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I due discepoli « erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto » ( Lc 24,13-14 ).
Totalmente immersi nelle vicende della storia, essi non rimangono indifferenti, ma guardano a ciò che capita attorno a loro e si lasciano interpellare da questi avvenimenti: essi, infatti, « discorrevano e discutevano insieme » ( v. 15 ).
Ma, nello stesso tempo, il loro cammino è segnato dalla tristezza - « si fermarono col volto triste » ( v. 17 ) - e dalla perdita della speranza - « noi speravamo che fosse lui a liberare Israele » ( v. 21 ) -; ancora più radicalmente è segnato dallo smarrimento della fede: « Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo » ( vv. 15-16 ).
Così commenta sant'Agostino: « Dicono noi speravamo che egli fosse redentore d'Israele.
O discepoli, l'avevate sperato: Vuol dire che adesso non lo sperate più.
Ecco, Cristo vive, ma in voi la speranza è morta.
Sì, Cristo è veramente vivo; ma questo Cristo vivo trova morti i cuori dei discepoli …
Avevano perso la fede e la speranza: pur camminando con uno che viveva, loro erano morti.
Camminavano morti in compagnia della stessa Vita.
Con loro camminava la Vita, ma nei loro cuori la vita non si era ancora rinnovata ».9
I due discepoli sono così il simbolo di tanti uomini e donne del nostro tempo e della nostra Europa - un'Europa che, per altro, era stata segnata dalla speranza nel Signore e che il Signore non ha abbandonato - che appaiono smarriti, confusi, incerti, minacciati nella speranza e di non pochi cristiani che, oltre a condividere questi stati d'animo, sembrano aver perso la fede o si limitano a mantenere alcune pratiche o a vivere superficialmente qualche forma di religiosità.
Ma, innanzitutto, i Vescovi riuniti in Sinodo, con tutte le loro Chiese, fedeli alla loro missione profetica, sentono il bisogno di « interrogarsi » per scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo.10
Si tratta di « parlare di ciò che accade in Europa », ma di farlo - diversamente dai discepoli di Emmaus - lasciandosi interrogare e illuminare dalla presenza e dalla parola del Signore che sanno essersi accompagnato al cammino loro, delle loro Chiese e dell'intera Europa.
Già così era avvenuto in occasione della prima Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, convocata da Giovanni Paolo II per riflettere attentamente sulla portata dell'ora storica che, con gli avvenimenti del 1989, si era aperta per l'Europa e per la Chiesa e così scrutare i segni dei tempi e trarne le indicazioni circa il cammino da compiere,11 cercando di capire sia ciò che lo Spirito di Cristo aveva da dire alla Chiesa mediante le esperienze del passato sia la via che Egli le stava mostrando per il futuro.12
Il compito del discernimento, tuttavia, non si è concluso con la celebrazione di quel Sinodo, anche perché si tratta di un compito che interpella in modo permanente i Pastori nella vita della Chiesa e che si pone con rinnovata urgenza di fronte al mutare e alla novità degli scenari che vanno presentandosi nella storia.
Come ricorda Giovanni Paolo II, è, quindi, nuovamente « necessario che i cristiani sappiano cogliere le opportunità offerte dal kairòs del momento presente e mostrarsi all'altezza delle sfide pastorali emergenti dalla concreta situazione storica ».13
Il Sinodo, quindi, si sente impegnato a rivolgere un'attenzione puntuale e costante alle concrete vicende storiche che hanno caratterizzato l'Europa negli ultimi anni e alle linee di tendenza che la stanno caratterizzando nel presente: è un'attenzione che si fa discernimento e giudizio critico, capace di mettere in luce sia gli aspetti positivi sia quelli problematici o negativi e di indicare le vie da percorrere, affinché lo stesso continente europeo non abbia a tradire la sua identità o a venir meno alle responsabilità e si possa così ritrovare la speranza.
Si tratta, perciò, di guardare all'Europa - come ci testimonia e ci insegna Giovanni Paolo II - con amore e simpatia: atteggiamenti propri di chi riconosce, apprezza e valorizza ogni elemento positivo e di progresso che incontra, ma insieme non chiude gli occhi su quanto v'è di incoerente con il Vangelo e lo denuncia con forza, mentre non si stanca di suggerire e indicare mete ulteriori da raggiungere.
Anche se sono ormai passati dieci anni dal 1989 e quegli eventi rischiano di essere percepiti da tanti come molto distanti, non è spento l'influsso che essi hanno esercitato nella vita dell'Europa e, in essa, delle Chiese.
Non c'è dubbio che, a seguito di quegli avvenimenti, si siano verificati significativi cambiamenti nella vita delle Chiese.
Come già si sottolineava nel Sinodo di otto anni fa, la Chiesa, all'Est come all'Ovest, « manifesta una nuova vitalità, specialmente nel rinnovamento biblico e liturgico, nell'attiva partecipazione dei fedeli alla vita parrocchiale, nelle nuove esperienze di vita comunitaria come nella riscoperta della preghiera e della vita contemplativa, e nel moltiplicarsi di generose forme di servizio ai più poveri e agli emarginati ».14
Significativa è pure la presenza di piccole comunità e di nuovi gruppi e movimenti ecclesiali, esperienze tutte che sollecitano e favoriscono la freschezza e la vitalità delle fede e possono ravvivare la comunione ecclesiale ed hanno spesso « recato nella vita della Chiesa una novità inattesa, e talora persino dirompente »:15 diverse persone sono state afferrate e trascinate dai carismi suscitati dallo Spirito verso « nuovi cammini di impegno missionario al servizio radicale del Vangelo, proclamando senza pausa le verità della fede, accogliendo come dono il flusso vivo della tradizione e suscitando in ciascuno l'ardente desiderio della santità ».16
In particolare, nei paesi dell'ex cortina di ferro il soffio della libertà e la proclamazione dei diritti umani ha consentito una ritrovata libertà d'azione alle Chiese che hanno vissuto « in cattività » per decenni.
Nonostante le fatiche e le difficoltà che la ricostruzione di un mondo lacerato dalla dittatura e da un erroneo sistema di vita comporta anzitutto in ordine alla crescita interiore, significativa si è dimostrata la testimonianza di queste Chiese e pieni di promesse sono apparsi i progetti da esse elaborati per rispondere al grande bisogno di « recuperare », a tutti i livelli, il proprio patrimonio religioso e culturale lungamente oppresso ed emarginato e di arricchirlo con la recezione del magistero conciliare e postconciliare.
Nello stesso tempo, fenomeni negativi caratterizzanti soprattutto l'Europa occidentale - come il materialismo pratico, il consumismo, l'edonismo, il relativismo culturale e religioso - non hanno mancato di influenzare le popolazioni dell'oriente europeo rendendo più arduo il lavoro delle Chiese locali.
Né sono mancate situazioni di sospetto, riscontrabili in alcune Chiese dell'Est nei confronti di quelle occidentali, per il timore di non poter sostenere un confronto e un dialogo « alla pari » e di perdere quell'influsso che era stato guadagnato con sacrifici spesso eroici.
