Contro Giuliano |
Non ho mai detto quello che mi fai dire, dopo avere citate alcune altre parole del mio libro: che i figli, cioè, "sono soggetti al potere del diavolo per il fatto che nascono dall'unione dei corpi".
Ben diverso infatti è dire "che nascono dall'unione dei corpi" e "per il fatto che nascono dall'unione dei corpi".
La causa del male cioè non sta nel fatto che nascono dall'unione dei corpi.
Anche nella ipotesi, infatti, che la natura umana non fosse stata viziata dal peccato dei primi uomini, i figli non avrebbero potuto nascere se non dall'unione dei corpi.
Prima che rinascano nello spirito, coloro che nascono dall'unione dei corpi si trovano sotto il potere del diavolo, perché nascono per mezzo di quella concupiscenza, per cui lo spirito ha voglie contro la carne e che costringe lo spirito ad avere desideri contro di essa. ( Gal 5,17 )
Tra il bene ed il male non ci sarebbe questa lotta se nessuno avesse peccato.
Come non c'era lotta alcuna prima della caduta, così non ce ne sarà alcuna quando scomparirà l'infermità.
Proponi altre mie parole e ne fai un'abbondante disquisizione: "Poiché noi siamo composti di beni disuguali dei quali uno è comune agli dèi e l'altro alle bestie, l'anima deve avere il dominio sul corpo.
La parte migliore, vale a dire l'anima, fornita di virtù, deve comandare bene alle membra del corpo ed alle passioni".12
Non pensi però che alle passioni non si comanda come alle membra.
Le passioni sono cattive e noi le freniamo con la ragione e le combattiamo con la mente.
Le membra, al contrario, sono buone e le muoviamo secondo l'arbitrio della volontà, eccezion fatta dei genitali, quantunque anch'essi siano buoni in quanto sono opera di Dio.
Essi sono chiamati "parti vereconde" perché sono mossi più facilmente dalla libidine che dalla ragione.
Ad essi riusciamo solo ad impedire di giungere fino alla soddisfazione della eccitazione, a differenza del facile dominio che abbiamo sulle altre membra.
Quando si fa cattivo uso delle membra buone se non quando si permette loro di assentire ai cattivi desideri che sono in noi?
Tra di essi il più turpe è la libidine, la quale, se non trova resistenza, commette cose terribilmente immonde.
Di questo male fa buon uso solo la castità coniugale.
Questa libidine non è un male nelle bestie poiché non è in contrasto con la ragione, che esse non hanno.
Perché dunque non credere che gli uomini nel paradiso terrestre, prima del peccato, abbiano avuto da Dio la possibilità di procreare i figli con movimenti tranquilli e tranquilla unione o mescolanza delle membra senza alcuna libidine o con una tale, la cui sollecitazione non prevenisse né andasse oltre la volontà?
O forse per voi la libidine è poca cosa perché piace, a meno che non piaccia proprio perché vi sollecita mentre non volete o la contrastate?
Di essa i pelagiani anche nelle controversie si gloriano come di un bene, mentre i santi tra i gemiti supplicano di essere liberati dal male.
"Calunniosamente mi addossi la ridicola contraddizione di aver dichiarato alcuni rei per opere di bene ed altri santi per opere cattive, per il fatto di avere detto che gli infedeli, facendo uso del bene del matrimonio senza la fede, lo trasformano in colpa ed in peccato, mentre, al contrario, il matrimonio dei fedeli pone il male della concupiscenza al servizio della giustizia".13
Io però non ho detto che alcuni diventano rei per opere di bene, ma per opere cattive, poiché fanno un cattivo uso di cose buone e neppure che altri diventano santi per opere cattive, ma per opere buone, poiché fanno buon uso di cose cattive.
Se non vuoi capire o fingi di non capire, non molestare quelli che vogliono e possono capire.
"Pur se qualcuno potrebbe nascere cattivo, tu dici, non potrebbe mai essere trasformato in buono da un'abluzione".
