I connubi adulterini |
In risposta a quelle considerazioni che tu mi hai scritto, o pio fratello Pollenzio, io composi un non piccolo volume su coloro che si uniscono ad altri mentre sono ancora vivi i propri coniugi.
Quando questo pervenne al tuo affettuoso interesse, facesti delle aggiunte al tuo scritto, nel desiderio che io rispondessi anche a queste; ma mentre mi accingevo a farlo, completando a mia volta il mio lavoro, in modo che anche la mia risposta costituisse un libro unico, all'improvviso fu pubblicato quello che avevo terminato in precedenza.
Infatti i nostri compagni di fede lo sollecitavano, non sapendo che c'erano delle aggiunte da fare.
Perciò è avvenuto che, agli argomenti che tu avevi aggiunto, io sono stato costretto a rispondere con un altro opuscolo separato; le tue integrazioni al contrario non sono state apportate alla fine dell'opera, ma le hai inframmezzate nel corpo della trattazione, come ti è apparso opportuno.
La prima questione su cui penso di dover rispondere riguarda le parole dell'Apostolo, quando dice: Agli altri infatti sono io, e non il Signore, a dire: la donna non si separi dal marito; ma se si separa, non si risposi, o si riconcili con il proprio marito. ( 1 Cor 7,10-11 )
Secondo te, queste parole, se si separa, non si devono interpretare come riferite alla separazione da un marito adultero, che è la sola causa per cui è lecito separarsi; ma pensi invece che riguardino il caso di un marito fedele e che per questo è ordinato alla donna di astenersi da altre nozze, perché si possa riconciliare con lui, se questi non è disposto alla continenza.
Altrimenti ella in persona, non riconciliandosi, lo spingerebbe alla fornicazione, cioè a prendere un'altra moglie mentre lei stessa è ancora viva.
Ma se la donna abbandona un marito adultero, credi che non le venga prescritto di astenersi da altre nozze: essa lo farà, se vorrà essere continente; ma non sarà imputata di violare un precetto, se si risposerà.
La stessa regola ti sembra che debba essere seguita anche dall'uomo: egli non può ripudiare la moglie se non per causa di fornicazione, ma se la ripudia non deve risposarsi, per potersi riconciliare alla moglie onesta se questa non abbia preferito per caso la continenza.
Infatti, rifiutando la riconciliazione con la moglie casta, la spinge egli stesso all'adulterio, se essa, incapace di restare continente, prende un altro marito mentre è vivo il primo.
Ma quando l'uomo si è separato da una moglie infedele non è vincolato da nessun precetto alla continenza, e non è affatto adultero se sposa un'altra mentre la prima vive ancora.
Infatti il passo del medesimo Apostolo: Finché il marito vive, la moglie gli è legata; ma se il marito muore, essa è libera: sposi chi vuole ( 1 Cor 7,39 ) pensi che si debba intendere così: sia il marito che la moglie colpevoli di adulterio sono da considerarsi per morti; quindi a qualsiasi dei due è lecito risposarsi dopo l'adulterio dell'altro come dopo la sua morte.
Considerate queste tue opinioni, io ti domando: forse chiunque abbia sposato una donna che ha cessato di essere legata a un marito, sarà da considerarsi adultero?
Non credo che possa sembrarti così.
Infatti la donna sarà chiamata adultera se, vivendo ancora il marito, si unisce con un altro uomo, ( Rm 7,3 ) perché, finché il marito vive, essa gli è legata. ( 1 Cor 7,39 )
Ma, se essa non avesse questo legame con un marito vivente, potrebbe sposare un altro senza nessuna colpa di adulterio.
Pertanto, se è legata finché il marito vive, non dovrà dirsi sciolta da questo vincolo in nessun modo, se non morto il marito.
Allora, se questo vincolo tra marito e moglie si scioglie con la morte di uno qualsiasi dei due, e se anche la fornicazione è da considerarsi, come tu dici, una morte, senza dubbio anche la donna che abbia commesso adulterio sarà sciolta dal matrimonio.
Infatti essa non si potrà dire legata al marito, quando invece il marito sarà sciolto da lei.
