1-2 Cronache |
I due libri delle Cronache ( in greco Paralipomeni ), posti alla fine del canone ebraico, costituiscono una ricapitolazione di tutta la storia del popolo di Dio.
Il loro messaggio è questo: il vero senso della storia non sta nel senso politico degli avvenimenti – infatti vengono taciuti molti eventi noti da passi paralleli di altri libri biblici – ma piuttosto in quello religioso.
Dopo una lunga introduzione fatta di genealogie, da Adamo fino a Davide, viene sottolineato il ruolo del re Davide come organizzatore del culto.
A lui sono attribuite la progettazione del tempio e le disposizioni per l'attività del personale.
Sarà tuttavia Salomone ad eseguire il progetto davidico, con la costruzione del tempio di Gerusalemme.
La storia del periodo successivo riguarda solo il regno di Giuda; vengono ignorati gli avvenimenti relativi al regno scismatico del nord, perché traspaia la linearità della storia nel suo significato morale e religioso.
L'opera si conclude bruscamente con l'editto di Ciro che segna la fine dell'esilio.
Genealogie ( 1 Cr 1,1-9,44 )
Regno di Davide ( 1 Cr 10,1-29,30 )
Regno di Salomone ( 2 Cr 1,1-9,31 )
I re di Giuda ( 2 Cr 10,1-36,23 ).
Questi libri contengono molto materiale parallelo alla storiografia deuteronomistica, da 1 Sam a 2 Re, ma viene omesso tutto ciò che non concorda col primato di Giuda e della dinastia davidica.
Vengono inoltre citate altre fonti per noi sconosciute.
Le modificazioni e addizioni, rispetto alle storie dei re, note dalle altre fonti, hanno lo scopo di idealizzare le figure di Davide e di Salomone, di sottolineare l'importanza del tempio e del culto, in esso celebrato, e di applicare rigorosamente il principio di una ricompensa o punizione immediata.
L'autore di Cronache proietta nel lontano passato, cioè ai tempi di Davide e di Salomone, liturgie che si compivano alla sua epoca nel tempio di Gerusalemme, le idealizza e le propone così come modello ai suoi contemporanei.
Nei libri delle Cronache, accanto al primato di Mosè e del patto al Sinai, viene messo in rilievo soprattutto il ruolo della casa di Davide.
È questo un indizio prezioso per determinare la situazione storica nella quale tali tradizioni hanno avuto origine, cioè nel post-esilio.
Infatti in quell'epoca, con la fine della monarchia, la fede poté manifestarsi solo nella pratica cultuale; per questo si idealizzano le figure di quei re che furono i fondatori e i riformatori del culto praticato nel tempio.
Nell'arco dei secoli che si estende dall'epoca persiana a quella ellenistica è difficile tuttavia individuare una data di composizione precisa.
Il nome Cronache trae origine da un'osservazione di Girolamo, secondo la quale il libro potrebbe chiamarsi una cronaca di tutta la storia divina ( Prologo galeato ).
Il S. Dottore intendeva così spiegare il titolo ebraico che significa parole o fatti dei giorni, comune del resto anche ad altre opere storiche ( 1 Re 14,29; 2 Re 1,18; Est 2,23; Est 6,1; Ne 12,23 ) e che in italiano potrebbe tradursi liberamente con « Storia del passato ».
L'opera si presenta ora divisa in due libri; all'inizio però e ancora nell'epoca talmudica e patristica, costituivano un libro unico.
Un secondo titolo delle Cronache è Paralipomeni, che si ispira al greco Libro primo-secondo dei Paralipomeni a proposito dei re ( o regni ) di Giuda e passò alla Volgata attraverso l'antica versione latina.
Il termine Paralipomeni non indica tanto che si tratta d'un libro di cose trasmesse, ma piuttosto di cose omesse.
Infatti, accanto al materiale comune con altri libri dell'A. T. e specialmente con Sam. Re, esso ne contiene uno tutto proprio ( anche questa interpretazione non sembra però soddisfacente, dato il senso puramente complementare che ne deriverebbe ).
Del resto, gli stessi autori dei libri biblici non usarono mai ne titoli ne sottotitoli; un titolo adeguato al presente libro sarebbe: « Storia della teocrazia dalla creazione all'esilio babilonese ».
L'A. di Cron. raccoglie un complesso di notizie spesso slegate tra loro, ma congiunte da un unico panorama religioso, che dal primo uomo si stende fino all'editto di Ciro ( 538 ), per mezzo del quale veniva ridata la libertà al popolo ebraico in esilio.
Il contenuto può dividersi in 5 grandi sezioni o parti, all'ultima delle quali aggiungiamo anche Esd. Neem.
1) Il Cronista risale agli inizi dell'umanità; di là, attraverso i patriarchi antidiluviani, giunge fino a Noè; quindi, per la discendenza di Sem, Abramo, Giacobbe-Israele, presenta le 12 tribù che da lui ebbero origine, giungendo così fino a David.
La sezione è costituita di numerosi quadri genealogici ed elenchi di stirpi; poche sono le notizie storielle contenute nelle liste di varia estensione.
