Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone LVIII

I. Senso della parola in cui si dice alla sposa di affrettarsi e verso che cosa

1. Sorgi, affrettati amica mia, mia colomba, mia bella e vieni ( Ct 2,10 ).

Chi dice questo? Lo Sposo, senza dubbio.

E non è forse egli stesso che poco prima proibiva severamente di svegliare la diletta?

Come mai, dunque, ora solo le comanda di sorgere, ma anche di far presto?

Viene in mente qualcosa di simile nel Vangelo.

Quella notte infatti in cui il Signore veniva tradito, avendo comandato ai discepoli che erano con lui, stanchi per la lunga veglia, di dormire ormai e riposarsi, nella stessa ora: Alzatevi, disse, andiamo, ecco è vicino chi mi tradirà ( Mt 26,45 ).

Similmente anche adesso, quasi in uno stesso momento proibisce che si svegli la sposa, e la sveglia dicendo: Sorgi, e vieni.

Che cosa significa questo improvviso cambiamento di volontà o di consiglio?

Penseremo a una leggerezza dello Sposo che avrebbe voluto prima ciò che subito dopo non ha voluto più? Niente affatto.

Ma riconoscete quanto sopra, se ben ricordate, vi ho spiegato, e non soltanto una volta, cioè l’alternarsi dell’ozio santo con la necessaria attività, e che non appartiene a questa vita l’abbondanza della contemplazione, né la continuità della quiete, mentre urge maggiormente il lavoro imposto dal dovere, e più costringente ne è l’utilità.

Secondo il suo costume perciò lo Sposo, quando sente che la diletta ha riposato un poco sul suo seno, non esita a richiamarla nuovamente alle cose che sembrano più utili.

Non che la forzi contro il suo volere: non farebbe infatti egli stesso ciò che ha proibito ad altri di fare.

Ma essere trascinata dallo Sposo, è per la sposa ricevere da lui il desiderio di essere trascinata, il desiderio delle buone opere, il desiderio di portar frutto per lo Sposo, in quanto per lei vivere è lo Sposo e morire un guadagno.

2. C’è anche un desiderio veemente che non solo la spinge a sorgere, ma a farlo con premura.

Così dice infatti il testo: Sorgi, affrettati e vieni.

Non è di lieve conforto quello che sente, vieni, e non va’, con le quali parole comprende che non è tanto mandata, quanto condotta, e che lo Sposo verrà con lei.

Che cosa riterrà difficile, con un tale compagno?

Ponimi, dice altrove, accanto a te, e qualsiasi mano lotti pure contro di me ( Gb 17,3 ).

E così: Se dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male, perché tu sei con me ( Sal 23,4 ).

Non viene dunque svegliata contro la sua volontà, poiché è indotta prima a volerlo: e questo non è altro che il desiderio che le viene infusa del santo lucro da procurare.

Viene anche spronata all’opera prescritta e resa più sollecita dall’opportunità del tempo.

È tempo di agire ( Sal 119,126 ), dice, o sposa, perché l’inverno è passato ( Ct 2,12 ) quando nessuno poteva operare.

Anche la pioggia che aveva inondato la terra impedendo le colture, e, o soffocava i seminati o impediva le semine, è cessata, e l’acqua è scorsa via; sono apparsi i fiori nella nostra terra ( Ct 2,11 ) mostrando che è arrivato il tepore della primavera, tempo adatto al lavoro e che si avvicina il tempo delle messi e dei frutti.

Poi aggiunge dove e quale sia il primo lavoro da fare: È venuto, dice, il tempo della potatura ( Ct 2,12 ).

Viene dunque condotta alla coltura delle vigne, le quali, perché possano produrre frutti abbondanti per i coloni, è anzitutto necessario che siano liberate dai sarmenti sterili, tagliando via quelli nocivi, e potando la parte superflua.

Questo secondo la lettera.

II. Il tempo adatto alla potatura e che cosa sia l’inverno e che cosa la pioggia che la impedisce

3. Ora vediamo quello che spiritualmente ci viene suggerito attraverso questo schema quasi storico.

Che le vigne siano le anime o le chiese, e quale sia la ragione di questo senso, già l’ho detto e voi lo avete compreso, e non avete bisogno di sentirvelo ripetere.

