Dichiarazione |
In tale situazione moltissimo dipende dalla testimonianza credibile del Vangelo nell'annuncio e nella vita.
Le condizioni sono certamente diverse nelle diverse regioni: in alcune parti del continente, e soprattutto tra le nuove generazioni, la fede cristiana è pressoché sconosciuta a causa di una sistematica propaganda ateistica, o comunque il processo di secolarizzazione è andato così avanti che l'evangelizzazione deve ricominciare quasi « ex novo ».
Ma anche dove la presenza della Chiesa è ancora forte, soltanto una minoranza partecipa pienamente alla vita ecclesiale, mentre si può notare una spaccatura profonda - a livello più generale - tra fede e cultura, fede e vita.
Perciò è compito urgente della Chiesa offrire nuovamente agli uomini e alle donne dell'Europa il messaggio liberante del Vangelo.
Nessun altro infatti è stato l'intento del Concilio Vaticano II e di tutti i successivi sforzi di rinnovamento, se non quello di « rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunziare il Vangelo agli uomini di questo medesimo secolo ».5
La nuova evangelizzazione non è il progetto di una cosiddetta « restaurazione » dell'Europa del passato, ma lo stimolo a riscoprire le proprie radici cristiane e a instaurare una civiltà più profonda, veramente più cristiana e perciò anche più pienamente umana.
Questa « nuova evangelizzazione » vive dell'inesauribile tesoro della rivelazione compiuta una volta per sempre in Gesù Cristo.
Non c'è un « altro Vangelo ».
Di proposito si chiama nuova evangelizzazione perché lo Spirito Santo rende sempre nuova la parola di Dio e sollecita continuamente gli uomini nel loro intimo ( 1 Gv 3,2 ).6
È nuova, questa evangelizzazione, anche perché non è legata immutabilmente a una determinata civiltà, in quanto il Vangelo di Gesù Cristo può risplendere in tutte le culture.7
Il centro di questa evangelizzazione è: « Dio ti ama. Cristo è venuto per te ».8
Se la Chiesa predica questo Dio, non parla di un Dio ignoto, ma del Dio che ci ha amati a tal punto che il Figlio suo si è fatto carne per noi.
È il Dio che si avvicina a noi, che si comunica a noi, che si fa uno con noi, vero « Emmanuele » ( cfr. Mt 1,23 ).
Questa comunione il Signore l'ha promessa non soltanto per questa vita ( cfr. Mt 28,20 ), ma soprattutto come vittoria sul peccato e sulla morte attraverso la partecipazione alla sua risurrezione ( cfr. Rm 6,5; 1 Cor 15,22 ) e come amicizia senza fine faccia a faccia con Dio ( 1 Cor 13,12 ).
Senza questa speranza della vita eterna, nella quale tutti i dolori e i mali sono superati, la persona umana è gravemente mutilata.
La certa speranza, donata all'uomo, di vivere in eterno con Dio, non diminuisce l'obbligo dell'impegno terreno, ma gli dà la sua vera forza e il suo valore.
Per questo dobbiamo parlare con grande fiducia sia dell'immortalità dell'anima che della risurrezione della carne.
Quest'annuncio di gioia non deve mai mancare nella nuova evangelizzazione.
Per la nuova evangelizzazione non è sufficiente pertanto prodigarsi per diffondere i « valori evangelici » come la giustizia e la pace.
Solo se è annunciata la persona di Gesù Cristo, l'evangelizzazione si può dire autenticamente cristiana.9
I valori evangelici infatti non possono essere separati da Cristo stesso, che ne è la fonte e il fondamento e costituisce il centro di tutto l'annuncio evangelico.
L'evangelizzazione tende per sua natura alla « plantatio Ecclesiae », che inizia a sorgere attraverso la predicazione della Parola e i sacramenti dell'iniziazione.
Essa infatti trae origine dal mandato del Signore che ha detto: « Andate dunque e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » ( Mt 28,19 ).
Perciò chi non conosce il Dio vivo e vero, non conosce veramente l'uomo.
