La città di Dio |
E prima di tutto è indispensabile indagare per capire il motivo per cui la Chiesa non ha potuto accettare l'umano ragionamento che assicura al diavolo anche dopo gravissime e lunghissime pene la purificazione e il perdono.
Difatti i molti santi, competenti nei libri dell'Antico e Nuovo Testamento, non hanno per invidia rifiutato la purificazione e la felicità del regno dei cieli dopo tormenti di qualsiasi specie e gravità ad angeli di qualsiasi ordine e dignità, hanno però notato che non è possibile privare di significato e di efficacia la sentenza che il Signore ha predetto di emettere nel giudizio con le parole: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli. ( Mt 25,41 )
Ha mostrato così che il diavolo e i suoi angeli bruceranno nel fuoco eterno.
Poi si ha il brano dell'Apocalisse: Il diavolo che li traeva in errore fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, in cui sono anche la bestia e lo pseudoprofeta e saranno straziati giorno e notte nei secoli dei secoli. ( Ap 20,9-10 )
Il significato di eterno del brano precedente in questo è stato reso con nei secoli dei secoli e con queste parole la sacra Scrittura è solita esprimere un fatto che non ha fine nel tempo.
Perciò per ritenere con genuino sentimento religioso, come dato definitivo e irreversibile, che il diavolo e i suoi angeli non otterranno il ritorno alla giustizia e alla vita dei santi non si può assumere altro criterio più giusto ed evidente dell'autorità della sacra Scrittura che non inganna nessuno.
Essa afferma che Dio non ha loro perdonato e così frattanto essi sono stati condannati in anticipo affinché fossero consegnati rinchiusi nella prigione delle tenebre dell'inferno ( 2 Pt 2,4 ) per presentarsi ad essere puniti nel giudizio finale, quando li accoglierà il fuoco eterno, in cui saranno straziati per sempre.
Se le cose stanno così, come è possibile che tutti o alcuni uomini siano liberati dall'eternità delle pene dopo un certo spazio di tempo e che perciò non sia frustrata la fede, con cui si crede che la pena dei demoni sarà eterna?
Se infatti tutti o alcuni di quelli, ai quali si dice: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli, non saranno per sempre in quel luogo, per quale motivo si dovrebbe credere che vi saranno il diavolo e i suoi angeli?
Forse che la sentenza di Dio, emessa contro i malvagi, angeli e uomini, sia vera contro gli angeli, falsa contro gli uomini?
Certamente sarà così se avrà maggiore efficacia non ciò che ha detto Dio, ma quel che ipotizzano gli uomini.
Poiché è impossibile che questo avvenga, coloro i quali vogliono evitare la pena eterna devono non addurre prove in contraddizione con Dio, ma piuttosto, finché v'è tempo, prestar fede al suo insegnamento.
Poi non è ragionevole valutare la pena eterna nei limiti di un fuoco a lungo tempo e credere senza fine la vita eterna, dal momento che Cristo nello stesso testo, in una sola e medesima sentenza, racchiudendo i due destini, ha detto: Così andranno questi alla pena eterna e i giusti alla vita eterna. ( Mt 25,46 )
Se l'uno e l'altro sono eterni si deve interpretare che o l'uno e l'altro sono di lunga durata con la fine ovvero che l'uno e l'altro perenni senza fine.
Sono apparigliate infatti da una parte la pena eterna, dall'altra la vita eterna.
È completamente assurdo affermare: "La vita eterna sarà senza fine, la pena eterna avrà fine".
Quindi, giacché la vita eterna dei santi sarà senza fine, senza dubbio anche la pena eterna per coloro che l'avranno non avrà fine.
Questo vale anche per contraddire coloro i quali, difendendo la propria causa, tentano quasi di andare in senso contrario alle parole di Dio con una misericordia, per così dire, superiore alla sua, perché è vero che gli uomini sono meritevoli di soffrire le pene che Egli ha detto che soffriranno, ma non perché le soffriranno.
Li perdonerà, dicono, per le preghiere dei suoi santi che in quell'occasione pregheranno più fervidamente per i propri nemici, perché sono più santi e la loro preghiera più efficace e più degna che Dio la esaudisca per il fatto che non hanno alcun peccato.
Perché dunque, dicono, nella loro santità in sé compiuta e con preghiere sommamente pure, compassionevoli ed efficaci ad ottenere tutto, non pregheranno anche a favore degli angeli, per i quali è stato preparato il fuoco eterno in modo che Dio mitighi la propria sentenza, la volga in meglio e li renda immuni da quel fuoco?
Ma vi sarà dunque qualcuno, ribatto, il quale osi presumere che questo avverrà con l'affermare che anche gli angeli santi insieme agli uomini santi, che nell'eternità saranno simili agli angeli di Dio, pregheranno a favore degli angeli e uomini degni di condanna affinché mediante la misericordia non subiscano quel che nella realtà meritano di subire?
Nessuno di retta fede lo ha detto, nessuno lo dovrà dire.
Altrimenti non si spiega perché anche nel tempo la Chiesa non prega per il diavolo e i suoi angeli, sebbene Dio suo maestro le ha ingiunto di pregare per i suoi nemici.
La ragione dunque, per cui avviene che in questo mondo la Chiesa non prega per gli angeli cattivi, che riconosce come suoi nemici, è la medesima ragione per cui avverrà che, sebbene sia di una compiuta santità, nel giudizio finale non pregherà per gli uomini punibili nel fuoco eterno.
Nel tempo essa prega per quelli che ha come avversari nel genere umano appunto perché è il tempo di una proficua penitenza.
Difatti essa prega per loro soprattutto perché, come dice l'Apostolo, Dio conceda loro di pentirsi e tornino in sé sfuggendo ai lacci del diavolo da cui sono tenuti avvinti per aderire alla sua volontà. ( 2 Tm 2,25-26 )
Inoltre, se la Chiesa fosse certa al punto di sapere chi siano coloro che, sebbene ancora in vita, tuttavia sono predestinati a finire col diavolo nel fuoco eterno, non pregherebbe per loro come non prega per l'altro.
Ma giacché di nessuno è certa, prega né più né meno per tutti gli uomini suoi nemici che sono ancora in vita, tuttavia non per tutti è esaudita.
È esaudita solo per quelli che, sebbene siano avversari della Chiesa, sono predestinati a che la Chiesa in loro favore sia esaudita e diventino suoi figli.