Alla stessa maniera dovresti dire: il corpo che è stato creato mortale, non può diventare immortale.
Nell'un caso come nell'altro diresti una falsità.
Dio infatti non l'ha creato cattivo quando ha creato l'uomo, ma il bene che egli ha creato ha contratto il male dal peccato, che Egli non ha creato.
Risana invece questo male che non ha creato, nel bene che ha creato.
Noi non diciamo che "il diavolo ha istituito il matrimonio", né che "ha inventato la mescolanza seminale dei due sessi", né che "è opera sua l'unione dei coniugi in vista della generazione".
Sono tutte cose volute da Dio e tutte potrebbero benissimo esistere senza il male della concupiscenza, se il diavolo non avesse inferto la ferita della prevaricazione, dalla quale sarebbe derivata la discordia tra lo spirito e la carne.
Non rifletti su te stesso e non arrossisci per la tua garrula loquacità con cui vai dicendo tante stupidaggini, quale per esempio quella che "il diavolo sorprenderebbe i coniugi nella loro unione e, come se li avesse sorpresi in un'azione di sua competenza, non permette che siano generati dei figli destinati ad essere liberi dalla rigenerazione"?
Quasi che, se il diavolo potesse fare tutto quello che vuole, si asterrebbe dallo strangolare gli empi avanzati in età, posti sotto il suo potere, non appena egli scopra la loro disposizione a diventare cristiani.
Non è affatto logico, come vai immaginando, che il diavolo si oppone con minacce e terrore ai genitori che si uniscono per procreare figli destinati alla rigenerazione.
Attraverso la ferita inferta dal diavolo, per la quale zoppica tutto il genere umano, viene generato qualcosa, essendone Dio il Creatore, che da Adamo passa a Cristo.
Tutta la schiera dei diavoli infatti non avrebbe potuto avere in suo potere neppure i porci se Cristo non lo avesse permesso ad essi che lo richiedevano. ( Mt 8,31-32 )
Occorre tenere presente altresì che il Signore sa suscitare la corona dei martiri dalle persecuzioni stesse del diavolo, che egli permette, facendo buon uso di qualsiasi genere di mali per l'utilità dei buoni.
Anche nei coniugi che non pensano neppure alla rigenerazione dei figli o addirittura la detestano, è un'opéra buona del matrimonio la mescolanza dei sessi per la procreazione, ed il suo frutto è l'ordinata ricezione della prole.
Essi tuttavia fanno cattivo uso di quel bene e peccano per il fatto che si gloriano di generare e di aver generato una prole empia.
Gli uomini, infatti, macchiati quanto si voglia di peccati, per essere stati contagiati o per averli commessi, in quanto uomini sono sempre un bene, ed appunto perché sono un bene è bene che nascano.
Ma perché "i figli siano generati, non è detto che si debbano commettere adulteri o stupri".
Tu ritieni di poterci spingere a simili assurdità perché diciamo che il matrimonio produce il bene della prole dal male della libidine.
Da questa nostra tesi vera e giusta in nessun modo può derivare la tua conclusione falsa e perversa.
Per il fatto che Cristo ha detto: Procuratevi amici con la ricchezza iniqua, ( Lc 16,9 ) non per questo dobbiamo accrescere la nostra iniquità e commettere furti e rapine per nutrire con più larga generosità un numero maggiore di poveri.
Allo stesso modo che con la ricchezza iniqua bisogna procurarsi gli amici che ci accolgano negli eterni padiglioni, così i coniugi dalla piaga del peccato originale debbono generare i figli destinati ad essere rigenerati per la vita eterna.
Come non è permesso commettere furti, frodi, depredazioni per procurarsi, con l'aumento dei soldi attraverso i delitti, un maggior numero dei giusti amici poveri, così non bisogna aggiungere al male con cui siamo nati adulteri, stupri, fornicazioni perché nascano figli in maggior abbondanza.