Per revisionare queste anime o queste chiese, per correggerle, istruirle, salvarle, è invitata un’anima più santa, che tuttavia abbia ricevuto questo compito non spinta dalla sua ambizione, ma chiamata da Dio come Aronne.

Ora questo invito che cosa altro è se non un certo stimolo di carità che piamente ci spinge a lavorare con zelo per la salute dei fratelli, per il decoro della casa del Signore, l’aumento dei frutti della sua giustizia, la lode e la gloria del suo nome?

Così ogni volta che colui che per ufficio ha il compito di guidare le anime e di esercitare la predicazione, sente il suo uomo interiore mosso da religiosi sentimenti intorno a Dio, allora sappia per certo che lo Sposo è presente e lo invita alle vigne.

Perchè fare se non per sradicare e distruggere, per edificare e piantare?

4. Ma siccome per questo lavoro, come per ogni altra cosa sotto il cielo, non ogni tempo è adatto e conveniente, aggiunge, colui che invita, che è venuto il tempo della potatura.

Sapeva questo colui che esclamava: Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza; non diamo motivo di scandalo a nessuno perché non venga biasimato il nostro ministero ( 2 Cor 6,2-3 ).

Egli ammoniva di amputare le cose viziose e superflue, e tutto quello che poteva essere motivo di scandalo e impedire i frutti della salute, sapendo che era venuto il tempo della potatura.

E perciò diceva anche a un fedele coltivatore delle vigne: Ammonisci, rimprovera, esorta ( 2 Tm 4,2 ) indicando nella prima e seconda parola l’amputazione o l’estirpazione, nell’ultima la piantagione.

Queste cose diceva lo Sposo per bocca di Paolo circa il tempo di operare.

Ma senti quello che ha detto personalmente circa la considerazione del tempo alla nuova sposa, indicando con nuove figure nuove realtà: Non dite voi: ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura?

Ecco io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura ( Gv 4,35 ), e inoltre: La messe è molta, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe ( Mt 9,37-38 ).

Come dunque là mostrava che era venuto il tempo di mietere le messi delle anime, così qui annunzia che è venuto il tempo di potare le vigne spirituali cioè le anime o le chiese; voleva forse farci intendere con la diversità dei vocaboli, per messi il popolo dei fedeli, e per vigne le congregazioni dei santi che fanno vita comune.

5. La stagione invernale, che qui dice è passata, mi sembra riferirsi a quel tempo in cui il Signore Gesù non si mostrava più in pubblico perché i Giudei cospiravano contro di lui, volendolo mettere a morte.

E per questo diceva ad alcuni: Il mio tempo non è ancora venuto, ma il vostro tempo invece è sempre pronto ( Gv 7,6 ); e di nuovo: Andate voi a questa festa, io non ci vado.

Vi andò tuttavia in seguito anche lui, però di nascosto ( Gv 7,10 ).

Da allora fino alla venuta dello Spirito Santo, quando si riscaldarono i cuori intorpiditi dei fedeli, per opera del fuoco che il Signore mandò per questo sulla terra, fu inverno.

Negherai forse che fosse inverno quando Pietro sedeva accanto al fuoco, non meno gelido nel cuore che nel corpo?

Faceva freddo, è detto ( Gv 18,18 ).

In realtà il grande freddo aveva stretto il cuore del rinnegatore.

Né fa meraviglia, poiché da esso era stato tolto il fuoco.

Fino a poco prima, infatti, era pieno di zelo, in quanto ancora vicino al fuoco, e sguainata la spada, per non perdere il fuoco, aveva tagliato l’orecchio del servo.

Ma non era quello il tempo della potatura, e perciò si senti dire: Rimetti la spada al suo posto ( Mt 26,52 ).

Era, infatti, l’ora e l’impero delle tenebre ( Lc 22,53 ), e chiunque dei discepoli avesse levato la spada, quella di ferro o quella della parola, o sarebbe perito di spada, e non avrebbe guadagnato nessuno, né portato alcun frutto, oppure sotto il timore della spada sarebbe costretto a negare, e così sarebbe egli stesso perito, secondo la parola del Signore, che aveva subito aggiunto: Tutti quelli che mettono mano alla spada, periranno di spada ( Mt 26,52 ).