Se alcuni conserveranno il cuore impenitente fino alla morte né da nemici si convertiranno a figli, forse che la Chiesa prega per loro, cioè per l'anima di simili defunti?
Per quale motivo se non perché è considerato dalla parte del diavolo chi, essendo in vita, non è passato dalla parte del Cristo?
La ragione dunque, per cui nell'eternità non si prega per gli uomini punibili col fuoco eterno è la stessa per cui, tanto nel tempo come nell'eternità, non si prega per gli angeli malvagi ed è la ragione per cui anche nel tempo non si preghi per i pagani e miscredenti defunti, sebbene uomini.
Difatti per alcuni defunti viene esaudita la preghiera o della Chiesa stessa o di alcuni devoti, ma per i rigenerati in Cristo, la cui vita nel corpo ebbe un comportamento non così disonesto, da essere giudicati non meritevoli di simile misericordia, o non così onesto da ritenere che non abbiano bisogno di simile misericordia.
Anche dopo la risurrezione dei morti non mancheranno coloro ai quali, dopo la pena che subisce l'anima dei defunti, sia accordata la misericordia in modo da non essere gettati nel fuoco eterno.
Difatti di alcuni non si direbbe con esattezza che non si rimette loro la colpa, tanto nel tempo che nell'eternità, ( Mt 12,32 ) se non vi fossero alcuni a cui si rimette nell'eternità, anche se non nel tempo.
Ma quando si dirà dal Giudice dei vivi e dei morti: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, e agli altri al contrario: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli, e andranno questi alla pena eterna e i giusti alla vita eterna, ( Mt 25,34.41.46 ) è proprio di un'eccessiva pretesa affermare che alcuni di quelli, di cui Dio ha detto che andranno alla pena eterna, non avranno la pena eterna e con la convinzione di simile pretesa inculcare che si abbiano delusioni e dubbi anche sulla vita eterna.
Quindi nessuno interpreti il Salmo che canta: Dio si dimenticherà forse di avere pietà o reprimerà nella sua ira gli atti della sua misericordia? ( Sal 77,10 ) nell'intento di supporre che la sentenza di Dio sugli uomini buoni è vera, sui cattivi è falsa, sugli uomini buoni e sugli angeli cattivi è vera, sugli uomini cattivi è falsa.
Il passo del Salmo riguarda i vasi di misericordia e i figli della promessa, uno dei quali era il profeta stesso.
Egli, dopo aver detto: Dio si dimenticherà forse di avere pietà o reprimerà nella sua ira gli atti della sua misericordia?, soggiunge di seguito: E ho detto: Ora incomincio, questo cambiamento viene dalla destra dell'Altissimo. ( Sal 77,11 )
Senza dubbio ha spiegato quel che aveva detto con le parole: Reprimerà forse nella sua ira gli atti della sua misericordia?
L'ira di Dio è anche questa vita soggetta a morire, in cui l'uomo è divenuto simile a una cosa insignificante perché i suoi giorni trascorrono come un'ombra. ( Sal 143,4 )
Tuttavia nella sua ira Dio non dimentica di avere pietà facendo sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e facendo piovere sui giusti e sugli ingiusti. ( Mt 5,45 )
In tal modo non reprime nella sua ira gli atti della sua misericordia, soprattutto riguardo al concetto che ha espresso questo Salmo con le parole: Ora comincio, questo cambiamento viene dalla destra dell'Altissimo.
Infatti in questa vita piena di affanni, che è l'ira di Dio, Egli muta in meglio i vasi di misericordia, sebbene la sua ira persista ancora nella infelicità di questa soggezione al divenire, giacché pur nella sua ira non reprime gli atti della sua misericordia.
Poiché dunque con questo significato si ottiene la veridicità di quel canto a una voce, ispirato da Dio, non è indispensabile che sia riferita a quel luogo, in cui coloro che non appartengono alla città di Dio saranno puniti con un supplizio eterno.
Ma coloro che preferiscono estendere questo pensiero fino alle pene dei malvagi, per lo meno lo spieghino nel senso che, persistendo in essi l'ira di Dio che si è manifestata anteriormente con l'eterno supplizio, Egli non reprima in questa espressione della sua ira gli atti della sua misericordia e li faccia soffrire non con tutta l'atrocità delle pene di cui sono meritevoli.
E questo non nel senso che non subiscano più quelle pene o a un certo punto se ne liberino, ma che le subiscano più miti e sopportabili di quanto meritano.
In questo modo rimarrà l'ira di Dio e in essa non reprimerà gli atti della sua misericordia.
Però dal momento che non mi oppongo non significa che condivido questa interpretazione.
Del resto non io, ma la sacra Scrittura stessa confuta e smentisce del tutto e con molta chiarezza coloro i quali pensano che, più a titolo di minaccia che di verità, è stato detto: Via da me, maledetti nel fuoco eterno; ( Mt 25,41 ) e: Andranno questi al fuoco eterno; ( Mt 25,46 ) e: Saranno straziati per sempre; ( Ap 20,10 ) e: Il loro verme non morirà e il fuoco non si spegnerà, ( Is 66,24; Mc 9,48 ) e altri testi del genere.
Quelli di Ninive infatti in questa vita fecero penitenza ( Gn 3,7 ) che fu perciò produttrice di frutti come se avessero seminato nel campo del tempo, in cui volle Dio che si seminasse nel pianto quel che in seguito sarebbe mietuto nella gioia. ( Sal 126,6 )
Tuttavia non si potrà negare che in essi fu adempiuto quel che il Signore predisse se si riflette un po' in che modo abbatte i peccatori, non solo usando l'ira ma anche la misericordia.
I peccatori infatti sono abbattuti in due maniere: o come quelli di Sodoma in modo che gli uomini stessi siano puniti per i loro peccati, o come quelli di Ninive in modo che i peccati degli uomini siano distrutti con la penitenza.
Si avverò quindi ciò che il Signore aveva detto; fu abbattuta la Ninive che era malvagia e fu ricostruita buona perché buona non era. ( Gn 4,1-3 )
Infatti, rimanendo in piedi le mura e le abitazioni, la città fu abbattuta nei limiti della pessima condotta.
E così sebbene il profeta fosse afflitto perché non si ebbe l'avverarsi di quell'evento che quegli uomini, stando alla sua profezia, temevano, si avverò tuttavia l'evento preannunziato dalla prescienza di Dio perché Egli che preannunziò sapeva che doveva realizzarsi con un esito migliore.