In questo senso S. Ireneo afferma: « La gloria di Dio è l'uomo vivente, ma la vita dell'uomo è la visione di Dio ».10
L'uomo odierno pensa talvolta che la fede rechi gloria e onore a Dio ma umilii l'immagine dell'uomo.
Al contrario, la causa di Dio in nessun modo è in opposizione alla causa dell'uomo.
Sono piuttosto le promesse puramente terrene che - come mostra la storia recente - in definitiva riducono in schiavitù, in maniera totalitaria, le persone umane.
In realtà, il rinnovamento dell'Europa deve partire dal dialogo col Vangelo.
Questo dialogo, promosso per impulso del Concilio Vaticano II, non deve indebolire la chiarezza delle posizioni, e allo stesso tempo deve svolgersi nel reciproco rispetto tra i discepoli di Cristo e le loro sorelle e i loro fratelli di altre convinzioni.11
Sarà così possibile pervenire a « un vero incontro tra la Parola della Vita e le culture dell'Europa ».12
L'evangelizzazione infatti deve raggiungere non solo i singoli, ma anche le culture.
E l'evangelizzazione della cultura porta con sé « l'inculturazione » del Vangelo.
Quest'impegno, nella nuova situazione culturale dell'Europa, caratterizzata non solo dalla modernità ma anche dalla cosiddetta post_modernità, implica una sfida cui dobbiamo rispondere il meglio possibile: per farlo è indispensabile l'apporto degli uomini e delle donne di cultura e dei teologi in cordiale sintonia con la Chiesa.
Cristo, Dio fatto uomo, è la Verità stessa ( cfr. Gv 14,6 ), che ci libera ( cfr. Gv 8,32 ) per mezzo del dono dello Spirito Santo ( cfr. 2 Cor 3,17; Rm 5,5; Gal 4,6 ) e ci introduce nella piena comunione con Dio e tra gli uomini ( cfr. Gv 17,21; 1 Gv 1,3 ).
In realtà, la ricerca della libertà, della verità e della comunione costituisce l'istanza più profonda, più antica e più durevole dell'umanesimo europeo, che continua a operare anche nella sua fase moderna e contemporanea.
Perciò, la proposta della nuova evangelizzazione, lungi dall'opporsi allo sviluppo di questo umanesimo, lo purifica piuttosto e lo rafforza nel momento in cui rischia di perdere la sua identità e la sua speranza di futuro, a causa di spinte irrazionalistiche e di un insorgente nuovo paganesimo.
A questo proposito appare decisiva la questione del rapporto tra libertà e verità, troppo spesso concepito in termini antitetici dalla moderna cultura europea, mentre in realtà libertà e verità sono in tal modo reciprocamente ordinate che non possono essere raggiunte l'una senza l'altra.
Egualmente essenziale è il superamento di un'altra alternativa, del resto collegata alla precedente: quella tra libertà e giustizia, libertà e solidarietà, libertà e comunione reciproca.
La persona umana infatti, di cui la libertà costituisce la più alta dignità, si realizza non nel ripiegamento su se stessa ma nel dono di sé ( cfr. Lc 17,33 ).13
Sotto l'oppressione del totalitarismo hanno potuto salvare la libertà del cuore e della professione di fede soltanto coloro che si erano legati più intensamente a Dio.
La fede, l'adorazione e l'amore hanno un profondo rapporto con la libertà umana.
In altro modo, anche nelle « società libere » vi sono delle sottili costrizioni che, come segreti seduttori, occupano la nostra mente, manipolano la nostra sensibilità e mirano a determinare il nostro modo di agire.
Chi, nello spirito di adorazione del vero Dio, piega le ginocchia soltanto davanti a quest'unico Signore, è più facilmente in grado di sottrarsi all'attrattiva dei molti idoli.
In realtà, la croce e la risurrezione di Gesù Cristo rivelano e ci donano attraverso la grazia dello Spirito Santo quella libertà che veramente merita questo nome.
La storia della vita e della morte del Signore manifestano come il culmine della libertà consista nella donazione sovranamente libera alla volontà del Padre e per la vita del mondo.
