Opera incompiuta contro Giuliano |
Giuliano. Stimo che un lettore diligente possa meravigliarsi perché mai io, mentre secondo l'uso solenne degli scrittori divido la mia piccola opera in un determinato numero di libri, risolva tuttavia le questioni di un libro in un altro libro.
Donde è che la discussione fatta nel terzo libro sul senso dell'Apostolo nel suo dire che il peccato entrò nel mondo a causa di un solo uomo ( Rm 5,12 ) - e con questo numero singolare soffoca l'opinione del male originale -, non viene scossa nemmeno di poco dal testo che fa discendere da un solo uomo, da Abramo, la generazione dei Giudei. ( Eb 11,12 )
Cotesto lettore, al quale voglio adesso dare soddisfazione, ritenga pure che tale argomento avrebbe dovuto trovare posto nel secondo libro.
Sappia quindi che questa fedeltà nel rispondere, per cui almeno in un libro successivo sono ripresi anche i temi che si reputavano tralasciati, né produce nessun incomodo al dibattito, né proviene da qualche disordine di frettolosità, ma proviene tanto dalla necessità delle cause, quanto dalla razionalità del metodo.
Sarebbe disponibile una moltitudine di grandi ingegni per giustificare con il loro esempio la coerenza di un tale stile, ma sarebbe una vanteria inopportuna appellarsi per una semplice faccenda ai sonanti suffragi di uomini antichi e con la difesa rendere sospetta la sicurezza del fatto.
Il secondo libro, dunque, che avevo destinato a riferire le sentenze dell'Apostolo, perché non lo portasse ad una eccessiva lunghezza l'aggiunta di questioni leggere, lo terminai con il puro necessario della discussione.
Ma poiché, assolto il dovere di una seria trattazione, fu per me una gioia ovviare anche alle questioni di minore importanza e mi piacque avere riguardo delle persone più tarde, che possono essere impressionate da obiezioni frigide, ho spiegato nel terzo libro in che senso si dica che molti sono nati da uno solo.
È pure convenientissimo tuttavia che il volume successivo paghi i debiti del precedente, sia perché tra i libri apparisca una grande concordia, sia perché i lettori si sentano invitati alla conoscenza dell'opera intera, capendo che non sono stati omessi quei punti che nei primi libri avevano stimati rimandati.
Indicato dunque che quanto abbiamo fatto corrisponde alla promessa e all'impegno dell'opera, diamo l'assalto ai manichei a difesa delle opere di Dio e delle sue leggi, per respingere dalle opere di Dio la deformità del male naturale, dalle leggi di Dio l'ingiustizia di giudizi " ferali " [ crudeli ], per insegnare che nei precetti di Dio la giustizia non ha perduto nulla della sua bontà e che nei semi delle creature di Dio il diavolo non ha mescolato nulla della sua malizia, per dimostrare in una parola che le leggi di Dio sono degne di Dio governatore e che le opere di Dio sono degnissime di Dio creatore.
Agostino. Il tuo assalto, per non essere superati nel nostro assalto, lo prenderebbero i manichei come un grande aiuto, se la fede cattolica non superasse anche voi insieme a loro, atteso che la discordia delle concupiscenze della carne e dello spirito e le miserie del genere umano, delle quali è piena la natura dei mortali e le quali cominciano dai pianti e dalle disgrazie dei bambini, non lasciano ai manichei la libertà di attribuirle alla mescolanza delle due nature che essi introducono, perché tutti questi mali sono attribuiti dall'autorità divina e dalla evidente verità razionale alla natura viziata dal peccato, che Dio creò buona e che Dio non priva del dono della fecondità e della bontà della sua creazione, nemmeno dopo che è stata viziata.
Il che voi negando, tentate, sí, di spezzare le armi dalle quali sono vinti i manichei, ma sono armi tanto ferme e tanto invitte da abbattere gli uni e gli altri, sia che arrivino a voi dopo aver trafitto e ucciso i manichei, sia che arrivino ai manichei dopo aver trafitto e ucciso voi.