A volte non è stato agevole per religiosi e religiose provenienti dall'Europa occidentale e inviati alle Chiese dell'Est comprendere le situazioni locali e impostare rapporti di collaborazione con i vari soggetti ecclesiali operanti sul territorio.
Il passaggio da un cristianesimo vissuto in situazione di oppressione a un cristianesimo da vivere in un clima di libertà ha messo a nudo la debolezza di alcune posizioni, con una ricaduta negativa anche a riguardo del flusso vocazionale, soprattutto in paesi prima ricchi di vocazioni.
8. Grandi e significativi sono pure i cambiamenti intervenuti a livello culturale, sociale e politico.
Si deve ricordare, anzitutto, che proprio in quest'ultimo decennio si sta assistendo a un processo che a volte può sembrare di rifondazione degli Stati e dell'intera convivenza e che, in ogni caso, fa parlare di transizione politico-istituzionale tuttora incompiuta e che purtroppo ha conosciuto e ancora conosce anche gravi forme di conflitto cruento.
È una transizione che ha a che fare con la ricerca, in molti paesi, delle strade per un corretto esercizio della libertà e della democrazia dopo gli anni del dominio comunista.
In altri paesi, tale transizione, con la crisi e il venir meno del blocco comunista, si manifesta nel mutamento dell'assetto politico, con la progressiva frantumazione del mondo cattolico a seguito di scelte partitiche differenti, che hanno richiesto e stanno chiedendo alle Chiese di ricercare nuove modalità di relazione e di presenza.
La stessa transizione, poi, è caratterizzata anche dall'apparire di nuovi soggetti, popoli e nazionalità sulla scena continentale e mondiale, con tutto quello che ciò significa in ordine a una corretta interpretazione dei diritti dei popoli e delle nazioni.
La caduta della cortina di ferro, inoltre, ha prodotto, per la prima volta dopo decenni, la possibilità di contatti diretti con i paesi dell'Europa centrale ed orientale.
Immediatamente si sono creati flussi migratori dall'Est europeo, ai quali vanno aggiunti quelli dal Sud e da diversi paesi dell'Africa e dell'Asia.
Inoltre continua il flusso dei popoli dell'Est verso l'Ovest e del Sud verso il Nord.
I poveri e i senza tetto di numerosi paesi dell'ex cortina di ferro, dell'Africa e dell'Asia emigrano nelle città dell'Europa occidentale e in non pochi casi si tratta di ingressi illegali.
Questi flussi migratori stanno creando in Europa molteplici problemi sociali e culturali, che chiedono di essere affrontati con attento discernimento e con responsabilità.
Si viene creando così, di anno in anno una situazione sempre più pluralistica quanto a condizioni etniche, culturali, religiose e sociali.
E tutto ciò costituisce una sfida per le Chiese che cercano, non senza difficoltà, di farvi fronte con rinnovate iniziative di accoglienza, di solidarietà e avviando tentativi di dialogo interreligioso e interculturale.
Non si può neppure tacere il più generale fenomeno della globalizzazione, che sta interessando e coinvolgendo anche i popoli e gli stati europei.
Infine, negli anni più recenti, si è prodotta una accelerazione del processo di unificazione e di integrazione europea tra i paesi membri dell'Unione, fino all'avvio della moneta unica.
La partecipazione a questo processo ha permesso, forse per la prima volta, a gran parte dei popoli del continente di misurare concretamente il crescente rilievo delle istituzioni europee nella vita nazionale, superando una visione retorica e distante dell'orizzonte europeo.
In questo contesto si sono anche ulteriormente sviluppate forme stabili di relazione, dialogo e consultazione tra le istituzioni europee e la Chiesa cattolica ( attraverso la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea ) e tra le Chiese cattoliche dell'intero continente ( mediante il Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa ), forme che appaiono fondamentali per la partecipazione della Chiesa alla costruzione della nuova Europa.
Non è difficile vedere come, anche oggi, il momento storico che l'Europa sta vivendo mostri come essa si trovi ancora a un crocevia nel quale la costruzione, l'unione e l'evangelizzazione dello stesso continente si presentano come altrettante fondamentali sfide.
E, nello stesso tempo, emerge con sufficiente evidenza che l'attuale fase della storia europea - come più volte ha ricordato il Santo Padre - è sì caratterizzata da forti cambiamenti e da non pochi problemi, ma racchiude in sé anche insperate possibilità sia in ordine all'evangelizzazione, sia a riguardo della convivenza e della collaborazione.17
È, in altri termini, quella attuale una congiuntura gravida di speranza e di preoccupazione, che al Sinodo spetta discernere con responsabilità.
Non sono pochi i motivi di speranza che si possono rintracciare nell'attuale fase della storia europea, anche se più spesso sembrano emergere motivi di preoccupazione o di delusione, che pure non mancano.
Si tratta, innanzitutto, di scoprire questi « semi e segni di speranza » e di saperli valorizzare.
In generale, non si può non notare che le nuove condizioni sociali e politiche rendono accessibile a un crescente numero di cittadini europei una migliore qualità di vita, facilitano la circolazione delle persone e una migliore conoscenza vicendevole tra popoli dell'Est edell'Ovest, ne incentivano gli scambi culturali, favoriscono una frequente condivisione di esperienze religiose, specialmente a livello giovanile, aiutano la messa in comune di iniziative tendenti a costruire un'Europa come casa comune.
In ambito più propriamente ecclesiale, l'orizzonte appena richiamato offre, indubbiamente, nuove ed ampie possibilità di rapporti di comunione, solidarietà e condivisione tra tutte le Chiese d'Europa e a tutti i livelli di responsabilità, anche se non sempre la comunicazione sembra del tutto equilibrata e il tornare a « respirare a due polmoni », per usare un'espressione cara a Giovanni Paolo II, incontra ancora difficoltà e ritardi.
In qualche Chiesa dell'Est, in particolare, si assiste a significative riprese dell'attività catechistica, liturgica, caritativa e culturale; vanno rendendosi disponibili nuovi spazi per una presenza evangelizzatrice della Chiesa e sembra crescere la possibilità di utilizzare gli strumenti della comunicazione sociale al servizio della missione.
In alcuni paesi, le nuove condizioni offrono l'opportunità per una nuova evangelizzazione soprattutto nel campo della formazione cristiana e in quello delle vocazioni sacerdotali e religiose, che spesso in precedenza erano state limitate anche con mezzi amministrativi.
Con la ritrovata libertà, gli appartenenti agli istituti religiosi hanno potuto ritornare a vivere in comunità e a condividere progetti pastorali superando, non senza sofferenze e difficoltà, precedenti condizioni.
Tra gli esiti positivi c'è stato, in alcune nazioni, un incremento di vocazioni che lascia ben sperare.
In alcuni paesi dell'Est, dove la stessa vita liturgica era stata ostacolata, sono in ripresa la frequenza alla Santa Messa e, più in generale, la riscoperta e la pratica della liturgia nelle sue diverse manifestazioni.
Non manca neppure una maggiore diffusione, non sempre esente da qualche problema, di movimenti di spiritualità; né si può dimenticare l'esigenza che va emergendo tra i giovani di una spiritualità autentica.
