Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone XXXVIII

I. L’ignoranza di Dio genera la disperazione

1. Che cosa dunque deriva dall’ignorare Dio?

Dobbiamo cominciare di qui, dove avevamo terminato ieri, come ricordate.

Che cosa dunque partorisce l’ignoranza di Dio?

La disperazione, abbiamo detto; ma diciamo ora in che modo.

Poniamo che uno, tornato in sé, pieno di rincrescimento per tutto il male fatto, sia deciso a ravvedersi e a ritirarsi dalla sua condotta cattiva e carnale: se non sa quanto Dio è buono, come è soave e mite, facile e generoso nel perdonare, la sua mente carnale gli porrà innanzi questi pensieri: « Che cosa vuoi fare? Perdere questa vita presente e quella futura?

I tuoi peccati sono enormi e troppo numerosi; per tanti e così gravi trascorsi non potrai soddisfare, neanche se ti scorticassi.

La tua complessione è fragile, la tua vita è stata delicata.

Difficilmente riuscirai a vincere le abitudini ».

Per questi e altri simili pensieri il misero, disperato, ritorna sul suo proposito, non conoscendo con quanta facilità l’onnipotente Bontà, che vuole che nessuno perisca, dissiperebbe tutte queste nubi; così ne segue l’impenitenza, che è il delitto più grande, e bestemmia irremissibile.

E il poveretto viene inghiottito da una eccessiva tristezza e sommerso nel profondo, né tornerà più a galla per ricevere un po’ di consolazione, come sta scritto: L’empio, quando arriva in fondo ai mali, disprezza ( Pr 18,3 ); oppure, prendendo un pretesto qualunque, si decide a tornare per sempre nel mondo, per godere e deliziarsi di tutti i suoi beni, finché potrà.

Quando poi gli sembrerà di poter dire: « Pace e sicurezza », allora piomberà su di lui la catastrofe, né potrà sfuggirla ( 1 Ts 5,3 ).

Così dunque, dal non conoscere Dio deriva il sommo della malizia, che è la disperazione.

II. Non conoscono Dio quanti non vogliono convertirsi a Lui; non di questa ignoranza è rimproverata la sposa

2. L’Apostolo dice che alcuni dimostrano di non conoscere Dio ( 1 Cor 15,34 ).

Ma io dico che tutti quelli che non vogliono convertirsi a lui lo ignorano, e non vogliono convertirsi, senza alcun dubbio, perché immaginano arcigno e severo colui che è pio, duro e implacabile colui che è misericordioso, fiero e terribile colui che è invece amabile: e l’iniquità mentisce a se stessa, formandosene, un idolo che rappresenta ciò che non è.

Che cosa temete, uomini di poca fede?

Che non voglia rimettere i peccati?

Ma egli li ha confitti alla croce con le sue mani.

O perché siete teneri e delicati? Ma egli conosce il nostro fango.

O perché siete male abituati e vincolati dalla consuetudine del peccato?

Ma il Signore ci libera dai ceppi ( Sal 146,7 ).

Avete forse paura che, irritato per la gravità e la moltitudine dei peccati, esiti a porgervi la mano soccorritrice?

Ma è ormai un fatto consueto che, dove abbondò il peccato, sovrabbondi la grazia.

Temete forse per il cibo, per il vestito e per le altre vostre necessità corporali, e per questo esitate ad abbandonare tutte le vostre cose?

Ma Dio sa che avete bisogno di tutte queste cose, che cosa volete di più?

Quale ostacolo c’è ancora per la vostra salvezza? Ma è come dico.

Voi non conoscete Dio, però non credete alle mie parole.

Vorrei che credeste almeno a chi ne ha fatto l’esperienza, perché se non crederete, non comprenderete ( Is 7,9 ).

Ma non tutti hanno la fede.

3. Lungi pertanto da noi il pensare che la sposa sia stata rimproverata di questo, cioè di non conoscere Dio, lei che è stata favorita, non dico di una cosi grande conoscenza, ma di tanta amicizia e familiarità con lui che è nello stesso tempo suo Sposo e suo Dio, tanto da meritare frequenti colloqui e baci da lui, e ora con ardita dimestichezza gli dice: Mostrami dove pasci li gregge, dove riposi nel meriggio ( Ct 1,6 ).

Chiede che le venga indicato non lui, ma il luogo dove abita la sua gloria, sebbene non ci sia differenza tra lui e il luogo di lui o la sua gloria; ma viene considerata degna di rimprovero per la sua presunzione, e ammonita riguardo alla conoscenza di se stessa, nella quale è sembrata difettare, stimandosi capace di una cose sublime visione, sia non badando, nel suo fervore, che era ancora in questo corpo mortale, sia sperando vanamente di poter arrivare a quella inaccessibile chiarezza fin da questa vita.

