22 settembre 1973
È una vera gioia, oggi, la nostra, ricevere a questa Udienza voi, Delegati dell'Azione Cattolica Italiana, insieme con la Presidenza Nazionale.
Benvenuti, venerati fratelli e figli carissimi; la vostra presenza ci è particolarmente gradita, perché voi rappresentate davanti ai nostri occhi tutte le diocesi e le associazioni d'Italia, e siete la conferma visibile della vitalità, dell'efficienza, della consolante realtà che è ancora l'Azione Cattolica Italiana.
Questa Assemblea Generale, a cui siete venuti numerosi, si può ben considerare come un consuntivo dell'esperimento del vostro recente Statuto, un banco di prova della sua validità, un esame di questi tre anni di attività rinnovata e rivivificata, per paragonarne insieme i risultati e i frutti, e per prendere nuovo slancio.
Allora, approfittiamo di un'occasione così propizia, per chiedervi con tutto il nostro affetto di padre: come va la nostra Azione Cattolica?
Qual è stata l'incidenza, nella sua vita, dello Statuto tanto ben preparato a suo tempo, approvato dai Vescovi italiani e da noi confermato « ad experimentum »?
Vorremmo che questo incontro odierno col Papa, e del Papa con voi, facilitasse un colloquio franco e aperto su la natura e la finalità dell'Azione Cattolica, qual è stata nuovamente proposta all'attenzione di tutti gli iscritti dal recente Statuto.
Vi diremo, anzi, che abbiamo voluto rileggerlo attentamente in questa circostanza: e ci siamo detti con profonda soddisfazione che, se la nostra Azione Cattolica rimane fedele al programma da esso tracciato, non può non vivere la propria identità, non può non continuare a rispondere alla fiducia che la Santa Sede, ormai da più di cent'anni, in essa ripone.
Le indicazioni, che lo Statuto contiene nella sua sobria formulazione, sono talmente importanti che abbiam ritenuto di trarne per voi come un decalogo, che vogliamo lasciare alla riflessione vostra e dell'intera Azione Cattolica come ricordo di questa Assemblea.
Ve ne proponiamo i punti senza intento sistematico, ma così come ne abbiamo raccolto ispirazione dalla lettura del testo.
la sua missione è la missione stessa della Chiesa.
Come dice lo Statuto, l'Azione Cattolica si impegna « per la realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa » ( n. 1 ).
E questo era già stato sottolineato nella Premessa allo Statuto stesso: « Ciò che caratterizza l'Azione Cattolica è infatti l'assumere, come propria finalità essenziale, non questo o quel campo di apostolato, ma il fine stesso apostolico della Chiesa nella sua globalità ».
Niente meno!
Quale ampio orizzonte, dunque, viene aperto alla vostra matura coscienza di cattolici generosi!
L'aiuto che vi si chiede non è delimitato da nessun confine o obiettivo particolaristico, ma è immenso come la stessa missione apostolica della Chiesa, nella sua globalità.
E lo Statuto ne fa chiaro programma nei suoi primi quattro paragrafi ( nn. 1-4 ).
Ora se l'Azione Cattolica si misura col metro della missione universale della Chiesa, bisognerà dunque conoscere la Chiesa; bisognerà approfondire debitamente tutta l'ecclesiologia che il Concilio Vaticano II ha tracciato con mano maestra, e quale noi non cessiamo di sondare e di illustrare ai fedeli, come precipua responsabilità del nostro magistero.
E, sappiamo, la Chiesa è segno e « universale sacramento della salvezza » ( Lumen Gentium, 48; cfr. Ad Gentes, 1; n. 5; Gaudium et Spes, 45 ); essa, « nel dare aiuto al mondo e nel ricevere molto da esso, a questo soltanto mira: che venga il Regno di Dio e si realizzi la salvezza dell'intera umanità » ( Gaudium et Spes, 45 ); e questa sua missione è quella stessa di Cristo, sviluppata nel corso dei secoli ( Cfr. Ad Gentes, 5; Lumen Gentium, 8 ).
