1 Luglio 1970
Ancora sul Concilio!
Avrete notato che dopo il Concilio si parla molto frequentemente della Sacra Scrittura.
I riferimenti alla Sacra Scrittura ricorrono dappertutto nei documenti conciliari, specialmente nella Costituzione sulla sacra Liturgia ( Cfr. Sacrosanctum Concilium, 23, n. 33, n. 35, n. 51 ); in quella sulla Chiesa ( Cfr. Lumen gentium, 6, n. 15, n. 24 ); nel Decreto sull'Ecumenismo ( Unitatis redintegratio, 21 ); non finiremmo più se volessimo farne l'elenco.
Ma un documento importantissimo vi è stato intenzionalmente dedicato, ed è la Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione, che, dalle parole con cui comincia, s'intitola Dei Verbum.
Questo è uno dei più gravi documenti del Concilio; e con quelli sulla Chiesa ( Lumen gentium ) e sui rapporti fra Chiesa e mondo ( Gaudium et spes ) si può dire fondamentale; esso caratterizza il processo dottrinale della Chiesa dal Concilio Tridentino in poi; puntualizza le questioni bibliche più gravi sorte in questi ultimi tempi; stabilisce la funzione della Sacra Scrittura rispetto alla Rivelazione, cioè di raccogliere per iscritto la Parola di Dio ( Cfr. Dei Verbum, 7 ) e precisa la sua relazione con la Tradizione ( Ibid., 8-9 ), ed enuncia il suo rapporto con il magistero delle Chiesa ( Ibid., 10 ), e cioè con la norma della fede ( Ibid., 5 ).
È stato notato che in questo documento ecclesiastico ufficiale è accolta per la prima volta, in linguaggio esplicito, la « economia della salvezza », e con essa l'affermazione sullo sviluppo dottrinale ( Cfr. B. D. Dupuy, OP., La Rév. div., 1, 15 ss. ); come pure molte novità disciplinari vi sono inserite, che modificano quelle del Concilio Tridentino ( Cfr. Denz.-SCH., 1853-1854 ) e quelle di Papa Clemente XI, dopo la controversia relativa alle dottrine gianseniste di Pascasio Quesnel ( Cfr. Denz.-SCH., 2479-2485 ); e che auspicano la preparazione di traduzione e di edizioni della Sacra Scrittura, eseguite col consenso dell'autorità della Chiesa, fatte in collaborazione con i Fratelli separati ( Dei Verbum, 22, n. 25 ).
Molte questioni relative alle dottrine e agli studi circa la Bibbia sono trattate nei primi cinque capitoli della Costituzione, la quale perciò si iscrive nella serie dei grandi documenti pontifici, che in quest'ultimo secolo specialmente sono stati emanati su materia di così capitale interesse ( come l'Enciclica Providentissimus Deus, 1893, di Papa Leone XIII; la Spiritus Paraclitus, 1920, di Papa Benedetto XV; la Divino afflante Spiritu, 1943, di Papa Pio XII; ecc. ); ma a noi basta un richiamo, un semplice richiamo, sul capitolo sesto di questa Costituzione conciliare, il quale ci parla della « S. Scrittura nella vita della Chiesa », e riguarda perciò direttamente tutto il Popolo cristiano.
Che cosa ci dice questo capitolo?
Ci dice innanzi tutto quanto la Chiesa abbia avuto in venerazione i Libri scritturali « come regola suprema della fede » ( Cfr. Ibid., 21 ), insieme con la sacra Tradizione.
Forse un'intenzione apologetica non è estranea a questa affermazione, la quale difende la Chiesa cattolica, con la storia e con la letteratura sacra alla mano, di aver meno stimato ed amato la Sacra Scrittura che non i Protestanti del sec. XVI, i quali la ritenevano come l'unica norma della fede: « sola S. Scriptura », isolandola dalla Chiesa e dalla Tradizione originaria, non che dall'interpretazione data dalla tradizione successiva, salvo poi concedere praticamente ad ogni lettore della Bibbia di ricavarne un senso di suo gradimento, secondo una pretesa illuminazione dello Spirito Santo, a danno perciò sia del contenuto, che dell'unità della fede.
La Sacra Scrittura per la Chiesa è Parola di Dio, da Lui ispirata e perciò, nel significato autentico suo proprio, garantita da divina in erranza ( Cfr. Dei Verbum, 1 ).
Ricordiamo fra le innumerevoli testimonianze della stima professata dalla Chiesa verso la Sacra Scrittura, quella famosa di S. Girolamo: Ignoratio … Scripturarum ignoratio Christi est ( Comm. in Is., Prol.; PL 24, 17 ).
Che cosa riconosce la Chiesa nella Sacra Scrittura?
Riconosce la immutabilità della sua dottrina ( Cfr. Gv 10,35; dice Gesù: « La Scrittura non può essere annullata » );
riconosce la validità e l'autenticità permanente della Parola di Dio, in essa contenuta;
riconosce un'inesauribile fecondità spirituale;
riconosce un valore profetico, che può investire con il soffio dello Spirito Santo ogni situazione umana, storica e sociologica che sia;
riconosce la fonte della predicazione e della catechesi ecclesiale; e specialmente riconosce un alimento spirituale.
Rileggiamo almeno un periodo di questo luminoso insegnamento.
« È necessario che la predicazione ecclesiastica, come la stessa religione cristiana, sia nutrita e regolata dalla Sacra Scrittura.
Nei Libri Santi infatti il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli e discorre con essi; nella Parola di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza nella fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale.
Perciò si deve riferire per eccellenza alla S. Scrittura ciò che è stato detto: « viva ed efficace è la parola di Dio » ( Eb 4,12 ), « che può edificare e dare a voi l'eredità fra i suoi santi » ( At 20,32; 1 Ts 2,13 ).
Il concetto di alimento dell'anima ricorre altre due volte nella Dei Verbum, sempre riferendosi alle parole celebri dell'« Imitazione di Cristo » ( 1. IV, II ), che accosta il cibo della Parola di Dio al cibo dell'Eucaristia: « La Chiesa ha sempre venerato le Divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra Liturgia, di nutrirsi del Pane della vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli » ( Dei Verbum, 21; cfr. n. 26 ).
Perciò, se vogliamo essere discepoli attenti e osservanti del Concilio dobbiamo tutti dare nuova e grande importanza alla S. Scrittura; alla sua ascoltazione, soprattutto, ora che la riforma liturgica ha dato tanto posto e tanto onore alla Parola di Dio.
Ascoltare non basta, bisogna meditare, cioè assimilare.
Perciò è necessaria la lettura della S. Scrittura; è necessario lo studio.
Qui troveremo tante difficoltà, ma per chi studia pregando ( « orent ut intelligant », preghino per capire, esorta S. Agostino ( S. Aug., De Doctr. christ. 3, 56 ), e cercando la guida dei bravi esegeti, guidati dalla Chiesa ), le difficoltà diventeranno stimolo a migliore intelligenza e alla fine a più intima unione con la Parola di Dio ( P. Martini , La Cost. Dogm. sulla Divina Riv., pp. 417-465, Elle Di Ci, Torino, Leuman ).
Ecco un nuovo campo aperto ai cercatori di Dio, ai figli fedeli della Chiesa del Concilio.
Vi esortiamo ad entrarvi, con la Nostra Benedizione Apostolica.