Giuliano. Alle quali due verità se credete, ossia che né le opere di Dio sono cattive, né sono iniqui i suoi giudizi, tutto il dogma della traduce si sgretola; come all'inverso, accettata l'empietà della traduce, si distruggono queste due verità, la creazione di Dio e il giudizio di Dio, che sono le sole verità attraverso le quali Dio può essere accettato intellettualmente.
Agostino. Né sono cattive le opere di Dio, perché egli opera bene anche da tutti i mali di qualsiasi specie, e perché ai bambini, verso i quali ha operato bene dalla massa perduta per la prevaricazione del primo uomo, viene in soccorso anche per sanarli; né sono iniqui i giudizi di Dio, perché con il giogo gravante sui figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal seno materno ( Sir 40,1 ) non punisce se non i meriti dei peccati.
Con queste verità, se si credono e s'intendono, si estingue l'errore e dei manichei e dei pelagiani: dei manichei, perché vogliono attribuire cotesti mali del genere umano a non so quale principio del male coeterno all'eternità di Dio; dei pelagiani poi, perché essi non li vogliono imputare ad un peccato.
Giuliano. Prendiamo ormai dunque in esame quanto tesse il laceratore dei beni naturali.
Ma per suggerire al nostro lettore tanto l'intelligenza quanto la differenza degli argomenti che si intrecciano tra loro nella reciproca risposta, lo avverto di che genere sia la nostra battaglia.
Dichiara costui di rispondere ai nostri scritti, che dice essergli stati recapitati a mezzo di una breve cartella, e riporta alcune particelle delle mie sentenze e schernisce affermazioni che non si trovano nella mia opera.
Agostino. Grazie a Dio che ho risposto in tutto e per tutto con sei miei libri agli stessi quattro libri tuoi, dai quali stralciò quanto volle e come volle quel tale di cui arrivò a me la cartella mandatami da lui.
Penso che tu non abbia l'intenzione di dire che in quei miei libri io ho voluto riprovare alcune tesi che non si trovano nella tua opera.
Che se anche tu lo dicessi e lo dimostrassi, mi dovrei pure congratulare con te di non aver fatto le affermazioni che non dovevi fare.
E magari di tutte le tue parole che si riprendono giustissimamente tu non ne avessi detta assolutamente nessuna.
Giuliano. Parla dunque costui a Valerio cosí: Sta' attento in quali punti stima di essere contro di noi, d'accordo con questa sua notazione che ha premesso: Dio, afferma, dopo aver fabbricato Adamo dal limo, costruí Eva da una costola e disse: " Essa si chiamerà Vita, perché è la madre di tutti i viventi ". ( Gen 3,20 )
Veramente non sta scritto cosí, ma che ce ne importa?
Suole la memoria sbagliare nelle parole, purché tuttavia resti esatta la sentenza.
Né fu Dio a imporre il nome di " Vita " ad Eva, ma il marito.
Si legge infatti: " E Adamo mise alla sua moglie il nome di Vita, perché è la madre di tutti i viventi ".1
Stupenda erudizione di un dottore, che non lascia scostarsi dal testo delle Scritture nemmeno d'un poco.
Egli riprende la nostra imperizia, ma si degna di concedere venia alla dimenticanza che mi aveva fatto chiamare da Dio "Vita " la donna; cosí in una breve occasione ha voluto apparire ed erudito e generoso.
Ma come non è da ammirare la diligenza d'aver trovato l'autore del nome della donna, cosí non è da tollerare l'impudenza di voler indulgere ad uno ciò di cui non lo puoi incolpare.
Nella mia opera infatti non si legge come si ritiene nei commenti di costui.
Io, dopo aver appunto riportato la testimonianza della legge che attribuisce al Creatore l'affermazione: " Non è bene che l'uomo sia solo; facciamogli un aiuto che gli sia simile ", ( Gen 2,18 ) osservo: Che cosa vogliono dire le parole: " Non è bene che l'uomo sia solo "?