Pertanto, l'Azione Cattolica, inserita in questa universale ansia di far conoscere la carità di Cristo, in modo da essere riempiti di tutta la pienezza di Dio ( Cfr. Ef 3,19 ), ha davanti a sé un compito straordinariamente alto, che il Concilio ha così sintetizzato, come il primo dei contrassegni delle varie forme di apostolato di Azione Cattolica: « l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo da impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti » ( Apostolicam Actuositatem, 20 ).
Questa destinazione apostolica suppone pertanto una continua acquisizione della genuina ecclesiologia conciliare; ma soprattutto esige un primato assoluto della vita interiore, come ancora diremo.
Però questa collaborazione potrebbe anche rimanere nel vago, nella sfera delle buone intenzioni, se non trovasse concreta e stimolante applicazione nella realtà quotidiana: il che significa che l'Azione Cattolica è e deve essere al « servizio nella Chiesa locale » ( Cfr. Statuto, n. 6 ).
Poco varrebbe guardare oltre gli oceani, se si lasciassero languire le strutture in cui la Chiesa prende forma intorno a noi.
Per questo lo Statuto parla chiaramente del contributo che l'Azione Cattolica è chiamata a offrire « agli organismi pastorali della diocesi », e del servizio che presta « agli organismi pastorali parrocchiali, regionali e nazionali » ( Ibid. ).
Ciò vorrà dire essere concretamente a disposizione delle necessità e delle esigenze vive della Chiesa d'oggi in Italia;
vorrà dire contribuire volonterosamente ad avvalorare e a rinnovare le istituzioni comunitarie ecclesiali, evitando pericolose spinte centrifughe, secondo il programma assai particolareggiato e preciso, che il Decreto sull'Apostolato dei laici ha tracciato per l'azione in favore delle comunità ecclesiali ( Apostolicam Actuositatem, 10 ),
e particolarmente della parrocchia: questa, vi è detto, « offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nella universalità della Chiesa.
Si abituino i laici ad agire; nella parrocchia, in intima unione con i loro sacerdoti; apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo … diano secondo le proprie possibilità il loro contributo a ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiastica » ( Ibid. ).
Lo Statuto parla inoltre della collaborazione che l'Azione Cattolica deve dare alle « diverse associazioni, opere e gruppi di apostolato cattolico » ( n. 7 ), nonché « all'attività delle organizzazioni internazionali cattoliche » ( n. 8 ).
È evidente che il servizio alla Chiesa locale, non che precludere, accresce invece e rende più consapevole la sensibilità e l'impegno verso i problemi della Chiesa universale, sul cui vasto ritmo pulsante il vero membro dell'Azione Cattolica si pone volonterosamente al passo.
Nulla è da dimenticare di quanto forma nel mondo il tessuto connettivo della presenza dell'apostolato laicale: se ciò è sempre stato un dovere imprescindibile del cristiano impegnato, lo è specialmente oggi, quando la ricchezza e la celerità dei mezzi di comunicazione sociale favoriscono al massimo la reciproca conoscenza e presentano in tutta la loro urgenza i problemi pastorali e sociali di carattere universale.
Questa partecipazione alle esigenze di tutto il fronte dell'apostolato mette in luce quel carattere comunitario dell'Azione Cattolica, che è anch'esso, secondo il Concilio, una sua nota caratteristica: « i laici agiscono uniti a guisa di corpo organico affinché sia meglio espressa la comunità delle Chiese e l'apostolato riesca efficace » ( Apostolicam Actuositatem, 20 ).
È questo il modo di vivere, oggi, quella « comunanza fraterna », quella koinonia ( At 2,42 ) che fu alle origini il segno più evidente della Chiesa, e che deve far riconoscere i cristiani generosi nelle mutazioni e nelle contraddizioni del mondo di oggi.
Non vogliamo insistere su questo punto essenziale costitutivo dell'Azione Cattolica, tanto esso è noto.
Senza la collaborazione con la Gerarchia ecclesiastica non si dà Azione Cattolica: il Concilio Vaticano II è stato esplicito su questo punto quando ha richiesto sia la collaborazione con la Gerarchia, sia la superiore guida di questa come note caratteristiche perché vi sia Azione Cattolica ( Cfr. Apostolicam Actuositatem, 20, b, d ).