E per conseguenza, dopo che ella con la fornicazione avrà cessato di essere legata al marito, chiunque la sposerà non sarà adultero.
4. Ora considera quanto sia assurdo che un uomo non sia adultero proprio perché ha sposato un'adultera.
Ma per di più, e questo è ancora più mostruoso, neppure la donna stessa sarà adultera, perché rispetto al secondo uomo non sarà la moglie di un altro, ma proprio la sua.
Infatti, sciolto il precedente vincolo coniugale per mezzo dell'adulterio, può sposare chiunque, purché non coniugato a sua volta, e non sarà un'adultera con un adultero, ma una moglie con un marito.
E allora come rimarrà vero che la moglie è legata, finché suo marito vive? ( 1 Cor 7,39 )
Ecco: il marito vive, perché non è uscito dal proprio corpo, né si è reso colpevole di fornicazione, che tu vuoi considerare al pari della morte, e tuttavia la moglie non è più legata a lui.
Non ti rendi conto quanto questo sia contrario alla frase dall'Apostolo: La moglie gli è legata, finché il marito vive?
Ma forse tu dirai: vive certo, ma ormai non è più suo marito, perché ha cessato di esserlo, quando essa ha sciolto il vincolo coniugale con l'adulterio.
E allora come sarà chiamata adultera, se vivente il marito si unirà a un altro uomo, ( Rm 7,3 ) se è vero che egli non è più suo marito, quando ormai il vincolo coniugale è stato sciolto dall'adulterio della donna?
Chi può essere se non il marito, quest'uomo, vivente il quale essa sarà chiamata adultera, se si unisce a un altro?
Ma se egli ha già cessato di essere il marito, in realtà non sarà chiamata adultera, se si unirà a un altro uomo; al contrario, non avendo alcun marito, sposandosi si troverà unita con il proprio marito.
Ma non ti accorgi che chi la pensa così si trova in contraddizione con l'Apostolo?
In realtà tu non la pensi così, ma queste sono le conseguenze della tua opinione.
Allora, se vuoi evitare le conseguenze cambia le premesse, e non dire più che in questo passo per marito o moglie morti si debba intendere anche marito o moglie adulteri.
Perciò, secondo la sana dottrina, la donna è legata, finché il marito vive, ( 1 Cor 7,39 ) cioè finché egli non è ancora uscito dal corpo.
Infatti la donna sotto un marito è legata alla legge, finché egli è vivo, cioè finché è nel corpo per lui creato.
Ma se il marito morrà, cioè se sarà uscito dal corpo, essa è libera dalla legge del marito.
Pertanto, vivendo il marito, sarà chiamata adultera se si unirà a un altro uomo.
Ma se suo marito morrà, essa è libera dalla legge, e non è adultera se si unisce a un altro uomo. ( Rm 7,2-3 )
Queste parole dell'Apostolo tante volte ripetute, tante volte inculcate, sono vere, sono vive, sono sane, sono chiare.
La donna non comincia a essere moglie di nessun altro uomo, se non ha cessato di esserlo del precedente.
Ma cessa di essere moglie del primo, se il marito muore, e non se commette adulterio.
Perciò ripudiare il coniuge per causa di fornicazione è lecito, ma rimane da rispettare il vincolo per il quale diviene reo di adulterio chi sposa una donna ripudiata, sia pure per causa di fornicazione.
Infatti, poiché il sacramento della rigenerazione rimane in lui, chi è reo di qualche crimine può essere scomunicato, ma non può restar privo di quel sacramento, anche se non si riconciliasse mai più con Dio.
Allo stesso modo, poiché il vincolo dell'unione coniugale rimane in lei, una moglie può essere rimandata per causa di fornicazione, ma non resterà priva di quel vincolo, anche se non si riconciliasse mai più con il marito.
Ne resterà invece priva, se il marito muore, mentre il reo scomunicato non sarà mai privo del sacramento della rigenerazione, anche se non si riconcilia, perché Dio non muore mai.