Nelle chiese occidentali, sono sorti centri di ascolto e spazi di confronto in cui si incontrano persone precedentemente schierate su opposte posizioni ideologiche e si sono moltiplicati luoghi di accoglienza per il crescente numero di immigrati.
Anche in importanti paesi occidentali si registrano lo sviluppo del catecumenato e il ritorno alla fede di cristiani che avevano abbandonato la pratica religiosa da lungo tempo.
Alcune Chiese occidentali, pur avendo vissuto il cambiamento come osservatori esterni, hanno visto crescere la realtà della « communio » con le altre Chiese; hanno conosciuto la vita e la cultura di popoli fino ad allora ritenuti estranei o addirittura nemici.
Con la caduta degli steccati, infine, istituzioni ecclesiali accademiche dell'Europa occidentale hanno visto affluire un crescente numero di candidati al sacerdozio, preti, religiosi, religiose e laici provenienti dai paesi ex-comunisti e hanno agevolato l'invio di propri docenti ed esperti alle Chiese dell'Est per prestazioni di docenza e di consulenza.
10. Anche in ambito culturale e sociale non mancano opportunità e segni di speranza che chiedono di essere riconosciuti e valorizzati.
Dietro e dentro il processo di transizione politico-istituzionale in atto, non è difficile scorgere elementi e istanze di tipo etico che non vanno sottovalutate, anche se spesso necessitano di un'opera profonda di purificazione.
Sono istanze che rimandano sia a un profondo anelito alla libertà politica e, ancora più radicalmente, alla possibilità di costruire una società pluralista dove i diritti di tutti, comprese le minoranze, siano di fatto tutelati, sia a un desiderio di libertà, anche economica, che pure domanda di essere guardato e assunto come possibile fattore positivo di sviluppo e di responsabilità.
La compresenza di diversi popoli, culture e religioni può rivelarsi come occasione propizia - e quasi obbligata, se non si vuole ricadere in forme di conflitto permanente e di esclusione dei più deboli - per tendere a una unità culturale che, oggi, non può più essere pensata intermini di « sola cristianità », ma in termini di « pluralismo dialogante e collaborativo », nel quale i cristiani hanno un compito al quale non possono abdicare e per realizzare quella « convivialità delle culture » che sa trasformare ogni tentazione di contrapporsi in una gara di mutuo servizio e di accoglienza, in una sintesi a misura di uomo e di cittadini, in una grande realtà dove possano trovare casa tante piccole nazioni e culture.
Anche il fenomeno della globalizzazione, pur con tutte le ambivalenze e i rischi che comporta, racchiude in sé elementi positivi e opportunità: essa può certamente significare aumento dell'efficienza e incremento della produzione e, nello stesso tempo, può rafforzare il processo di interdipendenza e di unità tra i popoli, offrendo un reale servizio all'intera famiglia umana.
Nella costruzione dell'Europa, infine, anche la stessa unione monetaria ha una sua importanza e un suo significato e pone di fronte a una grande opportunità: oltre a esigere un ripensamento del senso e degli ambiti della sovranità dei singoli stati, se realizzata in un'ottica globale di solidarietà, essa può dare maggiore stabilità all'Europa e al suo sviluppo economico, può essere un grande strumento di libertà permettendo e favorendo la moltiplicazione degli scambi, può costituire un salto di qualità nel modo di concepire la convivenza nel nostro Continente.
Anche se nella logica dei piccoli passi, essa può portare a progressi concreti, necessari per il raggiungimento dei valori che si rivelano più urgenti e fondanti.
La lettura delle trasformazioni avvenute in Europa lungo l'ultimo decennio, tuttavia, non può scivolare verso forme di ingenuo ottimismo.
Deve, piuttosto, rivestire le note del realismo, che non si nasconde il carattere di incertezza e di fragilità connesso con questa fase della storia europea.
Non mancano, infatti, nuovi rischi di illusione e di delusione, come ammoniva da subito Giovanni Paolo II,18 e non si può non riconoscere che esistono preoccupazioni e pericoli non indifferenti.
Ed è proprio questo insieme di delusioni, preoccupazioni e rischi a delineare il volto di un'Europa che sembra avere smarrito la speranza.
Ad alimentare un clima di delusione sembra concorrere anzitutto la constatazione diffusa che, nonostante gli sforzi fatti e i passi compiuti, la costruzione di una casa comune europea fondata su valori evangelici si è rivelata come una meta molto più difficile da raggiungere di quanto le Chiese auspicavano all'inizio degli anni '90.
Lo stesso progetto di un nuovo modo di organizzare le alleanze politiche, economiche e militari, prescindendo da riferimenti ai valori cristiani, ha dimostrato il suo vero volto di sola strategia di potere, ancorché parzialmente rivolta al bene delle popolazioni delle singole nazioni.
Ci si è resi conto, in generale, che il comunismo non è l'unico nemico.
Al predominio culturale del marxismo, infatti, si è sostituito il predominio di un pluralismo indifferenziato e tendenzialmente scettico o nichilistico: esso ha radici capillari nel vissuto sociale odierno e produce una antropologia fortemente riduttiva, anzi non di rado la rinuncia ad offrire una qualsiasi prospettiva di senso.
Nei paesi dell'Est, in particolare, si sono dimostrate illusorie alcune attese: non si erano tenuti in seria considerazione gli effetti del comunismo, con il vuoto antropologico ed etico da esso prodotto, e si era caduti ingenuamente nell'illusione che, caduto il comunismo stesso, tutto sarebbe mutato in meglio quasi automaticamente; alcuni pensavano che la democrazia avrebbe portato automaticamente ricchezza e prosperità e che la libertà avrebbe fatto affluire i beni dell'occidente a tutti i consumatori e avrebbe garantito lavoro a tutti facendo crescere l'economia e, invece, la crisi ha gettato nella povertà migliaia di famiglie.
A livello politico, contribuiscono ad aumentare la delusione sia il ritorno al potere, in non pochi casi, di persone appartenenti alle forze comuniste precedenti, sia il fatto che, a volte, invece di libertà e pace sono sorti nazionalismi violenti.
Non mancano delusioni dovute anche a forme di chiusura e di disinteresse di fronte ai drammi di alcuni paesi del mondo ex-comunista da parte dell'Europa occidentale, rivelatasi anche meno pronta e disponibile a rispettare e a tutelare la diversità e i diritti di singoli popoli e di alcune minoranze, impegnati in un cammino di autodeterminazione
12. Evidenti e da più parte sottolineati sono anche i rischi che attraversano l'Europa di oggi.
A livello sociale, ad esempio, il fenomeno della globalizzazione, a cui si è già fatto cenno, essendo spesso governato solo o prevalentemente da logiche di stampo mercantilistico a beneficio e vantaggio dei potenti, può essere foriero di ulteriori disuguaglianze,
ingiustizie, emarginazioni;
può concorrere alla crescita della disoccupazione,
costituire una minaccia allo « Stato sociale »,
favorire la tendenza alle disuguaglianze sia tra paesi diversi sia all'interno degli stessi paesi industrializzati,
sollevare interrogativi anche circa la nozione di « sviluppo sostenibile »,
portare a nuove forme di esclusione sociale, di instabilità e di insicurezza,
mettere in discussione l'armonico rapporto tra economia, società e politica,
ridurre il potere delle autorità nazionali in materia economica,
introdurre una sorta di « iper-concorrenza » selvaggia, e così via.