Altro è in verità fare buon uso di un male preesistente ed altro è commettere un male che non c'era.
Nel primo caso si compie un bene volontario da un male contratto dai genitori; nel secondo caso si accresce il male contratto dai genitori con altre colpe personali e volontarie.
Per la verità, è interessante notare che, mentre si dispensa lodevolmente ai bisognosi il denaro di iniquità, è molto più lodevole frenare la concupiscenza carnale con la virtù della continenza anziché farne uso per il frutto del matrimonio.
È tanto grande, infatti, il suo male che non farne uso è meglio che farne buon uso.
Dopo aver citato altre mie parole, chiacchieri molto contro di esse senza dire niente, riportando sul tappeto questioni che sono state chiuse in precedenti discussioni.
Se anch'io volessi ripeterle, quando finiremmo?
Tra le altre, ripeti la vostra asserzione contro la grazia di Cristo, già tante volte ripetuta: che cioè "appellandoci alla grazia, facciamo diventare buoni gli uomini per fatale necessità", mentre vi chiudono la bocca e vi bloccano la lingua i bambini stessi che non sanno ancora parlare.
Con molta loquacità vi affannate, con la speranza di convincere gli altri, a ricostruire qualcosa che Pelagio stesso ha condannato nel tribunale dei Vescovi palestinesi, "che la grazia di Dio, cioè, viene data secondo i meriti".
Non riuscite però a trovare nei bambini alcun merito per il quale coloro che vengono adottati quali figli di Dio possano distinguersi da coloro che muoiono senza aver ricevuto questa grazia.
È una calunnia attribuire a me l'affermazione che "non ci si deve aspettare alcun impegno dalla volontà umana, in contrasto con le parole del Signore: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto". ( Mt 7,7-8 )
Vedo già che voi cercate di riporre qui i meriti che precedono la grazia, il chiedere appunto, il cercare, il bussare.
A tali meriti sarebbe dovuta la grazia che, di conseguenza, non potrebbe chiamarsi più grazia, come se prima non ci fosse stata alcuna grazia che avesse toccato il cuore per poter chiedere a Dio un bene beatifico, o per poter cercare Dio o poter bussare a lui.
A vuoto quindi sarebbe stato scritto: la sua misericordia mi previene, ( Sal 59,11 ) ed a vuoto saremmo comandati di pregare per i nostri nemici ( Mt 5,44 ) se non fosse nelle sue possibilità convertire i cuori avversi e lontani.
Adducendo la testimonianza dell'Apostolo, affermi che: Dio apre a tutti quelli che bussano poiché egli vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità. ( 1 Tm 2,4 )
Vorresti farci intendere, secondo il vostro insegnamento, che non tutti si salvano ed arrivano alla conoscenza della verità perché essi si rifiutano di chiedere mentre Dio vuole dare; si rifiutano di cercare mentre Dio vuol mostrare; si rifiutano di bussare mentre Dio vuole aprire.
Questo vostro sentire lo confutano con il loro silenzio gli stessi bambini, che non chiedono, non cercano e non bussano, che anzi, mentre sono battezzati gridano, respingono, ricalcitrano, eppure ricevono, trovano, viene loro aperto ed entrano nel regno di Dio, dove per loro c'è la salvezza eterna e la conoscenza della verità.
Sono molto più numerosi però i bambini che non ricevono l'adozione di questa grazia da Colui che vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità.
Ad essi il Signore non può dire: io volevo e tu non hai voluto. ( Mt 23,37 )
Se infatti avesse voluto veramente, quale dei bambini, che non possiedono ancora l'arbitrio della volontà, avrebbe potuto resistere alla sua onnipotentissima volontà?
