Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone LIX

I. Il motivo per cui lo Sposo dice: nella nostra terra

1. La voce della tortora si fa sentire nella nostra terra ( Ct 2,12 ).

Non posso ormai più dissimularlo: ecco, colui che è dal cielo parla della terra, con tanta degnazione, tanto amichevolmente, come uno della terra.

È questi lo Sposo, il quale avendo premesso che i fiori erano apparsi sopra la terra aggiunse: nostra; ed ora ancora dice: La voce della tortora si fa sentire nella nostra terra.

Dunque, ci sarà una ragione per un modo di parlare così inconsueto, per non dire indegno di Dio?

Mai, come penso, si è parlato così del cielo, in nessun altro luogo si è parlato così della terra.

Considera, pertanto, quanta soavità ci sia nel fatto che il Dio del cielo dica: nella nostra terra.

Abitanti del mondo e figli degli uomini ( Sal 49,3 ) udite: Grandi cose ha fatto il Signore per noi ( Sal 126,3 ).

Molta relazione egli ha con la terra, molta con la sposa che si è compiaciuto scegliersi dalla terra.

Nella terra, dice, nostra.

Questa parola non sa di principato, ma di consorzio, di familiarità.

Questo lo dice come Sposo, non come Signore.

E che? È il creatore e si considera consorte? Parla l’amore, che non conosce padrone.

È infatti questo un carme d’amore, e non era opportuno fosse composto da altre parole che da quelle d’amore.

Ama anche Dio, e non ne ha il motivo fuori di sé, ma è egli stesso il motivo per cui ama.

E tanto più fortemente in quanto non tanto ha amore, ma egli stesso è amore.

Ora, quelli che ama li considera amici, non servi.

Infine, da maestro si fa amico, né chiamerebbe i discepoli amici se non lo fossero in realtà.

2. Vedi come anche la maestà cede all’amore? È così fratelli.

L’amore non sospetta nessuno, ma nemmeno lo disprezza.

Guarda con uguale occhio tutti coloro che si amano perfettamente, e in se stesso contempera i grandi e i piccoli; e non solo li rende pari, ma ne fa una cosa sola.

Tu forse pensi ancora che Dio faccia eccezione da questa regola dell’amore, ma chi aderisce a Dio forma con Lui un solo spirito.

Perché ti stupisci di questo? Egli si è fatto come uno di noi.

Ho detto poco: non come uno, ma uno di noi.

Era poco essere pari agli uomini: è uomo.

Perciò chiama sua la terra nostra, ma come patria, non come possedimento.

E come non l’avrebbe rivendicata come sua?

Di qui gli viene la sposa, di qui la sostanza del suo corpo: di qui lo Sposo stesso, di qui l’unione dei due in una sola carne.

Se una sola è la carne, perché non una patria sola?

Il cielo del cielo al Signore, dice, ma la terra l’ha data ai figli dell’uomo ( Sal 115,16 ).

Dunque, come figlio dell’uomo eredita la terra, come Signore l’assoggetta, come creatore la governa, come Sposo la comunica.

Dicendo infatti: Nella nostra terra non ne rivendica la proprietà, non ne respinge la società.

E questo perché lo Sposo si è degnato di usare una parola tanto benevola dicendo: Nella nostra terra.

Ora vediamo il resto.

II. La voce o il gemito della tortora, quando probabilmente si è fatta sentire

3. La voce della tortora si fa sentire nella nostra terra.

Anche questo è un segno che l’inverno è passato, ma che è ora tempo di potatura.

Questo secondo la lettera, del resto la voce della tortora non è tanto dolce in sé, ma è segno di cose dolci.

Questo stesso uccello se lo comperi non ha grande valore, se lo abbatti cacciando ha un altro prezzo.

La sua voce somiglia più a un gemito che a un canto, e ci ricorda che il nostro è un pellegrinaggio.

Ascolto volentieri la voce di quel dottore che non cerca l’applauso per sé, ma muove me al pianto.