Anche l'introduzione della moneta unica europea può comportare dei rischi sia perché può favorire l'egemonia della finanza e il predominio degli aspetti economico-mercantilistici, sia perché può contribuire a innalzare nuovi muri in Europa, rivolti soprattutto all'Est, per proteggere le economie più forti e difendersi dalle immigrazioni.
Non c'è dubbio, infatti, che è tuttora vivo il pericolo di una nuova divisione del Continente in due tronconi: da una parte i paesi con moneta forte, dall'altra quelli con moneta non convertibile; da una parte un sistema economico relativamente stabile, dall'altra un sistema economico precario, con tutto quello che ne deriva anche a livello di convivenza e di sicurezza.
13. A livello culturale , « si diffondono una mentalità e dei comportamenti che privilegiano in modo esclusivo la soddisfazione dei propri desideri immediati e degli interessi economici, con una falsa assolutizzazione della libertà del singolo e con la rinuncia a confrontarsi con una verità e con valori che vadano al di là del proprio orizzonte individuale o di gruppo.
Benché il marxismo imposto con la forza sia crollato, l'ateismo pratico e il materialismo sono molto diffusi in tutta l'Europa: senza essere imposto con la forza, e per lo più nemmeno esplicitamente proposti, essi inducono a pensare e a vivere "come se Dio non esistesse" ».19
A tale proposito, nei paesi occidentali, con la caduta delle ideologie e delle utopie, si registra una crescente indifferenza e sembra dominare una sorta di materialismo pragmatista.
E, nello stesso tempo, il consumismo, con la rispettiva secolarizzazione, sembra aver raggiunto ormai anche i confini orientali del continente.
C'è addirittura chi nota come, in alcuni paesi dell'Est, la diffusione selvaggia del capitalismo nelle sue forme più rigide si poggi su meccanismi mafiosi, che minacciano complessivamente la vita pubblica.
Spesso, poi, di fronte alle opinionie alla mentalità che vengono dall'occidente, in diversi paesi dell'Est, si assiste sia a posizioni di accettazione spesso acritica sia a un rifiuto altrettanto acritico, con il rischio di gravi contrapposizioni e polarizzazioni interne alle stesse società.
Non manca neppure la tendenza a mettere tutto in discussione, anche all'interno della Chiesa, quasi che anche in essa e sulle stesse questioni etiche e dottrinali debba valere il principio democratico della maggioranza.
In questo quadro complessivo, si avverte sempre più il pericolo che sia la stessa civiltà europea a essere messa a repentaglio, attraverso l'assolutizzazione e l'affermazione unilaterale di alcuni valori e principi validi a scapito di altri.
Ad esempio, quando la libertà viene assolutizzata e sganciata dal riferimento ad altri valori come quello della solidarietà, rischia di condurre all'atomizzazione del nostro sistema di vita: una libertà rivendicata come valore assoluto corre il pericolo di distruggere quella società che aveva contribuito a costruire.
14. A livello più propriamente religioso ed ecclesiale continua la situazione già descritta nel precedente Sinodo per l'Europa.
Oggi come allora, infatti, « persiste la ricerca dell'esperienza religiosa, sebbene in una molteplicità di forme non sempre coerenti tra loro e che spesso conducono lontano dall'autentica fede cristiana.
Soprattutto i giovani cercano la propria felicità in molti simboli, immagini e anche in cose vane, e sono facilmente inclini verso nuove forme di religiosità e sette di diversa origine ».20
C'è chi, a tale riguardo, tra gli elementi di maggiore ambiguità segnala appunto lo stesso risveglio della domanda religiosa, in quanto accompagnato da fenomeni di fuga nello spiritualismo e soprattutto di sincretismo religioso ed esoterico, che porta al pullulare di sette e gruppi accomunati solo da un selvaggio riferimentoal sacro.
Queste nuove proposte trovano la loro forza non tanto in una sostanziale novità di vita, ma nella omologazione a un sistema di vita autoreferenziale, che maschera l'accentuato individualismo con la ricerca di gruppi protettivi e gratificanti.
Grande è poi il rischio di una progressiva e radicale scristianizzazione e paganizzazione del Continente: in alcuni paesi è ormai molto alto il numero dei non battezzati; spesso gli stessi elementi fondamentali del cristianesimo non sono più conosciuti; ci sono situazioni nelle quali si assiste a un autentico crollo della catechesi e della formazione cristiana.
Tutto questo conduce, per altro, a una profonda messa in crisi dell'identità culturale europea, tanto da far ipotizzare - come si esprime qualcuno - una sorta di « apostasia dell'Europa ».
Il grande calo numerico delle vocazioni sacerdotali e religiose, a cui si assiste in alcuni paesi, inoltre, porta con sé il rischio dell'affievolirsi o del venir meno di una visione adeguata di Chiesa: irrilevante e non indispensabile sarebbe, in essa, la presenza del ministero ordinato, a cui basterebbe sostituire la presenza di persone per le quali, in una concezione meramente funzionalistica della comunità ecclesiale, necessaria e determinante sarebbe solo la competenza acquisita mediante specifici curricoli formativi.
Non manca, infine, chi sottolinea il pericolo che le iniziative delle chiese dell'Europa occidentale a favore di quelle orientali tendano, inconsapevolmente e di fatto, a « occidentalizzarle » e non piuttosto a porsi in modo evangelico al loro servizio, cercando di valorizzarne le ricchezze culturali e religiose.
15. Tutto questo concorre a suscitare alcune preoccupazioni, registrate nelle diverse Chiese.
Una prima seria preoccupazione è legata al fatto che - a causa dei profondi e radicali cambiamenti intervenuti nella sua pur ricca tradizione culturale e religiosa e senza, per questo, misconoscere quanto la presenza delle diverse Chiese e comunità cristiane hanno fatto e continuano a fare nei singoli territori - l'Europa sta diventando sempre più luogo bisognoso di una rinnovata evangelizzazione e di un nuovo sforzo missionario.
In alcuni casi, si tratta di dire il Vangelo di Cristo a chi ancora non lo conosce; in altri, di rifare il tessuto cristiano delle stesse comunità cristiane.
Nei paesi dell'Est, dovendo far fronte alle negative conseguenze lasciate dall'ateismo comunista, si rende necessaria una sorta di « prima evangelizzazione » perché molti, pur vivendo in territori attraversarti dall'annuncio e dalla testimonianza anche eroica del Vangelo, vivono non conoscendo di fatto il Signore Gesù.
In quelli dell'Ovest, attraversati da rapidi sviluppi e dalle sfide della secolarizzazione, globalizzazione e urbanizzazione, emerge l'urgenza di dare vita a una « evangelizzazione nuova », che sappia produrre una nuova inculturazione del Vangelo.