Spesso si giunge fino all'esilio e talora a Zorobabel e oltre.
L'aspetto letterario per un lettore contemporaneo è quello di un vasto deserto di sabbia, interrotto da qualche oasi; 1 Cr 1,1-9,44.
2) David, depositario della promessa del regno teocratico e promotore delle istituzioni liturgiche; 1 Cr 10,1-29,30.
3) Salomone, costruttore del tempio; 2 Cr 1,1-9,31.
4) Il regno di David fino al tramonto ( 586 ).
Sono tratteggiati dal punto di vista religioso gli altri 19 re, discendenti di David; tra essi spiccano Ezechia e Giosia, che si erano adoperati grandemente nel promuovere la religione e il culto; 2 Cr 10,1-36,21.
5) Il rimpatrio dall'esilio; 2 Cr 36,22 - Ne 13,21.
Sono ormai trascorsi 300 anni ca. dal tramonto del regno di Giuda ( 586 ).
Alle visioni tragiche di un passato prossimo, col concomitante sfacelo del tempio, della città santa e il declino della dinastia, come è evidente dalle ultime pagine dei Re e attraverso Ger. ed Ez., era subentrato il periodo livellatore dell'esilio.
Allora la coscienza nazionale, confrontandosi con il passato, poté finalmente intravvedere fra il cumulo degli antichi rottami i veri tesori affidati a Israele, di cui i saccheggiatori non avevano potuto impadronirsi e che ogni giorno sfavillavano di nuova luce agli occhi degli esuli.
Ora, uno di questi tesori era appunto la dinastia di David, cui era legata la promessa di un regno eterno.
È vero che la comunità d'Israele aveva perduto anche l'indipendenza; la discendenza di David era però sempre presente tra loro attraverso la linea di Zorobabel ( 1 Cr 3,19-24 ) e al momento opportuno Dio avrebbe fatto sorgere un nuovo David.
L'altro tesoro era il tempio con il culto e il servizio divino ristabilito.
Come nel periodo dei re il tempio e la reggia costituivano un corpo solo di costruzioni, così il potere religioso e civile, benché affidati a persone diverse, formavano un binomio indissolubile nella vita d'Israele.
Di fronte a questi due pilastri dell'ebraismo, unico avanzo esteriore del patrimonio nazionale, un membro della piccola comunità d'Israele verso la fine del IV sec. a. C., come può aver ripensato la storia della patria?
Ben poco potevano interessarlo le vittorie del passato, che non avevano impedito il disastro nazionale del 586.
Lo stesso regno del nord, benché più potente, nel periodo di 200 anni ca., aveva visto succedersi 9 dinastie e alla fine si era piegato sotto il rullo compressore del colosso assiro ( 723/22 ).
Se la riesumazione di queste antiche spoglie non poteva che aprire la ferita rimarginata, non era però inutile analizzare la causa della rovina.
Ed ecco il primo lavoro del Cronista.
Il regno del nord non poté sussistere perché si era ribellato all'unica discendenza in possesso della promessa e aveva rigettato il culto patrio ( 2 Cr 13,5-10 ).
Anche il regno di Giuda era crollato per la malvagità dei re e del popolo.
Quante volte il Cronista è costretto a ripetere a proposito di un sovrano: Egli compi ciò che è male agli occhi di Jahve. ( 2 Cr 36,13-16 ).
Dio era stato fedele alla promessa di Dt 18,18-22 e aveva inviato al popolo i profeti per ammonirlo, guidarlo e frenarlo.
I loro interventi in Cron. sono più numerosi che non in Sam. Re.
Eppure, la nazione fu ingrata e ribelle ai portavoce di Dio.
A distanza di migliaia di anni è ancora eloquente il pathos che traspira dalle poche linee che narrano la morte di Zaccaria, figlio di colui che aveva stretto un'alleanza tra il Signore, tutto il popolo e il re, perché diventassero un popolo del Signore: Joiada, il gran sacerdote che restituì a Giuda la dinastia e la religione.
L'esilio era stato quindi ben meritato, i detentori del patrimonio nazionale, soprattutto la discendenza di David e la tribù di Levi non avevano saputo custodirlo.
Attorno a esso, pertanto, gli esuli rimpatriati dovevano raccogliersi per difenderlo strenuamente, a prezzo della sopravvivenza stessa del popolo.
Del resto, essi soli erano gli unici e legittimi proprietari, per dimostrarlo, il Cronista non teme d'impiegare i primi nove cc. per un grandioso mosaico genealogico.
Quindi, per provare anche l'aspetto positivo della sanzione divina in rapporto con la condotta d'Israele nei confronti del suo patrimonio nazionale e religioso, passa in rassegna la storia antica, dimostrando come la fedeltà ad esso sia sempre stata fonte di benessere per tutti.
David, Salomone, Ezechia e Giosia ne sono le prove più evidenti.
La solenne traslazione dell'arca, i preparativi e i ricchi donativi fatti da David per il tempio da erigersi, il regolamento dei sacerdoti e dei Leviti, suddivisi nelle loro classi, formano una cornice ampia e conveniente alle lunghe liste d'eroi e d'alti ufficiali al seguito del primo re teocratico.
