Leggenda perugina

[1576] Un pesce prelibato

29. Mentre Francesco gravemente malato era ospite nel palazzo del vescovo di Assisi, veniva insistentemente pregato di nutrirsi.

Egli rispose: « Fratelli, non ho nessuna voglia di mangiare.

Però, se avessi del pesce squalo, forse ne prenderei ».

Com'ebbe espresso il desiderio, ecco appressarsi un tale che portava un canestro contenente tre bellissimi squali, ben preparati, e piatti di gamberi, che il Santo mangiava volentieri.

Il tutto gli veniva offerto da frate Gerardo, ministro a Rieti.

Molto stupiti rimasero i frati, considerando la cosa una prova della santità di Francesco.

E lodarono Dio, che procurava al suo servo quanto non gli si poteva offrire, perché era inverno e in quella città non si sarebbe riusciti ad avere vivande simili.

[1577] La mormorazione di Frate Leonardo

30. Una volta Francesco era in cammino in compagnia di un frate molto spirituale, discendente da una grande e potente famiglia di Assisi.

Il Santo, debole e malato, stava in groppa a un asino.

Il compagno, stanco del viaggio, si mise a borbottare fra sé: « I parenti di questo qui non erano nemmeno paragonabili ai miei.

Ed ecco, lui cavalca e a me tocca venirgli dietro, stracco e appoggiandomi al somaro ».

Stava rimuginando queste riflessioni quando Francesco scivolò d'improvviso dal giumento e gli disse: « Fratello, non è giusto né conveniente che io cavalchi e tu vada a piedi poiché nel mondo eri più nobile e potente di me ».

Stupefatto e pieno di vergogna, quel frate cominciò a piangere e buttandosi ai piedi del Santo gli confessò il pensiero avuto e riconobbe la sua colpa.

Egli ammirò la santità di Francesco, che aveva immediatamente penetrato il suo pensiero.

E quando i fratelli pregarono, in Assisi, papa Gregorio e i cardinali di canonizzare Francesco, Leonardo attestò questo fatto davanti al Papa e ai cardinali.

[1578] Esce di cella per benedire un fratello

31. Un frate uomo spirituale e amico di Dio, abitava a Rieti nel luogo dei frati.

Un giorno si alzò e, sospinto dal desiderio di vedere Francesco e di ricevere la sua benedizione, venne con viva devozione al romitorio di Greccio, dove allora il Santo soggiornava.

Francesco aveva già preso il suo pasto e stava ritirato in una cella, dove pregava e riposava.

Siccome era quaresima, non ne usciva che all'ora della refezione, per poi tornare subito al suo isolamento.

Il nuovo arrivato rimase molto avvilito nel non trovarlo, attribuendo la disdetta ai suoi peccati, soprattutto perché gli era giocoforza rientrare al suo convento entro la giornata.

I compagni del Santo cercarono di consolarlo, ed egli stava ripartendo.

Si era allontanato per lo spazio di un tiro di sasso, quando Francesco, per volontà del Signore, uscì dalla cella, chiamò uno dei compagni ( quello che era solito accompagnarlo fino alla fontana ) e gli disse: « Avverti quel frate di voltarsi verso di me ».

Quello girò la faccia verso il Santo, il quale tracciò un segno di croce e lo benedisse.

Ricolmo di intima gioia e allegria, quel frate lodò Dio che aveva esaudito il suo desiderio.

La sua consolazione fu tanto più grande, in quanto comprese che era stato benedetto per volontà del Signore, senza sua richiesta e senza intervento di nessuno.

Anche i compagni di Francesco e gli altri frati dell'eremo ne furono stupiti, e ritennero quello un grande miracolo, giacché nessuno aveva avvisato il Santo dell'arrivo di quel frate.

D'altronde né i compagni né alcun altro frate osavano andare da lui se non erano chiamati.

Non soltanto a Greccio, ma dovunque Francesco soggiornasse in preghiera, voleva stare totalmente isolato, e vietava che qualsiasi andasse a visitarlo, se non chiamato.

[1579] Pranzo natalizio a Greggio

32. In altro tempo, venne un ministro dei frati da Francesco, che soggiornava a Greccio, per celebrare il Natale del Signore insieme con lui.

I frati dell'eremo, in occasione della festa e per riguardo all'ospite, prepararono la mensa con cura, coprendo le tavole con belle tovaglie bianche, che avevano acquistato, e guarnendola di bicchieri di vetro.

