Preparazione degli educatori nei seminari |
23. A riguardo dei criteri di scelta per gli educatori la Chiesa si mostra molto esigente.
Secondo il decreto Optatam totius, « i superiori e i professori dei seminari devono essere scelti tra gli elementi migliori ».14
Su questo punto, il Concilio si fa eco dell'enciclica di Pio XI « Ad catholici Sacerdotii » che rivolge ai Vescovi la seguente esortazione: « Vi sia anzitutto un'accurata scelta dei superiori e dei maestri …
Date ai vostri collegi i migliori sacerdoti; non vi rincresca di sottrarli ai loro compiti, anche se in apparenza più grandi, ma che pur tuttavia non possono essere paragonati a quest'opera capitale e insostituibile ».15
Tale preciso compito è da intendersi nel senso di un pressante invito a considerare il problema dei formatori come una delle priorità pastorali più importanti.
Nulla deve rimanere intentato nelle diocesi per poter dare ai seminari il personale dirigente e docente di cui hanno bisogno.
24. Le qualità essenziali richieste, alle quali i citati documenti alludono, sono state specificate nella « Pastores dabo vobis »,16 nella « Ratio fundamentalis »17 e nelle « Rationes » nazionali in modo più esplicito e diffuso.
Vi si menziona, tra l'altro, la necessità di possedere un forte spirito di fede, una viva coscienza sacerdotale e pastorale, stabilità nella propria vocazione, un limpido senso ecclesiale, la facilità di contatti umani, di « leadership », un maturo equilibrio psicologico, emozionale ed affettivo, un'intelligenza unita a prudenza e saggezza, una vera cultura della mente e del cuore, la capacità di collaborare, la profonda conoscenza dell'animo giovanile e lo spirito comunitario.
25. La vocazione dell'educatore implica da un lato un certo « carisma », che si esprime nelle doti naturali e di grazia, e dall'altro alcune capacità ed attitudini da acquisire.
In ogni discorso sulla sua personalità andrà sempre considerato questo duplice aspetto: ciascuna delle caratteristiche auspicabili in un educatore di seminario presenta degli elementi per così dire innati ed altri che devono essere progressivamente maturati attraverso lo studio e l'esperienza.
L'individuazione dei criteri di scelta degli educatori suppone sempre un ideale, che riflette le varie qualità sopraelencate insieme con tante altre che si possono dedurre dall'insieme degli obiettivi formativi indicati nella « Pastores dabo vobis ».
Qui di seguito si cercherà di presentarne una ricca rassegna, senza pretendere però che tutte quelle doti e prerogative si realizzino in modo perfetto nelle singole persone.
Si è voluto offrire soltanto un punto di riferimento per la ricerca e la scelta degli educatori, che insieme possa servire da criterio di programmazione per la loro formazione e di verifica per il loro servizio.
Pur tenendo presenti i limiti imposti dalle circostanze reali e le possibilità umane, non si è ritenuto inutile collocare l'ideale un po' al di sopra di tali prevedibili limiti, affinché costituisca costante richiamo e stimolo al loro superamento.
26. L'oggetto e il fine dell'attività educativa nel seminario possono essere compresi soltanto alla luce della fede.
Per questa ragione il formatore deve essere in primo luogo uomo di fede sicura, ben motivata e convinta, vissuta in profondità in modo che traspaia in tutte le sue parole ed azioni.
Animata dalla carità, la fede irradia nella vita la gioia e la speranza di una dedizione totale a Cristo e alla sua Chiesa.
Essa si manifesta in scelte di vita evangelica e in un'adesione sincera ai valori morali e spirituali del sacerdozio, che cerca di comunicare con delicatezza e convinzione.
Nella varietà di opinioni nel campo dogmatico, morale e pedagogico, l'educatore si ispira ai criteri dettati dalla fede, seguendo con cordiale e intelligente docilità le indicazioni del magistero.