Perché non prendere allora secondo la medesima accezione le due seguenti espressioni dell'Apostolo: Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, ( 1 Tm 2,4 ) e: Per l'opera di giustizia di uno solo perviene a tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita? ( Rm 5,18 )
( Dio infatti vuole che siano salvi ed arrivino alla conoscenza della verità tutti quelli ai quali, per l'opera di giustizia di uno solo, perviene la grazia che dà la giustificazione alla vita ).
Non ci si venga a dire perciò: Anche se Dio vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità, non giungono solo perché non vogliono.
Perché mai tante migliaia di bambini, che muoiono senza aver ricevuto il battesimo, non arrivano al regno di Dio dove c'è la conoscenza della verità?
Che forse non sono uomini o non sono compresi nelle parole tutti gli uomini?
O forse si può dire che Dio vuole ed essi no, quando non sanno ancora volere e non volere e quando neppure quelli che, morti in tenera età dopo il battesimo, giungono per mezzo della grazia alla conoscenza della verità che è nel regno di Dio, hanno voluto essere rinnovati dal battesimo di Cristo?
Dal momento quindi che né quelli che non vengono battezzati perché non vogliono, né questi vengono battezzati perché vogliono, per qual motivo Dio che vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità, permette che tanti, pur non opponendo alcuna resistenza alla sua volontà, non giungano al regno, dove c'è la vera conoscenza della verità?
Forse potrai dire che la ragione per cui i bambini non sono nel numero di quelli che Dio vuole tutti salvi, sta nel fatto che godono già della salvezza, di cui si parla, non avendo contratto alcun peccato.
Ne seguirebbe un'assurdità ancor più intollerabile.
In tal maniera, infatti, rendi Dio più benevolo verso uomini empi e scellerati al massimo grado, anziché verso uomini del tutto innocenti e puri da ogni macchia di colpa.
Dal momento che Dio, siccome vuole che tutti gli uomini si salvino, vuole anche che quelli giungano nel suo regno: è la conseguenza logica per essi, qualora si salvino.
Coloro invece che non vogliono sono essi stessi a non volerlo.
Dio stesso però si rifiuta di ammettere nel suo regno un immenso numero di fanciulli che sono morti senza battesimo ma non sono impediti da alcun peccato, come voi sostenete, e che si trovano nella condizione, da nessuno posta in dubbio, di impossibilità a resistergli con una volontà contraria.
In tal modo accade che Dio vuole che siano cristiani tutti, ma di essi molti non vogliono, e che d'altra parte non vuole che lo siano tutti, mentre di essi non c'è nessuno che non vuole.
Questo è contrario alla verità. Il Signore conosce quelli che Sono Suoi ( 2 Tm 2,19 ) e la sua volontà è ben determinata sulla loro salvezza e sul loro ingresso nel suo regno. In tal senso si debbono intendere le parole: Vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità, ( 1 Tm 2,4 ) così come, alla stessa maniera s'intendono le altre parole: Per l'opera di giustizia di uno solo perviene a tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita. ( Rm 5,18 )
Se poi credi che nella testimonianza dell'Apostolo "tutti" coloro che sono giustificati in Cristo debbano essere intesi per "molti" - molti altri infatti non sono vivificati in Cristo -, ti si può rispondere che, in tal modo, anche nell'altra espressione Vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, tutti coloro che egli vuole arrivino a detta grazia, debbano intendersi per "molti".
Probabilmente però è molto più esatto interpretare che nessuno giunge se non colui che Dio vuole che giunga.
Nessuno può venire a me, disse il Figlio, se il Padre che mi ha mandato, non lo abbia attratto. ( Gv 6,44 )
Ed ancora: Nessuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre mio. ( Gv 6,66 )
Tutti quelli che si salvano, dunque, ed arrivano alla conoscenza della verità, per suo volere si salvano e per suo volere arrivano.
Anche quelli che, come i bambini, non hanno l'uso della volontà, sono rigenerati per suo volere così come essi sono stati creati per opera sua.