È mai possibile che Dio avesse fatto una cosa che giustamente non si potesse dire buona, soprattutto un Dio che aveva fatto tutte le cose non solo buone ma anche molto buone?
Perché dunque dice: " Non è bene che l'uomo sia solo "?
Questa dichiarazione non biasima lo stato della creatura, ma indica che al genere umano avrebbe potuto riuscire dannosa l'unione, se dal ministero del sesso diverso non fosse germinata la successione.
Infatti se anche si sperava che Adamo sarebbe potuto divenire immortale qualora non avesse peccato, è manifesto tuttavia che non sarebbe potuto mai diventare padre qualora non avesse trovato una moglie che, prelevata dal fianco di Adamo dormiente, udí dal primo nome che le fu posto a quale opera fosse stata ordinata: " Essa si chiamerà Vita, perché è la madre di tutti i viventi ".
Dalla quale asserzione è stato dichiarato che in seguito nessun uomo poteva esistere o vivere senza venire al mondo per mezzo della concezione.2
Poiché dunque risplende che, per quanto si tratti di una questione di non grande importanza, tuttavia da me non è stato affermato nulla che qualcuno potesse accusare, a parte una singolare impudenza, è rimasto bollato con il marchio di pubblica falsità l'uomo che più sprovveduto di tutti, volendo dare ciò che non ha, delinque in una volta sola ugualmente e per non possessione giuridica e per vantata donazione.
Agostino. Se non sei stato tu a riportare le parole del Libro divino nel modo in cui le ho trovate io in quella cartella, non è a te, ma a colui che le ha trascritte cosí che io ho perdonato, e a lui dobbiamo perdonare ambedue.
Se invece reputi che io non abbia trovato ciò nella cartella, ma, fingendo di averlo trovato, ho riportato in modo menzognero quelle parole, quasi per avere qualcosa da attribuire a un tuo errore, è certamente a te che ora perdono di avere avuto di me un'opinione tanto cattiva e tanto falsa.
Giuliano. Dopo aver dunque ripreso con tale gravità questo punto, passa oltre ed esorta il suo patrono a fare attenzione a quanto segue.
Dice costui: Quindi Dio, creatore del maschio e della femmina, formò membra convenienti per le generazioni.
Ma inserendo questo soltanto da un capitolo dei miei scritti e tralasciando completamente moltissime righe nelle quali si sottolinea principalmente la novità delle anime che non devono nulla alla carne o al seme, riporta questo mio brano: Cosí ordinò che dai corpi si generassero i corpi, dei quali tuttavia intervenne ad assicurare l'efficacia con la potenza della sua operazione, amministrando tutto ciò che esiste con la medesima forza con la quale l'ha creato.
Se quindi non altrimenti che per mezzo del sesso il feto, se non altrimenti che per mezzo del corpo il sesso, se non altrimenti che per mezzo di Dio il corpo, chi può dubitare che la fecondità si attribuisca giustamente a Dio?3
Pertanto dopo aver riportato queste parole dal mio libro, dichiara di riconoscerle egli stesso come dette cattolicamente.
Chi dunque non penserebbe che costui abbia cambiato parere?
Ma non diventa immemore di sé, bensí giudica simile la condizione di un dogma perverso e la condizione del pudore, nel senso che anche un dogma perverso si ripara con un disastro clamoroso, come il pudore si indurisce con un assiduo attrito.
Approva dunque la mia sentenza e con spontaneo amplesso conficca il ferro del pregiudizio contro la sua fede; ma dopo questo, quasi integro di forze, dichiara che gli resta ancora da lottare.
Prosegue infatti cosí: Dopo queste idee che sono state dette veracemente e cattolicamente, o meglio che sono contenute veracemente nei Libri divini, ma che non sono state dette da lui cattolicamente, perché non sono state dette con l'intenzione di un petto cattolico, già per il fatto che le ha dette comincia ad introdursi l'eresia pelagiana e celestiana.
Poni infatti attenzione a quello che segue.
Qui riporta di nuovo i nostri detti: Che cosa dunque riconosce di suo il diavolo nei sessi per possedere in forza di esso con diritto il loro frutto? La diversità? Ma essa si trova nei corpi che ha fatti Dio.