In tal modo egli si sente « maestro della fede »18 dei suoi allievi, facendone scoprire ad essi la bellezza ed i valori vitali, e si mostra sensibile ed attento verso il loro cammino di fede, aiutandoli a superare le loro difficoltà.
27. Il formatore che vive di fede educa più con ciò che è che non con quello che dice.
La sua fede si traduce in una coerente testimonianza di vita sacerdotale, animata da zelo apostolico e da vivo senso missionario.
« I superiori e i professori abbiano viva consapevolezza di quanto possa dipendere dal loro modo di pensare e di agire la riuscita della formazione degli alunni ».19
Essi manifestano in maniera semplice e convincente la bellezza e le ricchezze spirituali, come anche la fecondità di buone opere, che scaturiscono da una fede vissuta nella forma del ministero e della vita sacerdotale.
Chi ha trovato, nell'orizzonte della fede, il senso della vita nel proprio sacerdozio, è capace di irradiare la gioia della propria vocazione comunicandola agli altri.
Lo spirito di fede va accompagnato e sostenuto dall'amore alla preghiera.
I seminaristi hanno bisogno oggi più che mai di essere educati « al senso umano e profondo e al valore religioso del silenzio »,20 come condizione per conoscere e sperimentare il senso autentico della preghiera, della Liturgia, del culto eucaristico e di una sincera pietà mariana.
I maestri della fede devono quindi diventare veri maestri della preghiera e di esemplari celebrazioni liturgiche per i loro alunni.
28. « L'intera formazione dei candidati al sacerdozio è destinata a disporli in un modo più particolare a comunicare alla carità di Cristo, Buon Pastore.
Questa formazione, dunque, nei suoi diversi aspetti, deve avere un carattere essenzialmente pastorale ».21
Tutti gli educatori devono preoccuparsi di valorizzare ogni aspetto formativo in ordine a questo principale scopo del seminario.
In particolare i professori, senza venir meno alla dovuta scientificità del loro impegno, ne metteranno in evidenza il valore pastorale e lo faranno « convergere alla progressiva apertura delle menti degli alunni verso il mistero di Cristo … in modo che essi possano percepire il significato degli studi ecclesiastici, la loro struttura e il fine pastorale ».22
Gli educatori attingeranno questa sensibilità dalla loro propria partecipazione alla carità pastorale di Cristo, sperimentata nel ministero svolto prima della loro nomina e coltivato con generosità - seppure entro i limiti consentiti dal loro impegno in seminario - anche durante il servizio educativo.
Nei vari interventi educativi, essi cercheranno di aprire i seminaristi sempre più all'« esigenza, oggi fortemente sentita, dell'evangelizzazione delle culture e dell'inculturazione del messaggio della fede »,23 facendoli così « amare e vivere l'essenziale dimensione missionaria della Chiesa e delle diverse attività pastorali ».24
29. Gli educatori vivano « in strettissima unità di spirito e di azione, e fra loro e con gli alunni formino una famiglia tale da tradurre in pratica la preghiera del Signore "Che siano una cosa sola" ( Gv 17,11 ) e da alimentare negli alunni la gioia della propria vocazione ».25
Questa « comunione » autorevolmente richiesta dal Concilio, riguarda da vicino la natura del sacerdozio ministeriale e l'esercizio del suo ministero.
Come si esprime a tale proposito la « Pastores dabo vobis », « proprio perché all'interno della vita della Chiesa è l'uomo della comunione, il presbitero dev'essere, nel rapporto con tutti gli uomini, l'uomo della missione e del dialogo ».26
Si può dire che l'educatore è autentico nel suo servizio e risponde alle esigenze del suo ideale sacerdotale soltanto nella misura in cui sa impegnarsi e sacrificarsi per l'unità, quando nel suo pensiero, nei suoi atteggiamenti e nella sua preghiera riflette la sollecitudine per l'unione e la coesione della comunità a lui affidata.
