Opera incompiuta contro Giuliano |
Giuliano. E perché, al posto di attestazioni sacre, si gonfia di incriminazioni di Dio.
Agostino. Non è forse dunque un'attestazione sacra quella che dice: Il corpo è morto a causa del peccato? ( Rm 8,10 )
Ed è una incriminazione di Dio e non una lode quella che dice: Darà la vita anche ai vostri corpi mortali? ( Rm 8,11 )
Penso che a dirlo non sia stato un incriminatore di Dio, ma un predicatore di Dio, pieno dello stesso Dio.
E qui egli indica che Adamo non fu fatto tale e quale dite voi, così da dover morire sia che peccasse, sia che non peccasse.
Giuliano. Perché nei precetti di Dio ribadisce che c'è una prepotenza tirannica.
Agostino. Il precetto di Dio non è tirannico, ma per osservarlo bisogna pregare Dio stesso: questo non volete voi, perché confidate nella vostra forza.
Giuliano. Nei giudizi di Dio una iniquità barbara.
Agostino. Poiché non è iniquo il giudizio di Dio, per questo nella miseria del genere umano che comincia dai pianti dei bambini bisogna riconoscere il peccato originale.
Giuliano. Nei giuramenti di Dio afferma che ci sia una falsità punica.
Agostino. Che forse quando Dio dice: Punirò le colpe dei padri nei loro figli, ( Dt 5,9 ) parla in punico?
Giuliano. Perché si basa, invece che su discussioni e su sillogismi, unicamente sui sogni e sul furore di Manicheo.
Agostino. Non era Manicheo, né sognava, né era preso da furore sia colui che disse: Siamo stati anche noi per natura figli dell'ira, come tutti gli uomini, ( Ef 2,3 ) sia colui che disse: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è viziata la stessa nostra origine.9
Giuliano. Queste sono dunque le cause che ci accendono ad impugnare il male naturale, le cause che ci fanno disdegnare e disprezzare le consorterie dei perduti.
Agostino. Il pio consenso di tanti e così grandi Dottori cattolici non lo diresti in nessun modo una consorteria di perduti, se perduto non fossi tu.
Giuliano. Le quali consorterie con il fragore di tutto il mondo non ci atterriscono niente di più che se udissimo una risuonante selva di amaro lupino messa in subbuglio da porci immondi o da venti irruenti.10
Agostino. La Chiesa cattolica, diffusa in tutto l'orbe, la Chiesa che ebbe prudentemente orrore delle vostre facce, non è una selva di lupini, ma volle essere sicura dai morsi lupini.
Giuliano. Dunque noi crediamo che Dio è giusto e pio e verace, e riteniamo quindi che la sua legge non abbia comandato nulla d'impossibile, che le sue testimonianze non confermino nulla di falso, che i suoi giudizi non pronunzino nulla d'ingiusto; ma crediamo che Dio stesso è il creatore degli uomini, e li crea esenti da qualsiasi crimine, pieni certamente d'innocenza naturale e capaci di virtù volontarie.
Agostino. Qual è dunque la ragione per cui Dio non ammette alla sua vita la sua immagine, se non è stata insufflata, se non è stata esorcizzata, se non è stata battezzata?
È così che si rende la mercede all'innocenza?
O piuttosto il reato, contratto per la generazione e non rimesso per la rigenerazione, è giustamente punito con la negazione della vita e con la morte conseguente?
L'Apostolo appunto non detesterebbe gli estranei alla vita di Dio, ( Ef 4,18 ) se non ci fosse in questo nessuna pena.
Giuliano. A questo punto si deve scegliere per forza tra due possibilità: o credere che Dio sia tale e quale lo immagina il traduciano Manicheo o capire che tu, con quanti cedono alla sentenza della " traduce ", sei tale e quale a colui che l'onorato Dio combatte.
Ma non può esser Dio come lo sogna Manicheo, bensì è pio, giusto e vero, come lo venera tutta la santa Scrittura, tutta la legge e la nostra fede.
Quindi il tuo dogma è cosiffatto che, come si accetta con ingiuria di Dio, così si distrugge con onore di Dio.
