Leggenda perugina

[1616] Quale fu l'intenzione di Francesco

66. Frate Rizzerio, originario della Marca d'Ancona, nobile di famiglia ma più nobile per santità, amato con grande affetto da Francesco, si recò un giorno a visitare il Santo nel palazzo vescovile di Assisi.

La conversazione ebbe per argomento la situazione dell'Ordine e l'osservanza della Regola.

A un certo punto, Rizzerio fece questa domanda: « Dimmi, Padre, quale ideale avesti nei primordi, al momento che cominciasti ad avere dei fratelli, e a quale ideale ti ispiri oggi e pensi di restar fedele fino al giorno della morte?

Così potrò essere sicuro della tua prima e ultima intenzione e volontà: noi frati chierici, che abbiamo tanti libri, li possiamo conservare, riconoscendo che appartengono alla comunità? ».

Disse a lui Francesco: « Fratello, questa fu ed è la mia prima e ultima volontà e intenzione, se i frati mi avessero ascoltato: che nessuno debba avere se non la tonaca concessaci dalla Regola, con il cingolo e le brache ».

[1617] La denominazione: Frati Minori

67. A questo proposito egli ebbe a dire una volta: « L'Ordine e la vita dei frati minori si assomiglia a un piccolo gregge, che il Figlio di Dio, in questa ultima ora, ha chiesto al suo Padre celeste, dicendo: - Padre, vorrei che tu suscitassi e donassi a me in questa ultima ora un nuovo umile popolo, diverso per la sua umiltà e povertà da tutti gli altri che lo hanno preceduto, e fosse felice di non possedere che me solo.

E il Padre rispose al suo Figlio diletto: - Figlio ciò che hai chiesto, è fatto - ».

Aggiungeva quindi Francesco che il Signore ha voluto che i frati si chiamassero " Minori », perché appunto questo è il popolo chiesto dal Figlio di Dio al Padre suo, e di esso si dice nel Vangelo: Non vogliate temere, o piccolo gregge, poiché è piaciuto al Padre vostro di concedere a voi il Regno; e ancora: Quello che avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli ( minori ), lo avete fatto a me.

Sebbene qui il Signore parli di tutti quelli che sono poveri in spirito, tuttavia egli intendeva riferirsi in modo particolare all'Ordine dei frati minori, che sarebbe fiorito nella sua Chiesa.

[1618] Fu rivelato a Francesco che il suo movimento doveva chiamarsi dei frati minori, e così fece scrivere nella prima Regola, che portò a Innocenzo III, e il Papa gliela approvò e concesse; e in seguito il Papa annunciò questa sua decisione a tutti nel Concilio.

Il Signore rivelò a Francesco anche il saluto che i frati dovevano dare, come ricorda nel suo Testamento: « Il Signore mi rivelo che dicessi questo saluto: Il Signore ti dia pace ! ».

[1619] Nei primordi dell'Ordine, mentre Francesco era in cammino con uno dei primi dodici frati, questi salutava uomini e donne che incontrava lungo la strada o vedeva nei campi con le parole: « Il Signore vi dia pace! ».

La gente, che finallora non aveva mai udito un religioso salutare con quella formula, si mostrava stupita.

C'erano anzi di quelli che ribattevano indispettiti: « Cosa vorrebbe dire questo nuovo genere di saluto? ».

Il frate ci rimase male e disse a Francesco: « Fratello, permettimi di usare un altro saluto ».

Ma il Santo osservò: « Lasciali dire, perché non intendono le cose di Dio.

Tu non provare vergogna per le loro reazioni, poiché io ti dico, fratello, che perfino i nobili e i principi di questo mondo avranno reverenza per te e gli altri frati in grazia di questo saluto ».

Disse ancora: « Non è meraviglioso, che Dio abbia voluto avere un piccolo popolo, fra tutti gli altri venuti prima, che sia felice di possedere Lui solo, altissimo e glorioso? ».