Questo aspetto dell'azione formativa richiede delle doti naturali e di grazia, ed è coltivato con una particolare docilità allo Spirito Santo, vincolo di unità nell'intima vita divina e nella vita della Chiesa.
Ispirandosi ad un'autentica « ecclesiologia di comunione »,27 i formatori saranno in grado di educare la comunità seminaristica ai « rapporti di fraternità, di servizio, di comune ricerca della verità, di promozione della giustizia e della pace, con tutti gli uomini.
In primo luogo con i fratelli delle altre Chiese e confessioni cristiane: ma anche con i fedeli delle altre religioni, con gli uomini di buona volontà ».28
30. Come abbiamo già accennato, questo principio di comunione si traduce in una pronta e fraterna capacità di collaborare.
Intorno al Rettore, il quale ha nel governo del seminario la responsabilità più importante e onerosa, gli educatori devono essere capaci di convergere, soprattutto quando si tratta di stabilire o di salvaguardare l'unitarietà del progetto educativo.
Nell'elaborazione del regolamento di vita, del programma di studi, di formazione spirituale, pastorale e liturgica si richiedono una mutua concertazione e la disponibilità a considerare gli obiettivi comuni e i criteri di discernimento dati dalla Chiesa e dal Vescovo come normativi e prevalenti rispetto al proprio personale punto di vista.
Lo spirito di collaborazione e di intesa è di fondamentale importanza in modo particolare nell'adozione dei criteri del discernimento vocazionale per l'ammissione dei candidati in seminario e agli ordini sacri.
A tale riguardo, salvi ruoli diversi e differenti responsabilità, tutti i membri del gruppo dirigente devono sentirsi corresponsabili, dimostrando la capacità di valutazioni sicure e conformi alle norme della Chiesa.
Però anche in altre circostanze bisogna sempre tenere presente che per l'esito della formazione sono responsabili non solo il Rettore o il Direttore spirituale, ma tutti i membri dell'équipe educativa.
31. Una riflessione a parte merita lo spirito di collaborazione che deve stabilirsi tra gli insegnanti delle diverse discipline. Essi devono aver coscienza di formare un unico organismo, preoccupandosi delle reciproche relazioni tra i diversi insegnamenti e della loro unità.29 Questo compito si presenta difficile in tempi di diffuso pluralismo teologico e di frammentazione dei corpi docenti, costretti spesso a ricorrere a collaborazioni occasionali di professori esterni. Ma la difficoltà richiede una capacità di collaborare ancora più intensa.
32. Un particolare problema è costituito dalla necessità di stabilire una buona armonia tra l'insegnamento teologico e la linea formativa del seminario con la sua visione del sacerdozio e delle varie questioni concernenti la vita della Chiesa.
Tale spirito di intesa, che è sempre da rafforzare negli istituti che dispongono dell'insegnamento teologico interno, s'impone molto di più in quei casi in cui gli studi vengono compiuti presso le Facoltà teologiche o in altri Istituti di studi teologici.
A tale proposito « l'insegnante di teologia, come ogni altro educatore, deve rimanere in comunione e collaborare cordialmente con tutte le altre persone impegnate nella formazione dei futuri sacerdoti e presentare con rigore scientifico, generosità, umiltà e passione il suo contributo originale e qualificato ».30
Considerata l'odierna fluidità e complessità dei problemi in campo teologico, pastorale ed educativo, si deve sapere che l'auspicata unità di spirito e di azione rimane per gli educatori un ideale che si cerca di conquistare giorno per giorno, non potendosi realizzare una volta per sempre.
La loro capacità di collaborazione, il loro senso di comunione sono sottoposti ad una continua necessaria verifica, ed esigono quindi personalità particolarmente armoniche e dotate in questo senso.
33. Si tratta di un aspetto della personalità che è difficile definire in astratto, ma che corrisponde in concreto alla capacità di creare e mantenere un clima sereno, di vivere rapporti amichevoli che esprimono comprensione e affabilità, di possedere un costante autocontrollo.