Ma affinché questi misericordiosi alla rovescia imparino in qual verso si volge il testo: Quanto è grande l'abbondanza della tua dolcezza, Signore, che hai nascosto a coloro che ti temono, leggano il seguito: L'hai disposta per coloro che sperano in te. ( Sal 31,20 )
Gli incisi: L'hai nascosta a coloro che temono, e: L'hai disposta per coloro che sperano significano certamente che per coloro, i quali nel timore delle pene intendono stabilire una propria giustizia che è nella Legge, non è dolce la giustizia di Dio, ( Rm 10,3 ) perché non la conoscono.
Infatti non l'hanno assaggiata.
Sperano in sé appunto, non in lui, e perciò a loro è nascosta l'abbondanza della dolcezza di Dio, giacché lo temono certamente, ma con quel timore da schiavi che non è nella carità perché la perfetta carità estromette il timore. ( 1 Gv 4,18 )
Quindi riserva la propria dolcezza per coloro che sperano in lui infondendo in essi la propria carità affinché con timore casto, non con quello che è estromesso dalla carità ma che rimane per sempre, ( Sal 19,10 ) quando si vantano, si vantino nel Signore.
Cristo è infatti giustizia di Dio, il quale, come dice l'Apostolo, è diventato per noi sapienza da Dio e giustizia e santificazione e redenzione affinché, come sta scritto, chi si vanta si vanti nel Signore. ( 1 Cor 1,30-31 )
Coloro che vogliono stabilire la propria giustizia non conoscono questa giustizia di Dio, che senza meriti è dono della grazia, e perciò non sono sottomessi alla giustizia di Dio che è Cristo. ( Rm 10,3 )
In questa giustizia è riposta l'abbondanza della dolcezza di Dio, in merito alla quale si dice in un Salmo: Assaggiate e vedete quanto è dolce il Signore. ( Sal 34,9 )
Se l'assaggiamo in questo cammino nell'esilio e non ce ne saziamo, ne abbiamo piuttosto fame e sete per saziarcene poi quando lo vedremo come è ( 1 Gv 3,2 ) e si adempirà quel che è stato detto: Mi sazierò quando si manifesterà la tua gloria. ( Sal 17,15 )
Così riserva il Cristo l'abbondanza della sua dolcezza per coloro che sperano in lui.
Supponiamo inoltre che Dio nasconda a coloro che lo temono la propria dolcezza, come quei tali la concepiscono e per cui non condannerà i peccatori affinché, ignari di questo e nel timore di essere dannati, comincino a vivere onestamente e vi siano così coloro che pregano per coloro che non vivono onestamente.
In che senso allora la riserva per coloro che sperano in lui, giacché, come fantasticano costoro, a motivo di questa dolcezza non condannerà coloro che non sperano in lui?
Si pensi dunque a una dolcezza che riserva per coloro che sperano in lui e non a quella che, come si suppone, riserva per coloro che lo oltraggiano e bestemmiano.
Invano dunque l'uomo dopo questa vita ricerca ciò che in vita ha trascurato di procurarsi.
Anche il pensiero dell'Apostolo: Dio ha rinchiuso tutti nella mancanza di religione per usare a tutti misericordia, ( Rm 11,32 ) non è stato enunziato nel senso che non condannerà nessuno, ma se ne manifesta il significato da quel che precede.
Infatti l'Apostolo, parlando dei Giudei, che in seguito avrebbero creduto, ai pagani, ai quali, ormai credenti, scriveva delle lettere, dice: Come voi infatti un tempo non avete creduto a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro mancanza di fede, così anch'essi ora non hanno creduto nella misericordia usata a voi per ottenere anch'essi misericordia. ( Rm 11,30-31 )
Poi ha soggiunto quel motivo con cui costoro errando si lusingano e ha detto: Dio ha rinchiuso tutti nella mancanza di religione per usare a tutti misericordia.
Tutti, cioè coloro di cui si parlava, come se dicesse: voi e loro.
Dio dunque ha rinchiuso nella irreligiosità tutti, pagani e Giudei, che ha previsto e ha predestinato a essere conformi all'immagine del Figlio suo, ( Rm 8,29 ) affinché, volti indietro dalla loro irreligiosità col pentimento e rivolti alla dolcezza della misericordia di Dio con la fede, gridassero le parole del Salmo: Quanto è grande l'abbondanza della tua dolcezza, Signore, che hai nascosto a coloro che ti temono, ma l'hai riservata per coloro che sperano, non in sé ma in te. ( Sal 31,20 )
Usa misericordia dunque a tutti i vasi di misericordia.
Che significa: "a tutti"? A quelli, cioè, che da pagani e Giudei ha predestinato, chiamato, giustificato, glorificato, poiché non di tutti gli uomini, ma di tutti questi non condannerà alcuno.
Ma ormai dobbiamo rispondere anche a quelli i quali, come i soprannominati, non garantiscono l'immunità dal fuoco non solo al diavolo e ai suoi angeli, ma neanche a tutti gli uomini, soltanto però a quelli che sono rigenerati nel battesimo e resi partecipi del suo corpo e del suo sangue, qualunque sia l'eresia o l'immoralità in cui siano vissuti.
Ma li confuta l'Apostolo, il quale dice: Sono ben note le opere della carne che sono: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come ho già detto, che chi le compirà non avrà parte nel regno di Dio. ( Gal 5,19-21 )
Questo pensiero dell'Apostolo è certamente falso se quei tali, liberati dopo un qualsiasi periodo di tempo, avranno parte nel regno di Dio.
Ma siccome non è falso, nel regno di Dio non avranno parte.
E se mai faranno parte del regno di Dio, saranno trattenuti nella pena eterna, poiché non v'è una condizione di mezzo, in cui non sia nella pena eterna chi non è stato associato a quel regno.
Perciò giustamente s'impone il problema del senso con cui si devono interpretare queste parole di Gesù: Questo è il pane che discende dal cielo affinché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo che sono disceso dal cielo; se uno mangerà di questo pane, vivrà in eterno. ( Gv 6,50-51 )
Coloro ai quali si deve rispondere in seguito rifiutano l'assunto del testo a coloro ai quali stiamo rispondendo.