Ti mostri veramente tortora se insegni a gemere, e se vuoi essere persuasivo bisognerà che tu cerchi di ottenere questo, più che declamando, gemendo tu stesso.

L’esempio, in verità, come in molte altre cose, soprattutto in questo è più efficace che la parola.

Darai alla tua parola una grande forza se si vedrà che tu sei ben persuaso di ciò di cui vuoi convincere gli altri.

È più valida la voce dei fatti che quella della bocca.

Fà come parli, e non solo più facilmente ottieni la mia correzione, ma libererai te stesso da una non lieve vergogna.

Non riguarderà più te se qualcuno dirà: Legano pesanti fardelli e impongono sulle spalle della gente; ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito ( Mt 23,4 ).

Ma non bisogna neppure che faccia paura quell’altro detto: Tu che insegni agli altri, non insegni a te stesso? ( Rm 2,21 ).

4. La voce della tortora si fa sentire nella nostra terra.

Fino a che gli uomini per il servizio di Dio ricevettero solamente una mercede sulla terra e solo terra, quella che scorreva latte e miele, non si riconobbero affatto pellegrini sulla terra, né come tortore gemettero al ricordo della patria; ma piuttosto, considerando come patria l’esilio, si diedero a mangiare carni grasse e a bere mosto.

Per tutto quel tempo la voce della tortora non si udì sulla nostra terra.

Quando poi venne fatta la promessa del Regno dei cieli, allora gli uomini compresero che non avevano quaggiù una città stabile, e cominciarono a cercare con ardore quella futura; e allora per la prima volta manifestamente risuonò nella nostra terra la voce della tortora.

Quando infatti ogni anima santa cominciò a sospirare la presenza di Cristo, a sentire con molestia la dilazione del regno, e a salutare da lontano con gemiti e sospiri la patria desiderata, non ti sembra che qualunque anima sulla terra si comportasse in questo modo, imitasse la gemebonda e castissima tortora?

Da allora in poi dunque la voce della tortora si fa sentire nella nostra terra.

E perché l’assenza di Cristo non dovrebbe strapparmi frequenti lacrime e quotidiani gemiti?

Signore, davanti a te è ogni mio desiderio, e il mio gemito non ti è nascosto ( Sal 38,10 ).

Sono stremato dai lunghi lamenti, tu lo sai; ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio ( Sal 6,7 ).

E non solo per me, ma per tutti quelli che attendono la sua manifestazione ( 2 Tm 4,8 ) sono questi gemiti.

E questo è quello che Gesù diceva: Possono forse piangere i figli dello sposo finché lo sposo è con loro?

Ma verranno giorni quando sarà loro tolto lo sposo, e allora piangeranno ( Mt 9,15 ).

E allora si udrà la voce della tortora.

5. È così, Gesù buono: sono venuti quei giorni.

Poiché la stessa creatura geme e soffre fino a oggi i dolori del parto, aspettando la rivelazione dei figli di Dio.

E non solo essa, ma anche noi gemiamo in noi stessi, aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo; ben sapendo che fino a che siamo in questo corpo, siamo pellegrini lontani da te ( Rm 8,19.22-23 ).

Né sono gemiti inutili, dal momento che dal cielo vi si risponde con tanta misericordia: Per la miseria dei bisognosi e il gemito dei poveri, ora mi alzerò, dice il Signore ( Sal 12,6 ).

Vi fu anche al tempo dei Padri questa voce gemebonda, ma rara, e ciascuno aveva in sé il suo gemito.

Per cui diceva un tale: Il mio segreto è per me, il mio segreto è per me ( Is 24,16 ).

Ma anche chi diceva: Il mio gemito a te non è nascosto ( Sal 38,10 ), dimostrava che era nascosto, essendo noto a Dio solo.

E perciò allora non si poté dire: La voce della tortora si fa sentire nella nostra terra perché il segreto di pochi non era ancora uscito a conoscenza di molti.