Agostino. Se sentite che Dio è pio, perché allontanate empiamente dai bambini il Salvatore, ossia Gesù?
Se sentite che Dio è giusto, perché credete che il giogo grave sopra i bambini sia senza i meriti di nessun peccato?
Se sentite che Dio è verace, perché non gli credete quando dice: Punirò le colpe dei padri nei loro figli? ( Dt 5,9 )
Giuliano. È tempo che passiamo ad altro; ma la dignità della causa reclama da noi che manteniamo fede a quanto crediamo di avere omesso nel libro precedente.
Il che per verità forse il prudente lettore lo riterrà superfluo; tuttavia, poiché è risaputo che una causa ormai morta si attacca anche a leggeri appigli, vale la pena di togliere le consolazioni a coloro ai quali hai tolto le fortificazioni.
Agostino. Poiché hai cominciato a passare ad altro, dobbiamo dimostrare quello che promettemmo già precedentemente: cioè che la profezia di Ezechiele, dove si dice che i peccati dei padri non sono puniti nei figli, come i peccati dei figli non sono puniti nei padri, appartiene al preannunzio della rivelazione del nuovo patto.
Dice infatti qualcosa di simile anche il profeta Geremia ed ivi illustra la ragione per cui lo si dice.
Tra l'altro infatti Geremia dice: Ritorna, o vergine d'Israele; ritorna alle tue città, tu che piangi.
Fino a quando andrai vagando, o figlia ribelle?
Il Signore ha creato per la salvezza una nuova piantagione e in questa salvezza gli uomini circoleranno.
Il Signore dice: Nella terra di Giuda e nelle sue città, quando metterò fine alla sua schiavitù, s'inneggerà ancora: Benedetto il Signore sopra il suo monte giusto e santo.
Vi abiteranno insieme Giuda e tutte le sue città, gli agricoltori e i pastori.
Poiché inebrierò ogni anima assetata e sazierò ogni anima affamata.
A questo punto mi sono destato e ho guardato; il mio sonno mi parve soave.
Ecco verranno giorni, dice il Signore, nei quali seminerò la casa d'Israele e la casa di Giuda con semenza di uomini e di bestiame.
Allora, come vegliai su di essi per sradicare e demolire, così veglierò su di essi per edificare e piantare, dice il Signore.
In quei giorni non diranno: " I padri mangiarono l'uva acerba e i denti si allegarono ai figli ".
Ma morirà ognuno per la propria iniquità e i denti si allegheranno a chi mangerà l'uva acerba. ( Ger 31,21-30 )
È chiaro che ciò si riferisce ai giorni della nuova piantagione, della quale parlava nel dire questo.
E con la semenza di uomini e di bestiame, che Dio ha promesso di seminare, egli ci fa riconoscere in senso spirituale coloro che governano e coloro che sono governati.
Ma poiché era inveterata nel cuore del popolo la persuasione che nel vecchio patto era scritto: Punirò le colpe dei padri nei loro figli, ( Dt 5,9 ) perché nessuno pensasse che la Scrittura di Dio si contraddice, per indicare più apertamente che una norma spettava a un patto antico e l'altra norma al patto nuovo, ha subito soggiunto: Ecco verranno giorni, dice il Signore, nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova.
Non come l'alleanza che conclusi con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese dell'Egitto. ( Ger 31,31-32 )
Al patto antico appartiene dunque la generazione e al nuovo patto invece la rigenerazione.
Quindi nel patto antico le colpe dei padri sono punite nei figli, nel patto nuovo invece, sciolto il vincolo della generazione in virtù della rigenerazione, non si dice: I padri mangiarono l'uva acerba e i denti si allegarono ai figli; ma si dice: I denti si allegheranno a chi mangerà l'uva acerba, ( Ez 18,2; Ger 31,29 ) perché, non per il peccato di suo padre, ma per il suo peccato, se l'ha commesso, ciascuno morirà.
Viceversa tu non hai mostrato come la profezia che dice: Il figlio non sconta l'iniquità del padre, ( Ger 31,30 ) si concili con la Scrittura dove si legge: Punirò le colpe dei padri nei loro figli.