Chi infatti oserebbe stare impavido davanti alla spaventosa immagine della morte altrui, mentre trepida e cade lo stesso principe degli Apostoli, che pure era stato premunito dalla parola confortatrice del suo Signore, e invitato a confortare gli altri?

6. Del resto né lui né gli altri Apostoli avevano ancora rivestito la forza venuta dall’alto; e per questo non era cosa sicura per essi uscire a lavorare nelle vigne, manovrare la zappa della lingua e potare le viti con la spada dello Spirito, purgando i tralci perché portassero maggior frutto.

E poi lo stesso Signore nella passione taceva, e interrogato su molte cose non rispondeva, divenuto, secondo il Profeta, come un sordo che non ascolta e come un uomo che non sente e non risponde ( Sal 38,15 ).

Ma diceva: Se ve lo dirò non mi crederete; se poi vi interrogherò, non mi risponderete ( Lc 22,67 ) sapendo che, il tempo della potatura non era ancora venuto, né la sua vigna avrebbe risposto alle grandi fatiche, vale a dire, non avrebbe portato alcun frutto di fede o di opere buone.

Perché? Perché era inverno nel cuore dei perfidi, e certe piogge invernali di malizia avevano allagato la terra, pronte a soffocare i semi gettati dalla parola più che a farli germogliare, o a rendere vana ogni opera per la coltivazione della vigna.

7. Di quali piogge pensate voi che io ora parli?

Di quelle che vediamo sparse sulla terra dalle nubi, spinte da vento di tempesta? Non è così.

Ma di quelle che dalla terra fanno salire in alto nell’aria gli uomini di spirito turbolento, che levano la bocca loro fino al cielo, e la loro lingua percorre la terra come pioggia amarissima, che rende la terra palustre e sterile, inutile sia ai seminati come alle piante, non quelle visibili e corporee, date per i nostri corporei usi, delle quali Dio non si prende cura, come neanche dei buoi.

Ma a chi? Certamente a quelle colture e a quelle piante che la mano di Dio ha seminato e piantato e non quella dell’uomo, che potevano germogliare e mettere radici nella fede e nella carità, e produrre frutti salutari se fossero state irrigate da piogge buone cadute a suo tempo, sono insomma le anime per le quali Cristo è morto.

Guai alle nubi che lasciano cadere su di esse piogge di tal genere che fanno fango e non portano frutto!

III. Quali sono le nubi buone o cattive o le piogge, e quali i fiori che poi appassiscono

Come infatti vi sono alberi buoni e alberi cattivi, che producono differenti frutti secondo la diversa natura, frutti buoni cioè gli alberi buoni e cattivi quelli cattivi, così vi sono nubi buone che lasciano cadere piogge buone, e nubi cattive che piovono piogge cattive.

E vedi se per caso non volesse insinuare questa differenza di nubi e di piogge colui che diceva: Comanderò alle mie nubi di non mandarvi la pioggia ( Is 5,6 ).

Certamente vuol dire: sulla vigna.

Per quale ragione pensi tu che abbia aggiunto specificando: alle mie nubi, se non perché vi sono anche delle cattive nubi che non sono sue?

Via, via, crocifiggilo! ( Gv 19,15 ).

Oh, nubi violente e torbide! Oh, pioggia torrenziale, oh, torrente di iniquità, atto più a distruggere che a fecondare!

Né meno cattiva e meno amara, anche se meno impetuosa, la pioggia che ne seguì: Ha salvato gli altri, non è capace di salvare se stesso.

Cristo, Re d’Israele, discenda ora dalla croce, e noi gli crederemo ( Mt 27,42 ).

La ventosa loquacità dei filosofi non è una buona pioggia: essa porta più la sterilità che non la fertilità, e molto più sono cattive piogge i cattivi dogmi degli eretici, che invece di frutti producono spine e triboli.

Cattive piogge anche le tradizioni dei Farisei, che vengono redarguite dal Salvatore.

Anche esse sono nubi cattive.