Allora, se vogliamo essere nel giusto secondo l'Apostolo, ci rimane solo di non dire che l'uomo adultero deve essere considerato per morto, e che perciò è lecito alla moglie di risposarsi.
Benché infatti l'adulterio sia una morte non del corpo, ma dell'anima, che è peggio, tuttavia non di questa morte parlava l'Apostolo, quando diceva: Ma se il marito muore, sposi chi vuole; ( 1 Cor 7,39 ) egli parla invece di quella morte che ci sottrae dal corpo.
Effettivamente, se il vincolo coniugale si scioglie con l'adulterio del coniuge, ne deriva quell'assurdità da cui bisogna guardarsi, come ti ho dimostrato, e cioè che anche la donna, attraverso una condotta impudica, può sottrarsi a questo vincolo; e, se ne viene sciolta, resterà libera dalla legge del marito.
Dunque, ipotesi assolutamente sconsiderata, potrà unirsi ad un altro uomo senza essere adultera, perché per mezzo dell'adulterio si è liberata dal primo marito.
Ma se questa ipotesi è tanto aberrante dalla verità che, non dico nessun cristiano, ma nessuna mente umana la potrebbe accettare, allora evidentemente la donna è legata, finché vive il proprio marito, ( 1 Cor 7,39 ) cioè, per esprimermi in maniera più lampante, finché il marito vive nel corpo.
Per uguale norma, anche l'uomo è legato finché la moglie è nella vita corporale.
Per cui, se vuole ripudiare un'adultera, non prenda un'altra moglie, per non commettere anch'egli la stessa colpa di cui accusa lei.
Ugualmente, se una donna si separa da un adultero, non si unisca a un altro: infatti resta legata al marito, finché egli vive, e non si libera dalla legge del marito se non quando egli è morto; allora non diventa adultera, se si lega con un altro.
A te poi sembra difficile che ci si riconcili fra coniugi dopo un adulterio; ma se c'è la fede, la difficoltà verrà superata.
Perché infatti continuiamo a considerarli adulteri, se siamo convinti che sono stati lavati dal battesimo o risanati dalla penitenza?
Colpe di questo genere nell'antica legge di Dio non si purificavano con nessun sacrificio, ma senza alcun dubbio sono purificate anch'esse dal sangue del Nuovo Testamento.
Per questo allora era in ogni modo proibito di riaccogliere la moglie contaminata da un altro uomo.
Solo David raccolse senza alcuna esitazione la figlia di Saul, che il padre di lei gli aveva tolta per darla a un altro marito, prefigurando in tal modo il Nuovo Testamento. ( 2 Sam 3,14 )
Ma ora, dopo che Cristo ha detto all'adultera: Io non ti condannerò; va' e d'ora in poi non peccare più, ( Gv 8,11 ) chi non capirebbe che il marito ha il dovere di perdonare ciò che ha perdonato il Signore di ambedue?
Anzi, non deve neppure più chiamarla adultera, se crede che la divina misericordia ha cancellato la colpa della donna pentita.
Tutto questo è inaccettabile, evidentemente, per l'intelletto dei non credenti: infatti alcuni di fede debole, o piuttosto nemici della fede autentica, per timore, io credo, di concedere alle loro mogli l'impunità di peccare, tolgono dai loro codici il gesto di indulgenza che il Signore compì verso l'adultera, come se colui che disse: d'ora in poi non peccare più avesse concesso il permesso di peccare, o come se la donna non dovesse essere guarita dal Dio risanatore con il perdono del suo peccato, perché non ne venissero offesi degli insensati.
E infatti quelli ai quali non piace quel gesto del Signore non sono personalmente virtuosi, e non è certo la castità che li rende severi; ma piuttosto appartengono al numero di quegli uomini ai quali il Signore dice: Chi fra di voi è senza peccato, scagli contro di lei per primo la pietra. ( Gv 8,7 )
Solo che quelli, intimoriti dalla coscienza, si ritirarono, rinunciando a tentare Cristo e a punire l'adultera; ( Gv 8,7-11 ) questi invece sono malati e rimproverano il medico, commettono adulterio e sono implacabili contro le adultere.