Bene fa perciò lo Statuto a ribadire il principio fino dal numero 1; e, nel darne la definizione al numero 5, esso traccia un vero programma di vita, inquadrato in una visione profondamente teologica e pastorale: « L'Azione Cattolica Italiana, per realizzare il proprio servizio alla costruzione e missione del Popolo di Dio, collabora direttamente con la Gerarchia, posta dal Signore a reggere la Chiesa, in un rapporto di piena comunione e fiducia.
Accoglie con aperta disponibilità la sua guida e le offre con responsabile iniziativa il proprio organico e sistematico contributo per l'unica pastorale della Chiesa.
Collabora alla crescita della comunione fra laici, clero e Vescovi ».
Non diciamo altro: ma pare a noi che si possa aggiungere che codesta collaborazione con la Gerarchia ecclesiastica si rende meglio visibile e operante nella presenza, in mezzo a voi, dell'Assistente Ecclesiastico.
Lo Statuto ne traccia esaurientemente la fisionomia e il posto entro la vita dell'Associazione di Azione Cattolica, come di colui che contribuisce « ad alimentare la vita spirituale ed il senso apostolico e a promuoverne l'unità » ( n. 10 ).
E così è davvero; ciascuno di noi ha il ricordo particolare di uno o più Sacerdoti, che, lieti e generosi, umili, silenziosi e prudenti?
pieni di zelo e di pietà, hanno lasciato un'orma indelebile nell'anima di generazioni di giovani, di uomini e di donne da essi formati.
Siano benedetti quei preti!
Vogliamo profittare anche di questa occasione per esortare i nostri amatissimi Sacerdoti, quelli giovani specialmente, ad apprezzare quanto merita, nel suo valore ecclesiologico e sociale, la formula pedagogica ed apostolica dell'Azione Cattolica, che la Chiesa ancora oggi offre al loro ministero, e a dedicarvi con grande fiducia e con genio sacerdotale le loro assidue sollecitudini pastorali.
Ricordiamo poi che il Concilio Vaticano II ha richiesto una grande cura nella scelta dei sacerdoti assistenti, che siano « dotati delle qualità necessarie, e convenientemente formati per aiutare i laici » ( Apostolicam Actuositatem, 25 ); ha sottolineato giustamente che essi, « una volta ricevuta la missione dalla Gerarchia, la rappresentano nella loro azione pastorale » ( Ibid. ); e ne ha tracciato il ritratto ideale per il compito, eminentemente formativo e spirituale, che essi hanno in seno alle Associazioni.
Di fatto, se l'Azione Cattolica ha una finalità eminentemente formativa, la presenza e l'opera del Sacerdote, opportunamente distinta nella propria sfera di competenza, è da ritenere insostituibile per un'attività che richiede la natura, la consacrazione, la dedizione, l'arte pastorale e pedagogica di un'esistenza sacerdotale.
Se quest'azione dovrà essere rispettosa dell'autonomia dei compiti demandati ai laici, essa non potrà peraltro esserne messa come ai margini quasi che l'associazione laicale ne sia indipendente, perché soltanto la mutua collaborazione del sacerdote e dei laici, che si integra a vicenda ed ha bisogno l'una dell'altra, assicurerà all'Azione Cattolica la sua vera fisionomia e la sua fecondità.
Come abbiamo richiesto un inserimento nella ecclesiologia del Concilio Vaticano II, così pensiamo che non si possa dare vera Azione Cattolica senza un adeguato approfondimento della natura e della posizione del laico nella Chiesa: diciamo pure, senza una conoscenza compiuta della teologia del laicato, richiesta dal tempo nostro.
La lettura dello Statuto scopre grandi ricchezze in questa direzione, che sarebbero incomprensibili senza questa necessaria conoscenza teologica.
Così avviene quando si parla dell'impegno dei laici a formarsi all'apostolato « nella loro specifica condizione di vita » ( n. 3 ), a collaborare « alla missione della Chiesa secondo il modo loro proprio portando la loro esperienza ed assumendo la loro responsabilità nella vita dell'Associazione » ( Ibid. ); a « testimoniare nella loro vita l'unione con Cristo e ad informare allo spirito cristiano le scelte da loro compiute, con propria personale responsabilità, nell'ambito delle realtà temporali » ( Ibid. ); eccetera.