Solo nel confronto con la piena misura di questa donazione di sé diventa evidente quanto l'uomo possa diventare schiavo di se stesso e consegnarsi a potenze che lo riducono in schiavitù.
Poiché la libertà non si esaurisce nell'« avere », il possesso e il piacere non sono valori ultimi ( cfr. 1 Cor 7,29-31 ).
Per quanto il cristiano riconosca il valore positivo della proprietà, che in ogni caso va sempre vista nella sua connessione col bene comune, e del godimento dei beni di questo mondo, egli sa tuttavia che tutte queste cose non costituiscono delle realtà definitive.
La rinuncia evangelica, animata dalla carità, non ci impoverisce dei beni, ma ce li ridona nella loro originarietà ed anzi soltanto così ce li dona veramente: tutto ciò è di grande importanza per la salvaguardia della libertà in una società segnata dal consumismo.
In questo modo abbiamo già cominciato a parlare anche del raggiungimento di un'autentica comunione.
Essa può realizzarsi soltanto se ogni singolo rispetta la dignità umana e personale degli altri.
Non c'è comunione, quando si impone agli uomini il collettivismo.
Ma neppure nascerà un vero impegno verso gli altri, se i singoli coesistono l'uno accanto all'altro nell'indifferenza e perseguono ciascuno unicamente i propri interessi.
La vera comunione nasce soltanto quando ciascuno percepisce la dignità inconfondibile e la diversità del prossimo come una ricchezza, riconoscendogli la medesima dignità senza alcuna tendenza all'uniformità, e si dispone allo scambio delle rispettive capacità e dei rispettivi doni.
Per parteciparci la vita divina ( cfr. 2 Pt 1,4 ), Gesù Cristo ha svuotato se stesso assumendo nell'incarnazione la condizione di servo e si è fatto obbediente fino alla morte di croce ( Fil 2,7ss ).
Questa vita divina è la comunione delle tre divine Persone.
Il Padre genera eternamente il Figlio consostanziale e il loro amore reciproco è lo Spirito Santo.
Il Dio dei cristiani non è perciò un Dio solitario, ma il Dio vivente nella comunione di carità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
E tale carità si è rivelata in modo supremo nell'autoannullarsi ( kenosi ) del Figlio.
Per questo la comunione nella carità e la rinunzia a se stessi appartengono al cuore del Vangelo, che deve essere predicato all'Europa e a tutto il mondo, perché si realizzi il nuovo incontro tra la parola di Vita e le varie culture.
Questa sintesi della verità, della libertà e della comunione, attinta dalla testimonianza della vita e del mistero pasquale di Cristo, in cui Dio uno e trino si è rivelato a noi, costituisce il senso e il fondamento di tutta l'esistenza cristiana e dell'agire morale che, contro un'opinione corrente, non si oppone alla libertà - poiché la legge nuova è la grazia dello Spirito Santo14 -, ma ne è allo stesso tempo condizione e frutto.
Da questa fonte può nascere una cultura del dono reciproco e della comunione, che si realizza anche nel sacrificio e nell'impegno quotidiano per il bene comune.
La nuova evangelizzazione dell'Europa non sarà però possibile se non invitiamo a prendere parte attivamente a questo compito tutti i cristiani consapevoli della propria vocazione profetica.
I primi evangelizzatori insieme con i vescovi sono senza dubbio i presbiteri e i diaconi, che portano su di sé il peso del servizio pastorale quotidiano nelle comunità cristiane.
I religiosi, a cui si deve in gran parte la prima evangelizzazione del continente, e le loro comunità potranno offrire a tutta l'Europa la testimonianza vitale del radicalismo evangelico, se diventerà ancora più intenso in loro l'appello a ciò che è essenziale nella vita consacrata.
Essi possono sostenere con particolare efficacia molte opere educative e di animazione di diverse associazioni.
Come fortemente sottolinea l'Esortazione Christifideles laici, anche i laici debbono essere chiamati a prender parte pienamente a questo impegno della nuova evangelizzazione dell'Europa.
Essi, con la loro propria vocazione, e partecipando a loro modo del ministero profetico di Cristo,15 possono penetrare in tutti quei campi ai quali i vescovi e i presbiteri non possono avere accesso: soltanto attraverso di loro diventeranno concretamente possibili l'evangelizzazione e l'edificazione della nuova Europa.