Quelli invece che hanno l'uso della volontà non possono volere la salvezza se non per volontà e con l'aiuto di Colui che prepara la volontà. ( Pr 8,35 )
Se mi domandi: perché dunque egli non trasforma la volontà di tutti coloro che non vogliono?
Ti risponderò: perché non affilia a sé con il lavacro di rigenerazione i bambini che muoiono mentre non hanno ancora la volontà e tanto meno ne hanno una contraria?
Se ti accorgi che questo per te è molto più profondo di quanto tu possa comprendere, ti debbo dire che altrettanto profondi per entrambi sono l'uno e l'altro caso, vale a dire: per quale motivo Dio, nei grandi e nei piccoli, ad alcuni vuol prestare il suo aiuto e ad altri no?
Eppure siamo fermamente convinti che presso Dio non c'è iniquità ( Rm 9,14 ) per cui condanni alcuni senza demeriti, e che c'è la bontà, in virtù della quale egli libera molti senza meriti.
In quelli che sono condannati, dimostra ciò che è dovuto a tutti; affinché quelli che sono salvati comprendano da quale pena dovuta sono stati prosciolti e quale perdono hanno ricevuto con una grazia non dovuta.
Voi non sapete pensare come si conviene a cuori cristiani, e preferite, secondo il vostro pensiero, sostenere che tutto ciò avviene per fatalità.
È vostra, infatti, non nostra la sentenza che "deriva dalla fatalità tutto ciò che non deriva dai meriti".
Affinché ora, in base a questa definizione non succeda che tutto quanto accade agli uomini derivi dalla fatalità se non deriva dai meriti, siete costretti ad affermare per quanto vi è possibile, meriti e demeriti, onde evitare che, togliendo i meriti, il fato diventi una conseguenza necessaria.
Ma proprio per questo vi viene detto: se tutto ciò che l'uomo riceve senza meriti, deve avvenire necessariamente per fatalità, e se bisogna imbastire dei meriti, onde evitare che, tolti quelli, il fato diventi una conseguenza necessaria, bisogna dire che i bambini che non hanno meriti, sono battezzati per fatalità e per fatalità entrano nel regno di Dio, mentre, al contrario, i bambini che non hanno demeriti non sono battezzati per fatalità e per fatalità non entrano nel regno di Dio.
Sono gli stessi bambini però, che non sanno ancora parlare, a dimostrarvi che siete piuttosto voi gl'inventori del fato.
Noi, al contrario, affermando i demeriti dell'origine viziata, sosteniamo che un bambino entra nel regno di Dio in virtù della grazia perché Dio è buono, mentre un altro giustamente non vi entra perché Dio è giusto.
In nessun caso esiste il fato: Dio fa quello che vuole. Quando sappiamo che Dio, a cui grazia e giudizio con voce fedele vogliamo cantare, ( Sal 101,1 ) condanna l'uno per giusta sentenza e assolve l'altro per gratuita misericordia, chi siamo noi per domandare a Dio: Per quale motivo condanni o assolvi l'uno piuttosto che l'altro?
Un oggetto di creta dirà forse a chi l'ha modellato: Perché mi ha fatto così?
Il vasaio non può disporre liberamente dell'argilla per origine viziata e condannata e formare dalla stessa massa qui un vaso di ornamento, secondo la misericordia, e là uno volgare, secondo la giustizia? ( Rm 9,20-21 )
Non li fa entrambi vasi di ornamento perché la natura, come se fosse senza colpa, non si reputi degna di averlo meritata; non li fa entrambi vasi "volgari", perché la misericordia trionfa del giudizio. ( Gc 2,13 )
In tal modo il condannato non si lamenta per la dovuta condanna ed il salvato non si gonfia superbamente del merito gratuito.
Umilmente piuttosto rende grazie, quando in colui dal quale viene esigito il debito riconosce cosa gli viene condonato nella medesima circostanza.