E sono coloro che assicurano la liberazione finale non a tutti coloro che hanno ricevuto il sacramento del battesimo e del corpo di Cristo, ma ai soli cattolici, anche se vivono nell'immoralità.
Non soltanto col sacramento, dicono, ma nella realtà si sono nutriti del corpo di Cristo, poiché sono congiunti al suo corpo, di cui ha detto l'Apostolo: Sebbene in molti siamo un solo pane e un solo corpo. ( 1 Cor 10,17 )
Si deve infatti considerare che mangia il corpo di Cristo e beve il suo sangue chi è nell'unità del suo corpo, cioè nella struttura organica delle membra cristiane, poiché i fedeli sono soliti ricevere dall'altare nella comunione il sacramento del suo corpo.
Perciò gli eretici e gli scismatici, separati dall'unità del corpo di Cristo, possono ricevere il sacramento in parola, ma non utile per loro, anzi nocivo, nel senso che con esso sono giudicati magari più severamente anziché liberati, sia pure più tardi.
Non sono infatti in quel vincolo di concordia che è rappresentato da quel sacramento.
Ma d'altra parte anche quelli, che con criterio interpretano di non dover pensare che si cibi del corpo di Cristo chi non è nel corpo di Cristo, accordano senza criterio la liberazione, a un certo punto, dal fuoco delle pene eterne a coloro i quali dall'unità di quel corpo cadono nell'eresia o nella falsa religione dei pagani.
Prima di tutto debbono riflettere come sia inammissibile e troppo in contrasto con la sana dottrina che molti o quasi tutti coloro che, uscendo dalla Chiesa cattolica, hanno fondato irriverenti eresie e sono divenuti eresiarchi, abbiano una giustificazione migliore di quelli che non sono stati mai cattolici, poiché sono incappati nei loro lacci.
È assurdo se ottiene che siano liberati dalle pene eterne il fatto che sono stati battezzati nella Chiesa cattolica e all'inizio hanno ricevuto il sacramento del corpo di Cristo nel vero corpo di Cristo, perché il disertore della fede, che da disertore si è reso avversario, è peggiore di colui che non ha abiurato una dottrina che non ha mai professato.
Poi anche a loro si oppone l'Apostolo che pronunzia le parole citate e dopo aver elencato le opere della carne, con la medesima veridicità profetizza: Coloro che agiscono così non avranno parte nel regno di Dio. ( Gal 5,21 )
Quindi anche quelli di condotta degna di perdizione e di condanna, che però fino alla fine perseverano in una certa comunione con la Chiesa cattolica, non devono ritenersi sicuri lusingandosi intenzionalmente con le parole: Chi persevererà sino alla fine sarà salvo. ( Mt 10,22 )
In tal modo attraverso la disonestà della vita abbandonano la stessa onestà della vita che è il Cristo, o fornicando o eseguendo sul proprio corpo le altre impurità di atti disonesti, che l'Apostolo non ha voluto neanche nominare, o dilagando nell'immoralità della lussuria, o compiendo altre azioni, di cui l'Apostolo ha detto: Coloro che agiscono così non avranno parte nel regno di Dio. ( Gal 5,21 )
Perciò tutti coloro che si comportano così potranno andare soltanto alla pena eterna, poiché non potranno essere nel regno di Dio.
Se perseverano in quelle azioni sino alla fine della vita, certamente non si può dire che hanno perseverato in Cristo sino alla fine, poiché perseverare in Cristo è perseverare nella sua fede; e la fede, come la delinea l'Apostolo, opera mediante la carità; ( Gal 5,6 ) e la carità, come egli dice in un altro passo, non opera il male. ( Rm 13,10; 1 Cor 13,4 )
Perciò non si deve affermare che essi si cibano del corpo di Cristo, giacché non devono neanche essere considerati come membra di Cristo.
Per non parlare d'altro, non possono essere contemporaneamente membra di Cristo e membra di una prostituta. ( 1 Cor 6,15 )
Inoltre Egli dice: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. ( Gv 6,56 )
Mostra che cosa significa mangiare il corpo di Cristo e bere il suo sangue, non solo nel sacramento ma nella realtà, cioè rimanere nel Cristo affinché in lui rimanga il Cristo.
Ha detto quelle parole come se dicesse: "Chi non rimane in me e colui in cui io non rimango non affermi o pensi di mangiare il mio corpo e di bere il mio sangue".
Perciò non rimangono in Cristo coloro che non sono sue membra.
E non sono membra di Cristo coloro che si rendono clienti di una prostituta, se non desisteranno col pentimento di essere quel male e non torneranno con la riconciliazione a questo bene.
Ma i cristiani cattolici però, obiettano, hanno come fondamento il Cristo perché non hanno defezionato dall'unione con lui, anche se sopra questo fondamento hanno costruito una qualsiasi pessima vita come legno, fieno, paglia. ( 1 Cor 3,11-12 )
Dunque la retta fede, mediante la quale Cristo è il fondamento, sebbene con la punizione perché le cose costruite sopra saranno bruciate, tuttavia a un certo punto li potrà salvare dalla perennità di quel fuoco.
Può rispondere a loro in breve l'apostolo Giacomo: Se qualcuno dicesse di avere la fede, ma non ha le opere, forse che la fede lo potrà salvare? ( Gc 2,14 )
E chi è allora, dicono, colui di cui l'Apostolo dice: Tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco? ( 1 Cor 3,15 )
Esaminiamo insieme chi è costui; è tuttavia indiscutibile che un individuo simile non esiste per non mettere in urto il pensiero dei due Apostoli, se uno dice: "Se qualcuno avrà compiuto azioni cattive, la fede lo salverà mediante il fuoco"; e l'altro: Se uno non ha le opere, forse che la fede lo potrà salvare?
Apprenderemo chi si può salvare mediante il fuoco se prima apprendiamo che cosa significa avere il Cristo come fondamento.
Per cogliere quanto prima tale significato dall'analogia stessa, riflettiamo: nessuna struttura nell'edificio è anteposta al fondamento; quindi chiunque ha nel cuore il Cristo, in modo tale che non gli antepone gli ideali della terra e del tempo e neanche quelli che sono leciti e di consiglio, ha il Cristo come fondamento; se li antepone, quantunque sembri che abbia la fede di Cristo, non v'è tuttavia in lui il Cristo come fondamento perché gli si antepongono quegli ideali; a più forte ragione se, trascurando i comandamenti della salvezza, commette azioni immorali, si può rimproverargli che non ha anteposto ma posposto il Cristo, perché ha gettato alle spalle il suo comandamento o il suo consiglio, dal momento che contro i suoi comandamenti e consigli ha preferito, mediante colpe, appagare la propria lussuria.