Lungi dal ripiegarsi su di sé, l'educatore prende interesse al proprio lavoro e alle persone che lo circondano, nonché ai problemi che deve quotidianamente affrontare.
Impersonando in qualche modo l'ideale da lui proposto, egli diventa modello da imitare, capace di una vera « leadership », e quindi di coinvolgere l'educando nel proprio progetto formativo.
L'importanza di questo fondamentale tratto della personalità è da tenersi sempre presente anche per evitare fallimenti pedagogici, i quali possono verificarsi nei casi di educatori insoddisfatti, esacerbati ed ansiosi.
Essi trasferiscono le loro difficoltà sugli alunni, deprimendoli ed intralciando il loro normale sviluppo umano e spirituale.
34. Collegata intimamente con la maturità è la saggezza intesa come retta coscienza di se stessi, del proprio valore e dei propri limiti onestamente riconosciuti e serenamente accolti.
Un educatore maturo possiede una buona distanza critica da se stesso, è aperto ad imparare, sa accogliere le critiche e le osservazioni ed è disposto a correggersi.
Solo così saprà essere giustamente esigente anche con gli altri, senza dimenticare la fatica ed i limiti posti alle possibilità umane.
Una buona e costante predisposizione alle valutazioni sagge, equilibrate e alla pazienza farà sì che il senso del dovere non sia mai confuso con uno scoraggiante rigorismo e che l'amore comprensivo non si trasformi in remissiva debolezza.
35. Come parte integrante della maturità globale di cui sopra e insieme come sua conseguenza essenziale, è importante verificare negli educatori una buona maturità affettiva.
Con questo termine s'intende il libero e stabile possesso del proprio mondo affettivo: la capacità di amare intensamente e di lasciarsi voler bene in modo retto e purificato.
Chi la possiede è normalmente inclinato all'attenzione oblativa all'altro, alla comprensione intima dei suoi problemi, alla lucida percezione del suo vero bene.
E non rifiuta la gratitudine, la stima e l'affetto altrui, pur vivendoli senza pretese e mai condizionando ad essi la propria disponibilità a servire.
Chi è affettivamente maturo non legherà mai gli altri a se stesso; sarà invece in grado di educare in loro un'affettività altrettanto oblativa, centrata e fondata sull'amore ricevuto da Dio in Gesù Cristo e a lui sempre, in ultima analisi, riferita.
L'Esortazione postsinodale sottolinea in più di un contesto l'importanza di questo aspetto della formazione dei futuri sacerdoti: non sarà possibile garantire loro una necessaria crescita verso il possesso sereno e liberante di questa affettività matura, se gli educatori per primi non ne saranno esempio e modello.31
36. Occorre quindi agli educatori un autentico senso pedagogico, cioè quell'attitudine di paternità spirituale che si esprime in un accompagnamento premuroso, e in pari tempo rispettoso e discreto, della crescita della persona, unito ad una buona capacità d'introspezione e vissuto in un clima di reciproca fiducia e stima.
Si tratta di una dote speciale che non s'improvvisa.
Il senso pedagogico in una certa misura è innato e non può essere imparato come una teoria, né sostituito da atteggiamento puramente esteriori; allo stesso tempo l'esercizio attento e autocritico del servizio educativo e una buona conoscenza dei principi di una sana psicopedagogia lo possono sviluppare e perfezionare.
37. Da queste tre capacità dipende in gran parte la riuscita del rapporto educativo.
Da una parte si trova il formatore con il suo ruolo di consigliere e di guida e dall'altra l'alunno quale interlocutore chiamato ad assumere atteggiamenti di libera iniziativa.
In questo rapporto molto dipende dagli interventi del formatore psicologicamente indovinati e ben dosati.
Occorre evitare da un lato un comportamento troppo passivo che non promuove il dialogo, e dall'altro un'invadenza eccessiva che può bloccarlo.
