1 agosto 1973
Vogliamo rinnovare la nostra vita religiosa e cristiana;
vogliamo rinnovarla e ringiovanirla;
vogliamo assuefarla al clima del pensiero e del costume moderno;
vogliamo non solo farla sopravvivere nelle condizioni in cui oggi viene a trovarsi spesso la religione, ignorata, emarginata, di grazia se tollerata nella cella della coscienza personale;
ma vogliamo ridarle quel vigore che ne disveli la necessità, la bellezza, la fecondità, la capacità a fornire all'uomo quella luce di sapienza, di sicurezza, di conforto, che sola conferisce all'umana esistenza il suo senso fondamentale, il suo valore autentico, il suo destino immortale.
A tanto ci obbliga, - ripetiamolo ancora una volta -, quel bilancio del cattolicesimo, ch'è stato il Concilio; e a tanto ci invita la prospettiva dell'anno santo, avvenimento di pienezza spirituale, al quale ci stiamo preparando.
Vale la pena allora per noi fissare un istante l'attenzione sull'antico assioma: la fede « è il fondamento della vita spirituale » ( S. TH. III, 73, 3; e II-IIæ, 16, 1, 1 ).
Dobbiamo mettere alla base della nostra concezione religiosa e morale la necessità della fede: « l'uomo giusto, dice S. Paolo, e noi possiamo intendere: il cristiano, vive di fede » ( Rm 1,17 ); « senza la fede è impossibile piacere a Dio » ( Eb 11,6 ).
Noi non facciamo ora una lezione su questo capitolo primo della nostra vita religiosa; solo ricordiamo, per chiarire le idee, il duplice campo a cui la fede si riferisce: oggettivo l'uno, che riguarda le verità alle quali dobbiamo prestare fede, immenso campo, come ognuno sa, di cui il nostro « Credo » vuoi essere una sintesi ( Cfr. H. DE Lubac, La Foi chrétienne, Aubier 1969 ); e soggettivo l'altro, che riguarda il nostro atto di adesione alle verità del credo ( Cfr. S. TH. II-IIæ, 1, 6 ad 2 ), campo anche questo vastissimo per la complessità degli atteggiamenti e dei processi spirituali del nostro animo in ordine alla fede ( Cfr. G.-M. Card. Garrone, La Foi, Le Centurion 1973 ).
Sarà bene per tutti riprendere lo studio di questo tema fondamentale, cominciando dal ribadire con chiarezza la definizione della fede, come assenso intellettivo alla Parola di Dio, determinato dalla volontà, mossa dalla grazia divina ( Cfr. S. TH. II-IIæ, 1, 4 e 4, 5 e 2, 9 ); una conoscenza singolare, certa e oscura insieme, certa nei suoi motivi, oscura ancora nel suo misterioso contenuto.
« Vediamo, scrive S. Paolo, adesso come attraverso uno specchio, in enigma » ( 1 Cor 13,12 ); così che « la fede è fondamento delle cose che si sperano, dimostrazione delle cose che non si vedono » ( Eb 11,1 ).
Ora che cosa avviene per noi, uomini imbevuti della mentalità che fonda la sua sicurezza conoscitiva su l'esperienza sensibile e sperimentale e sul ragionamento scientifico?
Avviene che gli uomini d'oggi sono restii e diffidenti ad ammettere una conoscenza riguardante la sfera di Realtà invisibili ( Cfr. 2 Cor 5,7 ), e per giunta fondata sulla fede, se questa fede non è risolvibile in una verifica diretta dei nostri sensi e della nostra ragione.
Diciamo subito che noi credenti in senso religioso non abbiamo nessuna obiezione di principio da fare alla testimonianza dei sensi e tanto meno della sana ragione; anzi incoraggiamo e ammiriamo la cultura naturale dell'uomo, la sua ricchezza, i suoi sviluppi.