Se dunque un cristiano ama una prostituta e diviene un solo corpo congiungendosi a lei, ( 1 Cor 6,16 ) non ha il Cristo nel fondamento.
Se qualcuno invece ama la propria moglie, ma in Cristo, ( Ef 5,25 ) non v'è dubbio che per lui nel fondamento v'è Cristo.
Se invece la ama secondo il costume del mondo, sensualmente, nella esaltazione delle passioni, come i pagani che non conoscono Dio, per indulgenza l'Apostolo ammette tale comportamento, ( 1 Ts 4,5 ) o meglio Cristo mediante l'Apostolo.
Anche questo individuo dunque può avere Cristo nel fondamento. ( 1 Cor 7,5ss )
Se infatti non gli antepone nulla di simile affettuosità e piacere, sebbene al di sopra costruisca legno, fieno, paglia, è Cristo il fondamento e perciò avrà la salvezza mediante il fuoco.
Infatti il fuoco dell'afflizione brucerà le soddisfazioni di tal fatta e gli amori terreni, non meritevoli di condanna a causa del vincolo coniugale; a questo fuoco appartengono appunto le perdite e tutte le disgrazie che eliminano tali soddisfazioni.
Perciò per chi ha costruito, questa costruzione sarà sfavorevole perché non recupererà quel che ha costruito al di sopra e sarà afflitto dalla loro perdita perché gioiva godendone, ma sarà salvo mediante questo fuoco in virtù del fondamento, giacché se da un persecutore gli fosse proposto se preferiva avere quella soddisfazione o il Cristo, certamente la soddisfazione non sarebbe stata anteposta al Cristo.
Riconosci nelle parole dell'Apostolo l'uomo che sopra il fondamento costruisce oro, argento, pietre preziose: Chi è senza moglie, dice, pensa alle cose di Dio, come possa piacere a Dio. ( 1 Cor 7,32 )
Ravvisa l'altro che costruisce legno, fieno, paglia: Chi invece è sposato, dice, pensa alle cose del mondo, come possa piacere alla moglie. ( 1 Cor 7,33 )
L'opera di ciascuno sarà resa palese; la farà conoscere quel giorno ( cioè il giorno dell'afflizione ), poiché, continua, si manifesterà nel fuoco. ( 1 Cor 3,13 )
( Definisce fuoco questa stessa afflizione, come si legge in un altro passo della sacra Scrittura: La fornace prova gli oggetti del vasaio e l'esperienza dell'afflizione gli uomini giusti ( Sir 27,6 ) ).
E il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. ( 1 Cor 3,13 )
Se l'opera di qualcuno persisterà ( persiste il fatto che uno pensa le cose che sono di Dio, come possa piacere a Dio ), riceverà una ricompensa di ciò che ha costruito sopra ( così riceverà da dove ha pensato di ricevere ); ma se l'opera finirà bruciata, subirà la punizione ( perché non avrà ciò che ha amato ), tuttavia egli si salverà ( perché nessuna afflizione lo ha smosso dalla stabilità di quel fondamento ), però come attraverso il fuoco ( 1 Cor 3,14-15 ) ( infatti perde con un fuoco bruciante ciò che ha ottenuto soltanto con un amore allettante ).
In tal modo, per quanto sembra a me, è stato rintracciato il fuoco che non condanna alcuno, ma arricchisce l'uno, punisce l'altro, mette alla prova l'uno e l'altro.
Ma per ipotesi figuriamoci di intravedere in questo passo il fuoco, di cui il Signore dirà a quelli di sinistra: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno, ( Mt 25,41 ) in modo che si ravvisino in essi anche costoro che sul fondamento costruiscono legno, fieno, paglia e che il merito del buon fondamento dopo un periodo di tempo, relativo ai demeriti, li liberi da quel fuoco.
Allora dovremmo intravedere in quelli di destra, ai quali si dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi, ( Mt 25,34 ) soltanto coloro che sul fondamento hanno costruito oro, argento e pietre preziose.
Ma in quel fuoco, di cui è stato detto: Così come attraverso il fuoco, ( 1 Cor 3,15 ) se si deve interpretare in questo senso, certamente vi si dovrebbero gettare tanto quelli di destra come quelli di sinistra.
Gli uni e gli altri infatti devono essere saggiati da quel fuoco perché di esso è scritto: Farà conoscere quel giorno perché si manifesterà col fuoco e il fuoco saggerà la qualità dell'opera di ciascuno. ( 1 Cor 3,13 )
Se dunque il fuoco saggerà l'una e l'altra opera in modo che se l'opera di uno resisterà, cioè non sarà distrutta dal fuoco, ciò che ha costruito sopra il fondamento riceva la ricompensa, se invece l'opera di uno brucerà, subisca la punizione, certamente non è quello il fuoco eterno.
In quel fuoco saranno gettati soltanto quelli di sinistra con una finale e perenne condanna, questo invece si limita a saggiare quelli di destra.
Ma saggia alcuni in modo da non bruciare e distruggere la costruzione che troverà da loro eretta sul fondamento Cristo; diversamente saggia gli altri, nel senso cioè che brucia ciò che hanno eretto al di sopra e da questo subiscano la punizione, ma abbiano la salvezza perché con una carità, che è al di sopra, hanno conservato il Cristo stabilmente posto nel fondamento.
Se dunque avranno la salvezza, certamente staranno alla destra e con gli altri udranno: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi, non alla sinistra, dove saranno coloro che non avranno la salvezza e quindi udranno: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno.
Nessuno sarà immune da quel fuoco, perché tutti quelli andranno alla pena eterna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si spegne e con esso saranno straziati giorno e notte per sempre.
Se si afferma che nel periodo di tempo che dalla morte del corpo si protrae fino a quel giorno, che dopo la risurrezione dei corpi sarà il giorno finale della condanna e della ricompensa, l'anima dei defunti sopporti un fuoco tale che non debbano sperimentare coloro i quali nella vita terrena non ebbero costumi e amori tali che il loro legno, fieno e paglia siano bruciati; se, al contrario, si afferma che lo sperimentino invece gli altri che si sono portati dietro simili costruzioni e trovino il fuoco di una transitoria sofferenza, il quale brucia tali costruzioni che, sebbene non meritevoli della condanna, persistono soltanto di là o qui e di là o per questo qui affinché non di là, non ribatto perché probabilmente è vero.