Nell'uno e nell'altro caso - sia dentro le singole Chiese, sia tra le diverse Chiese e comunità cristiane mediante un'intensa e rispettosa collaborazione ecumenica - cresce l'esigenza di unire le forze disponibili e di concentrare gli sforzi su alcune priorità, avvalendosi delle strutture operative ed educative esistenti, rinnovate e nuove, e utilizzando i mezzi della comunicazione sociale per creare una corretta opinione pubblica.
Nel fare ciò emerge sempre più anche l'importanza di un rapporto di sempre maggiore dialogo e collaborazione - che, per altro, sta già migliorando - tra i Vescovi e gli Istituti di vita consacrata.
Nella situazione religiosa e morale dell'Europa di oggi, emerge un'altra preoccupazione fondamentale, sulla quale sembrerebbe opportuno che il Sinodo avesse a soffermarsi con attenzione.
Essa è presente soprattutto in Occidente e riguarda il fatto che è venuta meno la possibilità di una pastorale basata su uno « stato diffuso di cristianità condivisa », con la conseguente necessità di promuovere il passaggio a una fede più personale e adulta, attraverso una pastorale che tenga conto sia dell'evidente grado di instabilità, incertezza e differenziazione dell'appartenenza ecclesiale di molti battezzati, sia della diminuzione dei sacerdoti.
In questa situazione c'è chi avverte il pericolo di continuare a impostare una pastorale che, pur non potendo più avere le caratteristiche di una pastorale tipica di una situazione di cristianità dominante, non è capace psicologicamente di accettare una diminuzione della stima o del riconoscimento sociale e cerca di salvare le strutture e l'influenza della Chiesa a ogni costo, fino anche a forme di compromesso che permettano a più persone di vivere una qualche generica forma di appartenenza ecclesiale, facilmente a scapito di scelte più nette e radicali.
Diversa sembra essere, invece, la situazione nelle Chiese dell'Europa orientale, poiché queste ultime, a motivo della difficile storia attraversata negli scorsi decenni, sono più abituate a non essere stimate nella società e, quindi, a favorire una seria concentrazione sui valori importanti della fede.
Non manca chi sottolinea, tra i fattori di preoccupazione, anche il rapporto con i mass media, sia perché si constata che spesso la Chiesa non sa ancora usare bene questi mezzi moderni, sia perché da parte di questi strumenti si offre una immagine spesso peggiorativa della religione e specialmente della Chiesa, quando addirittura non si assiste a forme di aperta ostilità.
In questo contesto generale, alcuni aspetti particolari meritano una attenzione più puntuale e specifica.
Non si può non notare, anzitutto una crescente divaricazione tra progresso e valori dello spirito, che si manifesta in parte con modalità simili in tutti i paesi d'Europa e in parte con modalità differenti tra l'Europa occidentale e quella orientale.
È un fenomeno questo spesso connesso con fattori di ordine esperienziale, più che con motivazioni di ordine filosofico o ideale.
Per moltissime persone, infatti, sono le condizioni di vita oltremodo difficili e complicate a far sì che le preoccupazioni quotidiane prendano il sopravvento e non lascino spazio all'accoglienza di altri valori.
La disoccupazione, molteplici situazioni familiari critiche e fallimentari e condizioni sociali segnate da innumerevoli forme di emarginazione e di ingiustizia coinvolgono talmente moltissime persone da generare in esse disinteresse e apatia per i valori dello spirito.
E, d'altra parte, non tutto è sempre così scontato e lineare.
Nelle società europee emergono, in maniera non omogenea, manifestazioni ambivalenti.
Da una parte, si avverte la tendenza a chiudersi nel proprio piccolo mondo, a difendere la propria « privacy » e il proprio « status » sociale e culturale; dall'altra, si manifesta il desiderio di aprirsi all'altro, soprattutto ai poveri, agli emarginati.
Da un lato, la più ampia disponibilità di tempo libero consente di coltivare valori offerti, ad esempio, dagli avvenimenti sportivi, dal turismo, dall'immersione nella natura; d'altro lato, queste positive possibilità si trasformano per un notevole numero di persone in altrettanti piccoli o grandi idoli e in una specie di ossessione collettiva in cui la singola individualità si vede come inghiottita.
All'Ovest, il distacco tra progresso e valori dello spirito si manifesta soprattutto in una certa mentalità caratterizzata dalla ricerca delle soluzioni più comode e pratiche e della soddisfazione immediata, con la conseguenza di perdere il senso del sacrificio e dell'ascesi, di banalizzare la storia e di dare importanza a ciò che è bello, vero, buono solo in quanto è fruibile immediatamente.
Il progresso sociale e culturale, inoltre, ha messo in nuova luce alcuni valori che toccano vari aspetti del vivere umano: le donne sono più consapevoli della propria vocazione e più decise nel difendere l'uguale dignità e le pari opportunità con gli uomini nei vari ambiti dell'esistenza; in numerose famiglie esiste una buona comunicazione tra genitori e figli; nelle giovani generazioni sembra crescere una maggiore comprensione dei valori della famiglia.
Si può forse concludere che, se a prima vista l'abbandono dei valori spirituali sembra andare di pari passo con la crescita del progresso, il solo progresso materiale non soddisfa le aspirazioni più profonde dell'uomo e così sta per crescere, anche se non in modo massiccio e con modalità diverse tra l'Occidente e l'Oriente, la richiesta di valori spirituali, talvolta vaghi e non ben identificati.
17. Il valore della solidarietà sembra spesso in crisi nell'Europa di oggi.
Sono, infatti, sotto gli occhi di tutti e un po' in tutto il continente atteggiamenti e comportamenti individuali e collettivi, spesso ispirati e alimentati da sistemi di stampo capitalista e consumista, che dicono chiusura ed egoismo.
Tuttavia, anche se nella società la solidarietà sembra debole, non mancano tendenze e iniziative di segno opposto, promosse da uomini e donne consapevoli dei guasti di tali visioni ideologiche, e miranti a creare una nuova consapevolezza circa l'esigenza di elaborare e attuare progetti di vita, a livello personale, familiare e nazionale, caratterizzati da dignitosa austerità, al fine di destinare i prevedibili ingenti risparmi a popolazioni che vivono sotto i livelli di sussistenza o sono comunque bisognose di aiuto.
È così che in molte Chiese, specialmente dell'Europa occidentale, la solidarietà sia verso i poveri del posto sia verso i popoli dell'Est e dell'emisfero Sud assume una rilevanza assai maggiore di quanto si immagini: campagne di solidarietà attuate periodicamente da innumerevoli soggetti ecclesiali e dirette a scopi precisi riscuotono un certo successo; le iniziative di gemellaggio tra comunità cristiane europee e paesi del cosiddetto « terzo mondo » si stanno moltiplicando; né va dimenticato quanto viene fatto da persone consacrate sia attraverso iniziative di solidarietà nelle Chiese e tra le popolazione in cui svolgono il loro specifico servizio evangelico, sia mediante l'opera di formazione delle nuove generazioni ai valori umani e cristiani di una solidarietà concreta e fattiva.