La mescolanza? Ma essa si giustifica non meno con il privilegio della benedizione che con il privilegio della istituzione.
È infatti voce di Dio: " L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e saranno due in una carne sola ". ( Gen 2,24 )
Voce di Dio è: " Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra ". ( Gen 1,28 )
O forse la stessa fecondità? Ma proprio essa è la causa della istituzione del matrimonio.4
Al che ha risposto che né la diversità dei sessi, né la mescolanza, né la fecondità conosce il diavolo nei sessi come suo dominio per possedere in virtú di esso con diritto il loro frutto.
Ma, messi da parte tutti questi beni, ha trovato che cosa attribuire al diavolo ed ha aggredito la nostra onestà accusandola di paura, perché tra i tanti compiti dei corpi e dei sessi ci siamo peritati a nominare la concupiscenza della carne.
Cosí dunque parla di me al suo patrono: Ma costui tra tutti questi beni non ha voluto nominare la concupiscenza della carne, che non viene dal Padre, bensí dal mondo, ( 1 Gv 2,16 ) del quale mondo è stato detto principe il diavolo, che non trovò la concupiscenza nel Signore, perché non fu per mezzo di essa che il Signore venne uomo tra gli uomini.
Tanto che il Signore stesso dice: " Ecco, viene il principe di questo mondo e non troverà nulla in me "; ( Gv 14,30 ) nulla s'intende del peccato, né del peccato che contrae chi nasce, né del peccato che aggiunge chi vive.
Questa concupiscenza non volle costui nominarla tra tutti questi beni naturali che ha ricordato, perché di essa sentono confusione anche le nozze, le quali si vantano di tutti questi beni.
Per quale ragione infatti quell'operazione dei coniugati si sottrae e si nasconde anche agli occhi dei figli, se non perché non possono dedicarsi alla lodevole mescolanza senza la riprovevole libidine?
Di questa libidine arrossirono pure coloro che per primi si coprirono le parti pudende, ( Gen 3,7 ) le quali non furono precedentemente pudende, ma come opere di Dio erano da lodare e da glorificare.5
Veramente nei quattro libri della mia prima opera ho trattato, beatissimo padre Floro, la causa delle nozze, la causa della mescolanza, la causa dei corpi, la causa dei sessi, la causa dell'operazione di Dio e la causa infine della estimazione di Dio, la quale necessariamente come è lodata dalla bontà delle sue opere, cosí è ferita dalla loro infamia; e in tutta l'opera scritta da me la verità che è assolutamente inoffuscabile ha dimostrato che il diavolo non ha aggiunto nulla né alla formazione del corpo, né al sesso.
E perciò è stato insegnato che l'opinione della traduce è stata bevuta dal fango di Manicheo.
Agostino. Come ti sia comportato in quei tuoi quattro libri e come tu sia stato confutato dalla nostra risposta, cosí da chiarire che non avevi combinato nulla, lo capiscono senza difficoltà coloro che leggono e i miei libri e i tuoi.
Quantunque anche se non si leggono i libri tuoi, ma solamente i miei, apparisce distrutto in essi il vostro dogma eretico.
Ma poiché hai risposto con quattro tuoi libri a uno mio soltanto cosí da toccare appena un terzo del mio libro senza confutarne nessuna parte, hai tanto poco presunto dei tuoi libri da scrivere contro un mio solo secondo libro nella medesima causa cotesti tuoi otto libri, come se tu avessi pensato non di dovermi atterrare con la solidità delle argomentazioni, ma di dovermi atterrire con il numero dei volumi: fino a tal punto evidentemente hai sentito di non aver ottenuto nessun vantaggio con quella tua quadrupla risposta da sembrarti necessaria questa ottupla risposta.
Se dunque la tua loquacità è provocata a crescere in tali proporzioni, chi non atterrirà non la verità, ma la numerosità dei tuoi libri, il cui conteggio mi infastidisce?