Queste affermazioni rimarranno appunto contrarie tra loro, se ognuna delle due non sarà singolarmente riferita ai singoli " testamenti ", come ha mostrato evidentissimamente il profeta Geremia.
Giuliano. Giunti dunque che fummo alla sentenza dell'apostolo Paolo,11 che il traduciano era stato solito mettere in vendita agli esperti delle Scritture: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) mostrai innanzi tutto con la testimonianza del medesimo testo che i traduciani erano stati rimossi dalla soglia di quel passo, quando il Maestro delle genti, riandando all'antichità del peccato, aveva collocato a custodia della generazione come fortissima guardia del corpo un numero definito, per prevenire che dicendo il peccato entrato nel mondo a causa di un solo uomo non aveva inteso riferirsi per nulla alla generazione, la quale non potrebbe esserci se non per mezzo di due.
E sottolineai che era stata fatta la distinzione tra la commistione e il peccato dei progenitori dicendosi che il peccato era entrato, sì, nel mondo, ma mediante quel numero che non poteva convenire ai feti.
E in tutto il " libello " si è provato sufficientemente che in quel passo non è stata indicata la " natura " del peccato, bensì la forma di un peccato che consisteva nella imitazione da parte dei prevaricatori succedutisi posteriormente e non di un peccato ricevuto per generazione.
Ma poiché nell'Epistola agli Ebrei troviamo detto dei Giudei: Sono nati da un uomo solo e per giunta già segnato dalla morte, ( Eb 11,12 ) cioè da Abramo, e poiché anche sopra nella medesima Epistola si legge a proposito del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo, ( Eb 2,11 ) perché il traduciano non arraffi qualcuno di questi testi o simili, caso mai se ne possano trovare, e non argomenti che è andato perduto qualcosa del peso della nostra risposta, nella quale abbiamo affermato che è stato detto uno solo l'uomo per cui passò il peccato proprio per non fare intendere la generazione, dopo aver trovato che in questa Epistola la generazione è stata indicata con il nome di un solo uomo, ho creduto di dover ritornare sull'argomento.
Prego dunque il lettore a stare attento: in più modi si distruggerà infatti questa obiezione.
Pertanto nel passo dove viene ricordato Abramo, è inserita anche sua moglie Sara.
Ecco appunto il testo come giace: Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando in tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa.
Aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio.
Per fede anche Sara, sebbene già sterile, ricevette la capacità di concepire il seme, benché fuori di età, avendo ritenuto fedele colui che lo aveva promesso.
Per questo, da un solo uomo e per giunta già segnato dalla morte nacquero numerosi come le stelle del cielo e come la sabbia che è nella spiaggia del mare. ( Eb 11,8-12 )
Dopo averli dunque ricordati ambedue, Abramo e Sara, e dopo aver detto che essa era sterile per legge di vecchiaia, ma aveva ricevuto per fede la capacità di concepire il seme, ha con sicurezza soggiunto che da un solo uomo sarebbero nati popoli così numerosi da esser paragonati alla moltitudine degli astri.
Che dunque si mettesse in evidenza la copula dei genitori lo impose tanto la testimonianza dei fedeli, quanto la verità della storia.
Che invece nell'esaltare la moltitudine propagatasi da quegli stessi due non si nominassero entrambi, ma si nominasse l'uomo soltanto, lo persuase a farlo l'arte dell'elogio.
Voleva mostrare appunto quanto grandi meriti avesse avuto quella fede così certa, dicendo che per virtù di Dio si sarebbe propagata una moltitudine innumerevole e giudicando più adeguato alla esaltazione dell'opera di Dio dirla procreata da uno solo invece che da due, tanto più che nella maggiorazione della lode fatta nell'ultima parte del discorso non veniva a perderci nulla la storia, che aveva già assicurata sopra facendo menzione di ambedue i coniugi.
Agostino. Non so che cosa capisca chi non capisce che tu non dici nulla.
Avevi detto che l'Apostolo disse: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) perché quell'uomo offrì a tutti gli altri l'esempio di peccare.
