Santo Domingo

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La nuova evangelizzazione

4 Dopo aver illustrato la nuova metodologia di Santo Domingo e fatto il punto circa la TdL, vediamo ora le grandi linee della II Parte, nella quale si concentra l'eredità della IV Conferenza:

evangelizzare catechizzando ( cap. 1 ),

evangelizzare promuovendo ( cap. 2 ),

evangelizzare inculturando ( cap. 3 ).

Per quanto riguarda il primo aspetto, va notato come esso sia il risultato della riflessione preparatoria a Santo Domingo e, in particolare, dell'orientamento che il Papa ha dato nel Discorso inaugurale.

La nuova evangelizzazione ha come peculiarità quella di proiettarsi sulla promozione umana e l'inculturazione della fede, tanto da far maturare - attraverso un rinnovato annuncio del Cristo risorto - quella fede viva che diventa energia della storia ( DF 23-30 ).

Parlare di nuova evangelizzazione non significa, dunque, proporre un nuovo Vangelo: il kérygma è sempre lo stesso; se ne devono però trarre luci nuove per affrontare le nuove sfide ( DF 24 ).

Non significa nemmeno prescindere dalla prima evangelizzazione, di cui anzi è bene ricordare luci e ombre: « Come potrebbe la Chiesa, che con i suoi religiosi, sacerdoti e vescovi è stata sempre accanto agli indigeni, dimenticare in questo V Centenario le sofferenze enormi inflitte agli abitanti di questo continente durante l'epoca della conquista e della colonizzazione? » ( Messaggio agli indios ).

La nuova evangelizzazione dunque, al positivo, « è il complesso di mezzi, azioni e atteggiamenti utili a porre il Vangelo in dialogo attivo con la modernità e il postmoderno, sia per interpellarli, sia per lasciarsi interpellare da questi.

È anche lo sforzo di inculturare il Vangelo nella situazione attuale delle culture del nostro continente » ( DF 24 ).

Pertanto la nuova evangelizzazione richiede prima di tutto la conversione della Chiesa, in quanto « solo una Chiesa evangelizzata è capace di evangelizzare » ( DF 23 ).

Soggetto della nuova evangelizzazione è tutta la comunità cristiana, perciò i vescovi incoraggiano la comunità ecclesiale ad essere sempre più « comunitaria, partecipata, fatta di comunità ecclesiali, gruppi di famiglie e circoli biblici, movimenti e associazioni ecclesiali, che rendono la parrocchia una comunità di comunità » ( DF 142 ).

È importante sottolineare l'apertura che le comunità devono avere verso la missione ad gentes, su cui si è insistito ( DF 124-127 ).

Questo è un aspetto nuovo di Santo Domingo e i vescovi hanno indicato l'importanza dell'animazione missionaria, al fine di promuovere la cooperazione di tutto il popolo di Dio, « tradotta in preghiera, sacrificio, testimonianza di vita cristiana e aiuto economico. [… Inoltre] si faccia carico con coraggio dell'invio missionario, sia di sacerdoti sia di religiosi e laici » ( DF 128 ).

Sulle Comunità Ecclesiali di Base ( CEB ), il DF è piuttosto reticente e non sottolinea abbastanza il ruolo evangelizzatore che esse svolgono.

È opportuno, invece, ricordare che le CEB « sono un segno di vitalità della Chiesa, strumento di formazione e di evangelizzazione, valido punto di partenza per una nuova società fondata sulla "civiltà dell'amore" » ( Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio 51 ).

Nel DF emergono invece le preoccupazioni per le eventuali deviazioni, e si orientano le CEB nell'alveo più tradizionale della pastorale parrocchiale.

Ciò non deve far dimenticare, però, che le CEB sono fondamentalmente « espressione dell'amore preferenziale della Chiesa per il popolo semplice » ( DP 643 ).

Esse sono di base perché sono costituite dal popolo semplice, da quei poveri che sono oggetto dell'opzione preferenziale operata da Puebla e ribadita a Santo Domingo ( DF 302 ).

In risposta alle sfide e alle considerazioni fatte, i vescovi nelle linee pastorali si assumono l'impegno per « una nuova evangelizzazione dei nostri popoli » ( DF 302 ).

Partendo dal presupposto che tutti sono chiamati alla santità e considerando molto significativo il ruolo dei laici - in particolare delle donne e dei giovani -, i vescovi evidenziano l'importanza di una proposta vocazionale forte, in sintonia con Puebla ( DF 302 ).

Sempre in questa linea pastorale, viene incoraggiato l'impegno della Chiesa nell'educazione permanente alla fede, soprattutto attraverso una catechesi rinnovata e una liturgia viva.

Ciò vale anche come risposta al grave fenomeno delle sette e dei nuovi movimenti religiosi, constatando con preoccupazione come molti cristiani, una volta ricevuto il Battesimo dalla Chiesa cattolica, ricevano poi il kérygma da predicatori appartenenti alle sette.

Santo Domingo afferma che « il problema delle sette ha assunto proporzioni drammatiche ed è arrivato a essere veramente preoccupante soprattutto per il crescente proselitismo. [… Inoltre] possono fare affidamento su un potente aiuto finanziario proveniente dall'estero e sulle decime che obbligatoriamente versano tutti gli aderenti.

[ … ] La presenza di queste sette religiose fondamentaliste in America Latina è aumentata in maniera straordinaria da Puebla ai nostri giorni » ( DF 139s ).

Anche questo può spiegare perché i vescovi hanno preferito partire dalla teologia ( parte cristologica ), per giungere successivamente alle indicazioni operative ( linee pastorali ).

È necessario, perciò, « fare in modo che in tutti i piani pastorali la dimensione contemplativa e la santità siano prioritarie, affinché la Chiesa possa farsi strumento della presenza di Dio nell'uomo contemporaneo che ha tanta sete di Lui » ( DF 144 ), senza dimenticare lo slancio missionario ad gentes che sempre più deve caratterizzare le Chiese dell'America Latina e dei Caraibi ( DF 125-128 ).

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