Ma quando si gridò apertamente: Cercate le cose di lassù ( Col 3,1 ) dove Cristo sta seduto alla destra di Dio, cominciò ad appartenere a tutti questo gemito di tortora, e per tutti vi fu un’unica ragione di gemere, perché tutti conoscevano il Signore, secondo che si legge nel Profeta: E mi conosceranno tutti, dal più piccolo al più grande, dice il Signore ( Ger 31,34 ).

III. Perché si parla di una tortora soltanto; la castità della tortora

6. Se poi molti sono quelli che gemono, perché se ne indica uno solo?

Voce di tortora, dice; perché non « di tortore »?

Forse l’Apostolo ha risolto questa difficoltà dove dice che lo Spirito Santo chiede per i santi con gemiti inesprimibili.

È così: viene detto che egli geme, perché è lui che fa i gementi.

E sebbene siano molti quelli che così senti gemere, parla la voce di uno solo per le labbra di tutti.

Perché non sarebbe proprio la voce di colui che la forma sulla bocca dei singoli per le loro proprie necessità?

A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune ( 1 Cor 3,6 ).

La voce manifesta ognuno, e lo indica presente.

E senti dal Vangelo come lo Spirito Santo ha una voce: Lo Spirito, dice, spira dove vuole, e senti la sua voce, e non sai donde venga e dove vada ( Gv 3,8 ).

Anche se non lo sapeva quel maestro morto che insegnava ai morti la lettera che uccide, sappiamolo noi che, passati dalla morte alla vita per opera del vivificante Spirito, abbiamo la prova dalla nostra certa quotidiana esperienza, sotto l’influsso della sua luce, che i nostri voti e gemiti vengono da Lui e vanno a Dio, e là trovano misericordia agli occhi di Dio.

Quando mai infatti Dio non ascolterebbe la voce del suo Spirito?

Ora egli sa che cosa desideri lo Spirito, perché esso chiede per i santi secondo Dio.

7. Né la tortora ci fa pensare solo ai gemiti.

Essa è simbolo anche di castità.

Per questo fu degna di essere offerta come ostia per il parto verginale.

Dice infatti così il Vangelo: Un paio di tortore o due colombini ( Lc 2,24 ).

E sebbene altrove si sia soliti designare con la colomba lo Spirito Santo, tuttavia dato che essa è un uccello libidinoso, non fu conveniente che essa venisse offerta in sacrificio al Signore, se non in quell’età che non conosce libidine.

Invece, della tortora non è indicata l’età, perché se ne conosce la castità in qualsiasi età.

E poi si contenta di un solo compagno; perduto il quale non ne ammette più un altro, rimproverando la molteplicità delle nozze tra gli uomini.

Poiché, anche se forse la colpa per l’incontinenza è veniale, la stessa così grande incontinenza è cosa turpe.

È vergognoso che nel campo dell’onestà la ragione abbia meno forza nell’uomo che la natura nell’uccello.

Si può vedere la tortora nel tempo della sua vedovanza tenersi fortemente e infaticabilmente all’osservanza della sua sacra vedovanza.

La vedi ovunque sola, dappertutto la senti gemere; né la vedi mai fermarsi su di un ramo verde, perché tu impari da essa ad evitare come velenose le verdeggianti voluttà.

Aggiungi che la tortora sta di preferenza sui gioghi dei monti e sulle sommità degli alberi, cosa che si confà molto bene con il proposito di mantenere la pudicizia, e così ci insegna a disprezzare le cose della terra e ad amare quelle celesti.

8. Da queste cose si deduce che sia voce di tortora anche la predicazione della castità.

Da principio non fu udita questa voce sulla terra, ma piuttosto quell’altra: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra ( Gen 9,1 ).

Inutilmente del resto sarebbe risuonata quella voce della pudicizia, quando non si era ancora parlato della patria dei risorti, nella quale gli uomini sono molto più felici senza prendere moglie o marito, ma sono come gli angeli in cielo.