Uomo infatti facondo di stupenda fecondità, che prima hai pensato di dover rendere a un solo mio libro quattro dei tuoi e a un secondo mio libro otto dei tuoi, chi non temerà che eventualmente a sei libri miei tu mediti di renderne piú di mille dei tuoi, se già ad uno solo di essi che è il primo ne rendi sedici e cosí insegui ciascuno degli altri raddoppiando il numero precedente, mostrando a noi quanto parli a lungo senza capire di che parli?
Giuliano. Ciò tuttavia, sebbene risulti ivi dimostrato a sazietà, sarà ripetuto, per quanto in breve, anche nella presente discussione.
Rivolgiamoci dunque ad Agostino stesso, contro la cui erudizione stiamo battagliando.
Tu concedi appunto che da noi è stato ottenuto questo giusto risultato: se non altrimenti che per mezzo del sesso fosse esistito il feto, se non altrimenti che per mezzo del corpo il sesso, se non altrimenti che per mezzo di Dio il corpo, non si potrebbe dubitare che la fecondità appartenga alle opere di Dio e che nulla di suo riconosca nei sessi il principe delle tenebre, per cui ritenere suoi i loro frutti con l'affermazione di un suo diritto, perché e la diversità apparteneva al sesso, e la mescolanza alla diversità delle membra, e il frutto della fecondità a Dio, che era stato l'istitutore anche dei genitori, e pertanto non era rimasto nulla per cui si dovesse aggiudicare al diavolo la fertilità della mescolanza.
Quale conforto dunque o quale sostegno pensi che ti sia portato dall'onestà del mio ragionamento per il fatto che non ho voluto nominare in questo luogo la concupiscenza della carne?
Anche se l'avessi passata sotto silenzio in tutta l'opera, non riceverebbe tuttavia nulla di biasimo o di offesa quella realtà, che era salvaguardata dall'uso per essa dei vocaboli piú onesti e delle voci piú chiare per l'intelligenza.
Ammetti dunque che io, con piú prudenza di quanta ne domandava la natura dell'impresa, ho voluto coprire con il silenzio il nome della concupiscenza che copriamo con il vestito.
Ma per cosí poco dobbiamo forse buttare via tutta la ragione, tutta la verità?
Ma l'intelletto, arbitro delle azioni, si arrenderà forse solo perché esiste qualcosa che non si può sempre mettere decorosamente davanti agli orecchi, come non si può mettere decorosamente davanti agli occhi?
Ma tuttavia che ha di turpe nominare la concupiscenza della carne, che e io ho nominato quando il luogo l'ha richiesto e tu, benché confermi di sentirla indomabile, tuttavia commemori con frequenza?
Agostino. Domabile la dico, cioè la carne, ma per coloro che la combattono, non per coloro che la lodano.
Giuliano. Poco dopo da qui io scrivo: Per quale ragione quindi sono sotto il diavolo i bambini, che nascono dai corpi che ha fatti Dio, dalla mescolanza tra loro dei sessi che Dio distinse formandoli, ma congiunse benedicendoli, e moltiplicò inserendovi la fecondità?
Ed è Dio che fece gli stessi bambini, dalla materia del seme.
Se confessi che da Dio viene la materia dei corpi, da Dio i genitali dei corpi, da Dio la mescolanza dei genitali, da Dio anche la forza dei semi, da Dio altresí la forma e la vita di tutti i nascenti, che cosa pensi sia rimasto per cui tu attribuisca al diavolo tante opere di Dio?6
Tu dunque chiami eresia l'insieme di una discussione diversa, un " corpo " di cui confessi rette e cattoliche tutte le membra.
Agostino. Che forse i novaziani, gli ariani, gli eunomiani ed altri ancora non li chiamiamo eretici, anche quando hanno confessato l'intero Simbolo? Per tacere dunque di altri punti che appartengono alla vostra eresia, come vuoi che non vi chiamiamo eretici, se negate che siano liberati dal potere delle tenebre quando sono trasferiti al Cristo i bambini nei quali, in procinto di ricevere lo Spirito Santo, fin dall'antichità tutta la Chiesa, che loda il nome del Signore dal sorgere del sole fino al tramonto, essuffla ed esorcizza lo spirito immondo?