[1620] Resistenza di certi fratelli

68. Se qualche fratello chiedesse perché mai Francesco, durante la sua vita non fece osservare rigorosamente la povertà come esposta a frate Rizzerio, noi, che siamo vissuti con lui, rispondiamo con le parole udite dalla sua bocca.

Infatti, quanto ebbe ad esprimere a Rizzerio egli lo ripeteva anche agli altri fratelli, unitamente a parecchie prescrizioni, che fece scrivere altresì nella Regola.

Erano direttive ch'egli otteneva dal Signore con insistente preghiera e meditazione per il bene dell'Ordine, affermando che si trattava di cose strettamente conformi alla volontà del Signore.

Ma quello che egli esponeva ai fratelli, sembrava a costoro pesante e insopportabile, non prevedendo essi allora ciò che sarebbe accaduto nell'Ordine dopo la scomparsa del Santo.

Siccome Francesco temeva moltissimo lo scandalo in sé e nei fratelli, non voleva polemizzare, e lasciava correre, sia pure contro voglia, scusandosene davanti al Signore.

Ma affinché la parola che Dio gli aveva messo nella bocca per il bene dell'Ordine non ritornasse a Lui senza frutto, Francesco voleva farla fruttare almeno in se stesso, per ottenere la ricompensa divina.

E così facendo, il suo spirito ritrovava serenità e consolazione.

[1621] I libri di Frate Ministro

69. Quando fu rientrato dai paesi d'oltremare, un ministro prese a discutere con lui sul capitolo della povertà, volendo conoscere il suo pensiero e la sua volontà sull'argomento.

Nella Regola di allora stava scritto un capitolo circa le proibizioni del santo Vangelo, ad esempio quella che dice: Non porterete nulla nel vostro cammino ecc.

Gli rispose Francesco: « Il mio pensiero è che i frati non dovrebbero avere che la tonaca e la corda e le brache, come prescrive la Regola, e le calzature per quelli che sono stretti da necessità ».

Replicò il ministro: « Cosa farò io, che ho tanti libri, del valore di oltre cinquanta lire? ».

Disse questo perché li voleva conservare con tranquilla coscienza, anche perché fino a quel giorno aveva patito rimorso nel tenere tanti libri con sé, sapendo che Francesco interpretava così strettamente il capitolo sulla povertà.

E Francesco: « Fratello, non posso e non devo andare contro la mia coscienza e contro l'osservanza del santo Vangelo da noi professata ».

A queste parole il ministro si avvilì.

Il Santo, vedendolo abbattuto, gli disse con ardore di spirito, intendendo nella persona di lui rivolgersi a tutti i frati: « Voi, frati minori, ci tenete che la gente vi consideri e chiami osservatori del Vangelo, ma in realtà volete conservare la vostre ricchezze! ».

[1622] I ministri, pur sapendo che secondo la Regola erano obbligati a osservare il Vangelo, fecero togliere da essa quel capitolo dove si legge: Non porterete nulla nel vostro cammino; illudendosi di non esser tenuti a osservare la perfezione evangelica.

Francesco conoscendo questa soppressione in virtù dello Spirito Santo disse in presenza di alcuni frati: « Credono i frati ministri d'ingannare Dio e me.

Ebbene, affinché tutti i frati sappiano e conoscano di essere obbligati a osservare la perfezione del santo Vangelo, voglio che al principio e alla fine della Regola sia scritto che i frati sono tenuti a osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo.

E affinché siano inescusabili dinanzi a Dio, voglio con l'aiuto del Signore osservare sempre e realizzare nel mio comportamento l'ideale che Dio mi ha rivelato per la salvezza dell'anima mia e per il bene dei fratelli ».

E davvero egli osservò il Vangelo alla lettera, dal tempo che cominciò ad avere dei fratelli fino al giorno della sua morte.

[1623] Il Salterio del novizio

70. Un'altra volta, c'era un frate novizio che sapeva leggere, non bene, il salterio.

Siccome gli piaceva questa lettura, chiese al ministro generale il permesso di avere un salterio, e gli fu concesso.