E se non pensi che io faccia ingiustizia a Mosè, poiché egli è una buona nube, non direi tuttavia che tutta la pioggia che è scesa da essa sia buona, per non contraddire colui che dice: Io diedi loro statuti non buoni, certamente per mezzo di Mosè, e leggi per le quali non potevano vivere ( Ez 20,25 ).

Per esempio quella letterale osservanza del sabato, che significava, ma non donava riposo, il rito prescritto dei sacrifici, la proibizione di mangiare carne porcina e alcune simili cose che da Mosè vengono considerate immonde, tutto questo è pioggia che scende da quella nube; ma non voglio che scenda nel mio campo o nel mio orto.

Sarà stata buona a suo tempo, se verrà dopo il tempo non la ritengo più buona.

Ogni pioggia, anche se leggera e che cada leggermente, se è fuori tempo diventa molesta.

8. Dunque, fino a che queste acque pestilenziali hanno occupato la terra e l’hanno dominata, non c’è stato tempo adatto per la coltura delle vigne, né la sposa si sentì invitare alla loro potatura.

Ma prosciugandosi le acque apparve la terra asciutta, e comparvero in essa i fiori, indicando che il tempo della potatura era venuto.

Quando accadde questo? Quando, pensi, se non quando rifiorì la carne di Cristo nella risurrezione?

E questi è il primo e il massimo fiore che apparve sulla nostra terra: Cristo è infatti la primizia.

Egli, dico, fiore del campo e giglio delle valli ( Ct 2,1 ).

Gesù era creduto figlio di Giuseppe da Nazareth, che significa fiore.

Questo è il fiore che apparve per primo, ma non fu il solo.

Infatti molti corpi di santi, che erano morti, risorsero ugualmente, e questi come altrettanti splendidi fiori apparvero contemporaneamente nella nostra terra.

Vennero nella città santa e apparvero a molti ( Mt 27,53 ).

Furono anche fiori i primi che credettero del popolo, primizie dei santi.

Fiori i loro miracoli, che come fiori producevano il frutto della fede.

Poiché una volta passata un poco quella pioggia dell’infedeltà, e dopo che almeno in parte cessò la e l’acqua si fu ritirata, seguì una pioggia abbondante mandata da Dio alla sua eredità, e cominciarono a spuntare i fiori.

Il Signore elargì il suo bene e la nostra terra produsse i suoi fiori, talmente che in un solo giorno tremila e in un altro cinquemila del popolo abbracciarono la fede; tanto crebbe celermente il numero dei fiori, cioè la moltitudine dei credenti.

Né riuscì il gelo della malizia ad avere il sopravvento sui fiori che sbocciavano, né compromettere, come capita, il frutto della vita che promettevano.

9. Poiché, essendo tutti quelli che avevano creduto investiti di una forza dall’alto, sorsero tra di essi degli uomini che si dimostrarono forti nella fede, disprezzando le minacce dei malvagi.

Ebbero a soffrire molte contraddizioni, ma non vennero meno, né cessarono di compiere e di annunziare le opere di Dio.

Secondo, infatti, quanto è detto nel Salmo, in senso però spirituale: Seminarono campi e piantarono vigne, e ne raccolsero frutti abbondanti ( Sal 107,37 ).

Con il passar del tempo la tempesta si calmò, e tornata la pace sulla terra crebbero le vigne, si propagarono e dilatarono e si moltiplicarono oltre misura.

E allora la sposa viene invitata a recarsi alle vigne, non per piantare, ma per potare quello che era già piantato.

Ed era opportuno che fosse così, perché questo lavoro richiedeva un tempo di pace.

E quando mai si sarebbe potuto compiere in tempo di persecuzione?

Del resto prendere in mano spade a due tagli, compiere la vendetta tra i popoli e punire le genti, stringere in catene i loro capi e i loro nobili in ceppi di ferro, per eseguire su di essi il giudizio già scritto questo infatti significa potare le vigne queste cose dico, si possono fare appena in tempo di pace.

E di questo basta.

IV. La potatura della vigna secondo il senso morale, cioè dell’anima e quando sia necessaria, cioè sempre

10. Il sermone poteva finire qui se avessi prima ammonito ognuno di voi, come sono solito fare, riguardo alla propria vigna.

Chi infatti ha tagliato via da sé così radicalmente ogni cosa superflua che non ci sia più nulla in lui che abbia bisogno di potatura?