Quando Francesco scese dalla celletta per desinare, vedendo la mensa alzata da terra e allestita con tale ricercatezza, uscì senza farsi notare, prese il cappello e il bastone di un mendicante venuto là quel giorno e, dopo aver chiamato sottovoce uno dei compagni, andò fuori dalla porta del romitorio.

I frati non si accorsero di nulla.

Si misero a tavola tranquillamente, poiché era volontà del Santo che, se non veniva subito all'ora della refezione, i frati cominciassero a mangiare senza di lui.

Intanto il suo compagno chiuse la porta e rimase dentro, accanto all'uscio.

Francesco bussò, e quello subito gli aprì.

Entrò con il cappello sul dorso e il bastone in mano, come un pellegrino.

Affacciatosi all'entrata della stanza dove i frati desinavano, egli disse al modo dei mendicanti: « Per amore del Signore Dio, fate l'elemosina a questo povero pellegrino malato! ».

Il ministro e gli altri frati lo riconobbero immediatamente.

E il ministro gli rispose: « Fratello, siamo poveri anche noi, ed essendo numerosi, le elemosine che stiamo consumando ci sono necessarie.

Ma per amore del Signore che hai invocato, entra, e divideremo con te le elemosine che Dio ci ha mandato ».

Francesco si fece avanti e si accostò alla tavola.

Il ministro gli diede la scodella, da cui stava prendendo cibo, con del pane.

Il Santo prese l'una e l'altro, sedette a terra vicino al fuoco, di fronte ai fratelli che stavano a mensa in alto.

Disse allora sospirando: « Quando vidi questa tavola preparata con tanto lusso e ricercatezza, ho pensato che non era la mensa dei poveri frati, i quali vanno ogni giorno a questuare di porta in porta.

A gente come noi si conviene seguire in ogni cosa l'esempio di umiltà e povertà del Figlio di Dio più che agli altri religiosi: poiché a questo siamo stati chiamati e a questo ci siamo impegnati davanti a Dio e davanti agli uomini.

Adesso, mi sembra, io sto a mensa come si addice a un frate ».

Quelli ne arrossirono, comprendendo che Francesco diceva la verità.

Alcuni presero a lacrimare forte, nel vedere Francesco seduto per terra e ripensando a come li aveva corretti con tanta santità e ragione.

[1580] Visita del Cardinale Ugolino alla Porziuncola

33. Diceva Francesco che i frati dovevano avere mense così umili e modeste, affinché i secolari ne restassero edificati.

E se vi era invitato qualche povero, sedesse insieme con i frati, e non lui per terra e loro in alto.

Papa Gregorio, quando era vescovo di Ostia, venuto al luogo della Porziuncola, entrò nell'abitazione dei frati.

Andò a vedere il dormitorio, con molti cavalieri, monaci e altri ecclesiastici del suo seguito.

Nell'osservare che i frati si coricavano per terra, su poca paglia, senza cuscini, con delle misere coperte quasi tutte sfilacciate e a brandelli, si mise a piangere davanti a tutti e diceva: « Ecco dove riposano i frati.

Sventurati noi, che ci permettiamo tante superfluità.

Che sarà di noi? ».

Sia lui che gli accompagnatori ne rimasero molto edificati.

E non vide in quel luogo nessuna mensa, poiché i frati mangiavano seduti per terra.

Sebbene il luogo della Porziuncola fin dai primordi, quando cioè venne fondato, fosse il più frequentato dai frati di tutto l'Ordine ( invero, tutti quelli che si facevano frati, prendevano l'abito a Santa Maria degli Angeli ), tuttavia i frati di questa comunità mangiavano sempre per terra, pochi o molti che fossero.

E finché visse Francesco, conformandosi all'esempio e al volere di lui, prendevano i loro pasti accomodandosi a terra.

[1581] Vizi e virtù a Greggio

34. Francesco amava l'eremo di Greccio, dove i frati erano virtuosi e poveri, e aveva una predilezione anche per gli abitanti di quella terra per la loro povertà e semplicità.

Perciò si recava spesso a riposare e soggiornare là, attirato inoltre da una celletta estremamente povera e isolata, dove il padre santo amava raccogliersi.

Stimolati dall'esempio e dalla predicazione sua e dei suoi frati e ispirati dalla grazia del Signore, molti abitanti del paese entrarono nell'Ordine.

Anche numerose donne vivevano in verginità, restando a casa propria e indossando un abito religioso.

Pur dimorando in famiglia, esse conducevano vita comunitaria, coltivando la virtù e affliggendo il corpo con digiuni e orazioni.