Viene dunque richiamata subito a se stessa, e convinta di ignoranza, e castigata per la sua presunzione.

Se ignori te stessa, le dice, esci.

Lo Sposo tuona in modo terribile all’amata, non come Sposo, ma come maestro; e non perché sia adirato, ma affinché, spaventata, la sposa si purifichi, e purificata venga resa degna di quella stessa visione a cui anela.

Quella visione infatti è riservata ai puri di cuore.

III. Perché sia detta bella fra le donne e quali sono queste donne

4. Molto a proposito la sposa è detta bella non in modo assoluto, ma bella tra le donne, vale a dire con una distinzione, di modo che essa si senta maggiormente rimproverata, e si renda conto di quanto le manca.

Io penso infatti che con il nome di donne si intendano qui le anime carnali e secolari, che non hanno in sé nulla di virile, che non dimostrano nel loro agire nulla di forte e di costante, ma tutto rilassato, tutto femmineo e molle.

L’anima spirituale invece, sebbene già bella perché non cammina secondo la carne ma secondo lo spirito; per il fatto che vive ancora nel corpo pur progredendo non raggiunge la perfezione della bellezza, e pertanto non si può dire bella sotto ogni aspetto, ma bella tra le donne, cioè tra le anime terrene e quelle che non sono come lei spirituali, ma non tra le beatitudini angeliche, non tra le Virtù, le Potestà, le Dominazioni.

Come uno dei Padri fu trovato e chiamato giusto nella sua generazione, cioè tra tutti gli uomini del suo tempo e della sua generazione, e Tamar viene presentata come giustificata da Giuda, cioè nel confronto di Giuda, e nel Vangelo si dice che il Pubblicano è disceso giustificato dal tempio, ma giustificato a confronto del Fariseo, e come il grande Giovanni viene grandemente lodato perché non vi era più grande di lui tra i nati di donna, non tra i cori dei beati e celesti spiriti; cose ora la sposa viene detta bella, ma per il momento, solo tra le donne, e non tra le beatitudini celesti.

5. Cessi pertanto, fino a che è sulla terra, di investigare con troppa curiosità le cose del cielo, affinché non le accada che, volendo scrutare la maestà, venga oppressa dalla gloria.

Desista, dico, fino, a che sta tra le donne, di ricercare le cose che sono tra quelle sublimi Potestà, note a esse sole in quanto cose celesti, da vedersi dai celesti.

« Questa visione che chiedi di contemplare è cosa troppo meravigliosa per te, o sposa, e per ora non sei in grado di fissare i tuoi occhi nella gloria meridiana e stupenda nella quale io abito; Hai chiesto infatti: Mostrami dove pasci il gregge, dove riposi nel meriggio.

Essere difatti trasportati tra le nubi, penetrare nella pienezza della luce, irrompere negli abissi dello splendore e abitare nella luce inaccessibile non appartiene né a questo tempo, né a questo corpo.

Questo ti è riservato alla fine, quando ti presenterò a me gloriosa, senza macchia né ruga o nulla di simile.

Non sai che fino a quando vivi in questo corpo sei una pellegrina che va verso la luce?

Come mai tu, che non sei ancora del tutto bella, ti reputi degna di contemplare colui che racchiude in sé ogni bellezza?

E come cerchi di vedere me nel mio splendore, quando ancora non conosci te stessa?

Poiché, se tu ti conoscessi meglio, sapresti bene che il corpo corruttibile ti appesantisce in modo che non puoi sollevare gli occhi e fissarli in quel fulgore nel quale gli Angeli bramano di fissare il loro sguardo.

Quando io apparirò, tu sarai tutta bella, come io sono tutto bello; e molto simile a me, mi vedrai come io sono.

Allora udrai: Sei tutta bella, amica mia, in te nessuna macchia ( Ct 4,7 ).

Per il momento, anche se sei in parte simile a me e in parte dissimile, accontentati di conoscermi imperfettamente.

Bada a te stessa, e non cercare cose più alte, né scrutare cose più forti di te.

Diversamente, se ignori te stessa, tu che sei bella tra le donne, poiché io ti dico bella, ma tra le donne, vale a dire, in parte; quando poi verrà ciò che è perfetto allora sparirà ciò che è imperfetto ( 1 Cor 3,10 ).

Se, dunque, ignori te stessa … Ma quello che segue è stato già spiegato.

Avevo promesso di parlare della duplice ignoranza, credendo di far cosa utile.

Scusatemi, ma non l’ho fatto come avrei voluto.

Poiché ho si la volontà di fare, ma non riesco poi in pratica a realizzare se non quanto, nella sua benignità, si degna di concedermi per la vostra edificazione lo Sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore, che è benedetto nei secoli.

Amen.

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