In modo speciale quest'Assemblea sinodale interpella i giovani perché siano innanzi tutto essi stessi gli evangelizzatori delle nuove generazioni dell'Europa.
Per essere veri apostoli, noi tutti abbiamo bisogno di una continua evangelizzazione, attraverso la preghiera e la meditazione assidua della parola di Dio, nonché lo sforzo quotidiano di metterla in pratica secondo l'esempio altissimo che ci è offerto dalla Beata Vergine Maria.
Solo attraverso il nutrimento della parola di Dio e del Pane eucaristico, e il frequente uso del sacramento della riconciliazione, può avvenire in noi una continua conversione e trasformazione personale, e si potrà efficacemente superare quel fenomeno pervasivo di « soggettivizzazione » della fede, per cui la parola di Cristo e della Chiesa è accolta solo nella misura in cui risponde alle proprie esigenze ed aspettative.
È questa anche la via da percorrere per superare le difficoltà che vengono sollevate, all'interno stesso della comunità ecclesiale, soprattutto circa l'insegnamento della Chiesa nell'ambito della morale.
Quanto più, infatti, è radicata nelle persone l'esperienza dell'amore di Dio trasmessa dalla parola e vissuta nella comunione fraterna, tanto più si svilupperà in loro la disponibilità e la capacità di accogliere tutte le esigenze del messaggio di Cristo.
Per ridare vitalità alla Chiesa sono particolarmente importanti le parrocchie, che restano gli strumenti fondamentali della vita e della missione della Chiesa e devono essere rinnovate e fortificate dalla luce del Vangelo, e le associazioni e le nuovi aggregazioni dei fedeli laici, che sono fiorite specialmente in concomitanza dell'evento conciliare.16
Riponiamo grande fiducia in una nuova pastorale della famiglia come « chiesa domestica »,17 e nel moltiplicarsi, negli ambienti più diversi della società, di piccole comunità di vita cristiana.
La catechesi deve essere proposta costantemente non solo ai fanciulli e agli adolescenti, ma specialmente anche ai giovani e agli adulti, in una forma adatta ad alimentare e a far crescere in loro la vita cristiana.18
Attendiamo con grande speranza il catechismo universale: come sintetica esposizione integrale della dottrina cattolica secondo il vero spirito del Concilio Vaticano II, potrà essere di aiuto riguardo alla preoccupazione verso talune tendenze teologiche.
Mentre infatti una teologia radicata nella parola di Dio e aderente al magistero della Chiesa è sommamente utile per il compito dell'evangelizzazione, si deve riconoscere che il « dissenso » teologico costituisce un ostacolo per l'opera evangelizzatrice, in primo luogo per quella che si deve attuare continuamente all'interno della Chiesa stessa.19
Tutti gli uomini sono invitati ad accogliere il Vangelo di Gesù Cristo.
La nuova evangelizzazione dev'essere dunque profondamente missionaria e raggiungere non soltanto quei singoli e quei gruppi che sono già radicati nel cuore della Chiesa, ma anche coloro che la guardano da lontano, non di rado con scetticismo o addirittura con senso di rifiuto.
Affinché gli europei del nostro tempo, che danno valore soprattutto a ciò che si vede e si può toccare con mano, possano accogliere il Vangelo, è necessario che la testimonianza dei singoli e delle comunità accompagni di continuo e confermi l'annuncio della parola di Dio, manifestandone tutta la verità e la forza divina.
In fedeltà ai tanti nuovi martiri del nostro tempo, questa testimonianza deve trarre la propria efficacia dalla santità della vita, rendendo visibile nell'esistenza quel mistero di comunione con Dio e fra gli uomini che la Chiesa celebra nell'Eucaristia.
Di grandissima importanza è la testimonianza della diaconia della Chiesa, ossia della carità, verso tutti ma specialmente verso coloro che sia materialmente sia spiritualmente sono più bisognosi.