Hai scritto: Se in quel testo volesse far intendere la generazione, direbbe: A causa di due; non: " A causa di uno solo ".12
Mentre piuttosto, se volesse far intendere l'esempio, direbbe: A causa di una sola; non: A causa di uno solo, perché risulta che Eva offrì l'esempio di peccare anche allo stesso suo marito.
Ma poiché con la generazione entrò nel mondo un peccato che si doveva risanare soltanto con la rigenerazione, per questo disse: A causa di un solo uomo.
Come infatti l'esempio del peccato umano cominciò dalla donna, così la generazione cominciò dall'uomo; la concezione appunto che spetta alla donna è preceduta senza dubbio di nessuno dalla inseminazione che spetta all'uomo.
Ma ecco che è stata trovata una testimonianza evidentissima o da te stesso o da un altro che forse l'ha obiettata, dove senza nessuna ambiguità si dicono nati da uno solo innumerevoli uomini, che per nascere hanno avuto certamente due genitori, un uomo e una donna.
Ma è stato detto: da uno solo nel modo più giusto a causa dell'esordio della generazione che viene dal seme dell'uomo.
Successivamente nel proporre lodevoli esempi di fede cominciò dallo stesso Abele e dopo aver ricordato Abramo arrivò a Sara.
Aveva evidentemente oltrepassato Abramo e parlava della sua moglie, e tuttavia, quando si venne a commemorare la generazione di un immenso popolo, ritornò ad Abramo, perché egli generò i figli che Sara partorì.
Se tu ci avessi riflettuto, come avresti dovuto, non bestemmieresti contro il fedele predicatore della fede che scrisse quell'Epistola e non lo diresti persuaso dall'arte dell'elogio.
Persuaso a che? A mentire forse, asserendo nati da uno solo quelli che sono nati da due?
Evidentemente giudicando ciò più adeguato all'esaltazione dell'opera di Dio, come stimi tu.
Sbagli di grosso: non piace a Dio una falsa lode.
Tu, sì, sei solito offrirla volentieri alla libidine, ma molto dispiace alla verità la falsità.
Infatti anche con la stessa libidine per quale ragione tu faccia non il lodatore, ma l'adulatore non lo so.
Forse ti amerà di più per questo?
Ti illudi assolutamente: essa non ama l'uomo, ma senz'altro lo stimola ad amare ciò che non deve amare.
Se poi è un parlare non mendace ma verace che in un qualsiasi modo di parlare si dicano nati da uno solo, quelli che sono nati da due, perché mai pensi che dove è stato scritto: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, non si sia potuto insinuare la generazione per il fatto che essa avviene per mezzo di due e non di uno solo?
Lo sanno tutti: genera o principalmente o primieramente l'uomo che semina; la donna invece o non genera ma partorisce o, se anche lo stesso parto si può giustamente chiamare generazione, la donna concepisce prima dall'uomo generante e poi genera il feto che aveva concepito.
Per questo, l'Apostolo, volendo far intendere entrato nel mondo con la generazione il peccato che il Cristo avrebbe lavato con la rigenerazione, ha detto: A causa di un solo uomo, perché fu l'uomo che allora generò o primieramente o principalmente.
Soprattutto perché, come abbiamo già detto e tu hai bisogno di sentirlo ripetere, se lo dicesse per l'inizio dell'esempio, direbbe: A causa di una sola, perché da Eva partì nel genere umano il primo esempio di peccato, e preferirebbe omettere Adamo, sapendo che egli seguì l'esempio della donna, così da peccare anch'egli imitando lei.
Giuliano. Dunque nella Lettera agli Ebrei, dove il discorso verte sulla generazione, si dice che molti nacquero da uno solo; nella Lettera ai Romani invece, dove l'Apostolo parla del peccato, egli afferma che il peccato entrò a causa di un solo uomo, e con questo numero ha insegnato assolutissimamente che non ha pensato per nulla alla generazione.
Agostino. Parlare così contro l'evidenza dei fatti non è, come pensi tu, una lodevole eloquenza, ma una incredibile impudenza.