Ma se a costoro si dicesse, non la frase udita da quelli: Chi è senza peccato ( infatti chi c'è senza peccato? ), ma: Chi è senza questo peccato, scagli contro di lei per primo la pietra, allora forse, invece di sdegnarsi perché non avevano ucciso l'adultera, rifletterebbero alla grande misericordia del Signore, che li perdona e, per quanto adulteri, li lascia vivere.
Ma quando noi diciamo loro queste cose, non solo non vogliono sottrarre nulla alla loro severità, ma per di più si adirano contro la verità e rispondono dicendo: Ma noi siamo uomini!
Allora la dignità del nostro sesso dovrà sopportare questo affronto di essere messi alla pari con le donne nel castigo da subire, se abbiamo relazioni con altre donne oltre le nostre mogli?
Invece, proprio perché sono uomini, ancor più dovrebbero essere in grado di tenere virilmente a freno le illecite concupiscenze; proprio perché sono uomini, ancor più dovrebbero presentarsi alle loro mogli come esempio di questa virtù; proprio perché sono uomini, tanto meno dovrebbero lasciarsi vincere dalla libidine; proprio perché sono uomini, tanto meno dovrebbero farsi schiavi della dissolutezza carnale.
E al contrario si indignano, se sentono che gli uomini adulteri sono soggetti allo stesso castigo delle donne adultere; eppure bisognerebbe punirli tanto più gravemente quanto più ad essi spetta di superare le donne in virtù e di guidarle con l'esempio.
Io certo mi rivolgo a cristiani che, ascoltando con fede le parole: Capo della donna è l'uomo, ( Ef 5,23 ) vi riconoscono che essi devono essere i capi e le donne le loro compagne; perciò l'uomo deve guardarsi dal seguire nella vita una strada sulla quale teme che la moglie possa seguirlo e imitarlo.
Coloro ai quali dispiace che tra la donna e l'uomo si osservi la stessa norma di pudicizia, scelgono piuttosto, specialmente a questo proposito, di essere soggetti alle leggi del mondo anziché a quelle di Cristo, poiché il diritto civile non sembra stringere uomini e donne con i medesimi legami di pudicizia.
Ma allora leggano quello che su questo argomento ha stabilito l'imperatore Antonino : egli non è certo un cristiano, eppure non permette che il marito accusi la moglie di adulterio, se non dà egli stesso esempio di castità con la propria condotta; anzi, li condanna entrambi, se il processo li dimostra entrambi ugualmente di costumi immorali.
Infatti queste sono le parole del suddetto imperatore, che si leggono in Gregoriano: Certo, dice, il mio rescritto non pregiudicherà in nessun modo la causa.
Infatti, se è stato per colpa tua che si scioglie il matrimonio e che secondo la legge Giulia tua moglie Eupasia si risposa, in base a questo mio rescritto non sarà condannata per adulterio, a meno che non risulti averlo effettivamente commesso.
Si baderà d'altra parte ad appurare anche questo, se tu, vivendo onestamente, sei stato di guida a lei nel seguire i buoni costumi.
Infatti mi sembra estremamente ingiusto che l'uomo esiga dalla donna una pudicizia che egli non dimostra: questo principio può far condannare anche l'uomo, e non comporre la questione tra i due per compensazione della colpa reciproca, o sopprimere l'oggetto del processo.4
Se dunque queste norme devono essere osservate per la dignità della città terrena, quanto più casti cittadini richiede la patria celeste e la società angelica?
Stando così le cose, sarà forse minore, o non piuttosto maggiore e più grave, l'impudicizia degli uomini, se messa in rapporto all'orgogliosa e sregolata presunzione che essi hanno in sé?
Dunque, gli uomini non devono avere in abominio ciò che Cristo perdonò all'adultera, ma piuttosto riconoscere il rischio che anch'essi corrono, e poiché soffrono di analoga malattia cercare rifugio nel medesimo Salvatore supplicandolo con devozione.
Devono confessare che l'indulgenza che fu adoperata per quella, come essi leggono, è necessaria anche per loro, e accettando il rimedio per i propri adultèri smettere di commetterne.