18. Variegate e complesse appaiono le riflessioni sulla libertà religiosa e sulla tolleranza.
Se, per un verso, si deve dire che in molte parti del continente di può parlare di vera libertà religiosa e che essa non incontra particolari ostacoli, per altro verso, non si può non sottolineare il persistere o il prodursi di alcune forme di intolleranza.
Pur in un contesto di formale rispetto della libertà religiosa, in alcuni ambienti continua a persistere una sorta di intolleranza quando singoli o gruppi di cattolici cercano di esprimere pubblicamente le loro convinzioni e le loro posizioni: segno questo che, a volte, la Chiesa viene « tollerata » solo se rimane relegata nella sfera privata.
In qualche nazione, una certa intolleranza fondamentalista ha accompagnato, quando non ha rischiato di alimentare, decenni di conflitto; anche se, da qualche tempo e gradatamente, questa intolleranza va perdendo terreno e sta lasciando il posto a uno spirito di vicendevole accettazione delle differenti tradizioni e convinzioni.
Dopo molti anni di ateismo imposto, in alcune Chiese dell'Est emergono talvolta un clima e atteggiamenti di rigidità verso altre confessioni o altri modi di pensare: ne segue che certi gruppi di cattolici vogliono imporre a tutta la società il proprio modo di pensare e di vivere, dimostrando palesi difficoltà nel recepire i valori presenti nel movimento ecumenico, nel dialogo interreligioso e in un corretto sistema democratico.
Anche se oggi sembrano più rari, non sono ancora scomparsi atti di ostilità e di intolleranza nei confronti dei cattolici.
Non mancano neppure alcuni segni di antisemitismo in alcune parti dell'Europa.
Quanto poi al rapporto con i musulmani, si osserva che, mentre questi ultimi chiedono che si abbia a vivere la tolleranza religiosa nei loro confronti, la stessa tolleranza non viene garantita in certi paesi islamici a quanti si professano cattolici o di altra religione.
Non va neppure dimenticato che, in quasi tutte le società occidentali, il generale clima di tolleranza pone una grande sfida alla Chiesa.
In una società nella quale la tolleranza viene vista come un valore essenziale, dominante e irrinunciabile, infatti, c'è chi ritiene che qualsiasi forma di monoteismo - e, quindi, anche il monoteismo cristiano - sia la causa più profonda di ogni intolleranza e che, di conseguenza, se si vuole salvaguardare la necessaria tolleranza, si debba ritornare a una sorta di indistinta convivenza di credenze religiose e, ultimamente, di possibili divinità.
Ci si chiede, quindi, come la Chiesa possa continuare ad attuare la sua missione evangelizzatrice senza essere foriera di intolleranza e, più precisamente, come si possa e si debba annunciare il Vangelo, riconoscendo e accettando quanti professano una fede diversa ed evitando, nello stesso tempo, che la « tolleranza » si trasformi in « indifferenza » o in « relativismo ».
19. Se si considera, infine, la realtà dello Stato nei confronti delle istituzioni intermedie e della Chiesa stessa, occorre tenere presente che, negli ultimi decenni, in molte nazioni il potere dello Stato è talvolta cresciuto a dismisura, con la conseguente diminuzione o soppressione di istituzioni intermedie: ciò ha reso gli individui e tante piccole istituzioni molto vulnerabili di fronte alle scelte dello Stato.
Tale situazione sembra particolarmente attuale nei paesi dell'Europa orientale, dove decenni di comunismo hanno distrutto tali istituzioni e hanno minato il vivere civile e sociale; ma si deve anche notare che decenni di capitalismo hanno prodotto esiti analoghi anche in molti paesi dell'occidente.
In situazioni di questo genere, la Chiesa è chiamata a sostenere le istituzioni intermedie e a favorirne la creazione.
In alcune nazioni dell'Europa occidentale, nelle quali la Chiesa ha goduto e gode di piena libertà religiosa e possiede molteplici istituzioni culturali, educative e assistenziali che non di rado colmano inadempienze dello Stato, sembra che la Chiesa stessa debba maggiormente riconoscere e rispettare la « laicità » dello Stato e, quindi, la sua autonomia.
Ma, nello stesso tempo, si impone anche l'esigenza di rivendicare da parte della Chiesa i propri diritti, ad esempio in ordine alla parità scolastica e al finanziamento statale delle scuole non statali, alla difesa della vita, alla scelta preferenziale per gli « ultimi », alla effettiva libertà religiosa.
In certi paesi il legame tra religione e Stato è molto stretto.
Questo fenomeno, in alcuni casi, genera atteggiamenti amministrativi sfavorevoli alla Chiesa cattolica o, perfino, una sua discriminazione legale nei confronti di altre confessioni religiose.
Non mancano neppure, soprattutto in alcuni paesi dell'Est europeo, forme di strumentalizzazione della religione e della Chiesa per scopi politici e nazionalistici.
Se quelli fin qui richiamati sono i tratti fondamentali che si possono riscontrare nell'Europa di oggi, molteplici e diversificate appaiono le reazioni e gli atteggiamenti delle comunità cristiane.
Di fronte al sempre più diffuso pluralismo di fede e di cultura, c'è chi, formato in una sorta di monocultura cristiana occidentale, guarda ad esso con sospetto, si ritrova impreparato a leggerlo e a interpretarlo e a vivere, di conseguenza, atteggiamenti di apertura e di dialogo critici.
Altri ambienti ecclesiali sono disponibili ad accettare tale pluralismo ma a livello più teorico che pratico, più fuori della Chiesa che dentro di essa: ne sono segno palese le difficoltà che si incontrano e l'incapacità che spesso ne deriva di creare spazi nei quali i cattolici provenienti da altre tradizioni o gli immigrati di altre religioni possano esprimere i loro valori culturali, spirituali e religiosi anche nelle Chiese di Europa.
Ci sono, però, anche comunità ecclesiali, centri di vita consacrata, gruppi e movimenti che sembrano porsi positivamente di fronte a tale pluralismo: basti considerare, a tale riguardo, le iniziative culturali, caritative, associative ed ecumeniche promosse dalle diocesi o dalle Conferenze episcopali nazionali e regionali.
Di fronte alle diverse forme di indifferentismo, di relativismo e di agnosticismo, alcuni sottolineano l'importanza di riscoprire il vero volto di Dio rivelato da Gesù, di affermare con decisione la verità, di vivere con convinzione la propria identità, di far crescere la comunione anche in ambito ecumenico.
Con particolare attenzione alle dimensioni etiche, considerato che spesso viene rinnegata o deturpata la dignità della persona umana creata ad immagine esomiglianza di Dio, si insiste sulla necessità e sull'urgenza di proporre una corretta e integrale visione antropologica, fondamento imprescindibile per realizzare una convivenza rispettosa della vita e dei diritti di tutti e di ciascuno.