Giuliano. Infatti dopo che, costretto da Dio, hai lodato il nostro sillogismo, che è munito di tanta verità da portarsi tutto contro di te e da non risentire nulla del tuo biasimo d'ingiuria, tuttavia accusi il suo " effetto".
Agostino. Quello che chiami suo " effetto " non capisci che è il vostro difetto.
Infatti dalle verità che voi dite, come se foste cattolici, non si ha come " effetto " ciò che vi fa essere eretici.
Come se foste cattolici infatti voi dite che dal sesso viene il feto, dal corpo il sesso, da Dio il corpo, per cui si attribuisce giustamente a Dio la fecondità.
Ma forse per tutto questo l'uomo dalla fecondità non nasce tale da non essere senza macchia di peccato, anche se la sua vita è di un giorno solo sopra la terra? ( Gb 14,4 sec. LXX )
Non quindi dicendo quelle affermazioni vere, ma negando quest'affermazione che è altrettanto vera, voi siete eretici.
Perché certamente non è Dio autore della fatuità e tuttavia Dio è autore del feto, anche quando nasce fatuo.
Alla stessa maniera intendi, se puoi, che dentro l'uomo nasce dalla origine un vizio, di cui non è autore Dio, pur non essendo creatore dell'uomo nessun altro che Dio.
Ricordati bene che tu sei uscito dall'orbita del tuo dogma con il quale negate che Dio operi la volontà nelle menti degli uomini.
Infatti è con la mia volontà che io ho lodato le tue parole, che confesso essere dette anche dai cattolici, e che tu dici tuttavia lodate da me perché costretto da Dio.
Ecco in che modo Dio opera in noi anche il volere: ( Fil 2,13 ) ciò che voi siete soliti negare anche contro l'Apostolo.
Giuliano. Se quindi - io dico - non altrimenti che dal sesso il feto, non altrimenti che dal corpo il sesso, non altrimenti che da Dio il corpo, chi dubiterà che giustamente si attribuisca a Dio la fecondità?
Ciò è tanto certo da strappare lodi anche dalle tue labbra.
Ma dopo l'elogio reso da te a questo passo, tu avverti che si sta introducendo l'eresia, mentre le affermazioni che io soggiungo non hanno fatto altro che ripetere le precedenti con l'aggiunta di una spiegazione.
Agostino. Che forse tra le affermazioni fatte da te e riconosciute da me come vere avevi detto: Che cosa dunque riconosce il diavolo di suo nei sessi?7
Qui infatti cominciasti ad introdurre il senso della vostra eresia, quasi che il diavolo per questo non possa conoscere nulla di suo nei sessi perché da Dio creatore è il corpo e il sesso, mentre il diavolo conosce anche in se stesso e il bene di Dio e il male del diavolo: il bene nella sua natura, il male nel vizio.
Altrettanto anche nei sessi il diavolo riconosce gli elementi che sono di Dio, come e lo stesso sesso e il corpo e lo spirito; ma riconosce il diavolo pure quello che è suo e per cui la carne concupisce contro lo spirito.
I primi elementi infatti vengono dal Creatore, la cui giustizia punitrice il diavolo non poté evitare; la concupiscenza viene dalla ferita che il diavolo ha inferto.
Giuliano. Infatti dichiaro: Che cosa dunque nei sessi conosce il diavolo di suo per possedere di diritto il loro frutto, come dici tu?
La diversità? Ma essa si trova nei corpi che Dio ha fatto.
La mescolanza? Ma essa si giustifica non meno per il privilegio della benedizione che per il privilegio della istituzione.
O forse la stessa fecondità? Ma proprio essa è la causa della istituzione del matrimonio.
Che cosa dunque ci fu di nuovo qui, che cosa che dissentisse dalla precedente conclusione che tu avevi approvato, che cosa che tu giudicassi da vituperare dopo la tua lode?
