San Massimiliano Maria Kolbe

B225-A2

Domenica 10 ottorbe 1982 il Papa Giov. Paolo II ha canonizzato il sacerdote francescano polacco Padre Massimiliano Maria Kolbe.

La figura di questo nuovo santo è così caratteristica, il suo eroismo di carità così bello e limpido, da colpire in modo particolare l'attenzione del pubblico.

Quello che lo mise in luce solare fu la morte.

Prigioniero di guerra nel lager tedesco di Auschwitz, tra persone per lo più in preda alla disperazione, egli non perse mai la sua serenità e si sforzava di confortare i suoi compagni con parole di fede.

Tutti sanno quanto fosse crudele e disumano il trattamento dei prigionieri nei campi di concentramento tedeschi.

Un giorno, dal campo di Auschwitz, un prigioniero riuscì a evadere e non fu più rintracciato.

Per ritorsione, il comandante del campo, secondo la bestiale logica dei nazisti, decise di mettere a morte uno dei restanti prigionieri, scelto a caso.

La sorte cadde su di un poveretto, che all'udire il proprio nome si mise a singhiozzare gridando: « oh la mia moglie, oh i miei figli! ».

Allora il P. Kolbe alzò la mano e chiese la parola: « Sono un prete cattolico. Domando di esser messo a morte in vece di quell'uomo ».

Stupore generale. Ma la domanda venne accolta.

Il genere di morte stabilito non era la fucilazione, ma la morte per fame e sete, in un sudicio bunker, ammassato fra altri condannati.

Neanche là il Padre perse la sua serenità, anzi divenne l'angelo consolatore e il ministro di Dio in quell'anticamera di morte.

Dopo molti giorni egli era ancora vivo e venne ucciso con un'iniezione di acido fenico: lunga e terribile agonia, che non riuscì minimamente a piegarlo.

Ma questa forza, frutto della grazia divina, era stata preparata da una vita di totale dedizione a Dio, e di multiforme, intelligente apostolato.

Le circostanze della morte gli meritarono anche la palma di « martire » e con questo titolo sarà onorato per sempre nella Chiesa.