Giuliano. Dove poi si dice nei riguardi del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo, ( Eb 2,11 ) si può intendere non di Adamo, ma di Dio, per virtù del quale è stato fatto il Cristo secondo la carne ed è stato fatto tutto il genere umano.
Quindi a demolire il concetto dell'Apostolo, quando disse che il peccato entrò nel mondo a causa di un solo uomo, non può dare nessun aiuto importante la somiglianza di altre parole.
Rimanga tuttavia ben fisso nell'animo del prudente lettore quello che segue, perché intenda che io mi sono comportato finora con molta più remissività di quanto occorresse.
Concediamo pure che moltissime testimonianze insegnino che la generazione, impossibile se non per mezzo di due, tuttavia solitamente si dica compiuta anche per mezzo di uno solo.
Ma l'opinione della " traduce " non ne trarrà nessun vantaggio.
Per quale ragione? Evidentemente perché altre sono le affermazioni che si fanno in senso " abusivo " e altre le affermazioni che si fanno in senso proprio.
Le affermazioni proprie distribuiscono dunque senza danno le loro appellazioni.
Alle affermazioni che si fanno invece per usurpazione non si lascia che rechino i pregiudizi delle loro definizioni alle realtà principali, ossia proprie.
Tutto questo avviene senza colpa, quando per abuso diamo vocaboli alieni a realtà sulle quali non c'è nessuna ragione di dubitare.
Agostino. Ma tu sei disposto a suscitare il dubbio anche su realtà evidenti che siano contro di te.
Giuliano. Ma quando contro l'opinione di tutti si presenta una realtà con un vocabolario il cui suono le presta ogni garanzia, si pecca gravemente se, avendo alla mano il suo nome proprio, si indica con il nome abusivo di una appellazione mendicata.
Quando dunque si parla dei feti, poiché nessuno dubita che ogni nato abbia due genitori e poiché questo fatto non ha bisogno di testimonianza, non scomoderà alla intellezione se dico che un tizio è stato generato da uno solo: questo mio modo di dire non indurrà nessuno a pensare che sia potuto nascere o senza padre o senza madre.
Agostino. Certamente ogni nato ha due genitori, ma perché nasca, l'uomo lo genera seminandolo e la donna lo partorisce mettendolo alla luce.
Dal che è ben chiaro a chi sia da attribuire la generazione o principalmente o primieramente, perché tu smetta di effondere le nebbie della loquacità su realtà che stanno nella luce.
Ma chi mai si esprime così da dire che un tizio è stato generato da uno solo?
Chiunque sente parlare di generazione non pensa se non al padre, e soltanto il padre genera l'uomo seminandolo.
Ma si è soliti dire con ragione che sono stati generati da uno solo due o tre dei quali si potrebbe pensare che non abbiano il medesimo padre.
Quando invece bisogna riferirsi al padre e alla madre, chi mai si dice nato da uno solo se non bugiardamente?
Se per esempio è manifesto che due camminarono o agirono assieme, dici forse senza mentire che a camminare o ad agire fu uno solo, per la ragione manifesta che erano in due?
La tua menzogna non sarà tanto più sfacciata quanto più spalancata?
È vero, si usa anche il numero singolare al posto del plurale nel linguaggio figurato, come nelle piaghe che percossero l'Egitto si dice rana e locusta al singolare, mentre furono molte. ( Sal 78,45-46; Sal 105,34 )
Se invece si dicesse una sola rana o una sola locusta, chi dubiterebbe che questa bugia sciocca sia tanto più sciocca, quanto più chiara è quella verità?
Smetti dunque di vendere cotesti fumi a gente ignorantissima di questi problemi.
Che il peccato entrò nel mondo a causa di un solo uomo capiscilo non come lo dici tu, ma come lo dice l'Apostolo.
Il peccato appunto entrò nel mondo a causa di un solo uomo, ( Rm 5,12 ) non precedente agli altri con l'esempio - questo si direbbe della donna -, ma generante gli altri come principio, perché per primo seminò ciò che Eva concepì e perché egli stesso generò ciò che Eva partorì.
