Miranda prorsus |
Il cinematografo, a sessant'anni dalla sua invenzione, è diventato uno dei più importanti mezzi di espressione del nostro tempo.
Abbiamo già avuto nel passato l'occasione di parlare delle varie tappe del suo sviluppo e delle ragioni per le quali esso esercita il suo fascino sull'animo dell'uomo moderno.22
Tale sviluppo, verificatosi particolarmente nel campo del film a soggetto, ha fatto crescere un'importante industria, condizionata non soltanto dalla collaborazione tra numerosi artisti e tecnici di varie competenze, ma anche da complessi problemi economici, che difficilmente potrebbero essere affrontati e risolti da singole persone.
Pertanto, a rendere il cinema "positivo strumento di elevazione, di educazione e di miglioramento",23 è necessaria la coscienziosa collaborazione di tutti coloro che hanno una parte di responsabilità nella produzione e nella diffusione degli spettacoli cinematografici.
Noi abbiamo già illustrato a quanti si dedicano all'attività cinematografica la gravità del problema, invitandoli alla produzione di film che con la loro nobiltà e perfezione artistica possano costituire un valido sussidio ed una sana educazione.24
Sia vostra premura, Venerabili Fratelli, di non far mancare alle varie categorie interessate, mediante l'opera dei menzionati Uffici nazionali permanenti, i quali devono svolgere la loro attività sotto la vostra autorità, informazioni, materiali, consigli e direttive, sicché, secondo e diverse circostanze di tempo e di luogo, venga promossa il più possibile questa nobilissima impresa, tanto utile per il bene delle anime.
Perciò, a cura di una commissione di onesti ed esperti dipendenti dall'ufficio nazionale, "il più spesso possibile vengano redatti e stampati appositi elenchi dei film classificati …, in modo da portarli a notizia di tutti".25
Ovviamente, i componenti di detta commissione devono essere persone sicure per dottrina e per prudenza, essendo chiamate a giudicare ogni film relativamente alla morale cristiana.
Dovendo i membri di questa commissione trattare e giudicare un argomento sì strettamente connesso con la vita cristiana, e dovendo conoscere il particolare potere suggestivo degli spettacoli cinematografici, diverso secondo le condizioni degli spettatori, istantemente raccomandiamo loro di applicarsi assiduamente e seriamente allo studio di queste discipline e alla preghiera.
Nel giudicare i film rispetto alla morale, s'ispirino i revisori alle norme da noi esposte in varie occasioni, ed in particolare a quelle riguardanti gli argomenti religiosi, la presentazione del male ed il rispetto dovuto all'uomo, alla famiglia ed alla santità della vita, alla Chiesa di Cristo ed allo Stato, da noi toccate nei menzionati discorsi sul film ideale.
Dovranno inoltre ricordare che lo scopo principale della classificazione morale è di illuminare l'opinione pubblica, sicché tutti s'inducano ad apprezzare quei valori morali, senza i quali viene a mancare ogni idea di sana cultura e di vera civiltà.
E, pertanto, indubbiamente da riprovare la condotta di quanti, con troppa condiscendenza, fanno passare dei film che, pur vantando pregi tecnici, offendono l'ordine morale, o rispettando, almeno in apparenza, il buon costume, contengono elementi contrari alla fede cattolica.
Se, invece, chiaramente indicheranno quali film sono leciti per tutti, quali per i giovani, quali per gli adulti, e quali pericolosi o positivamente dannosi, ciascuno potrà facilmente scegliere gli spettacoli dai quali uscirà "più lieto, più libero e, nell'animo, migliore",26 ed evitare quelli che potrebbero portare danno alla sua anima, danno aggravato dall'utile finanziario arrecato alle cattive produzioni e dallo scandalo occasionato agli altri.
Rinnovando le opportune istruzioni date dal nostro predecessore di felice memoria nell'enciclica Vigilanti cura,27 raccomandiamo vivamente che non solo in ogni occasione siano ricordati ai fedeli i loro doveri in questa materia, ma che essi osservino il grave obbligo d'informarsi sui giudizi morali dati dall'autorità ecclesiastica, e di conformarvi la loro condotta.