Però non lo voleva tenere senza uno speciale consenso di Francesco, poiché aveva sentito che il Santo non voleva che i suoi frati fossero bramosi di scienza e di libri, ma insegnava loro che si appassionassero a conquistare e possedere la pura e santa semplicità, lo spirito di orazione e la signora Povertà: virtù che avevano formato i santi primi frati.

Secondo lui, la via più sicura per la salvezza dell'anima era questa.

Non ch'egli disprezzasse e guardasse di mal occhio la scienza sacra; al contrario, egli venerava con sincero affetto gli uomini dotti che erano nell'Ordine e tutte le persone colte; tant'è vero che scrisse nel suo Testamento: « Tutti i teologi e coloro che ci comunicano le parole divine, noi dobbiamo onorarli e venerarli come quelli che ci comunicano spirito e vita ».

Ma prevedendo il futuro, conosceva in virtù dello Spirito Santo e ripetutamente lo annunziò ai fratelli, che « molti, sotto pretesto di insegnare agli altri, avrebbero abbandonato la loro vocazione, cioè la pura e santa semplicità, la santa orazione e la nostra signora Povertà.

E accadrà loro che proprio mentre supponevano di imbeversi di maggior devozione e accendersi d'amore di Dio con la conoscenza della Scrittura, appunto da qui sarebbero restati interiormente freddi e quasi vuoti, perché hanno perduta l'occasione di vivere il loro ideale.

E temo che non venga loro tolto anche quello che sembravano avere, avendo tradito la loro vocazione ».

[1624] È la preghiera che salva

71. Diceva ancora: « Ci sono molti frati che giorno e notte mettono tutta la loro passione e preoccupazione nell'acquistare la scienza, trascurando la loro santa vocazione e la devota orazione.

E annunziando il Vangelo a qualche persona e al popolo, nel vedere o nel sentire che alcuni ne sono rimasti edificati o convertiti a penitenza, diventano tronfi e montano in superbia per risultati ottenuti da fatica altrui.

Invero, coloro che essi si illudono d'avere edificato o convertito a penitenza con i loro discorsi, è il Signore che li edifica e converte grazie alle orazioni dei frati santi, anche se questi ultimi lo ignorano: è la volontà di Dio, questa, che non se ne accorgano, per non insuperbire.

Questi frati sono i miei cavalieri della tavola rotonda, che si nascondono in luoghi appartati e disabitati, per impegnarsi con più fervore nella preghiera e nella meditazione, piangendo i peccati propri e altrui.

La loro santità è nota a Dio, mentre talvolta rimane sconosciuta agli altri frati e alla gente.

E quando le loro anime saranno presentate al Signore dagli angeli, allora Dio mostrerà loro il frutto e il premio delle loro fatiche, cioè le molte anime salvatesi grazie alle loro preghiere.

E dirà: - Figli, ecco, queste anime sono salve in virtù delle vostre orazioni.

Poiché siete stati fedeli nel poco, vi darò potere su molto ».

[1625] Così Francesco commentava quella parola della Scrittura: La sterile ha partorito molti figli, e quella che ne aveva molti si è avvizzita.

« La sterile è il religioso fervente, che edifica sé e gli altri con le sue sante orazioni e virtù ».

Ripeteva spesso queste parole ai frati, nelle sue istruzioni, soprattutto nel Capitolo che si teneva presso la chiesa di Santa Maria della Porziuncola alla presenza dei ministri e degli altri frati.

Egli ammaestrava tutti i frati ministri e predicatori a bene usare i carismi ricevuti.

Diceva che non dovevano a causa del superiorato o dell'impegno di predicazione tralasciare a nessun costo la santa devota orazione, l'andare per elemosina e il lavorare con le loro mani come gli altri frati al fine di dare il buon esempio e a profitto delle anime proprie e altrui.

Aggiungeva: « I frati sudditi sono molto edificati al vedere i loro ministri e i predicatori darsi con gioia alla preghiera, mostrarsi modesti e umili ».

Da fedele seguace di Cristo, finché fu in salute, Francesco realizzò sempre in se stesso quanto insegnava ai suoi fratelli.

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