Può infatti appartenere a questo tipo di espiazione anche la morte fisica che è stata contratta dalla perpetrazione del peccato originale, sicché in corrispondenza alla costruzione di ciascuno si trascorra da lui il tempo che la segue.
Anche le persecuzioni, dalle quali sono stati coronati i martiri e che qualsiasi cristiano può subire, saggiano, come il fuoco, ambedue le costruzioni e alcune ne distruggono con gli stessi costruttori, se non trovano in esse Cristo come fondamento, le altre senza i costruttori se ve lo trovano.
Infatti, sia pure con la punizione, costoro avranno la salvezza, ma le persecuzioni non distruggono le altre costruzioni perché le riscontrano tali da persistere nell'eternità.
Vi sarà alla fine del mondo, al tempo dell'Anticristo, una espiazione quale mai si ebbe. ( Mt 24,21 )
Vi saranno allora molte costruzioni, di oro e di fieno, sull'ottimo fondamento che è Cristo Gesù, in modo che il fuoco saggi le une e le altre e dalle prime adduca beatitudine e dalle altre punizione, ma in virtù dello stabile fondamento non dia alla perdizione né gli uni né gli altri di coloro in cui riscontra tali costruzioni.
Ma chiunque antepone a Cristo, non dico la moglie, dal cui accoppiamento nella carne usa per un piacere carnale, ma anche altri individui legati dall'affetto, esenti da simili soddisfazioni, amandoli carnalmente in modo umano, non ha il Cristo come fondamento e quindi non avrà mediante il fuoco la salvezza, ma non l'avrà affatto perché non potrà essere con Cristo che dà la salvezza e che sull'argomento ha detto con molta chiarezza queste parole: Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; e chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me. ( Mt 10,37 )
Però chi ama questi vincoli di parentela carnalmente, in modo però da non anteporli al Cristo e da preferire di essere privo di loro anziché del Cristo, qualora fosse costretto a un simile momento critico della prova, avrà la salvezza nel fuoco perché è ineluttabile che per la loro perdita il dolore bruci tanto quanto l'amore rendeva uniti.
Inoltre, se qualcuno amerà padre e madre, figli e figlie secondo il Cristo in modo da provvedere a loro per raggiungere il suo regno ed essere a lui uniti, o se ama in essi il fatto che sono membra del Cristo, certamente questo affetto non si riscontrerà nel legno, fieno e paglia per essere bruciato, ma sarà assegnato alla costruzione in oro, argento e gemme.
Come infatti può amare loro più che il Cristo se li ama per lui?
Rimane da rispondere a quelli, i quali dicono che bruceranno nel fuoco coloro che trascurano di fare elemosine adeguate ai propri peccati, in relazione a quel che dice l'apostolo Giacomo: Giudizio senza misericordia per colui che non ha usato misericordia. ( Gc 2,13 )
Per colui dunque che l'ha usata, dicono, anche se non ha emendato la condotta perversa, ma in mezzo alle proprie elemosine è vissuto con un comportamento infame e indegno, vi sarà un giudizio con misericordia nel senso che non sia condannato affatto o dopo qualche tempo sia prosciolto dalla condanna finale.
E pensano che il Cristo col solo criterio della diligenza e trascuranza delle elemosine operi la separazione tra quelli di destra e quelli di sinistra per inviare gli uni al regno, gli altri alla pena eterna.
Per convincersi della possibilità che mediante le elemosine siano loro rimessi i peccati di ogni giorno che, di qualsiasi qualità e numero, non cessano mai di commettere, si danno da fare per aggiudicare a sé come patrocinatrice e teste la preghiera che il Signore stesso ha insegnato.
Come non v'è giorno, dicono, in cui dai cristiani non si dice questa preghiera, così non v'è un qualsivoglia peccato di ogni giorno che con essa non sia rimesso, quando diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, se procuriamo di eseguire quel che segue: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )
Il Signore, dicono, non ha detto: "Se rimetterete i peccati agli uomini, il Padre vostro rimetterà a voi i piccoli peccati di ogni giorno", ma dice: Rimetterà a voi i vostri peccati. ( Mt 6,14 )
Dunque di qualunque quantità e numero siano, anche se si commettono ogni giorno ed anche se la vita non se ne ritrae col volgersi a una vita più buona, pretendono che si possano loro rimettere attraverso le elemosine del perdono accordato.
Giustamente costoro avvertono che si devono offrire elemosine adeguate per i peccati; però se dicessero che elemosine di qualsiasi genere possono ottenere la misericordia di Dio anche per i gravi peccati di ogni giorno e per l'assuefazione, per quanto prolungata, ad azioni riprovevoli, in modo che ad essi segua il condono di ogni giorno, si dovrebbero accorgere di dire una cosa assurda e ridicola.
Sarebbero costretti ad ammettere l'eventualità che un uomo ricchissimo con dieci monetine, spese in elemosine, riscatti omicidi, adultèri e azioni criminali di qualsiasi genere.
Se è assolutamente assurdo e pazzesco affermarlo e si chiede quali elemosine siano adeguate ai peccati e delle quali anche il Precursore di Cristo diceva: Fate dunque frutti degni di conversione, ( Mt 3,8; Lc 3,8 ) si nota ovviamente che non la compiono coloro che fino alla morte dissipano la propria vita con la perpetrazione di giornalieri delitti.
Questo soprattutto perché, appropriandosi dei beni degli altri, ne sottraggono molti di più di quei pochi con cui, donandoli ai poveri, si lusingano di sfamare il Cristo, sicché, illudendosi di aver comprato da lui il permesso di azioni malvage o meglio di comprarlo ogni giorno, commettono tranquilli tante opere biasimevoli.
Invece, se essi per una sola colpa grave distribuissero alle membra indigenti di Cristo tutti i propri beni e non desistessero da tali azioni con l'esercizio della carità che non opera alla cieca, non potrebbe esser loro di giovamento. ( 1 Cor 13,4 )
Chi dunque offre elemosine adeguate ai propri peccati, cominci prima ad offrirle da se stesso.