A tale fine, là dove i Vescovi lo giudicheranno opportuno, potrà utilmente essere destinato un giorno festivo, dell'anno, in cui vengano seriamente ricordati ai fedeli i propri doveri in ordine agli spettacoli, specialmente cinematografici, e gli stessi vengano esortati ad offrire preghiere a questo fine.
Perché tutti possano conoscere facilmente i giudizi morali, occorre che le segnalazioni siano pubblicate tempestivamente, con una breve motivazione, e largamente diffuse.
Molto utile sarà in questa materia l'opera del critico cinematografico cattolico, il quale non mancherà di porre l'accento sui valori morali, tenendo nel debito conto tali giudizi che saranno di sicuro indirizzo ad evitare il pericolo di scivolare in un deplorevole relativismo morale o di confondere la gerarchia dei valori.
Sarebbe deprecabile che i giornali e i periodici cattolici, parlando degli spettacoli, non informassero i loro lettori sul valore morale dei medesimi.
Oltre agli spettatori, che con ogni biglietto d'ingresso, quasi scheda di voto, fanno una scelta tra il cinema buono e quello cattivo, una parte di responsabilità incombe agli esercenti delle sale cinematografiche ed ai distributori dei film.
Siamo a conoscenza delle difficoltà che devono attualmente affrontare gli esercenti per numerose ragioni, anche a causa dello sviluppo della televisione; ma anche in mezzo a difficili circostanze devono ricordare che la coscienza non permette loro di presentare film contrari alla fede e alla morale, né di accettare contratti che li obblighino a proiettarli.
In numerosi paesi si sono impegnati a non accettare i film giudicati dannosi o cattivi.
Noi speriamo che tale opportunissima iniziativa possa estendersi ovunque, e che nessun esercente cattolico esiti a darvi la sua adesione.
Dobbiamo anche richiamare con insistenza il grave dovere di escludere la pubblicità commerciale insidiosa o indecente, anche se fatta, come talvolta avviene, in favore di film onesti.
"Chi potrebbe dire quali rovine di anime, specialmente giovanili, simili immagini provocano, quali impuri pensieri e sentimenti possono suscitare, quanto contribuiscano alla corruzione del popolo, con grave pregiudizio della stessa prosperità della nazione?".28
È ovvio che le sale cinematografiche dipendenti dall'autorità ecclesiastica, dovendo assicurare ai fedeli, e particolarmente alla gioventù, spettacoli educativi ed un sano ambiente, possono presentare soltanto dei film che siano ineccepibili dal punto di vista morale.
Vigilando attentamente sull'attività di queste sale aperte al pubblico, anche se dipendenti da religiosi esenti, i Vescovi ricorderanno agli ecclesiastici responsabili che per conseguire gli scopi di questo apostolato, tanto raccomandato dalla Santa Sede, sono necessari da parte loro una scrupolosa osservanza delle norme emanate a tal fine e spirito di disinteresse.
E poi vivamente raccomandabile che i gestori delle sale cattoliche si uniscano in associazioni, come è stato fatto in alcuni paesi con nostro plauso, in modo da poter più efficacemente tutelare gli interessi comuni, attuando le direttive dell'ufficio nazionale.
Le raccomandazioni che abbiamo fatto agli esercenti, si applichino anche ai distributori, i quali, finanziando non di rado le stesse produzioni, avranno maggiori possibilità, e conseguentemente più grave dovere di dare il loro appoggio al cinema moralmente sano.
La distribuzione, infatti, non può in alcun modo essere considerata come una mera funzione tecnica, perché il film, come già più volte abbiamo ricordato, non può essere considerato semplice merce, ma deve essere stimato, anche e soprattutto, nutrimento intellettuale e scuola di formazione spirituale e morale del pubblico.
Il distributore e il noleggiatore partecipano pertanto ugualmente dei meriti e delle responsabilità morali per quanto riguarda il bene o il male operato dalla cinematografia.