Salomone ugualmente viene presentato intento ai lavori del tempio in costruzione e fra gli incensi e i sacrifici del giorno solenne della dedicazione.
Con quale effetto? Dio gli concesse una sapienza straordinaria, una ricchezza favolosa e un potere che si estendeva dall'Eufrate alla Filistea e all'Egitto.
La storia di Ezechia e di Giosia è dominata dal loro zelo per la religione, la legge di Dio e il tempio.
L'osservazione del Cronista che da lungo tempo non si era più celebrata una Pasqua come fu celebrata durante il loro regno, sembra tradire un senso intimo di dolore : troppo pochi erano stati i sovrani simili a David in Israele.
Ma Dio premiò le fedeltà di Ezechia, liberandolo da Sennacherib e da un malore fatale, mentre anche Giosia sarebbe sfuggito alla morte se avesse dato ascolto all'oracolo del Cielo.
La sua memoria tuttavia fu sempre rimpianta in Israele.
I nuovi pionieri devono perciò volger gli sguardi agli eventi trascorsi; dovunque scorgeranno come la prosperità e la sventura sono legate alla fedeltà o all'infedeltà verso gli ideali d'Israele.
La provvidenza divina dirige gli uomini e le nazioni, i fatti e i tempi.
La sanzione divina, secondo lo spirito del Pentateuco, di Giud., di Re e di alcuni Salmi non sembra trascendere la vita terrena, per cui il premio o il castigo sono ancora di carattere temporale; ma c'è qualcosa che non era completamente temporale: la promessa davidica di un regno eterno ora appare condizionata alla fedeltà del sovrano, ora invece incondizionata ( 2 Cr 6,16; 2 Cr 7,17-22 e 2 Cr 13,5; 2 Cr 21,7 ).
La condizione non poteva riferirsi che al regno temporale, il quale ebbe termine a causa dell'infedeltà; la promessa incondizionata, invece, si riferiva a qualcosa che, benché ancora oscuro, era nell'aspettativa di tutti e sarà chiaramente rivelato quando sarà annunciata la nascita di Colui che dovrà regnare sulla casa di Giacobbe in eterno ( Lc 1,32 ).
L'epoca in cui il libro vide la luce è molto incerta.
Supponendo l'unità originaria fra Cron. ed Esd. Neem., ecco alcuni dati, in base ai quali è possibile orizzontarsi.
Innanzi tutto non si può discendere oltre il 157 ca., poiché lo storico giudeo Eupolemo a quel tempo già utilizzava la versione greca di 2 Cr 22,2-15.
La stessa versione e la stesura del testo ebraico originale presuppongono un periodo di alcuni decenni.
D'altra parte, la figura di David, come è descritta verso il 180 a. C. da Sir 47,3-11, riflette da vicino quella del Cronista.
L'ultimo gran sacerdote ricordato da Ne 12,11s è Jaddua; questi, secondo Flavio Giuseppe ( Ant. giud., XI, 8,5 ) fu contemporaneo di Alessandro Magno ( 336-326 a. C. ).
Abbiamo quindi raggiunto un punto di riferimento sicuro.
Infatti 1 Cr 3,17-24, ricostruito secondo il testo greco e la versione latina, presenta 11 generazioni dopo Zorobabel ( 538 ).
Attribuendo a ogni generazione un periodo di 20-25 anni, discendiamo fino al 300-250 a. C.
Tale ricostruzione sembra rispondere a verità dal fatto che all'ottava generazione con Khattush possiamo trovarci convenientemente nel settimo anno di Artaserse II ( 398; 1 Cr 3,22 nota ed Esd 8,2 ).
Indicativo è pure il modo assai vago con il quale in 2 Cr 36,20 ed Esd 9,9 si parla rispettivamente del regno e dei re persiani come di istituzioni passate: segno che l'impero greco era già cominciato!
E ugualmente, benché il trattato talmudico Babà bathra 15 indichi in Esdra l'A. di Cron. - propriamente solo di 1 Cr 1-9 - le figure di Esdra e Neemia si riflettono già nel passato.
Tutti questi indizi ci conducono verso il 300-250 a. C.
Se però l'epoca è in qualche modo sostenibile, una volta rifiutata al libro la paternità di Esdra, non sappiamo a chi affidarla.
L'analisi interna fa risaltare la precisione con la quale il Cronista parla delle funzioni sacerdotali e levitiche e delle suppellettili del tempio.
L'A. passa sotto silenzio la benedizione di Salomone durante la dedicazione; a lui sono note perfettamente le classi dei sacerdoti, dei Leviti, dei portieri e dei cantori; per questi ultimi anzi pare che abbia addirittura un debole ( 1 Cr 15,16-42; 1 Cr 25,1-7 ).
Tale simpatia potrebbe tradire la sua appartenenza come cantore alla tribù di Levi.
Don Federico Tartaglia
Mons Giuseppe de Candia
Card. Gianfranco Ravasi
Don Silvio Barbaglia
Libri delle Cronache 1° lezione
Libri delle Cronache 2° lezione
Libri delle Cronache 3° lezione
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