Alla gente e ai frati esse apparivano, benché giovani e semplici, non come persone dimoranti nel mondo e a contatto con i familiari, bensì come viventi in comunità di religiose sante e dedite al servizio del Signore da lunghi anni.

A proposito degli uomini e delle donne di Greccio Francesco soleva dire tutto felice ai frati: « Non esiste una grande città dove si siano convertite al Signore tante persone quante ne ha Greccio, un paese così piccolo ».

E sovente, quando alla sera i frati di quell'eremo cantavano le lodi del Signore, - ciò che a quei tempi i frati solevano fare in molti luoghi, - gli abitanti del paese, piccoli e grandi, uscivano dalle case, si riunivano sulla strada davanti al villaggio, e ad alta voce rispondevano, a mo' di ritornello, al canto dei religiosi: « Lodato sia il Signore Dio! ».

Perfino i bimbi, che non sapevano ancora ben parlare, al vedere i frati lodavano il Signore come potevano.

[1582] In quegli anni, la popolazione di Greccio era esposta a un grave flagello, che durò parecchi anni.

La zona infatti era infestata da grossi lupi, che divoravano le persone, e ogni anno campi e vigneti erano devastati dalla grandine.

Durante una predica Francesco ebbe a dire: « Vi annunzio, a onore e lode di Dio, che se ognuno di voi si emenderà dai propri peccati e si convertirà di tutto cuore a Lui con il fermo proposito di perseverare, ho fiducia nel Signore Gesù Cristo che subito, per la sua misericordia, spazzerà via questi flagelli dei lupi e della grandine, che da tanto tempo vi tribolano, e vi farà crescere e moltiplicare nelle cose spirituali e temporali.

Ma preannunzio ancora che, se ( Dio non lo voglia! ) tornerete al peccato, questo flagello e maledizione ripiomberà su di voi, unitamente a molte altre sventure più gravi ».

E accadde, per disposizione divina e grazie ai meriti del padre santo, che da quell'ora cessarono le calamità.

Di più, ciò che è grande miracolo, quando la grandine veniva a devastare le campagne vicine, non colpiva i contigui poderi degli abitanti di Greccio.

Per sedici o venti anni essi videro moltiplicarsi e accrescersi i loro beni spirituali e temporali.

Ma dopo, il benessere generò l'orgoglio.

Presero a odiarsi, a fare uso delle spade fino ad ammazzarsi fra loro, uccidevano di nascosto gli animali, di notte si davano a rapine e furti, e commettevano molte altre malvagità.

Il Signore, vedendo che le loro opere erano perverse e che non osservavano gli ordini dati per mezzo di Francesco suo servo, si indignò contro di essi, allontanò la sua mano misericordiosa, e così ritornò il flagello della grandine e dei lupi, come aveva predetto il Santo, e molte altre tribolazioni più dure delle antecedenti li colpirono.

Infatti, tutto il paese fu divorato dall'incendio, e gli abitanti perdettero ogni loro avere, salvando soltanto la vita.

I frati e quanti avevano udito il discorso di Francesco, che aveva predetto prosperità e disgrazie, ammirarono la santità di lui, constatando come ogni cosa si era verificata a puntino.

[1583] Predice ai Perugini la guerra civile

35. In altra occasione, Francesco predicava nella piazza di Perugia a una grande folla ivi adunata.

Ma ecco dei cavalieri perugini irrompere armati in piazza in groppa ai loro cavalli, così da sconvolgere la predicazione.

E nonostante le proteste degli uomini e delle donne che ascoltavano attenti il discorso, quegli arroganti non la smettevano.

Francesco allora, rivolgendosi ai disturbatori con animo vibrante, disse: « Udite e cercate di capire quello che il Signore vi preannunzia per bocca di me, suo servo.

E non state a dire: Quello là è uno di Assisi! ».

Il Santo disse questo perché tra assisani e perugini c'era un odio grande.

E seguitò: « Il Signore vi ha resi grandi e potenti sopra tutti i vostri vicini.

E per questo motivo dovete essere più riconoscenti al vostro Creatore, e mantenervi umili non solo davanti a Dio onnipotente, ma anche nei rapporti con i vostri vicini.

Purtroppo, il vostro cuore si è gonfiato di arroganza e, invasati dall'orgoglio e dalla potenza, voi devastate le terre dei vostri vicini e molti ne ammazzate.

Ora io vi dico che, se non vi convertite subito a Dio e non riparate ai danni compiuti, il Signore, che nessuna ingiustizia lascia impunita, a maggiore vendetta e castigo e disonore vostro, vi farà insorgere gli uni contro gli altri.