Una non esigua parte di responsabilità per migliorare il cinema spetta anche all'attore, che, rispettoso della sua dignità di uomo e di artista, non può prestarsi a interpretare scene licenziose, né dare la sua cooperazione a film immorali.
Quando poi l'attore sia riuscito ad affermarsi per la sua arte e per il suo talento, deve valersi della sua fama per suscitare nel pubblico nobili sentimenti, dando esempio di virtù anzitutto nella sua vita privata.
"È ben comprensibile, dicevamo noi stessi in un discorso agli artisti, l'emozione intensa di gioia e di fierezza che invade l'animo vostro dinanzi a quel pubblico, tutto teso verso di voi, anelante, plaudente, fremente".29
Però tale legittimo sentimento non può autorizzare l'attore cristiano ad accettare, da parte dello stesso pubblico, manifestazioni quasi idolatriche, essendo valido anche per lui il monito del Salvatore: "La vostra luce risplenda dinanzi agli uomini in modo tale che, vedendo le vostre opere buone, diano gloria al Padre vostro, che è nei cieli" ( Mt 5,16 ).
Le maggiori responsabilità però, sia pure su piani diversi, gravano sui produttori e sui registi.
La coscienza di tali responsabilità non deve essere di ostacolo, ma piuttosto d'incoraggiamento agli uomini di buona volontà che dispongono di mezzi finanziari o di talenti richiesti per la produzione di film.
Spesso le esigenze dell'arte imporranno ai responsabili della produzione e della regia difficili problemi morali e religiosi, che per il bene spirituale degli spettatori e per la perfezione dell'opera stessa richiederanno un competente giudizio ed indirizzo, prima ancora che il film sia realizzato o durante la sua realizzazione.
Non esitino pertanto a chiede consiglio all'Ufficio cattolico competente, che si terrà volentieri a loro disposizione, delegando anche, se sarà necessario e con le dovute cautele, un esperto consulente religioso.
La fiducia nella Chiesa non diminuirà certo la loro autorità e il loro prestigio; "la Fede, fino all'ultimo, difenderà la personalità dell'uomo",30 ed anche nel campo della creazione artistica, la personalità umana non potrà che essere arricchita e completata dalla luce della dottrina cristiana e delle rette norme morali.
Non sarà tuttavia ammesso che gli ecclesiastici si prestino a collaborare con i produttori cinematografici senza uno specifico incarico dei Superiori, essendo ovviamente richieste per tale consulenza una particolare competenza e un'adeguata preparazione, la cui valutazione non può essere lasciata all'arbitrio dei singoli.
Paternamente invitiamo i produttori e i registi cattolici a non permettere l'attuazione di film contrari alla fede e alla morale cristiana: ma se questo ( quod Deus avertat ) succedesse, i Vescovi non mancheranno di ammonirli usando anche, se occorresse, opportune sanzioni.
Siamo però convinti che il rimedio più radicale per indirizzare efficacemente il cinema verso le altezze del film ideale è la piena adesione alle norme della legge cristiana da parte di quanti concorrono alla produzione dei film.
S'avvicinino gli autori dei film alle fonti della grazia, assimilino la dottrina del Vangelo, imparino quanto la Chiesa insegna sulla realtà della vita, sulla felicità e sulla questione sociale e sulle aspirazioni umane; allora vedranno aprirsi davanti a sé nuove vie luminose, e sentiranno nuove e feconde ispirazioni di capolavori imperituri.
Occorrerà, pertanto, favorire e moltiplicare le iniziative e le manifestazioni atte a sviluppare e a intensificare la loro vita interiore, e curare particolarmente la formazione cristiana dei giovani che si preparano alle professioni cinematografiche.
Terminando queste considerazioni specifiche sul cinema, esortiamo le autorità civili a non aiutare in nessun modo la produzione o la programmazione di film deteriori, e, anzi, a incoraggiare con appropriate leggi i film buoni, specialmente quelli destinati alla gioventù.
Tra le ingenti spese sostenute dallo Stato per la pubblica istruzione non può mancare l'impegno alla soluzione positiva di un problema educativo di tanta importanza.