La capacità di comunicazione reale e profonda riesce ad attingere il nucleo della persona dell'alunno; non si accontenta di una percezione esteriore, in fondo pericolosamente illusoria, dei valori che vengono comunicati; suscita dinamismi vitali di relazionalità che mettono in gioco le motivazioni più autentiche e radicali della persona, che si sente accolta, stimolata e valorizzata.
Tali contatti devono essere frequenti, per verificare il cammino, per orientare le mete, adattando al passo di ciascuno la proposta educativa e riuscendo così ad individuare il livello nel quale si configurano i veri problemi e le vere difficoltà di ogni persona.
38. Per esserne capaci, i formatori devono disporre non soltanto di una normale perspicacia, ma anche dei dati fondamentali delle scienze umane sulla comunicazione interpersonale e sulle dinamiche della decisione umana.
I giovani d'oggi sono in genere generosi, ma fragili, sentono un forte, alle volte eccessivo bisogno di sicurezza e di comprensione, manifestano le tracce di un ambiente familiare e sociale non sempre sano, che bisogna curare e integrare con grande tatto pedagogico e spirituale.
39. Il formatore per adempiere efficacemente il suo compito deve essere un buon comunicatore, capace di presentare i valori e le nozioni che sono l'oggetto della formazione in maniera chiara e adatta alla ricettività degli alunni.
Pertanto il seminario, con l'impostazione stessa dell'opera pedagogica, deve diventare una scuola di comunicazione che, mentre ne stimola la vera vitalità, prepara i futuri sacerdoti ai delicati compiti dell'evangelizzazione.
In un recente documento, la Congregazione per l'Educazione Cattolica parla della necessità di creare un clima di comunicazione tra gli alunni e con gli educatori che li alleni al frequente dialogo interpersonale e di gruppo, a curare la proprietà del linguaggio, la chiarezza dell'espressione e la pertinenza ed efficacia dell'argomentazione, per integrare le comunicazioni prevalentemente unidirezionali tipiche della civiltà dell'immagine in cui prevale l'influsso dei mass media.32
Anche i docenti, per quanto loro compete, devono curare la massima comunicabilità, aggiornando il proprio linguaggio e tenendo conto delle esigenze di una giusta inculturazione delle verità di fede: « Tutti indistintamente, in unione di volontà e di cuori sono esortati a tendere a quella comunione che secondo la fede cristiana costituisce il fine primario ed ultimo di ogni comunicazione ».33
40. Compito dei formatori è anche quello di mantenere vitale la comunità educativa, di orientarla e di stimolarla affinché raggiunga i suoi fini.
È un'attività che esige la previsione, l'attuazione e la guida di processi in cui possano maturare atteggiamenti di responsabile partecipazione e disponibilità ad un generoso ed attivo impegno in seno alla comunità.
Si richiede, a questo proposito, di saper gestire le articolazioni e i diversi ruoli della comunità educante, e le suddivisioni della più vasta comunità del seminario, con una sapiente scelta dei mezzi adatti a coordinare, motivare e dirigere tutte le energie al fine prefisso.
Oltre ad alcune doti naturali, l'educatore si fornirà della conoscenza dei principi di metodo che regolano l'organizzazione e la buona conduzione di una complessa trama di relazioni e di responsabilità.
L'attenzione che deve essere riservata a questo riguardo, tradotta per esempio nella dinamica di gruppo o nei metodi attivi d'insegnamento, non ha altro fine che di ottenere un maggiore e più profondo coinvolgimento degli alunni nel processo formativo, che deve essere da tutti partecipato e non meramente subìto.
Ogni candidato, infatti, « deve dirsi protagonista necessario e insostituibile della sua formazione ».34
41. Ispirato alla ricchezza culturale del cristianesimo, radicata nelle fonti bibliche, liturgiche e patristiche, il formatore dei futuri sacerdoti non può fare a meno di una vasta conoscenza della cultura contemporanea.