Poteva forse risuonare questa voce in quel tempo, quando era considerato maledetto chi era sterile in Israele, quando gli stessi Patriarchi avevano parecchie mogli, quando un fratello era obbligato per legge a dare una discendenza al fratello morto senza figli?

Ma quando risuonò dalla bocca della celeste tortora la lode degli eunuchi che si sono fatti tali per il regno di Dio, e il consiglio di un’altra castissima tortora circa la verginità prese piede, allora per la prima volta si poté dire con verità che la voce della tortora si fa sentire nella nostra terra.

IV. Udendo la voce e vedendo il fiore, cioè attraverso i segni, la fede si rafforza

9. Dunque nella nostra terra apparvero i fiori e si udì la voce della tortora, e pertanto la verità si mostrò agli occhi e si fece sentire all’udito.

La voce infatti si sente, il fiore si vede.

Fiore è il miracolo che, come abbiamo sopra interpretato, unendosi alla voce partorisce il frutto della fede.

Anche se la fede viene attraverso l’udito, dalla vista viene la conferma.

Risuonò la voce, splendette il fiore, e la verità germogliò dalla terra per la confessione dei fedeli, concorrendo la parola e il miracolo insieme nella testimonianza della fede.

Queste testimonianze divennero degnissime di fede, attestando il fiore alla voce e l’occhio all’orecchio.

Le cose vedute confermano quelle udite, sicché la testimonianza di due, dell’orecchio dico, e dell’occhio, sia criterio di verità.

Perciò il Signore diceva: Andate a dire a Giovanni parlava difatti ai suoi discepoli le cose che avete udito e visto ( Lc 7,22 ).

Non poté dimostrare loro più brevemente, né più chiaramente la certezza della fede.

E veramente questa certezza si diffuse in breve a tutta la terra, e mediante questo medesimo doppio argomento.

Le cose che avete udito, dice, e visto.

O parola breve, ma tuttavia viva ed efficace.

Certamente affermo senza dubitare ciò che ho appreso per mezzo dell’orecchio e degli occhi.

Suona la tromba della salvezza, rifulgono i miracoli e il mondo crede.

Presto quello che viene detto è creduto, mentre si mostra il miracolo che stupisce.

È detto poi che partiti, gli Apostoli predicarono dappertutto, mentre il Signore operava con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano ( Mc 16,20 ).

Così Gesù sul monte è trasfigurato e avvolto da uno stupendo splendore, e a questo si aggiunge la testimonianza della voce venuta dall’alto.

Così nel Giordano similmente c’è il segno della colomba e la voce che rende testimonianza.

Così queste due cose ovunque insieme concorrono per la divina munificenza a introdurre la fede, affinché sia aperto un largo ingresso alla verità che può entrare nell’anima per le due finestre.

10. Segue: Il fico ha messo fuori i suoi primi frutti ( Ct 2,13 ).

Non mangiamone, perché non sono maturi.

Dei buoni fichi hanno l’apparenza, la somiglianza, ma non il sapore; forse ne avremo bisogno un’altra volta.

Del resto facilmente cadono da sé prima del tempo, come l’erba dei tetti, la quale prima che venga strappata si dissecca, il che penso sia stato detto degli ipocriti.

Non senza ragione tuttavia se n’è fatta menzione nel carme nuziale.

Serviranno certamente tali fichi, anche se non per mangiare, per qualche altro uso.

Nelle nozze, oltre alle vivande, si preparano necessariamente molte altre cose.

Io penso che su questo non si debba passar affatto oltre, e di qualunque cosa si tratti non vorrei trattarne nella fretta della fine di questo sermone; ma ne rimando l’esposizione a un tempo meno obbligato, in un altro giorno.

Se si tratti di cosa necessaria lo potrete sperimentare; solo le vostre preghiere mi ottengano l’opportunità e la facoltà di dire quello che penso per la vostra edificazione, a lode e gloria dello Sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore che é sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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