Siccome in alcuni paesi, ed anche in occasione di mostre internazionali, vengono giustamente conferiti dei premi ai film che si distinguono per il loro valore educativo e spirituale, vogliamo sperare che la collaborazione di tutti gli onesti, sensibili a questi nostri richiami, assicurerà ai film meritevoli il premio del favore e dell'appoggio del pubblico.
Con non minore sollecitudine desideriamo esporvi, Venerabili Fratelli, le nostre preoccupazioni relative all'altro grande mezzo di diffusione, coetaneo del cinema, cioè la radio.
Pur non avendo a sua disposizione la ricchezza di elementi spettacolari e i vantaggi delle condizioni ambientali che offre il cinematografo, la radio possiede altre grandi e non ancora del tutto sfruttate possibilità.
"Essa - come dicevamo al personale di un Ente radiofonico - ha il privilegio di essere come svincolata e libera da quelle condizioni di spazio e di tempo, che impediscono o ritardano tutti gli altri mezzi di comunicazione fra gli uomini.
Con un'ala infinitamente più veloce delle onde sonore, rapida come la luce, essa porta, in un istante, superando ogni frontiera, i messaggi che le sono affidati".31
Perfezionata da sempre nuovi progressi, essa rende inestimabili servizi nei vari campi della tecnica, permettendo perfino di dirigere a distanza, verso mete prestabilite, congegni senza pilota.
Noi tuttavia consideriamo che il più nobile servizio al quale è stata chiamata è quello di illuminare e di educare l'uomo, dirigendo la sua mente ed il suo cuore verso sempre più alte sfere dello spirito.
Il poter sentire uomini e seguire avvenimenti lontani, pur rimanendo tra le pareti domestiche, e partecipare a distanza alle più varie manifestazioni di vita sociale e culturale, corrisponde ad un profondo desiderio umano.
Non fa quindi meraviglia che tante case si siano rapidamente provviste di apparecchi radiofonici, che permettono di aprire una misteriosa finestra sul vasto mondo, donde arrivano giorno e notte echi della pulsante vita delle varie culture, lingue e nazioni, sotto forma di innumerevoli programmi ricchi di notizie, interviste, conferenze, trasmissioni di attualità e di arte, di canto e di musica.
"Quale privilegio e quale responsabilità - dicevamo in un recente discorso - per gli uomini del presente secolo e quale differenza tra i giorni lontani, in cui l'insegnamento della verità, il precetto della fraternità, le promesse della beatitudine eterna seguivano il lento passo degli Apostoli sugli aspri sentieri del vecchio mondo, ed oggi, in cui la chiamata di Dio può raggiungere nel medesimo istante milioni di uomini! ".32
È un'ottima cosa che i fedeli profittino di questo privilegio del nostro secolo, e godano delle ricchezze dell'istruzione, del divertimento, dell'arte e della stessa Parola di Dio, che la radio può apportare, per dilatare le loro conoscenze e i loro cuori.
Tutti sanno quanta virtù educativa possono avere le buone trasmissioni; ma nello stesso tempo l'uso della radio comporta delle responsabilità, perché anch'essa, come le altre tecniche, può essere adoperata per il bene e per il male.
Si può applicare alla radio la parola della Scrittura: "Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che sono stati creati a immagine di Dio.
Dalla stessa bocca esce la benedizione e la maledizione" ( Gc 3,9-10 ).
Il primo dovere pertanto del radioascoltatore è un'oculata scelta dei programmi.
La trasmissione radiofonica non deve essere un intruso, ma un amico che entra nel focolare dietro cosciente e libero invito.
Guai a colui che non sa scegliere gli amici da introdurre nel santuario della famiglia.
Le trasmissioni ammesse nella casa dovranno essere solo quelle portatrici di verità e di bene, che non distraggono, ma anzi aiutano i membri della famiglia nel compimento dei propri doveri personali e sociali, e che, se si tratta di giovani e di fanciulli, lungi dal nuocere, confortano e prolungano l'opera sanamente educativa dei genitori e della scuola.