Allo stesso modo è scritto: Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, ( Mt 1,2 ) e questa locuzione persevera per tutte le successive generazioni.
Né è stato detto: Abramo e Sara generarono Isacco; o: Isacco e Rebecca generarono Giacobbe.
E quando fu necessario nominare le madri, l'Evangelista non afferma: Giuda e Tamar generarono Fares e Zara, ma afferma: Giuda generò da Tamar, ( Mt 1,3 ) e dovunque aggiunse anche le madri, attribuì tuttavia la generazione ai padri, non dicendo: Costui e costei generarono lui, ma dicendo: Egli generò lui da lei.
Da questo devi capire che quegli innumerevoli popoli si dicono generati da un solo Abramo nel senso che li generò da Sara egli soltanto.
È detto perciò: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) per far capire in quel caso l'inizio della generazione che parte dall'uomo, e non l'esempio per l'imitazione, che nel genere umano entrò nel mondo a causa di una sola, piuttosto che a causa di uno solo.
Giuliano. Quando poi si tratta del peccato che contro l'opinione di tutti e contro ogni ragione si finge innato.
Agostino. Non contro l'opinione di tutti, né contro ogni ragione si finge il peccato originale, ma si dimostra contro il vostro errore con la testimonianza della Scrittura e con la testimonianza della stessa miseria del genere umano.
Giuliano. Anche di questo peccato si dice con proprietà che è passato a causa di uno solo, se costui diede l'esempio di peccare; ma si dice con molta improprietà, se costui " ingenerò " nei discendenti quel peccato, perché allora non poté passare se non per mezzo di due.
Agostino. Anzi: entrò a causa di uno solo, perché da lui fu seminato ciò che la donna partorì; in lei invece ebbe la precedenza l'esempio che Adamo seguì.
Giuliano. Abbia dichiarato l'Apostolo che il peccato passò, ma per mezzo di uno solo; abbia indicato la verità che ciò appartiene in senso proprio all'esempio: con intollerabile impudenza agisce il traduciano quando dice che quel numero, abusivamente impiegato, arriva fino a lui.
Agostino. Che senso ha che tu così spesso con un nome nuovo, usato calunniosamente, pensi di fare sì che si abbandoni la verità dell'antichissimo dogma cattolico per lo spavento che incute la novità del nome?
Che cosa non si può deridere in questa maniera? Ma vanamente, non urbanamente.
L'Apostolo infatti dice: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 )
Queste parole le accettiamo noi e voi.
Se dunque siamo " traduciani " noi per il peccato che dalla generazione è stato tradotto a passare in tutti gli uomini, traduciani siete voi per il peccato che fingete essere stato tradotto dalla imitazione a passare in tutti gli uomini, e per primo è apparso traduciano l'Apostolo, il quale, sia che abbia sentito com'è chiaro che ha sentito, sia che abbia sentito ciò che gli attribuite voi erroneamente, tuttavia, dicendo che il peccato entrò nel mondo a causa di un solo uomo e dicendo che passò in tutti gli uomini, diede l'occasione a questo nome della " traduce ".
Se viceversa il nome della " traduce " non conviene a queste parole dove si dice che a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e passò in tutti gli uomini, allora né a noi questo nome, né a voi, né all'Apostolo conviene, ma dirlo, rinfacciarlo, ripeterlo in modo continuo e odioso ben conviene chiaramente alla vostra " inezia ".
Giuliano. Poiché infatti è una mostruosità inaudita che qualcuno, lasciando le parole proprie, tenti con parole abusive e ambigue d'inventare un dogma anche tollerabile, tuttavia nuovo, è infinitamente più orribile che Agostino cerchi di confermare affermazioni oscene e incriminatrici della giustizia di Dio con sentenze così ancipiti da confessare che in senso proprio suonano contro di lui e in senso precario suonano a favore di lui.
Chi mai tra gli eruditi si fiderebbe di un argomento che, portato in giudizio, fosse valutato dal suo avversario come uno schiavo nato in casa e da lui fosse considerato come uno schiavo fuggitivo e rubato?