Infatti il rapporto educativo e la sua efficacia sono molto aiutati dalla conoscenza di tutto ciò che contribuisce a plasmare la mentalità e gli stili di vita nella società odierna.
Ciò si applica al mondo industrializzato occidentale, alle culture indigene dei territori di missione come anche a ceti particolari di operai, di « campesinos », ecc.
Tale corredo intellettuale aiuta il formatore a comprendere meglio gli alunni e a sviluppare per essi una pedagogia appropriata, situandola nel contesto culturale dei nostri tempi.
Si pensi, per es., alla varietà delle correnti di pensiero, all'accelerata variabilità delle condizioni politiche e sociali, alle creazioni letterarie, musicali ed artistiche in genere divulgate con grande rapidità dai mass media, alle conquiste tecnologiche e scientifiche con le loro incidenze sulla vita.
Una conoscenza profonda, insieme positiva e critica, di questi fenomeni contribuisce notevolmente ad una trasmissione organica e valutativa della cultura contemporanea, facilitando negli alunni una sintesi interiore alla luce della fede.
Sintesi che l'educatore dovrà aver conseguito in se stesso, e dovrà continuamente aggiornare, grazie ad una vasta informazione scientifica, ma anche filosofica e teologica, senza la quale non si ha una vera integrazione del sapere umano.35
42. Questa dote presuppone nell'educatore una sana apertura di spirito.
Lungi dal chiudersi e dal ripiegarsi su se stesso, il formatore deve essere sensibile ai problemi delle persone, dei gruppi sociali, della Chiesa nel suo insieme.
Egli deve essere un uomo « magnanimo », cioè dalle larghe vedute che gli permettono di comprendere gli avvenimenti con le loro cause, la loro complessità e le loro implicanze sociali e religiose, prendendo le opportune distanze da ogni atteggiamento superficialmente emotivo e legato all'effimero e al momentaneo.
43. Oltre alle qualità comuni a tutti, l'immagine concreta dell'educatore assume altre sfumature a seconda dei diversi incarichi che vengono affidati.
È opportuno accennare brevemente ad alcuni di essi.
Per rendersi meglio conto delle qualità che devono contraddistinguere il Rettore del seminario, bisogna prendere in considerazione le varie funzioni e responsabilità che comporta il suo ufficio.
Egli rappresenta il Vescovo; è il primo responsabile della vita del seminario, oltre che il suo rappresentante sia in sede ecclesiale sia in sede civile.36
Segue e promuove la formazione degli alunni sotto tutti i suoi aspetti, curandone l'armonia e l'integrazione reciproca.
Accogliendo e valorizzando il consiglio e l'aiuto dei suoi collaboratori, a lui spetta la responsabilità del giudizio sintetico da esprimere al Vescovo circa l'idoneità per l'ammissione in seminario, alle varie fasi del cammino educativo e agli ordini sacri.
Se l'impegno educativo è prima di tutto progettazione e conduzione creativa e prudente di rapporti ed esperienze, il Rettore ne è il primo operatore e coordinatore.
Spetta a lui di assicurare l'unità di indirizzo e la sua sintonia con le scelte del Vescovo e della Chiesa, favorendone la traduzione nella più ampia collaborazione da parte di tutti.
È facile intuire quanto sia richiesto in termini di autorevolezza e di esperienza da questo complesso di non facili interventi direzionali e pedagogici.
Ci vuole infatti molta prudenza, saggezza, equilibrio.
44. Molto esigente è anche il ruolo del Direttore o Padre spirituale, sul quale incombe la responsabilità per il cammino spirituale dei seminaristi in foro interno e per la conduzione e il coordinamento dei vari esercizi di pietà e della vita liturgica del seminario.
Egli è anche il coordinatore degli altri sacerdoti autorizzati dal Vescovo ad impartire la direzione spirituale agli alunni come anche dei confessori, per assicurare l'unità dei criteri di discernimento della vocazione.