Gli Uffici cattolici radiofonici nazionali cercheranno, con l'aiuto della stampa cattolica, di informare preventivamente i fedeli sul valore delle trasmissioni.
Tali segnalazioni preventive però non saranno ovunque possibili, e sovente avranno solo un valore indicativo, perché l'impostazione di certi programmi non può essere conosciuta facilmente in anticipo.
I pastori di anime ricorderanno perciò ai fedeli che la legge di Dio vieta di ascoltare le trasmissioni dannose alla loro fede o alla loro vita morale ed esorteranno coloro che hanno la cura della gioventù alla vigilanza ed alla sapiente educazione del senso della responsabilità di fronte all'uso dell'apparecchio ricevitore collocato in casa.
I Vescovi inoltre hanno il dovere di mettere in guardia i fedeli dalle stazioni emittenti che notoriamente propugnano principi contrari alla fede cattolica.
Il secondo dovere del radioascoltatore è quello di far conoscere ai responsabili dei programmi i suoi legittimi desideri e le giuste obiezioni.
Questo dovere risulta chiaramente dalla natura stessa della radio, che può facilmente creare una relazione a senso unico, da chi trasmette a chi ascolta.
I metodi moderni di sondaggio della pubblica opinione, permettendo di misurare il grado di interesse che hanno suscitato le singole trasmissioni, sono certo di grande aiuto ai responsabili dei programmi; ma l'interesse più o meno vivo suscitato nel pubblico può essere spesso dovuto a cause transitorie o a impulsi non ragionevoli, e non è quindi da considerarsi un sicuro indice della retta norma di agire.
Gli ascoltatori devono pertanto collaborare alla formazione di un'illuminata opinione pubblica che permetta di esprimere, nei debiti modi, approvazioni, incoraggiamenti ed obiezioni, e di contribuire a che la radio, conformemente alla sua missione educativa, si metta "al servizio della verità, della moralità, della giustizia, dell'amore".33
Tale dovere spetta a tutte le Associazioni cattoliche che cercheranno di difendere efficacemente gli interessi dei fedeli in questo campo.
Nei paesi dove le circostanze lo consigliano, potranno essere inoltre promosse apposite associazioni di ascoltatori e di spettatori, sotto la guida degli Uffici nazionali.
È dovere infine dei radioascoltatori appoggiare le buone trasmissioni e anzitutto quelle che portano Dio nei cuori umani.
Oggi, quando sulle onde si agitano violentemente erronee dottrine, quando con appositi disturbi si crea nell'etere un sonoro "sipario di ferro", con lo scopo di non permettere che per questa via penetri la verità che potrebbe scuotere la tirannide del materialismo ateo, quando milioni di uomini aspettano ancora l'alba della buona novella od una più ampia istruzione sulla loro fede, quando gli ammalati o altrimenti impediti attendono ansiosamente di unirsi alle preghiere della comunità cristiana e al Sacrificio di Cristo, come potrebbero i fedeli, e soprattutto quelli che conoscono i vantaggi della radio per quotidiana esperienza, non dimostrarsi generosi nel favorire tali programmi?
Sappiamo quanto è stato fatto e quanto si fa nei vari paesi per sviluppare i programmi cattolici alla radio.
Numerosi sono, grazie a Dio, gli ecclesiastici e i laici che si sono fatti pionieri in questo campo, assicurando alle trasmissioni sacre il posto che corrisponde al primato dei valori religiosi sulle altre cose umane.
Considerando intanto attentamente le possibilità che ci offre la radio per l'apostolato, e spinti dal mandato del Divino Redentore: "Andate per tutto il mondo, predicate l'Evangelo ad ogni creatura" ( Mc 16,15 ), vi chiediamo, Venerabili Fratelli, di incrementare e perfezionare ancora, secondo le necessità e le possibilità del luogo, le trasmissioni religiose.