E devono anche lodare la tolleranza del Signore nei loro confronti, fare penitenza, assumere un atteggiamento indulgente e mutare convinzione sul castigo delle donne e la loro propria impunità.
Considerato e trattato così l'argomento, se si riflette con fede e umiltà che comune è la condizione, comune il male, comune il pericolo, comune la ferita, comune la salvezza, una riconciliazione tra i coniugi, anche dopo che un adulterio è stato commesso e purificato, non sarà vergognosa né difficile.
Così avviene quando non si dubita che attraverso le chiavi del Regno dei cieli sono rimessi i peccati; e con la remissione non sarà denominata adultera colei che è stata respinta dal marito, perché non sarà più chiamata adultera la donna che partecipa nuovamente del consorzio di Cristo.
Ma ecco, ammettiamo che così non avvenga: nessuno costringe a farlo; anzi, forse una qualche legge di questo mondo lo vieta, secondo il carattere della città terrena, in cui non è stata prevista la cancellazione delle colpe per mezzo del Sangue santo.
Allora si scelga la continenza, che non è proibita da nessuna legge: non si cada in altri adultèri.
Non ci riguarda, se l'adultera non si riconcilia con il marito neppure purificata dalla misericordia divina.
Basta che malgrado la mancata riconciliazione non si stringa un altro preteso matrimonio, che invece si dimostra un adulterio.
Infatti la donna è legata, finché vive il marito. ( 1 Cor 7,39 )
Dunque per conseguenza anche l'uomo è legato, finché vive la moglie.
Questo legame fa sì che non si possano congiungere ad altri senza un'unione adulterina.
Per cui è inevitabile che di due sposi si facciano quattro adùlteri, se tanto l'una che l'altro prendono un compagno illegittimo.
Ora, pecca certo più gravemente chi si risposa dopo aver ripudiato la moglie al di fuori della causa di fornicazione, e a questo tipo di adulterio si riferisce Matteo; tuttavia non si rende colpevole solo questo, ma come si legge in Marco: Chiunque abbia ripudiato la propria moglie, e ne abbia presa un'altra, commette adulterio riguardo alla prima; e se la donna si separa dal proprio marito e ne sposa un altro, commette adulterio; ( Mc 10,11-12 ) e come si legge in Luca: Ogni uomo che ripudia la propria moglie e ne prende un'altra, è adultero; e chi sposa una donna ripudiata dal marito, è adultero. ( Lc 16,18 )
Ma di queste testimonianze ho discusso a sufficienza nel libro precedente.
Ma tu mi rispondi: " Vivere in continenza è di pochi; e perciò coloro che hanno ripudiato dei coniugi adulteri, poiché non possono riconciliarsi, si scorgono talmente in pericolo che accusano la legge di Cristo di essere non umana, ma belluina ".
O fratello, per quanto riguarda gli incontinenti, possono avanzare molte lagnanze e con esse proclamare la legge di Cristo selvaggia e non umana, e tuttavia non abbiamo il diritto di pervertire o mutare il Vangelo di Cristo per causa loro.
Naturalmente tu ti preoccupi solo per la protesta di coloro che ripudiano la moglie perché si presenta il motivo della fornicazione, e che pure non riceverebbero il permesso di prenderne un'altra: infatti vivere in continenza è di pochi e a questa scelta devono essere spronati dalla lode, non costretti dalla legge.
Dunque, se ripudiata un'adultera non ci si può risposare, l'incontinenza umana avrà un giusto motivo di lamentela, secondo te.
Ma rifletti in quanti altri casi dovremmo necessariamente permettere che si consumi un adulterio, se volessimo accogliere le lagnanze degli incontinenti.
Che faremo se la moglie è colpita da una lunga e incurabile malattia, dalla quale sia reso impossibile il rapporto coniugale?
E se la prigionia o qualche altro motivo di violenza provoca una separazione, per cui il marito sa che la moglie è viva, ma gli viene impedito il godimento della sua persona?