Agostino. Sul tema delle parole abusive e proprie fai tali ragionamenti da disprezzare i pochi che ti capiscono e ti trovano delirante, e da scegliere che ai molti che non ti capiscono sembri che tu dica qualcosa, mentre non dici nulla.
Meglio dunque faccio io ad abbandonarti ai pochi dotti che anche senza la mia dimostrazione capiscono facilissimamente che non dici nulla, piuttosto che confutarti facendo ragionamenti che molti non capiscono, sebbene veri.
Ma tuttavia nel testo: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) per l'autore della generazione e perciò forma del futuro, e per l'autore della rigenerazione, le parole non sono abusive, ma proprie.
Giuliano. L'affermazione dunque posta nell'Epistola agli Ebrei: Da uno solo tutti gli uomini, la esige la lode di Dio, dopo tuttavia la menzione dei genitori.
L'affermazione invece che si fa del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo ( Eb 2,11 ) è stata riferita a Dio.
Agostino. Ancora di più dopo la menzione dei genitori - soprattutto perché aveva già oltrepassato il padre e stava parlando della madre - non doveva tralasciarsi la madre stessa, ma si sarebbe dovuto dire: Nacquero da due, riguardo a coloro che non erano nati da uno solo, bensì da due, perché la lode di Dio fosse vera e non falsa.
Se non che è vero pure che nacquero da uno solo, né ciò è stato detto in senso abusivo, ma in senso proprio, per il padre, autore del seme, e non per accrescere con una menzogna la lode di Dio, come stimi tu.
Dire appunto: L'ha fatto un uomo, riguardo a ciò che hanno fatto due o più uomini, può essere una locuzione figurata.
Ma se qualcuno dice fatto da uno solo ciò che è stato fatto da due, se l'autore del fatto non è uno solo di quei due, o inganna o s'inganna, come abbiamo già detto sopra della locusta e della rana.
Giuliano. Così infatti scrive l'Apostolo ai Corinzi: Come infatti la donna deriva dall'uomo, anche l'uomo ha la vita dalla donna, ma tutto proviene da Dio. ( 1 Cor 11,12 )
In terzo luogo poi la ragione indica che, se pur mancasse l'uno e l'altro argomento che milita a nostro favore, tuttavia quella sentenza con la quale Paolo tocca la questione dell'entrata del peccato in questo mondo a causa di un solo uomo, non ha stipulato nessuna alleanza con i manichei.
Agostino. Tu piuttosto dicendo questo mostri di essere alleato dei manichei.
Che alleanza infatti ci può essere tra l'Apostolo e Manicheo, se l'Apostolo dice: Il corpo è morto a causa del peccato, ( Rm 8,10 ) e ciò sbaraglia la vostra eresia, mentre Manicheo dice: Il corpo è immutabilmente cattivo per la natura del male coeterna al bene?
Parimente, se nel passo dove è detto che il corpo è morto a causa del peccato l'Apostolo dice: Colui che risuscitò il Cristo dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali, ( Rm 8,11 ) mentre Manicheo dice che i corpi di carne non appartengono alla creazione del Dio buono, ma alla natura del male, né che il Cristo fu risuscitato dai morti, ma non morì?
Voi dunque, che non siete manichei, ma che non siete nemmeno voi sani a causa di una peste diversa, dite in che modo il corpo sia morto per il peccato, voi che asserite entrata nel mondo la morte del corpo non per il peccato di quell'uomo, ma per legge di natura.
Giuliano. E con questo resta inconcussa la nostra risposta: in quell'uomo unico non è stata additata dall'Apostolo la natura viziata e corrotta dalla generazione, ma solamente la volontà viziosa di coloro che peccano, rimanendo integra la natura.
Agostino. È mai possibile che voi siate così ciechi o che accechiate gli uomini con le vostre caliginose discussioni da osare di negare che nascano corpi viziosi?
Forse i corpi non appartengono alla natura umana?
O forse, come dicono i manichei - alla cui demenza quanto aiuto diate, certo inconsapevolmente, non volete tuttavia avvertire e pensare -, l'anima buona è tenuta mescolata ai corpi dalla gente delle tenebre?