E poiché la dignitosa presentazione alla radio delle funzioni sacre, della verità della fede e delle informazioni sulla vita della Chiesa, richiede, oltre la debita vigilanza, anche talento e competenza particolari, occorrerà preparare con speciale cura i sacerdoti e i laici destinati a quest'importante attività.
A tale scopo saranno opportunamente indetti, nei paesi dove i cattolici dispongono di moderne attrezzature e di una più lunga esperienza, appositi corsi di addestramento che permetteranno ai candidati, anche di altre nazioni, di acquistare l'abilità professionale occorrente ad assicurare alle trasmissioni religiose un alto livello artistico e tecnico.
Gli stessi Uffici nazionali provvederanno allo sviluppo e al coordinamento dei programmi religiosi nella loro nazione, e collaboreranno, in quanto possibile, con i responsabili delle varie stazioni trasmittenti, vigilando attentamente sulla moralità dei programmi.
Circa la partecipazione degli ecclesiastici, anche se religiosi esenti, alle trasmissioni radiofoniche e televisive, i Vescovi potranno emanare opportune norme, affidandone l'esecuzione agli Uffici nazionali.
Un particolare nostro incoraggiamento va alle Stazioni radiofoniche cattoliche.
Pur conoscendo le numerose difficoltà che esse devono affrontare, siamo fiduciosi che proseguiranno coraggiosamente in mutua collaborazione la loro apostolica opera che noi tanto apprezziamo.
Noi stessi abbiamo cercato di ampliare e perfezionare la nostra benemerita Radio Vaticana, la cui attività - come abbiamo detto ai generosi cattolici olandesi - corrisponde "all'intimo desiderio ed alla necessità vitale di tutto l'universo cattolico".34
Rivolgiamo inoltre a tutti i responsabili dei programmi radiofonici, di buona volontà, il nostro ringraziamento per la comprensione che molti di essi hanno dimostrato per i bisogni della Chiesa, mettendo volentieri a disposizione della Parola di Dio il tempo opportuno e i necessari mezzi tecnici.
Così facendo essi partecipano ai meriti dell'apostolato che si svolge sulle onde delle loro trasmittenti, secondo la promessa del Signore: "Chi riceve un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta" ( Mt 10,41 ).
Oggi le trasmissioni di qualità richiedono l'impiego di una vera arte; i registi pertanto e quanti partecipano alla preparazione e alla esecuzione dei programmi hanno bisogno di una vasta cultura.
Anche a loro quindi va il nostro monito, analogo a quello già fatto ai professionisti del cinema, di profittare largamente delle ricchezze della cultura cristiana.
I Vescovi ricorderanno infine alle pubbliche Autorità il loro dovere di garantire nei debiti modi la diffusione delle trasmissioni religiose, tenendo particolarmente conto del carattere sacro dei giorni festivi e anche delle quotidiane necessità spirituali dei fedeli.
In ultimo luogo vogliamo intrattenervi brevemente sulla televisione, che ha conosciuto, proprio sotto il nostro pontificato, un prodigioso sviluppo in alcuni paesi, introducendosi gradualmente anche in tutte le altre nazioni.
Abbiamo seguito questo sviluppo, che senza dubbio segna un'importante tappa nella storia dell'umanità, con vivo interesse, grandi speranze e gravi preoccupazioni, elogiandone fin dall'inizio gli alti vantaggi e le nuove possibilità, prevenendo e indicando pericoli e abusi.
La televisione ha molte prerogative proprie del cinema, in quanto offre uno spettacolo visivo di vita e di movimento; non di rado infatti ricorre all'uso del film.
Sotto altri aspetti, partecipa della natura e delle funzioni della radio, rivolgendosi all'uomo, più che nelle sale pubbliche, nell'interno della sua casa.
Non è dunque necessario che ripetiamo qui le nostre raccomandazioni fatte a proposito del cinema e della radio, sui doveri degli spettatori, degli ascoltatori, dei produttori e delle autorità pubbliche.
Non occorre neppure che rinnoviamo le nostre raccomandazioni circa la cura dovuta alla preparazione dei programmi religiosi e al loro incremento.