Queste parole rivelano tutta la ricca tematica della teologia del laicato, quale il Concilio l'ha dispensata a piene mani, chiarendo in modo eloquente la fisionomia del laico fedele nella Chiesa come fermento per la santificazione del mondo, come apostolo del regno di Dio, nello spirito delle beatitudini, per elevare anche le cose temporali come possibili mezzi di salvezza e per indirizzarle al disegno del regno di Dio.
L'attività dell'Azione Cattolica non può più essere routinière dopo il capo IV della Costituzione Lumen Gentium, che ha definito la posizione dei laici nella Chiesa, ed ha tratto dai postulati del Battesimo e della Cresima le indicazioni per la loro dignità e azione sacerdotale, profetica e regale.
Peraltro il Concilio ha distinto bene, nel Decreto sull'apostolato dei laici, il laicato cattolico e l'Azione Cattolica, la quale unisce più strettamente i laici all'apostolato gerarchico e rende più prezioso il loro contributo alla diffusione del regno di Cristo, in virtù delle quattro note caratteristiche, che secondo il Decreto Apostolicam Actuositatem ( n. 20 ) devono coesistere insieme perché l'azione laicale diventi vera Azione Cattolica.
Dimenticare quelle note - che già abbiamo via via citato - vorrebbe dire esporre l'Azione Cattolica a perdere la sua identità.
Allora diremo: Noblesse oblige.
Se tale e tanta è la grandezza del laico nella Chiesa - e del laico impegnato nell'Azione Cattolica - a lui spetterà una responsabilità costante nel realizzare con coerenza e con perseveranza le consegne del Concilio, così egregiamente richiamate nello Statuto.
Occorrerà perciò spendersi generosamente al servizio degli ideali propri dell'Azione Cattolica, nell'appoggio franco e fattivo alla sua scelta religiosa e pastorale, nonché nel coerente impegno temporale,
distinguendo doverosamente tra quanto è compito dei singoli laici, e laici cristiani,
e quanto è doveroso e possibile all'Associazione di Azione Cattolica in quanto tale;
tutto ciò per evitare il pericolo del disimpegno,
sia che questo assuma le forme di una certa indifferenza di fronte ai doveri sociali, paga soltanto di adempiere quietamente i propri obblighi religiosi personali,
sia che esso disimpegno diventi un liberismo incoerente, di fronte alle precise responsabilità e scelte temporali.
Voi siete pertanto chiamati a contribuire alla realizzazione piena e comunitaria delle finalità proprie dell'Associazione, in quanto Azione Cattolica.
Ma v'è di più, carissimi figli.
La Chiesa stessa vi dà fiducia; la Chiesa vi chiama.
Non è poco ciò ch'ella attende da voi!
Non vi richiede solo una vaga presenza, una testimonianza nebulosa, o un impegno a parole: ella vi affida se stessa e il suo avvenire!
L'Azione Cattolica, infatti, è chiamata dal Concilio a collaborare « per piantare la Chiesa e per lo sviluppo della comunità cristiana » insieme con altri tipi specifici di ministero - sacerdoti, diaconi, catechisti, Religiosi e Religiose - « che, suscitati nell'ambito stesso dei fedeli da una vocazione divina, debbono essere da tutti promossi e rispettati con cura premurosa » ( Ad Gentes, 15 ).
Quale impegno è dunque questo!
Per una collaborazione così alta, preziosa, che vi associa intimamente, ovunque voi siate, alla natura e alla vocazione apostolica e missionaria della Chiesa, è pertanto necessaria una solida preparazione interiore affinché l'Azione Cattolica mantenga la sua « ispirazione spirituale-religiosa », come l'abbiamo definita nella nostra Lettera del 10 ottobre 1969 per l'approvazione dello Statuto.
Così abbiamo visto con grande soddisfazione che l'art. 13 dello Statuto presenta il dovere di contribuire alla realizzazione delle finalità dell'Associazione « con la preghiera e con il sacrificio, con lo studio e con l'azione ».
Sono quattro cardini, che certo non han fatto il loro tempo, e sui quali concludiamo il nostro decalogo.