Dite dunque i meriti dei corpi viziosi, voi che dite che i bambini non traggono dai genitori nessun peccato.
Ecco, i manichei dicono: A tal punto questa carne mortale appartiene non alla fabbrica di Dio, ma a quella della gente delle tenebre, che anche i corpi degli uomini, che voi presentate come fatti ad immagine di Dio, non solo nascono corruttibili e soggetti alla condizione della morte, ma spesso anche viziosi.
Che cosa risponderà ai manichei la vostra eresia se non che la natura umana, sebbene sotto Dio creatore e artefice, è tuttavia tale che, anche se nessuno avesse peccato, i corpi degli uomini sarebbero nati anche nel paradiso nelle medesime condizioni di ora?
O voce abominevole e riprovevole!
Noi invece, poiché non diciamo che nel paradiso sarebbero nati corpi umani, non solo corruttibili e costretti dalla necessità della morte, ma molti di essi per una svariatissima viziosità anche languidi, distorti, deformi, senza nessun peccato precedente da parte dei genitori, e poiché coloro che lo dicono noi li giudichiamo degnissimi di anatema, noi, ripeto, non attribuiamo cotesti mali alla natura quale fu costruita fino dall'inizio, ma alla natura umana viziata successivamente per merito della iniquità, così da distruggere e voi e i manichei con l'inconcussa e antica stabilità della fede cattolica.
Giuliano. Ma ritorniamo a quel libro che Agostino destinò a Valerio e nel quale si propose di esaminare e di confutare soltanto alcune sentenze da uno solo dei miei libri.
Per la verità nel primo " libello " della presente opera ero arrivato fino alle parole di Agostino dove, manifestando l'impudenza con la quale tentava di schivare l'odiosità di quella opinione di manicheismo, per non sembrare di attribuire al diavolo la creazione dell'uomo, ha dichiarato che Dio è l'autore dei mali e che egli crea la sostanza umana di tal merito che riceve un reato prima di ricevere l'uso di ragione ed è collocata nel regno del diavolo dalle mani del suo Creatore.
Agostino. Chi discerne la natura dal vizio, non dice ciò che dici tu; chi legge con intelligenza ciò che dico, non pensa che io dica quel che non dico.
Giuliano. Dio è un vasaio, dice Agostino, che fabbrica vasi d'ira e di perdizione. ( Rm 9,22 )
Agostino. Per quanto poco tu capisca in che modo Dio dalla medesima pasta faccia un vaso per l'onore e uno per il disonore, ( Rm 9,21 ) tuttavia li fa così da non fare un terzo genere di vasi che non siano né per l'onore né per il disonore, quali voi volete che siano i bambini e ritenete che per l'immagine di Dio non è un disonore non entrare nel regno di Dio.
Lo stesso regno infatti lo amate così poco da credere che il non esservi ammessi non sia nemmeno leggera ma nessuna pena.
Giuliano. Ma tali vasi non sono costretti alla perdizione da un processo di libera volontà, bensì dal potere del loro plasmatore.
Agostino. Non di tutti gli uomini puoi dire che Dio li costringa alla perdizione, ma di quelli che sono già stati rigenerati come suoi figli, facendo vivere coloro di cui prevede l'allontanarsi dalla fede, mentre potrebbe rapirli da questa vita prima che la malvagità li cambi.
Giuliano. E questa così grande scelleratezza di un dogma mostruoso ha tentato Agostino di corroborarla con le sentenze dell'apostolo Paolo, che io ho esposto in tutto il loro contesto, e ho dimostrato che il profeta Isaia, dal quale risultava preso il paragone del vasaio, difende pienissimamente la causa della giustizia di Dio.
Agostino. Che cosa hai dimostrato a coloro che leggono e intendono se non il tuo tentativo, tuttavia vano, di pervertire le parole dell'Apostolo con una eccessiva loquacità?
Indice |
9 | Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13 |
10 | Vergilius, Georg. 1, 75-76 |
11 | Sopra, 2,56-57 |
12 | Sopra, 2,56 |