Tale testimonianza, essendo comprensibile da tutti, rende visibile l'amore di Dio per gli uomini e li apre così all'ascolto del Vangelo.
Nello scambio delle esperienze delle nostre Chiese, ci siamo resi conto di quanto sia necessario per l'evangelizzazione valorizzare tutti gli ambienti ai quali possiamo aver accesso: ricordiamo qui in modo speciale
l'insegnamento della religione anche nelle scuole pubbliche,
la formazione degli adulti,
l'azione pastorale sia nel mondo del lavoro sia nel mondo della scienza, della cultura e dell'arte,
nonché nei molteplici mezzi di comunicazione che caratterizzano sempre più intensamente la vita moderna e meritano un'attenzione molto maggiore da parte della Chiesa.
Nei paesi recentemente liberati dal comunismo è impellente la necessità di creare università e scuole cattoliche.
Ma anche in tutti questi contesti, oggi come sempre, di somma importanza è la testimonianza personale e il rapporto a cuore aperto da persona a persona.
C'è, infine, specie nel nostro tempo, una via dell'evangelizzazione che eccelle fra tutte.
Le testimonianze della Chiesa nei paesi recentemente liberati dal comunismo ci hanno fatto quasi toccare con mano la fecondità del mistero della croce e della risurrezione di Cristo.
Nel momento in cui ci accingiamo ad intraprendere, insieme con tutti i nostri fratelli cristiani, la nuova evangelizzazione dell'Europa, sentiamo la necessità di scegliere nuovamente Colui col quale, nel battesimo, siamo morti e siamo risuscitati a vita nuova ( cfr. Rm 6,3-5; Gal 2,19-20 ): in Lui radicati e fondati vogliamo essere per l'Europa autentici testimoni della fede.
Ogni evangelizzazione scaturisce dalla persona e dall'opera di Gesù Cristo e di nuovo a lui conduce.
In Cristo, la Chiesa è un solo corpo con molte membra ( cfr. 1 Cor 12,12 ), « sacramento, ossia segno e strumento, dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano ».20
Da questo mistero derivano insieme l'unità e la cattolicità della Chiesa di Dio, che, come un solo popolo adunato « dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo »,21 è presente fra tutte le genti della terra, raccogliendo nella comunione reciproca le ricchezze delle diverse nazioni.22
Questo Sinodo ha fatto quotidianamente esperienza della diversità e dell'unità delle nostre Chiese particolari e dello scambio dei loro doni, attraverso un mutuo e fraterno ascolto, che ha permesso l'accoglienza con intima gioia e cordiale partecipazione delle autentiche esperienze delle altre Chiese.
La Chiesa afflitta dall'oppressione ha ricevuto dal Signore dei doni di cui tutti noi ora siamo diventati consapevoli in modo particolare:
la testimonianza di una fede viva,
la fedeltà nelle sofferenze e nella persecuzione,
l'ammirevole concordia con la Sede Apostolica.
Oggi in molti di questi paesi un gran numero di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa rende manifeste le ricchezze spirituali sino ad ora nascoste.
Per parte loro, grazie alla libertà di cui da tempo hanno goduto, le Chiese particolari nell'Occidente hanno saputo realizzare una prassi pastorale nella situazione di una società complessa e secolarizzata e hanno potuto sviluppare molte conseguenze del Concilio Vaticano II, che ora possono essere comunicate con umiltà di spirito e discernimento dei valori.
In realtà dobbiamo far crescere la cooperazione fra le nostre Chiese, soprattutto in vista della nuova evangelizzazione dell'Europa.
Per questo sono necessari quei mezzi anche materiali e quegli aiuti di persone, che possono favorire l'edificazione del Corpo di Cristo e che debbono essere offerti secondo le priorità stabilite dalle Chiese che li ricevono.
L'affetto collegiale dei Vescovi con il Successore di Pietro e tra di loro, che ha caratterizzato questa Assemblea sinodale, dev'essere alimentato per mezzo della frequentazione personale e dall'amicizia.