Pensi forse che bisognerà accogliere i mormorii degli incontinenti e permettere altrettanti adultèri?
E come spieghi che il Signore, interrogato proprio su questo, rispose che non si deve ripudiare la moglie, ma Mosè solo per la loro durezza di cuore ( Mt 19,8 ) permise di consegnarle il libello del ripudio, e di rimandarla per un qualsiasi motivo?
La legge di Cristo non dispiace forse agli incontinenti, che per mezzo del ripudio vorrebbero liberarsi delle mogli litigiose, ingiuriose, autoritarie, petulanti, schizzinose all'estremo nell'assolvere il debito coniugale e prenderne altre? ( 1 Tm 5,13 )
Allora, perché l'incontinenza di costoro ha preso ad aborrire la legge di Cristo, la legge di Cristo deve essere a loro arbitrio mutata?
Consideriamo il caso che un marito abbandoni la moglie, o una moglie il marito, non per motivo di fornicazione, ma a scopo invece di vivere in continenza, mentre il coniuge a cui per questo si dà il ripudio sia incontinente.
Ora io domando: sarà o no adultero, se si risposa?
Se si risponde: Non lo sarà, si contraddicono le parole del Signore, che suonano così: È stato poi detto: chiunque ripudia la moglie, le dia il libretto del ripudio.
Ma io invece vi dico: chiunque ripudia la moglie, eccetto per causa di fornicazione, la induce all'adulterio; e chi sposa la ripudiata, commette adulterio. ( Mt 5,31-32 )
Ecco: è stata ripudiata, non è stata lei a lasciare il marito; e poiché essere continenti è di pochi, ha ceduto all'incontinenza e si è risposata; eppure abbiamo lo stesso un adultero che sposa un'adultera.
Sono entrambi colpevoli, entrambi condannabili, sia la donna, perché si è risposata mentre il marito è ancora vivo, sia l'uomo, perché ha sposato una donna il cui marito è ancora vivo.
È forse qui che chiameremo inumana la legge di Cristo, perché dichiara questa donna colpevole di un peccato gravissimo e la punisce?
Eppure è il marito che l'ha ripudiata senza che vi sia stato alcun motivo di fornicazione da parte sua, e che l'ha costretta con il ripudio a risposarsi, dato che essere continenti è di pochi.
Allora, perché non diciamo anche qui che si deve considerare per morto chi con un ingiusto ripudio ha rotto per primo il vincolo coniugale?
Infatti, con che criterio dirai che infrange il vincolo coniugale chi tradisce la moglie senza ripudiarla, e non invece chi ripudia una moglie benché onesta?
Io dico, al contrario, che il vincolo rimane in entrambi i casi e che la moglie è legata finché vive il marito, ( 1 Cor 7,39 ) sia esso continente sia adultero.
Perciò è adultera la donna ripudiata che si risposa, ed è adultero colui che sposa la donna ripudiata, sia che l'abbia ripudiata un marito adultero, sia un marito continente, perché la moglie è legata finché il marito vive.
Ma ora passiamo alle proteste degli incontinenti.
Che cosa può sembrare più giusto della lagnanza di una donna che dice: Sono stata ripudiata, non sono stata io a ripudiare, e, poiché la continenza è di pochi, non sono stata capace di osservarla e, per non fornicare, mi sono sposata: e sarò chiamata adultera perché mi sono sposata?
E allora per la lagnanza apparentemente giusta di costei e per non doverla chiamare adultera, penseremo che bisogna cambiare la legge divina?
Guardiamocene bene. Ma tu obietterai che questa donna non si doveva ripudiare, perché non c'era stato alcun motivo di fornicazione.
Dici bene: infatti il Signore ha manifestato la colpa di un simile marito, quando ha detto: Chi ripudia la propria moglie, eccettuata la causa di fornicazione, la induce all'adulterio. ( Mt 5,32 )
Ma allora essa non avrà peccato in seguito con il risposarsi, perché ha peccato in precedenza colui che l'ha ripudiata?
Dunque, cosa otterrà la donna incontinente, lamentandosi della legge di Cristo, se non di farsi punire per le sue mormorazioni?