Credetemi, anche le cose stroncate ripullulano, e quelle allontanate ritornano, si riaccendono le spente, e le sopite si risvegliano di nuovo.

È poca cosa, dunque, l’aver potato una volta; bisogna potare spesso, anzi possibilmente sempre, perché sempre, se sei sincero, trovi qualche cosa da potare.

Per quanto progresso tu abbia fatto fino a che resti in questo corpo, sbagli se pensi che i vizi siano morti, e non piuttosto mortificati.

Che tu lo voglia o no, nei tuoi confini abita il Gebuseo: può essere soggiogato, ma non sterminato.

So, dice l’Apostolo, che non abita in me il bene ( Rm 7,18 ).

È poca cosa se non confessa che c’è anche in lui il male.

Dice: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.

Ora, se faccio quello che non voglio non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me ( Rm 7,19-20 ).

Dunque, o tu osi crederti migliore dell’Apostolo, perché è lui che parla così di sé, oppure devi ammettere con lui che anche tu non sei privo di vizi.

La virtù tiene il mezzo tra i vizi, e quindi ha bisogno di una accurata potatura, non solo, ma di una circoncisione.

Altrimenti c’è da temere che stretta tutt’intorno e rosa dai vizi, mentre tu non te ne accorgi essa languisca poco a poco, e se quelli aumentano venga soffocata.

In tanto grande pericolo è necessario osservare diligentemente, e appena appariranno le teste dei vizi che rinascono, subito con pronta severità troncarle.

Non può la virtù crescere di pari passo con i vizi.

Dunque, perché essa prosperi non si permetta ad essi di ripullulare.

Togli le cose superflue e nascono quelle salutari.

Va ad aumentare l’utile quanto sottrai alla cupidigia.

Applichiamoci alla potatura.

Sia potata la cupidigia, e sarà rinforzata la virtù.

11. Per noi, fratelli, è sempre tempo adatto alla potatura, come sempre è tempo di lavoro.

Sapete di quale inverno io parli, quel timore che non c’è nella carità, che pur essendo per tutti inizio della sapienza non perfeziona nessuno, perché sopravvenendo la carità lo scaccia come l’estate fuga l’inverno.

Estate davvero è la carità, che se già è venuta, anzi perché è venuta come è giusto che io pensi di voi ha necessariamente prosciugato ogni pioggia invernale, vale a dire ogni lacrima di ansietà che prima spremeva l’amaro ricordo del peccato e il timore del giudizio.

Dunque, lo dico senza esitare, e se non di tutti voi certamente di molti, questa pioggia è cessata e se n’è andata, già compaiono i fiori, segno di una pioggia più soave.

Anche l’estate ha le sue piogge soavi e feconde.

Che cosa più dolce delle lacrime della carità?

Piange infatti la carità, ma per amore, non per tristezza: piange per il desiderio, piange con chi piange.

Di tale pioggia non dubito vengano irrorati con abbondanza gli atti della vostra obbedienza, che lieto considero non resi tetri dalla mormorazione, non semioscuri dalla tristezza, ma giocondi e floridi per un certo spirituale gaudio.

Essi appaiono come se sempre portaste fiori nelle mani.

12. Dunque, se l’inverno è passato, la pioggia è cessata e se n’è andata, se nuovamente sono apparsi i fiori nella nostra terra e un certo tepore primaverile di grazia spirituale indica venuto il tempo della potatura, che resta se non che ci applichiamo tutti a questo lavoro così santo, così necessario?

Scrutiamo, secondo il Profeta, le nostre vie ( Lam 3,40 ) e i nostri sentimenti, e ognuno pensi di aver fatto progresso non per il fatto di non aver trovato nulla in sé di reprensibile, ma quando avrà disapprovato ciò che di male ha trovato.

Allora non ti sei scrutato invano se hai avvertito che avevi ancora bisogno di esaminarti; e ogni volta che la tua ricerca non ti ha ingannato, sempre penserai di ripeterla.

Se poi fai sempre questo quando occorre, lo fai sempre.

Ricordati, dunque, che sempre ti sarà necessario il divino aiuto e la misericordia dello Sposo della Chiesa Gesù Cristo nostro Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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