Con piena osservanza del vincolo di unione con la Santa Sede e dei compiti dei singoli Vescovi e delle Conferenze Episcopali delle diverse nazioni, la cura pastorale nel nostro continente, che ha intrapreso le vie dell'unità, ci invita a realizzare, con l'aiuto del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa, il coordinamento e uno sforzo comune per favorire l'evangelizzazione e l'ecumenismo, e a ricercare le strade per altre forme di cooperazione tra le Chiese particolari di questo continente.
Inoltre, la necessità della presenza della Chiesa nelle istituzioni civili europee richiede che, in unità con la Sede Apostolica e i suoi Rappresentanti, siano rafforzate e tra loro più strettamente congiunte le attività del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa e della Commissione dei Vescovi della Comunità Europea, che negli scorsi anni sono già state altamente benemeriti.
In unità con la Sede Apostolica, le Chiese dell'Europa devono far crescere la propria cooperazione anche con le Chiese particolari degli altri continenti.
Eventi di grande significato come la celebrazione del quinto centenario dell'evangelizzazione delle Americhe, la riunione generale ormai prossima del Consiglio Episcopale Latino-Americano e le Assemblee speciali per l'Africa e per il Libano del Sinodo dei Vescovi rappresentano delle occasioni favorevoli per intensificare il reciproco scambio dei doni e il comune servizio della salvezza tra tutte le Chiese del mondo.
In tale servizio va annoverato innanzitutto il dinamismo missionario « ad gentes », che di fatto appartiene alla storia e alla fisionomia cristiana dell'Europa ed è costitutivo della sua identità.
Sebbene l'opera missionaria sia talvolta avvenuta non senza commistioni con l'espansione coloniale dei paesi europei e recando in sé il marchio della divisione tra i cristiani, per grazia di Dio le Chiese d'Europa hanno svolto un ruolo provvidenziale nell'annunzio della salvezza di Cristo ai popoli e nell'« implantatio Ecclesiae » in ogni parte del mondo.
Anche oggi in nessuna regione la Chiesa può rinchiudersi in se stessa, anche se travagliata da difficoltà e carenze interne, tra cui in particolare la diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose.
Bisogna piuttosto mantenere larghi i propri orizzonti, confidando nella promessa del Signore: « Date e vi sarà dato » ( Lc 6,38 ).
Infatti, « la fede si rafforza donandola!
La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell'impegno per la missione universale ».23
L'animazione missionaria deve quindi nutrire e permeare tutta l'opera pastorale e formativa delle comunità, perché cresca sempre di più, sia nei sacerdoti e religiosi sia nei laici, la disponibilità a recarsi là dove la Chiesa ha più bisogno della loro opera per l'evangelizzazione e la promozione umana.
Con fiducia preghiamo perciò il Padrone della messe perché mandi operai nella sua vigna, in particolare chiamando dei giovani al sacerdozio e alla vita religiosa.
Indice |
5 | Paolo VI, Es. ap. Evangelii nuntiandi, 2. |
6 | Gaudium et spes, 41; Giovanni Paolo II, Omelia nell'inaugurazione del Sinodo ( 28 novembre 1991 ). |
7 | Paolo VI, Es. ap. Evangelii nuntiandi, 19. |
8 | Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, 34. |
9 | Cfr. Paolo VI, Es. ap.
Evangelii nuntiandi, 22; Giovanni Paolo II, Es. ap. Redemptoris missio, 5-6; nn. 17-19. |
10 | Adv. haer. IV 20, 7. |
11 | Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Simposio pre-sinodale ( 31 ottobre 1991, 3 ). |
12 | Ibid., 5. |
13 | Cfr. Gaudium et spes, 24. |
14 | Cfr. S. Tommaso, I-II, q. 106, a. 1. |
15 | Lumen gentium, 35. |
16 | Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, 29. |
17 | Lumen gentium, 11; Giovanni Paolo II, Es. ap. Familiaris consortio, 53-76. |
18 | Giovanni Paolo II, Es. ap. Catechesi tradendae, 19ss. |
19 | Congr. Dottrina della Fede, Istruzione sulla missione ecclesiale del teologo. |
20 | Lumen gentium, 1. |
21 | Lumen gentium, 4. |
22 | Lumen gentium, 13. |
23 | Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 2. |