Ora passiamo alle aggiunte che hai inserito in un altro passo e su cui hai voluto una mia risposta.
Quella che ti preoccupa e ti impietosisce è la situazione dell'uomo che sarà sicuramente costretto a vivere in intimità con un'adultera, se non per incontinenza, per la necessità di procreare dei figli.
Infatti così deve avvenire, se non gli è lecito ripudiarla e sposarne un'altra, finché essa vive.
E sarebbe una giusta compassione la tua, se risposarsi quando è viva la moglie, sia pure infedele, non fosse adulterio.
Ma se è adulterio, come il nostro ragionamento ha dimostrato, come si può mettere avanti lo scopo di procreare figlioli?
Neppure per un motivo del genere si deve concedere il permesso di commettere cattive azioni; oppure evitare di morire senza discendenza è tanto importante quanto preoccuparsi di vivere per l'eternità?
Invece proprio questo non sarà concesso agli adulteri, che dopo la prima morte dovranno subire la condanna eterna della seconda.
Inoltre questo pretesto di procreare dei figli può spingere a ripudiare anche donne non adultere ma onestissime, se per caso sono sterili, e a risposarsi: e io penso che questa conclusione non ti soddisfi.
11. L'Apostolo concede le nozze come rimedio all'incontinenza, non alla mancanza di prole.
12 Per questo, se il motivo dell'incontinenza non rende perdonabile l'adulterio, quanto meno lo rende perdonabile lo scopo di procreare figli!
12. È proprio a questo punto debole, cioè all'incontinenza, che l'Apostolo volle prestare un soccorso con l'onestà delle nozze.
Infatti egli non dice: " Se non ha figli, si sposi ", ma: Se non è capace di contenersi, si sposi. ( 1 Cor 7,9 )
Così nel matrimonio la propagazione della prole compensa il cedimento all'incontinenza.
Infatti l'incontinenza è senz'altro un vizio, ma il matrimonio non lo è, e perciò grazie a questo bene avviene che si renda perdonabile quel male.
Dunque, poiché le nozze furono istituite al servizio della generazione, per questo scopo venivano celebrate dai Padri, che si univano a donne, ma non in maniera illecita, solo per il dovere di procreare.
Infatti allora c'era la necessità di propagare il genere umano che ora non c'è più, perché, sta scritto, c'è un tempo per abbracciare, come appunto era allora, e un tempo per astenersi dall'abbraccio, ( Qo 3,5 ) come è ora.
E di questo tempo parla l'Apostolo, quando dice: Per il resto, fratelli, il tempo è breve; rimane che anche quelli che hanno moglie siano come se non l'avessero. ( 1 Cor 7,29 )
Per cui ora si dice con la massima sicurezza: Chi può comprendere, comprenda, ( Mt 19,12 ) e quella che non può vivere continente, si sposi. ( 1 Cor 7,9 )
Allora infatti era la continenza che si piegava alle nozze per il dovere di propagare la prole, ora al contrario è il vincolo nuziale che presta soccorso al vizio dell'incontinenza: così quelli che non sono capaci di contenersi propagano la prole non attraverso l'impudicizia dell'adulterio, ma attraverso l'onestà del matrimonio.
Perché dunque l'Apostolo non ha detto: " Se non ha figli, si sposi "?
Evidentemente perché questo è il tempo di astenersi dall'abbraccio e non è necessario generare figli.
E perché ha detto invece: Se non è capace di contenersi, si sposi?
Certo, proprio perché a causa dell'incontinenza non sia costretta a commettere adulterio.
Se dunque è capace di continenza non si sposi né generi figli.
Se però non ne è capace, si sposi, come è lecito, affinché non generi figli vergognosamente, o, cosa più vergognosa, abbia rapporti senza generarne.
Per quanto, quest'ultima turpitudine che ho nominato la commette più d'uno anche fra coloro che sono regolarmente sposati.
E questo rapporto, in cui si evita il concepimento della prole, è illecito e vergognoso anche con la consorte legittima.