Siamo a conoscenza dell'interesse con cui un vasto pubblico segue le trasmissioni cattoliche alla televisione.
È ovvio che la partecipazione per televisione alla Santa Messa - come qualche anno fa abbiamo detto in merito alla radio35 - non è la stessa cosa che l'assistenza fisica al Divin Sacrificio, richiesta per soddisfare al precetto festivo.
Tuttavia i copiosi frutti che provengono per l'incremento della fede e la santificazione delle anime dalle trasmissioni televisive delle cerimonie liturgiche per quanti non vi potrebbero partecipare, ci inducono ad incoraggiare queste trasmissioni.
Sarà ufficio dei Vescovi di ciascun paese giudicare circa l'opportunità delle varie trasmissioni religiose e di affidarne l'attuazione al competente Ufficio nazionale, il quale, come nei precedenti settori, svolgerà una conveniente opera d'informazione, di educazione, di coordinamento e di vigilanza sulla moralità dei programmi.
La televisione, oltre gli aspetti comuni alle due precedenti tecniche di diffusione, possiede anche caratteristiche proprie.
Essa permette infatti di partecipare audiovisivamente nello stesso istante in cui succedono, ad avvenimenti lontani, con la suggestività che s'avvicina a quella di un contatto personale e la cui immediatezza è aumentata dal senso di intimità e di fiducia, proprio della vita familiare.
Va tenuto pertanto nel massimo conto questo carattere di suggestività delle trasmissioni televisive nell'intimo del santuario della famiglia, dove incalcolabile sarà il loro influsso sulla formazione della vita spirituale, intellettuale e morale dei membri della famiglia stessa, e anzitutto dei figli, che subiranno inevitabilmente il fascino della nuova tecnica.
"Un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta" ( Gal 5,9 ).
Se nella vita fisica dei giovani un germe di infezione può impedire lo sviluppo normale del corpo, quanto maggiormente un permanente elemento negativo nell'educazione può comprometterne l'equilibrio spirituale e lo sviluppo morale!
E chi non sa quanto spesso lo stesso bambino, che resiste al contagio di una malattia sulla strada, si mostra privo di resistenza se la sorgente del contagio si trova nella sua casa?
La santità della famiglia non può essere oggetto di compromessi e la Chiesa non si stancherà, com'è nel suo pieno diritto e dovere, di impegnare tutte le sue forze perché questo santuario non venga profanato dal cattivo uso della televisione.
Con il grande vantaggio di trattenere più facilmente tra le pareti domestiche grandi e piccoli, la televisione può contribuire a rafforzare i legami di amore e di fedeltà nella famiglia, ma sempre a condizione che non venga a menomare le stesse virtù di fedeltà, di purezza e di amore.
Non mancano però coloro i quali ritengono impossibile, almeno nell'ora presente, l'attuazione di così nobili esigenze.
L'impegno preso con gli spettatori, essi dicono, richiede di riempire a qualunque costo il tempo previsto per le trasmissioni.
La necessità di avere a disposizione una vasta scelta di programmi obbliga a ricorrere anche a quegli spettacoli che inizialmente erano destinati alle pubbliche sale.
La televisione, infine, non è solo per i giovani, ma anche per gli adulti.
Le difficoltà sono reali, ma la loro soluzione non può essere rimandata a un periodo ulteriore, quando la mancanza di discrezione e di prudenza nell'uso della televisione avrà procurato gravissimi danni individuali e sociali, danni oggi forse ancora difficilmente valutabili.
Perché tale soluzione si possa ottenere simultaneamente con la progressiva introduzione nei singoli paesi della tecnica stessa, occorrerà anzitutto compiere un intenso sforzo per preparare programmi che corrispondano alle esigenze morali, psicologiche e tecniche della televisione.
Invitiamo perciò gli uomini cattolici di cultura, di scienza e di arte, e in primo luogo il clero e gli ordini e congregazioni religiose, a prendere atto della nuova tecnica e a dare la loro collaborazione perché la televisione possa attingere alle ricchezze spirituali del passato e a quelle di ogni autentico progresso.