Scoppiata la discordia e la guerra civile, patirete tali tribolazioni quante i vostri vicini non potrebbero infliggervi ».

Invero, Francesco nelle sue predicazioni non taceva i vizi del popolo che offendevano pubblicamente Dio e il prossimo.

Il Signore gli aveva dato tanta grazia che tutti quelli che lo vedevano o udivano, piccoli o grandi che fossero, nutrivano per lui uno straordinario timore e rispetto a causa dei grandi carismi ch'egli aveva ricevuto da Dio.

Per cui, anche quando venivano rimproverati da lui, pur vergognandosene, ne restavano edificati.

E qualcuno si convertiva al Signore perché il Santo, preoccupato per la sua situazione, pregava intensamente.

Pochi giorni dopo, Dio permise che tra nobili e popolo esplodesse un conflitto.

Il popolo cacciò dalla città i cavalieri, e costoro con l'aiuto della Chiesa, devastarono molti campi, vigneti, frutteti del popolo, facendo loro tutti i malanni possibili.

A sua volta il popolo guastò le campagne, vigneti e frutteti appartenenti ai nobili.

Così i perugini patirono una punizione più grave di quelle da loro inflitte ai vicini.

E così si realizzò alla lettera la predizione fatta da Francesco.

[1584] Efficacia della sua preghiera

36. Mentre Francesco attraversava una provincia, gli venne incontro l'abate di un monastero, che lo venerava con profondo affetto.

L'abate scese da cavallo e si trattenne per qualche ora in conversazione con Francesco parlando sulla salvezza dell'anima sua.

Al momento del commiato, l'abate gli chiese con viva devozione che pregasse per lui.

Gli rispose Francesco: « Lo farò volentieri ».

Quando l'abate fu un poco lontano, il Santo disse al suo compagno: « Fratello, fermiamoci un momento, perché voglio pregare per l'abate, come ho promesso ».

E si raccolse in orazione.

Era infatti abitudine di Francesco, se qualcuno per devozione lo avesse richiesto di pregare Dio per la salvezza della sua anima, di fare orazione più presto che poteva, per timore di scordarsene.

L'abate intanto seguitava il suo cammino.

Non si era allontanato molto da Francesco, quando il Signore lo visitò nel cuore.

Un soave calore gli soffuse il volto e per un istante si sentì elevato in estasi.

Tornato in sé, subito si rese conto che Francesco aveva pregato per lui, cominciò a lodare Dio, e fu ricolmo di letizia nel corpo e nello spirito.

Da quel giorno provò per il Santo una devozione più grande, poiché aveva sperimentato in se stesso l'alta santità di Francesco.

E finché visse considerò quello un grande miracolo, e più volte raccontava l'accaduto ai fratelli e agli altri.

[1585] Malattie del Santo. Amore a Cristo sofferente

37. Francesco soffrì per lungo tempo e fino alla morte malattie di fegato, di milza e di stomaco.

Inoltre, quando si recò oltremare, per predicare al soldano di Babilonia e d'Egitto, contrasse una gravissima infermità agli occhi, a causa della intensa fatica durata nel viaggio, soprattutto per la violenta calura affrontata andando e ritornando.

Non volle però farsi curare da nessuna di queste malattie, per quanto ne fosse pregato dai suoi fratelli e da molti che ne sentivano pietà e dispiacere: e ciò per l'ardente amore che fino dalla conversione portava a Cristo.

Per la gran tenerezza e compassione che ogni giorno provava nel contemplare l'umiltà del Figlio di Dio e nel seguirne gli esempi, quello che riusciva amaro per la sua carne, lo accoglieva e sentiva come una dolcezza.

E talmente si doleva ogni giorno delle sofferenze e amarezze che Cristo soffri per noi, e tanto se ne affliggeva nell'anima e nel corpo che non si curava dei propri malanni.

Una volta, pochi anni dopo la conversione, mentre andava solitario lungo una via non molto distante dalla chiesa della Porziuncola, piangeva e gemeva ad alta voce.

Gli si fece incontro un uomo spirituale, che noi abbiamo conosciuto e che ci narrò questo fatto.

Costui aveva testimoniato molta bontà e consolazione a Francesco, sia quando non aveva alcun fratello, che in seguito.

Sentendolo piangere, ne fu commosso e gli chiese: « Cos'hai fratello? ».

Pensava infatti che dolorasse per qualche malattia.

E Francesco: « Dovrei andare cosi per tutto il mondo, piangendo e gemendo la passione del mio Signore, senza rispetto umano ».

QuelI'uomo allora cominciò a piangere forte e lacrimare con lui.

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