Non mancano, infine, correnti di pensiero critiche nei confronti di questo relativismo etico e impegnate ad attivare atteggiamenti e comportamenti virtuosi, ispirati da valori ricavati dal Vangelo e dalla tradizione cristiana e condivisi da una cultura laica purificata dai suoi dogmi, messi in crisi dalle vicende tragiche che hanno segnato la storia dell'Europa in questo ventesimo secolo.
21. Non basta però descrivere più o meno ampiamente o con maggiore o minore apprensione i diversi tratti che caratterizzano l'Europa di oggi.
Né basta reagire in vari modi a questo stato di cose.
Occorre, piuttosto, lasciare spazio a quell'attenta opera di discernimento che sa, anzitutto, andare alle radici, interrogandosi sulle motivazioni profonde che stanno alla base dei più diversi fenomeni registrati.
Ed è questo che il Sinodo e le Chiese devono fare se intendono vivere la loro responsabilità pastorale.
Per quanto concerne, in particolare, il diffuso fenomeno dell'indifferenza religiosa, vengono messe in risalto da molti innanzitutto diverse ragioni riscontrabili nel più vasto tessuto sociale.
Il riferimento è, principalmente, ad aspetti quali:
l'emergere del cosiddetto « pensiero debole » con il connesso affievolirsi o venir meno della « domanda di senso »;
il sempre più diffuso « orientamento individualistico », che prospetta sistemi sociali destinati a promuovere l'interesse privato dei suoi membri e non già uno stesso ideale e un bene comune;
il processo di « autonomizzazione », che si traduce in crescente volontà di autodeterminazione e di autorealizzazione soggettiva, cui è connesso, per qualche verso, anche un aumento di responsabilità e di coinvolgimento personale;
il complesso fenomeno della « secolarizzazione » con alcune tendenze che vi sono connesse, come quelle
alla « differenziazione » sociale e culturale ( che consente la presenza di più religioni e credenze religiose sullo stesso territorio ),
alla « privatizzazione » della stessa religione,
alla « desacralizzazione » di tanti luoghi nei quali in passato la religione esercitava un suo influsso a volte dominante,
alla « razionalizzazione » intesa come processo volto a organizzare in maniera controllabile ed efficiente ogni scelta e ogni azione.
Se si guarda più direttamente alle ragioni che si presentano in ambito ecclesiale, oltre a quanto fin qui descritto, si sottolinea abbastanza generalmente che l'indifferenza religiosa sarebbe alimentata da alcuni fenomeni negativi e problematici, come:
un uso scorretto dei beni e uno scarso interesse per le diverse povertà;
una certa indifferenza degli ecclesiastici di fronte ai dubbi e ai drammi di tante persone in difficoltà;
la poca credibilità di diversi « uomini di Chiesa »;
il venir meno di diversi luoghi destinati alla formazione qualificata di laiche e laici cattolici;
la carente organizzazione, a livello nazionale ed europeo, della stampa cattolica e di altre agenzie dirette a produrre e diffondere progetti culturali di ispirazione cristiana.
22. Più radicalmente, dietro e dentro i diversi fenomeni ricordati, tra i fattori che concorrono a determinare e a spiegare gli attuali scenari europei, non è difficile individuare una crescente frattura tra coscienza privata e valori pubblici: è bene sottolineare, però, che tale frattura rappresenta una logica conseguenza di precisi atteggiamenti e di determinate scelte culturali.
Quando la vita democratica viene coniugata con la neutralità di fronte ai valori, ogni scelta non potrà che essere considerata come opzione privata di chi la opera a prescindere dall'esito sociale che vi è connesso.
E se le scelte dei valori sono confinate entro una dimensione solo privata, la rilevanza pubblica di questi valori sarà nulla.
In questa situazione, il divario tra valori privati e vita sociale, a causa di una pericolosa neutralità democratica, non può che accrescersi, con il risultato che la società è sempre meno capace di rispondere alle diverse sollecitazioni circa il « senso » dell'esistenza, che le provengono da più parti.
In questo clima culturale crescono e si diffondono fenomeni di ateismo, agnosticismo e indifferenza religiosa.
Anche la scelta religiosa rischia di diventare sempre più una scelta di tipo privato: si diffonde un approccio consumistico all'esperienza religiosa; la scelta etico-religiosa non costituisce più l'orizzonte di riferimento fondamentale per tutte le altre scelte, si presenta come « una » scelta tra le tante che contribuiscono a definire l'identità privata dell'individuo.
Alla radice ancor più profonda di tutto ciò sta una malintesa nozione di libertà - intesa e vissuta come autodeterminazione dell'individuo, non regolata da riferimenti a valori trascendenti e non opinabili -, dalla quale nascono mentalità e atteggiamenti che, da più parti, sono qualificati come relativismo etico, soggettivismo individualista, edonismo nichilista.
Diventa, allora, più acuto il problema dell'esercizio della libertà, nel rapporto tra verità, coscienza personale e leggi civili.
La libertà, infatti, si fonda sulla costitutiva dignità della persona umana, a sua volta espressione del fatto che ogni uomo è figlio di Dio; l'esercizio della libertà implica la responsabilità dell'uomo; implica poi le questioni della verità, che ne rappresenta il fondamento ultimo, e del bene comune, che costituisce l'obiettivo dell'esercizio sociale della libertà.
Si può anche notare, in sintesi, come, al termine di questo secolo, si registrino profonde e radicali trasformazioni, che segnalano l'esaurirsi della spinta derivata dalla modernità.
Non è chiaro, però, l'esito dei processi in atto; emergono tendenze contrastanti e ambivalenti, che richiedono una attenta e approfondita lettura.
D'altra parte, il superamento della modernità non può che avvenire in un quadro di complessità e di incertezza.
Se per certi versi la missione della Chiesa in questo contesto appare più difficile e meno ancorata a garanzie tradizionali, per altro verso i cambiamenti in atto nei paesi europei offrono alla Chiesa nuove opportunità per sviluppare una efficace e organica opera di evangelizzazione.
Non c'è dubbio - come ha detto il Papa21 - che con gli avvenimenti del 1989 è nata in Europa una grande speranza di libertà, di responsabilità, di solidarietà, di spiritualità.
Ma questa grande speranza chiede oggi di essere rinnovata e resa più solida, perché in questi ultimi anni sono apparsi nuovi rischi che non concorrono certo a dare speranza agli europei del nostro tempo: « dopo il crollo della costruzione ideologica del Marxismo-Leninismo nei Paesi ex-comunisti non si osserva solo una perdita dell'orientamento, ma anche un attaccamento largamente diffuso all'individualismo e all'egoismo che caratterizzavano e caratterizzano tuttora l'Occidente.
Questi atteggiamenti non possono comunicare all'uomo un senso della vita e dargli una speranza.
Al massimo possono soddisfarlo temporaneamente con ciò che egli interpreta come una realizzazione individuale.
In un mondo in cui non esiste più nulla che sia veramente importante, in cui si può fare ciò che si desidera, esiste il pericolo che principi, verità e valori faticosamente acquisiti nel corso dei secoli vengano vanificati da un liberalismo dilagante ».22
Né è difficile notare - come si è già detto - che nel contesto ricordato e descritto, faccia continuamente capolino una questione fondamentale che riguarda la concezione della persona umana e della sua libertà: è, in qualche modo, quell'umanesimo personalista che ha caratterizzato la storia e l'esperienza dell'Europa ad essere messo in discussione.