Occorrerà inoltre che i responsabili dei programmi televisivi non solo rispettino i principi religiosi e morali, ma tengano conto del pericolo che trasmissioni destinate agli adulti potrebbero rappresentare per i giovani.
In altri campi, come ad esempio avviene per il cinema o il teatro, i giovani sono, nella maggior parte dei paesi civili, protetti con apposite misure preventive dagli spettacoli sconvenienti.
Logicamente, e a maggior ragione, anche per la televisione dovranno essere garantiti i vantaggi di un'oculata vigilanza.
Qualora non si escludano dalle trasmissioni televisive, come del resto è stato lodevolmente fatto in alcuni luoghi, spettacoli vietati ai minori, saranno almeno indispensabili misure precauzionali.
Tuttavia anche la buona volontà e la coscienziosa attività professionale di chi trasmette non sono sufficienti per assicurare il pieno profitto della meravigliosa tecnica del piccolo schermo, né per allontanare ogni pericolo.
Insostituibile è la sapiente vigilanza di chi riceve.
La moderazione nell'uso della televisione, la prudente ammissione ai programmi dei figli secondo la loro età, la formazione del loro carattere e del loro retto giudizio sugli spettacoli visti, e infine il loro allontanamento dai programmi non adatti, incombe come un grave dovere di coscienza sui genitori e sugli educatori.
Sappiamo bene che specialmente quest'ultimo punto potrà creare situazioni delicate e difficili e il senso pedagogico spesso richiederà ai genitori di dare il buon esempio anche con personale sacrificio nel rinunziare a determinati programmi.
Ma sarebbe troppo chiedere ai genitori un sacrificio quando è in gioco il supremo bene dei figli?
Sarà pertanto "più che mai necessario e urgente - come abbiamo scritto ai Vescovi d'Italia - formare nei fedeli una coscienza retta dei doveri cristiani circa l'uso della televisione", perché essa non serva mai alla diffusione dell'errore e del male, ma diventi "uno strumento di informazione, di formazione, di trasformazione".36
Indice |
22 | Discorso del 21 giugno 1955 ai rappresentanti dell'industria cinematografica italiana, citato |
23 | Discorso del 28 ottobre 1955 in occasione della Assemblea dell'Unione Internazionale esercenti Cinema: AAS 47 ( 1955 ), P. 817 |
24 | Discorsi citati del 21 giugno e 28 ottobre 1955 |
25 | Pio XI, Vigilanti cura |
26 | Discorso de1 21 giugno 1955, Citato: AAS 47 ( 1955 ), P. 512 |
27 | Pio XI, Vigilanti cura |
28 | Esortazione ai parroci e ai predicatori quaresimalisti di Roma: AAS 49 ( 1957 ), p. 208 |
29 | Discorso del 26 agosto 1945 su l'essenza, la missione e i pericoli dell'arte drammatica: Discorsi e Radiomessaggi di Pio XII, vol. VII, p. 157 |
30 | Lettera di Pio XII ai cattolici della Germania: AAS 44 ( 1952 ), p. 725 |
31 | Discorso del 3 dicembre 1944: Discorsi e Radiomessaggi di Pio XII, vol. VI, p. 209 |
32 | Radiomessaggio dell'11 ottobre 1955 per le celebrazioni in onore di Cristoforo Colombo e di Guglielmo Marconi: AAS 47 ( 1955 ), p. 736 |
33 | Discorso del 3 ottobre 1947 nel cinquantenario della invenzione della radio: Discorsi e Radiomessaggi di Pio XII, vol. XI, p. 267 |
34 | Discorso del 19 maggio 1950 ai cattolici di Olanda: Discorsi e Radiomessaggi di Pio XII, vol. XII, p. 75 |
35 | Discorso alla conferenza internazionale della radiodiffusione ad alte frequenze, del 5 maggio 1950: Discorsi e Radiomessaggi di Pio XII, vol. XII, p. 55 |
36 | Discorso sull'importanza della televisione, del 21 ottobre 1955: AAS 47 ( 1955 ), p. 777 |