Essa è « l'anima di ogni apostolato », e perciò, se mancasse, l'Azione Cattolica verrebbe a essere privata della sua spina dorsale.
Abbiate pertanto una solida vita liturgica e sacramentale, incentrata sulla pietà eucaristica e sulla assidua partecipazione alla Messa.
Ma non dimenticate altresì le forme tradizionali, che tanti frutti hanno dato per la formazione dei ceti dirigenti e delle schiere dei soci di Azione Cattolica: esercizi e ritiri spirituali, ore di adorazione, Rosario quotidiano per esprimere la propria limpida e virile devozione mariana.
in un momento in cui la mentalità permissiva ed edonistica sembra aver infiacchito le volontà con l'esaltazione dell'istinto e del capriccio, occorre richiamare l'impegno comune - e specialmente dei giovani, tanto generosi per natura - al significato del sacrificio come valore formativo della persona umana.
L'Azione Cattolica Italiana ha avuto in passato grande merito nel formare come una mentalità e una scuola di forti volontà, temprate nel dominio di sé; ha insegnato un amore al sacrificio che non ha nulla a che vedere con i pur alti postulati di certe filosofie antiche e moderne, e di nobilissime religioni non cristiane, ma che si comprende solo alla luce della Croce, nell'applicazione del paolino adimpleo ea quae desunt passionum Christi ( Col 1,24.26 ): vale a dire, in un amore ardente e silenzioso, dolce e appassionato a Cristo crocefisso, che ci ha redenti nel suo dono d'amore.
perché oggi, come ieri, l'apostolato è difficile, è contrastato, suppone convinzioni profonde e durature: e le convinzioni non si improvvisano, né si affidano alla labile carica del sentimento, ma esigono una solida preparazione della mente insieme con l'allenamento della volontà.
Sono sempre le nostre care Associazioni di Azione Cattolica un centro di irradiazione mediante la cultura religiosa?
i corsi di teologia per i laici?
le varie iniziative per l'aggancio con le culture odierne?
Studiano i nostri cari iscritti?
Studiano la Parola di Dio nell'Antico e nel Nuovo Testamento, specie il Vangelo e le lettere di San Paolo?
i documenti conciliari?
gli atti del magistero pontificio ed episcopale?
Siate sempre all'altezza dei tempi, per esser pronti a dar ragione della vostra fede a chi ve lo domandi ( Cfr. 1 Pt 3,15 ).
che è il vostro appellativo per antonomasia, e sgorga incoercibile dalla ricchezza interiore, alimentata dalle fonti spirituali che vi abbiamo finora descritte.
L'azione vi chiama a dare la testimonianza a Cristo nell'impegno apostolico e temporale, « con propria personale responsabilità » ( n. 3 ).
Lo Statuto, ispirandosi al Concilio, vi ha dischiuso tutto il campo delle realtà temporali, in cui, come laici, potete e dovete essere presenti;
ha sottolineato con un particolare punto la collaborazione allo sviluppo della famiglia ( n. 9 ):
e voi sapete quanto ciò ci stia a cuore, che proprio recentemente abbiamo istituito un apposito Comitato per la famiglia.
E così dicasi per tutti gli altri settori della vita moderna, dalla professione alla scuola, al lavoro, al tempo libero, ai mezzi di comunicazione sociale.
I talenti, a voi affidati dal Signore, aspettano di essere trafficati: non nascondeteli!
Vi è bisogno di anime generose, che sappiano agire gioiosamente per il Regno di Dio!
Siate sempre fra queste!
È il nostro augurio, carissimi Delegati dell'Azione Cattolica Italiana!
Vi abbiamo tracciato, con la semplicità e l'effusione del nostro affetto, un piano di riflessione e di lavoro, traendolo dalla natura e dalle norme della vostra Associazione.
Siamo certi che vi sarà di ispirazione e di stimolo per il periodo di attività che si apre ora alla vostra buona volontà.
Il Signore sia con voi, ad aiutarvi, a sostenervi, a darvi la sua gioia e la sua forza: gaudium Domini sit fortitudo vestra!
E ora la nostra Benedizione, a voi e all'intera Azione Cattolica Italiana.