Di qui l'importanza della « questione etica » nell'attuale momento storico del continente europeo.
Ma, nel medesimo tempo, quest'ultima affonda le sue radici nella « questione religiosa », come si può notare quando si considerano le due contrapposte concezioni di libertà presenti nell'Europa di oggi: l'una che si fonda sull'ubbidienza a Dio considerata come « sorgente della vera libertà, che non è mai libertà arbitraria e senza scopo, ma libertà per la verità e per il bene » e l'altra che, « avendo soppresso ogni subordinazione della creatura a Dio, o a un ordine trascendente della verità e del bene, considera l'uomo in se stesso come il principio e la fine di tutte le cose » e come l'unico insindacabile arbitro e riferimento delle sue scelte.23
24. Ne segue, in ultima analisi, la centralità e la decisività della « questione della fede » in Gesù.
È questa, per altro, l'indicazione venuta da Giovanni Paolo II durante il suo primo viaggio in Slovenia.
Dopo aver sottolineato che nel nostro Continente, « da una parte, emerge il vuoto, lasciato dalle ideologie e, dall'altra, si fa strada un significativo risveglio della memoria delle proprie radici e delle ricchezze d'un tempo », aggiungeva: « Questa è l'ora della verità per l'Europa.
I muri sono crollati, le cortine di ferro non ci sono più, ma la sfida circa il senso della vita e il valore della libertà rimane più forte che mai nell'intimo delle intelligenze e delle coscienze.
E come non vedere che l'interrogativo su Dio sta al cuore di questo problema?
O l'uomo si considera creato da Dio, dal quale riceve la libertà che gli apre immense possibilità ma gli pone anche precisi doveri, oppure egli si auto promuove ad assoluto, dotato di una libertà che, essendo priva di legge, si abbandona a ogni sorta d'impulso, richiudendosi nell'edonismo e nel narcisismo ».
E concludeva: « Il clima attuale di angoscia e sfiducia riguardo al senso della vita e lo smarrimento manifesto della cultura europea ci sollecitano a guardare in modo nuovo ai rapporti tra cristianesimo e cultura, tra fede e ragione.
Un rinnovato dialogo tra cultura e cristianesimo gioverà sia all'una che all'altro, e a trarne vantaggio sarà soprattutto l'uomo, desideroso di un'esistenza più vera e più piena ».24
Né si deve dimenticare che, come sottolinea ancora il Papa, « l'incontro fra le culture e la fede è un'esigenza della ricerca della verità.
Esso "ha dato vita di fatto a una realtà nuova.
Le culture, quando sono profondamente radicate nell'umano, portano in sé la testimonianza dell'apertura tipica dell'uomo all'universale e alla trascendenza" ( Enciclica Fides et ratio, 70 ).
In tal modo gli uomini troveranno un aiuto e un sostegno per ricercare la verità e, con il dono della grazia, incontrare Colui che è il loro Creatore e Salvatore ».25
Per concludere, pare di poter applicare in qualche modo a tutto il nostro Continente quanto Giovanni Paolo II diceva dell'Italia: l'Europa, « che ha un'insigne e in certo senso unica eredità di fede, è attraversata, da molto tempo e oggi con speciale forza, da correnti culturali che mettono in pericolo il fondamento stesso di questa eredità cristiana: la fede nell'Incarnazione e nella Redenzione, la specificità del cristianesimo, la certezza che Dio attraverso il Figlio suo Gesù Cristo è venuto per amore in cerca dell'uomo ( cfr. Tertio millennio adveniente, 6-7 ).
In luogo di tali certezze è subentrato in molti un sentimento religioso vago e poco impegnativo per la vita o anche varie forme di agnosticismo e di ateismo pratico che sfociano tutte in una vita personale e sociale condotta " etsi Deus non daretur ", come se Dio non esistesse ».26
Ne deriva, per il Sinodo e per le Chiese europee, la necessità e l'urgenza di interrogarsi sull'autenticità e sulla vitalità della fede cristiana dei credenti europei e di aiutarli a riscoprirla e a viverla.
Tutto questo nella convinzione che l'autenticità della fede esige un incontro e una comunione personali con Gesù Cristo, il Figlio di Dio vivente, e un'accoglienza dell'intera verità del Vangelo e che la sua vitalità rimanda a una fede che si fa criterio di giudizio e di scelta, generando e sostenendo una mentalità e un costume coerenti con la parola e il comandamento di Dio.
Indice |
9 | Sant'Agostino, Discorso 235,2-3. |
10 | Cfr. Gaudium et spes, 4, n. 11. |
11 | Cfr. Giovanni Paolo II, « Regina caeli » a Velehrad [ Rep. Ceca ] ( 22 aprile 1990, 2 ). |
12 | Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla riunione di consultazione dell'Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi ( 5 giugno 1990, 9 ). |
13 | Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Conferenza episcopale dei Paesi Bassi invisita « ad limina » ( 11 gennaio 1993, 2 ). |
14 | Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, 1. |
15 | Giovanni Paolo II, Discorso all'incontro mondiale con i movimenti e le nuove comunità ( 30 maggio 1998, 5-6 ). |
16 | Ivi. |
17 | Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Simposio pre-sinodale su « Cristianesimo e cultura in Europa: Memoria, Coscienza, Progetto » (
31 ottobre 1991, 1 ); Per la presentazione delle Lettere Credenziali del nuovo Ambasciatore di Gran Bretagna, S. E. Sig. Andrew Eustace Palmer ( 26 settembre 1991 ), in « L'Osservatore Romano », 27 settembre 1991, p. 6; Lettera ai Vescovi dell'Europa in vista dell'Assemblea Speciale del Sinodo ( 9 ottobre 1991 ), in « L'Osservatore Romano », 12 ottobre 1991, p. 1; Messaggio natalizio « Urbi et Orbi » ( 25 dicembre 1991, 7 ). |
18 | Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cultura ( 12 gennaio 1990, 2 ). |
19 | Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, 1. |
20 | Ivi. |
21 | Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cultura ( 12 gennaio 1990, 2 ). |
22 | Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi tedeschi delle province ecclesiastiche bavaresi in visita « ad limina » ( 4 dicembre 1992, 3 ). |
23 | Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Parlamento Europeo, durante la visita nel Palazzo dell'Europa a Strasburgo ( 11 ottobre 1988, 7-8 ). |
24 | Giovanni Paolo II, Ai rappresentanti del mondo della scienza e della cultura, nella cattedrale di Maribor [ Slovenia ] ( 19 maggio 1996, 3 ). |
25 | Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Simposio pre-sinodale sull'Europa promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura su « Cristo, sorgente di una nuova cultura perl'Europa alle soglie del Terzo Millennio » ( 14 gennaio 1999, 3 ). |
26 | Giovanni Paolo II, Discorso al IIIº Convegno della Chiesa italiana a Palermo ( 23 novembre 1995, 2 ). |