È sconveniente infatti che non operi per sé chi opera per il prossimo giacché può ascoltare la parola di Dio: Amerai il prossimo tuo come te stesso; ( Mt 22,39; Mc 12,31; Lv 19,18 ) e: Abbi pietà della tua anima rendendoti gradito a Dio. ( Sir 30,24 )
Non si può dire infatti che chi non offre alla propria anima questa elemosina, cioè di rendersi gradito a Dio, può elargire elemosine adeguate ai propri peccati.
A proposito v'è il passo della Scrittura: Chi è cattivo con se stesso, con chi sarà buono? ( Sir 14,5 )
Le elemosine infatti aiutano le preghiere e si deve certamente prestare attenzione al passo della Scrittura: Figlio, hai peccato, non aggiungerne altri e prega per le colpe passate affinché ti siano perdonate. ( Sir 21,1 )
Per questo appunto si devono offrire elemosine, per essere esauditi quando imploriamo il perdono per i peccati passati e non per illuderci che, pur ostinandoci in essi, mediante le elemosine ci procuriamo il permesso di fare del male.
Perciò il Signore ha predetto che calcolerà a quelli di destra le elemosine elargite e a quelli di sinistra le non elargite, per mostrare quanto siano utili a cancellare i peccati già commessi e non a commetterli per sempre impunemente.
Non si deve pensare che fanno elemosine coloro che non vogliono dall'abitudine a colpe gravi convertire in meglio la propria vita.
Anche nelle parole: Quando non l'avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, non lo avete fatto a me, ( Mt 25,45 ) dimostra che non lo fanno anche quando si illudono di farlo.
Se dessero il pane a un cristiano affamato perché cristiano, non rifiuterebbero per sé il pane di giustizia che è lo stesso Cristo, poiché Dio non bada a chi si dà, ma con quale intenzione si dà.
Chi dunque ama Cristo nel cristiano gli porge l'elemosina con l'intenzione di andare a Cristo e non di allontanarsi impunito da lui.
Tanto più uno infatti si allontana da Cristo quanto più ama ciò che Egli condanna.
E che cosa giova ad uno essere battezzato se non è libero dal peccato?
Infatti chi ha detto: Se uno non sarà rinato da acqua e da Spirito, non entrerà nel regno di Dio, ( Gv 3,5 ) ha detto anche: Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. ( Mt 5,20 )
Perché temendo il primo monito molti corrono a battezzarsi e non temendo l'altro non molti si preoccupano di essere liberi dal peccato?
Come dunque non dice a un suo fratello: Pazzo chi, nel dirlo, non è avverso all'affetto per il fratello ma al suo peccato, altrimenti sarà reo del fuoco della geenna, ( Mt 5,22 ) così al contrario se si porge un'elemosina a un cristiano, non la porge a un cristiano chi in lui non ama il Cristo; e non ama il Cristo chi si rifiuta di essere libero in Cristo dal peccato.
E se qualcuno sarà incorso in questa colpa, di dire a un suo fratello: Pazzo, cioè se senza voler evitare un suo peccato, lo oltraggerà ingiustamente, è troppo poco per lui fare delle elemosine allo scopo di riparare, se non aggiunge il rimedio della riconciliazione che si ha nel seguito del passo citato.
Lì segue infatti: Se dunque presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricorderai che un tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi tornerai ad offrire il tuo dono. ( Mt 5,23-24 )
Perciò è troppo poco offrire le molte elemosine per qualsiasi grave peccato e rimanere nel vezzo dei peccati gravi.
La preghiera di ogni giorno, che ci ha insegnato Gesù stesso, e perciò è detta anche del Signore, toglie certamente i peccati di ogni giorno, quando ogni giorno si dice: Rimetti a noi i nostri debiti, e quel che segue non solo si dice ma anche si compie: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori, ( Mt 6,12 ) ma si dice perché si commettono i peccati, ma non affinché si commettano perché si dice.
Il Salvatore ci ha voluto mostrare che, per quanto viviamo onestamente nella fragilità del pensiero e del volere di questa vita, non ci vengono a mancare i peccati e che dobbiamo pregare perché ci siano rimessi e dobbiamo perdonare quelli che peccano contro di noi affinché anche a noi si perdoni.
Perciò il Signore non ha detto: Se rimetterete agli uomini i peccati, anche il Padre vostro rimetterà a voi i vostri peccati, ( Mt 6,14 ) affinché, contando su questa preghiera, commettessimo le colpe di ogni giorno, tranquilli per il prestigio per cui non dobbiamo temere le leggi degli uomini, o con l'intrigo col quale possiamo ingannare gli uomini stessi, ma affinché, mediante la preghiera, imparassimo a non ritenerci senza peccati, anche se siamo immuni dai delitti.
Anche ai sacerdoti della vecchia Legge Dio inculcò questo stesso avvertimento riguardo ai sacrifici che ordinò di offrire prima per i propri peccati, poi per quelli del popolo. ( Lv 16,6; Eb 7,27 )
Poi anche le parole del grande Maestro e Signore nostro si devono esaminare con attenzione.
Egli non ha detto: "Se rimetterete i peccati agli uomini, anche il Padre vostro rimetterà a voi i peccati di qualsiasi specie", ma ha detto: i vostri peccati.
Egli stava insegnando la preghiera di ogni giorno e parlava ai discepoli liberati dal peccato.
Dunque l'assunto: I vostri peccati significa i peccati senza dei quali neanche voi sarete, sebbene restituiti all'onestà e alla santità.
Dunque nel passo, in cui costoro cercano, mediante questa preghiera, il pretesto per commettere delitti ogni giorno e affermano che il Signore ha incluso anche i peccati gravi, perché non ha detto: "Rimetterà i peccati leggeri", ma i vostri peccati, noi nello stesso passo, tenendo presente coloro a cui parlava e ascoltando le parole: I vostri peccati, dobbiamo concludere che erano peccati leggeri, perché i peccati di simili persone non erano gravi.
E poi, dico, i peccati gravi, dai quali si deve recedere col miglioramento della condotta, non sono rimessi se non si adempiono quelle parole: Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.
