe operaia ad attrice di primissimo piano nel mondo del lavoro, frutto del sempre più fervido fiorire d'industrie e commerci, quanto è necessario che l'operaio, l'artigiano apprendano il loro mestiere in ambienti rischiarati dalla luce di Dio!

Quant'è necessario che la Scuola Cristiana apra le proprie aule alla gioventù chiamata ai lavori delle botteghe e delle officine, se non si vuole che diventi facile vittima d'una propaganda spegnitrice d'ogni fede, nutrita di odio, negata a qualsiasi senso di libertà e di personalità.

Senti quest'urgenza san Giov. Batt. de La Salle, tre secoli addietro, e aperse e iniziò scuole serali e domenicali e tecniche.

Chi può dire quanto più la sentirebbe oggi?

Perciò la sua Famiglia religiosa vivamente incoraggia istituzioni scolastiche per questa clientela che vuoi vedere preferita ad ogni altra, perché maggiormente bisognosa ed esposta.

È da allietarci al pensiero di quanto già si è fatto dai Fratelli nella linea di questo messaggio, anche solo nella Provincia torinese, che pure sta attraversando anni di estreme difficoltà economiche.

Funzionano varie scuole serali per operai: una qui al Collegio San Giuseppe, intitolala proprio a Fratel Teodoreto, e che quest'anno celebrò il suo decennale.

Ne funzionano a Grugliasco, a Biella, a Parma …

È in fase di pieno sviluppo l'Istituto d'Arti e Mestieri di Corso Trapani, che attende solo l'aiuto dei buoni per completare l'imponente costruzione in cui avrà decorosa sede l'Istituto Tecnico Industriale; e venne appena terminato un primo ampliamento dell'Istituto San Giuseppe di Milano - Crescenzago.

Intanto vere « Case di Carità » del tutto gratuite sono sorte o stanno sorgendo a Giaveno e a Grugliasco, per impulso dato dai Fratelli, con l'aiuto di generosi benefattori, ai quali mi è caro dire qui il grazie più vivo, anche se avvolto in meritorio anonimato.

Il messaggio sociale di Fratel Teodoreto non s'è arrugginito per nulla in questo decennio dopo la sua morte: è anzi più lucido che mai, e ci arride la grande speranza di sempre migliori realizzazioni.

Conclusione

Penso che l'incontro di astri nel cielo, quale avvenne per l'Epifania di Nostro Signore, continui ad essere anche oggi di buon augurio.

Di buon augurio quindi questo incontro provvidenziale del cinquantesimo di fondazione dell'Unione di Gesù Crocifisso con il decennale della morte del Suo Fondatore; un buon augurio che fiorirà in opere di vita eterna, se sapremo far rinverdire il messaggio, il triplice messaggio, che Fratel Teodoreto, inscindibile dalla sua Unione, ci ha invitati a rimeditare insieme, per dargli un'attuazione sempre più convinta, fervida, efficace.

Nel nome del Signore, Amen ».