Così faceva Onan, figlio di Giuda, e per questo il Signore lo fece morire. ( Gen 38,8-10 )
Dunque la propagazione della prole è in se stessa la prima e naturale e legittima causa delle nozze: per questo coloro che si sposano perché incontinenti non devono porre un freno al loro vizio eliminando proprio quello che è il bene del matrimonio, cioè la nascita dei figli.
Degli incontinenti appunto parlava l'Apostolo, quando diceva: Voglio dunque che le più giovani si sposino, procreino figli, siano madri di famiglia e non diano all'avversario alcun motivo di maldicenza.
Infatti alcune hanno già deviato per seguire Satana. ( 1 Tm 5,14-15 )
Quando dunque diceva: Voglio che le più giovani si sposino, dava questo consiglio proprio per fornire un sostegno contro un cedimento della continenza.
Ma poiché esse potevano pensare solo alla debolezza della concupiscenza fisica e indirizzare a quest'unico scopo la vita coniugale, disprezzando o trascurando il bene delle nozze, subito aggiunse: procreino figli, siano madri di famiglia.
Certo coloro che scelgono di vivere continenti, scelgono qualcosa di superiore al bene delle nozze, cioè alla generazione dei figli.
Quindi se si sceglie la continenza per conquistare un bene superiore a quello del matrimonio, con quanta maggior cura dovrà essere custodita questa virtù per guardarsi dall'adulterio!
L'Apostolo, dopo aver detto: Ma se non è capace di contenersi, si sposi, ha aggiunto: infatti è meglio sposarsi che bruciare ( 1 Cor 7,9 ) e non: " è meglio commettere adulterio che bruciare ".
Dunque non abbiamo altra raccomandazione da fare a coloro che esitano a riconciliarsi con un coniuge adultero risanato dalla penitenza, se non di restare continenti.
Infatti la donna è legata, finché vive il marito, ( 1 Cor 7,29 ) sia casto sia adultero, e commette adulterio, se sposa un altro; e l'uomo è legato, finché vive la moglie, sia casta sia adultera, e commette adulterio, se sposa un'altra.
Dal momento che questo legame non si scioglie, anche se una moglie si separa per ripudio da un marito fedele, ancor meno si potrà sciogliere se una moglie non separata commette adulterio.
E per questo ella si libera solo quando il coniuge muore, cioè non quando egli cade in adulterio, ma quando esce dal corpo.
Dunque, se una donna si allontana da un marito adultero, e non vuole riconciliarsi con lui, non si risposi; e se un uomo ha ripudiato una moglie adultera, e non vuole riaccoglierla neppure dopo la penitenza, resti continente, se non per la volontà di scegliere un bene superiore, almeno per la necessità di evitare un male pericoloso.
Questa stessa raccomandazione farei, anche se la moglie fosse malata di una malattia lunga e incurabile, anche se fosse separata fisicamente in un luogo dove il marito non potesse raggiungerla; e questa raccomandazione farei ancora, se una moglie fedele, volendo vivere in continenza, si separasse da un marito pure fedele, senza il suo consenso, malgrado questo sia contro la regola.
Infatti nessun cristiano, io penso, negherà che è adultero chi si unisce ad altra donna, se la sua è da tempo malata, o da tempo assente, o preferisce vivere in continenza.
Allo stesso modo dunque anche chi ha ripudiato un'adultera è adultero con la seconda: perché non questo o quello, ma: Ogni uomo che ripudia la propria moglie e ne prende un'altra, è adultero. ( Lc 16,18 )
Di conseguenza, se non si aspira alla vita dei santi immune dal vincolo coniugale, si tema almeno il castigo che spetta agli adùlteri; e se non si sceglie la continenza per amore, almeno per timore si freni la concupiscenza.
Se effettivamente dove c'è il timore ci si adopera con uno sforzo, dove c'era uno sforzo ci sarà anche l'amore.
Infatti non dobbiamo basarci sulle nostre risorse, ma aggiungere la preghiera alle fatiche, affinché Colui che ci distoglie dai mali ci ricolmi di beni.
Indice |
4 | Ulpianus, De adult. 13, 3 |