Riferisci poi che in un altro libro ho scritto: "se si insiste nell'affermare la grazia si nega il libero arbitrio; se invece si insiste nell'affermare il libero arbitrio si nega la grazia".
È una calunnia. Non l'ho mai detto, ma la stessa difficoltà della questione può aver indotto a pensare che io lo creda o l'abbia detto.
Non credo superfluo riportare le mie parole precise affinché i lettori si rendano conto di come tu falsifichi i miei scritti e con quale coscienza abusi dei meno dotati e degli ignari, perché credano che stai rispondendo per il solo fatto che non vuoi stare zitto.
Nell'ultima parte del mio primo libro al santo Piniano, intitolato La grazia contro Pelagio, scrivevo: "La questione sulla grazia ed il libero arbitrio è talmente difficile a comprendersi che quando si difende il libero arbitrio pare che si neghi la grazia, quando invece si asserisce la grazia si crede di togliere il libero arbitrio e via dicendo".14
Da uomo onesto e veritiero, hai cancellato le parole che io ho detto ed hai detto quelle che hai immaginato.
Ho detto che la questione è difficile a comprendersi e non che è incomprensibile.
Molto meno posso aver detto quello che calunniosamente mi hai fatto dire: "se si insiste nell'affermare la grazia, si nega il libero arbitrio; se invece si insiste nell'affermare il libero arbitrio, si nega la grazia".
Riporta le mie parole e si svuoterà la tua calunnia.
Rimetti al proprio posto le parole "pare" e "si crede" e saranno evidenti gli inganni a cui ricorri in un argomento di tanta importanza.
Non ho detto "si nega la grazia", ma "pare che si neghi la grazia".
Non ho detto "si nega il libero arbitrio o si toglie", ma "si crede di togliere".
Prometti quindi che "quando i libri cominceranno ad essere esaminati, porrai a nudo e distruggerai l'empietà delle mie tesi".
Chi non aspetta la saggezza di chi parla, quando ha conosciuto la credibilità del mentitore?
Che vuoi dire con le parole: "Non è necessario lodare la grazia dicendo che essa elargisce ai suoi beneficati quello che i peccati elargiscono agli empi"?
Probabilmente le riferisci alla castità coniugale che credi l'abbiano anche gli empi.
O uomo litigioso, dalla grazia viene concessa la vera virtù, non quella che si chiama virtù, ma non lo è. Perché poi metti insieme castità e verginità, quasi fossero dello stesso genere?
La castità riguarda l'anima, la verginità il corpo.
Quella può restare integra nell'anima, mentre questa può essere violentemente tolta nel corpo.
Al contrario questa può restare integra nel corpo, mentre quella viene corrotta nell'anima da una volontà dissoluta.
Per questo non ho detto che vero matrimonio, vera vedovanza e vera verginità, ma che "vera castità sia essa coniugale, vedovile o verginale, dev'essere chiamata solo quella che è unita alla vera fede".15
Pertanto, si può essere sposati, vedovi, o vergini, ma non casti se ci si sporca con una volontà macchiata e se, con pensieri immondi, si pensa di perpetrare stupri.
Tu insisti tuttavia nell'affermare che in essi c'è vera castità anche con la fornicazione nell'animo, della quale sono colpevoli tutti gli empi, come afferma la Sacra Scrittura.
Chi di noi ha mai affermato che è peccato l'unione dei genitali, in cui il matrimonio fa buon uso del male della concupiscenza per procreare i figli?
La concupiscenza non sarebbe un male se si eccitasse ad un lecita unione solo in vista della procreazione.
Nella situazione attuale la castità coniugale, resistendole, diventa limite al male e perciò è buona.
Non è vera pertanto la tua calunniosa asserzione che "il suo crimine rimane impunito per la religione" perché non c'è crimine quando per il bene della fede si fa buon uso del male della libidine.
Né qui si può dire, come pensi: Facciamo il male perché ne derivi il bene, ( Rm 3,8 ) poiché il matrimonio in nessuna sua parte è cattivo.