La nostra obiezione riguarda il limite, la sufficienza, l'esclusività, che oggi tanti uomini e tanti sistemi filosofici pongono alla propria cultura empirica, razionalista o idealista, rifiutando di ammettere una conoscenza sulla testimonianza della rivelazione, cioè sulla Parola di Dio, mentre Dio, svolgendo un suo piano di elevazione e di salvezza dell'uomo, una sua « economia » soprannaturale che investe le sorti d'ogni uomo e di tutta l'umanità, ha fatto dell'adesione alla sua Parola, cioè della fede, la condizione sine qua non della nostra definitiva sorte felice: « Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo: chi poi non crederà, sarà condannato »: parole solenni e testamentarie di Cristo ( Mc 16,16 ).
Ecco allora un'amara conclusione di questa sommaria visione del cristianesimo: la fede, prima fonte della salvezza, è divenuta oggi la prima difficoltà a conseguirla.
Ed ecco la nostra urgente raccomandazione: cerchiamo di renderci conto di questo triste fenomeno, perché vi sia tanta difficoltà ai nostri giorni ad accogliere « il verbo della fede che noi predichiamo » ( Rm 10,8 ).
Lo sappiamo: è studio vastissimo, filosofico, psicologico, sociologico, pedagogico: ma utilissimo, necessario anzi a chi ha la responsabilità di educare e guidare i fratelli sulla via di Cristo.
Diciamo solo per sommi capi, tacendo ora sul problema, anch'esso basilare, della libertà di Dio rispetto alla distribuzione dei suoi doni: la fede è un dono di Dio: « non tutti obbediscono al Vangelo » ( Rm 10,16; Rm 11,32 ); posizione questa che ci persuade a considerare la fede come questione di somma importanza, che deve essere trattata con grande serietà ed umiltà, e accompagnata da un grande amore alla verità e dalla preghiera ( Cfr. Mc 9,23 ).
Come non diciamo nulla delle prove spirituali di difficoltà e di oscurità interiore, che possono sorgere nell'anima d'un devoto credente per certo esercizio di fedeltà, che Dio stesso permette, a dati momenti, per prepararlo a più forte e poi più gioiosa espressione di fede; le vite dei Santi ci documentano questi fenomeni di purificazione spirituale e di ascensione faticosa sull'erta della santità ( Cfr. San Giovanni della Croce, Salita del monte Carmelo, e Notte oscura ).
Vorremmo interessare la vostra attenzione sulla condizione mentale di tanta gente oggi ostile, o refrattaria alla fede.
Perché lo è? si direbbe che essa si trova nell'incapacità di porsi nei termini dovuti il tema della fede, il problema ed il metodo dell'ascoltazione della Parola di Dio; e ciò perché estroflessa nel regno dei sensi e della fantasia, ovvero prigioniera d'un razionalismo preconcetto e insofferente alla disciplina della mente orientata unicamente e coraggiosamente verso la Verità.
Manca a moltissimi figli della nostra generazione quella profilassi del pensiero logico e onesto, che lo renda recettivo di criteri superiori del sapere, capace di percepire le voci profonde delle cose e dello spirito, e pensiero puro e semplice che sappia cogliere cordialmente per quel che sono' le parole del Vangelo, divine ( Cfr. Mt 11,26 ).
E dovremmo menzionare un altro ostacolo polivalente, che sorge in questi anni nel campo degli studi biblici, arrogandosi, con l'ausilio di sottile e agguerrita erudizione, di sottoporre la sacra Scrittura, i Vangeli specialmente, ad una ermeneutica, cioè ad un'interpretazione nuova ed eversiva, mediante criteri speciosi, ma contestabili, per togliere al libro sacro la sua genuina autorità, quella che la Chiesa gli riconosce e ne fa argomento ed oggetto della fede tradizionale.
Ma non temiamo.
La fede è stata sottoposta lungo la storia a innumerevoli attacchi ed a continue insidie.
Ma difesa, insegnata, professata dalla Chiesa cattolica, infiammata di Spirito Santo, essa resterà e continuerà ad essere la luce del Popolo di Dio, pellegrino instancabile nella storia del mondo.
Cerchiamo tutti d'essere, come ci esorta S. Pietro, « fortes in fide » ( 1 Pt 5,9 ).
Con la nostra Benedizione Apostolica.