Oltre alle doti di saggezza, di maturità affettiva e di senso pedagogico, egli deve disporre di solide basi di formazione e di cultura teologica, spirituale e pedagogica, insieme con una particolare sensibilità per i processi della vita interiore degli alunni.
45 Di solito, specialmente nei grandi seminari, il Rettore viene affiancato dal Vicerettore, dal quale viene assistito nei settori della vita seminaristica assegnatigli e supplito nei casi di assenza.
Egli deve dimostrare spiccate doti pedagogiche, amore gioioso del suo servizio e spirito di collaborazione.
Analoghi atteggiamenti si esigono anche dagli altri cooperatori: economo, coordinatore delle attività pastorali, prefetto degli studi, bibliotecario, animatori, associati in vario modo e a vari livelli alle responsabilità educative.
46. Secondo le direttive della Chiesa, i Professori devono considerarsi veri educatori anche quando l'istituzione scolastica o accademica fosse distinta da quella del seminario.
Essi concorrono all'educazione dei futuri sacerdoti in un ruolo importantissimo e delicato: l'insegnamento deve alimentare una solida mentalità di fede che abiliti gli alunni a diventare servitori del Vangelo e maestri del popolo di Dio.
A riguardo di tale opera educativa, la « Pastores dabo vobis » afferma che essa è « spesso più decisiva, nello sviluppo della personalità presbiterale, di quella degli altri educatori ».37
Si richiede quindi che i Professori siano particolarmente sensibili alla trasmissione di una dottrina completa e sicura, pur non tralasciando gli opportuni approfondimenti e le eventuali digressioni critiche.
Ad essi spetta il compito di garantire la crescita globale di un'adeguata competenza nelle discipline umanistiche, filosofiche e teologiche che conduca ad un'assimilazione profonda del mistero cristiano integrale e finalizzata al ministero pastorale.
È necessario che l'insegnante mostri che il proprio sapere, soprattutto se teologico, è diventato per lui stesso un patrimonio spirituale, un valore intimamente assimilato che ha illuminato e trasformato la sua vita.
In questo senso l'insegnamento deve diventare un discorso fatto da un soggetto credente ed orante, nel quale coincidono l'intelligenza del mistero e l'intimità di vita con il medesimo.
Perciò una delle doti fondamentali del professore in seminario, oltre alla competenza scientifica e didattica, è l'idoneità ad essere testimone convinto della fede.
47. Il lungo ed articolato elenco di qualità richieste agli educatori dei seminari non deve far dimenticare che l'idoneità di una persona non risulta dalla giustapposizione di queste caratteristiche.
Una vera maturità e pienezza di doti scaturisce dall'insieme armonico e integrato di elementi posseduti in profondità.
Occorrerà quindi considerare la personalità del candidato a questo ministero nelle sue attitudini e convinzioni più profonde e nel suo complesso.
All'interno di esso saranno opportunamente collocate le valutazioni sui singoli aspetti della sua fisionomia spirituale.
Indice |
14 | OT, 5 |
15 | Ad catholici Sacerdotii |
16 | PDV, 66 |
17 | PDV, 39 |
18 | PO, 6, n. 13 |
19 | OT, 5 |
20 | PDV, 47 |
21 | Ibid., 57; cf. anche OT, 4 |
22 | OT, 14 |
23 | PDV, 55 |
24 | Ibid, 59 |
25 | OT, 5 |
26 | PDV, 18 |
27 | Ibid, 12 |
28 | Ibid, 18 |
29 | Ratio fundamentalis, 90; cf. n. 63 |
30 | PDV, 67 |
31 | Ibid, 44 |
32 | Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della comunicazione sociale ( 19 marzo 1986, n. 24 ) |
33 | Ibid. |
34 | PDV, 69 |
35 | Giovanni Paolo II, Cost. Apost. Ex corde Ecclesiae, 16 |
36 | CIC 238 § 2; n. 260 |
37 | PDV, 67 |