Non appartiene ad esso, infatti, il male che non ha fatto ma ha trovato negli uomini che i genitori generano.
Nei progenitori, invece, che non sono nati da alcun genitore, l'inquieto male della concupiscenza carnale, di cui il matrimonio avrebbe dovuto far buon uso, si è aggiunto a causa del peccato e non del matrimonio, che ne sarebbe uscito giustamente condannato.
Perché dunque mi chiedi "se, nei matrimoni cristiani, io chiami pudicizia o impudicizia il piacere dell'unione carnale"?
Ti rispondo: Chiamo pudicizia non l'unione ma il buon uso di quel male.
Questo buon uso fa sì che quel male non possa essere neppure chiamato impudicizia.
L'impudicizia, infatti, è il cattivo uso di quello stesso male, così come è pudicizia verginale il non farne uso affatto.
Salva, pertanto, la castità coniugale, con la nascita, da un male si contrae un male che sarà purificato con la rinascita.
"Se a causa del male della libidine - tu dici - anche dagli sposi cristiani nasce una prole incriminata, ne segue che la castità verginale dev'essere apportatrice di felicità.
Siccome, però, la si trova negli infedeli, questi, adornati della virtù della castità, sono superiori ai cristiani macchiati della peste della libidine".
Non è così. T'inganni di molto.
Non sono infatti macchiati dalla peste della libidine quelli che ne fanno buon uso, anche se generano figli macchiati dalla peste della libidine e destinati, di conseguenza, ad essere rigenerati, né si trova la castità verginale negli infedeli, anche se in essi si trova la verginità della carne.
La vera castità non può dimorare in un'anima separata da Dio.
Per questo motivo la verginità degli infedeli non è superiore al matrimonio dei fedeli: ma gli sposi che fanno buon uso del male sono superiori ai vergini che fanno cattivo uso di un bene.
Quando i fedeli sposati, pertanto, fanno buon uso del male della libidine, "presso di loro" non si esercita, come calunniosamente affermi, "l'impunità del crimine in virtù della fede", ma, proprio in virtù della fede, in essi c'è non la falsa, bensì la vera virtù della castità.
"Se qualcuno commette omicidio con la coscienza intimorita è reo perché ha avuto timore, mentre se commette qualche delitto con audace esultanza, quasi mosso dalla convinzione di farlo per la fede, sfugge alla colpa".
Che importa a noi, se, a tuo dire, i manichei fanno quest'affermazione?
Per la verità non ho mai sentito che i manichei dicano questo.
Ma che importa a noi se lo dicono o se è solo una tua calunnia?
A noi basta che non lo dica la fede cattolica che noi possediamo e col cui peso ti schiacciamo.
Al di fuori della fede, infatti, noi riteniamo che non sono veramente buone quelle opere che sembrano tali, perché le opere veramente buone debbono piacere a Dio. ( Eb 11,6 )
Siccome non è possibile piacere a Dio senza la fede, ne segue che non può esserci un'opera veramente buona senza la fede.
D'altro canto le opere apertissimamente cattive, non le fa la fede, la quale opera per mezzo della carità, ( Gal 5,6 ) perché la carità non fa male al prossimo. ( Rm 13,10 )
"Si deve dichiarare buona - tu dici - la concupiscenza naturale" ( vergognandoti però di dire carnale ), che, "mantenuta entro la sua misura, non è macchiata da colpa alcuna di peccato".
Come può essere mantenuta nella sua misura, ti scongiuro, come può essere mantenuta se non quando le si resiste?
E perché le si resiste se non perché non ci riempia di cattivi desideri? E come può essere buona?
Indice |
12 | Sallustio, In prologo Catilinae 1 |
13 | Agostino, De nupt. et concup. 1,4,5 |
14 | Agostino, De gratia Chr. 52 |
15 | Agostino, De nupt. et concup. 1,4,5 |