Se i peccati più leggeri, dei quali neanche la vita dei giusti è immune, non si rimettono con altro mezzo, a più forte ragione coloro, che sono immischiati in molte e gravi colpe, anche se ormai smettono di compierle, non ottengono il perdono, se saranno inesorabili nel rimettere agli altri qualsiasi loro mancanza, giacché il Signore dice: Se non rimetterete agli uomini, neanche il vostro Padre rimetterà a voi. ( Mt 6,15 )
È valido a proposito il pensiero dell'apostolo Giacomo che si avrà un giudizio senza misericordia per chi non ha usato misericordia. ( Gc 2,13 )
Deve venire in mente anche quel servitore, al quale, essendo debitore, il padrone condonò diecimila talenti, ( Mt 18,23ss ) che poi gli ingiunse di restituire, poiché egli non ebbe compassione di un suo compagno che gli doveva cento denari.
Dunque per quelli che sono figli della promessa e vasi di misericordia ( Gal 4,28; Rm 9,23 ) vale quel che il medesimo Apostolo ha soggiunto: La misericordia invece prevale sul giudizio. ( Gc 2,13 )
Infatti anche quei giusti, che sono vissuti in tale santità da accogliere nelle dimore eterne anche gli altri, divenuti loro amici con un provento illecito, ( Lc 16,9 ) per essere così santi sono stati liberati da colui che rende onesto il disonesto perché attribuisce la paga in base al credito e non al debito. ( Pr 17,15; Rm 4,5 )
Nel loro numero v'è anche l'Apostolo che dice: Ho ottenuto misericordia dal Signore per meritare fiducia. ( 1 Cor 7,25; 1 Tm 1,12 )
Si deve ammettere poi che coloro i quali sono accolti dagli eletti nelle dimore eterne non siano dotati di una condotta tale che per liberarli, senza il favore dei santi, possa bastare la loro vita e che perciò molto più largamente in essi prevale la misericordia sul giudizio.
Tuttavia non si deve pensare che un individuo molto colpevole, non convertito a una vita buona o più accettabile, sia accolto nelle dimore eterne perché ha reso omaggio ai santi da un provento illecito, cioè da denaro o ricchezze mal guadagnate o, anche se bene, non vere, sebbene la disonestà pensa che siano ricchezze perché non sa quali siano le vere, di cui abbondano coloro che accolgono gli altri nelle dimore eterne. V'è dunque un tenore di vita, non tanto cattiva che per coloro che lo mantengono non giovi a raggiungere il regno dei cieli la generosità delle elemosine, con le quali ha il sostentamento anche la povertà dei santi e ne divengono amici coloro che li ricevano nelle dimore eterne; e non tanto buona che da sola basti a conseguire la grande felicità se non conseguono la misericordia con i meriti di coloro che hanno reso amici.
Sono solito stupirmi che anche in Virgilio si riscontri il pensiero del Signore che dice: Fatevi degli amici da un provento illecito affinché essi vi accolgano nelle dimore eterne, ( Lc 16,9 ) o quest'altro molto simile: Chi accoglie un profeta, come profeta, riceverà la ricompensa del profeta e chi riceverà un giusto, come giusto, riceverà la ricompensa del giusto. ( Mt 10,41 )
Difatti il grande poeta, nel descrivere i Campi Elisi in cui, come essi pensano, soggiornano le anime dei beati, non vi ha assegnato soltanto le anime di coloro che con i propri meriti sono potuti giungere a quelle dimore, ma ha soggiunto: E coloro che hanno suscitato il ricordo degli altri,35 cioè coloro che hanno conseguito la benevola attenzione degli altri e hanno destato il loro ricordo con opere meritevoli; proprio come se rivolgessero loro l'espressione che si usa frequentemente nel linguaggio cristiano quando qualche persona umile si raccomanda a uno dei santi e dice: "Ricordati di me", e procura con opere meritorie che questo avvenga.
Ma è molto difficile giudicare e molto rischioso stabilire quale sia il criterio e quali siano i peccati che impediscono l'arrivo al regno di Dio, ma che tuttavia ottengono il perdono per i meriti di santi amici.
Io, sebbene mi dessi da fare fino ad oggi sull'argomento, non sono potuto giungere a formulare una conclusione.
E forse questi concetti sfuggono affinché non stagni la diligenza per giungere a evitare tutti i peccati.
Infatti, se si sapesse quali e di quale specie siano le colpe per le quali, anche se abituali e non superate con l'avanzamento a una vita più buona, si deve desiderare e sperare l'intercessione dei giusti, l'umana noncuranza si intricherebbe tranquilla in essi e non si preoccuperebbe affatto di districarsi dai grovigli con la funzione svincolante di qualche virtù, ma cercherebbe soltanto di liberarsi con i meriti degli altri, che avrebbero resi amici con la generosità delle elemosine da proventi illeciti.
Ora invece, finché s'ignora il limite d'una colpa veniale, anche se abituale, si osserva però l'impegno di avanzare a un miglioramento pregando e resistendo più attentamente e non si trascura la sollecitudine di farsi amici i santi dal provento illecito.
Però questo tipo di liberazione, che si ha sia con le proprie preghiere di qualsiasi specie, sia con l'intercessione dei santi, ottiene che uno non sia mandato al fuoco eterno e non che, se vi è stato mandato, né sia estratto dopo un certo periodo di tempo.
Infatti coloro i quali pensano d'interpretare quel brano della Scrittura, in cui la terra buona produce il frutto, dove il trenta, dove il sessanta, dove il cento, nel senso che i santi, secondo la differenza dei meriti, liberino alcuni trenta uomini, altri sessanta, altri cento, di solito suppongono che avverrà nel giorno del giudizio e non dopo.
Si dice che un tale, notando che con un simile pregiudizio molti si sarebbero arrogati l'impunità troppo alla rovescia dal momento che in tal modo tutti all'apparenza potrebbero essere assegnati alla salvezza, con molta finezza abbia replicato che piuttosto si deve vivere bene in modo che ciascuno si venga a trovare fra quelli che dovranno intercedere per liberare.
Diversamente gli intercessori sarebbero così pochi che, arrivando ciascuno di essi rapidamente al proprio numero di trenta, sessanta e cento, ne rimangano molti che non possono essere liberati dalle pene con la loro intercessione e che fra di essi si trovi chiunque con infondata storditezza fonda la speranza sul rendimento degli altri.
Mi basta avere replicato queste cose a coloro i quali non rifiutano l'autorità della sacra Scrittura, che abbiamo in comune, ma interpretandola male pensano che avverrà non ciò che essa dice ma ciò che essi vogliono.
Data questa replica, pongo fine al libro come ho promesso.
Indice |
35 | Virgilio, Aen. 6, 664 |