Certamente nulla, e perciò che cosa si ricava da una incostanza tanto deplorevole?
Non essendo stato apportato da me nessun cambiamento nella discussione ed essendo invece cambiata da parte tua l'estimazione delle mie parole, si ricava evidentemente che è tenebrosissima la tua intenzione e fiacca la tua ragione.
Agostino. Ti meravigli che dopo la lode delle opere di Dio io abbia vituperato la tua insidiosa interrogazione.
Interrogando appunto hai detto: Che cosa dunque nei sessi conosce il diavolo di suo?8
E volendo persuadere che non conosce nei sessi nulla di suo, hai elencato quegli elementi che veramente non appartengono al diavolo: cioè la diversità per cui il sesso femminile è differente dal sesso maschile, e la mescolanza con la quale si uniscono l'uno e l'altro sesso perché siano generati i figli, e la fecondità per la quale di fatto si generano i figli stessi.
Tutti questi elementi confessiamo che sarebbero esistiti nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato, ma non vi sarebbe stata quella concupiscenza che sentirono quando si coprirono le parti pudende coloro che prima di peccare erano nudi e non se ne vergognavano.
Di questa concupiscenza della carne, per la quale la carne concupisce contro lo spirito ( Gal 5,17 ) e senza la quale non nasce nessun uomo, e di questa discordia tra la carne e lo spirito che il dottore cattolico, tanto eccellentemente lodato dalla bocca del vostro Pelagio, aveva imparato essersi convertita nella nostra natura a causa della prevaricazione del primo uomo,9 di questa concupiscenza dunque per quale ragione tu hai taciuto?
Tu interrogando che cosa il diavolo conosca di suo nei sessi, hai nominato altri elementi che non sono del diavolo e non hai voluto rendere alla tua interrogazione questo elemento che è del diavolo.
È questa tua interrogazione dolosa che io ripresi, non le opere divine, che ho debitamente lodato.
Giuliano. Altra conclusione: ciò che ti fa lodare le verità cattoliche è la tua paura, non la tua fede.
Agostino. Nella lode cattolica conosce la nostra fede colui che per mezzo della nostra fede dimostra e prostra il vostro errore.
Giuliano. Che tu dunque vituperi le affermazioni che hai lodato non è un fatto di giustizia, ma di pazzo furore.
Agostino. Io non vitupero le affermazioni che avevo lodato, ma ho lodato le verità che dicesti e ho vituperato invece l'interrogazione che movesti insidiosamente, ben vedendo tu quale fosse la risposta da darti e tacendola come se non ci fosse risposta.
Se questo sia un fatto di giustizia o di pazzo furore lo vedrai, se ti acquieterai dal tuo pazzo furore.
Giuliano. Del quale pazzo furore non ti scaricherai mai, se prima non avrai rigettato il tuo dogma osceno.
Costretto a patire il grave urto delle isole " Symplegadi " tra il pudore della penitenza, mai tuttavia avversato dai cristiani, e la carenza delle argomentazioni, ti è necessario o seguire o contraddire le buone espressioni che ti sommergono.
Agostino. Non sono buone espressioni, o Giuliano, quelle che negano che il Cristo è Gesù per i bambini, o quelle che confessano che egli è per i bambini Gesù, cioè il Salvatore, ma nel modo stesso in cui lo è per ogni creatura mortale in genere, donde è scritto: Uomini e bestie tu salvi, o Signore. ( Sal 36,7 )
Non per questo il Cristo prese il nome di Gesú venendo nella somiglianza della carne del peccato, ma nel senso inteso dall'angelo: Lo chiamerai Gesú: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 )
Non sono buone espressioni quelle che escludono da questo popolo i bambini e dicono che il Cristo è Gesú anche per essi, perché li salva non dai loro peccati, ma dalle loro piccole scabbie.
Ravvediti, per favore. Penso che non sei nato da genitori che abbiano creduto cosí, e certamente sei rinato in una Chiesa che non crede cosí.
Giuliano. Vediamo tuttavia che cosa tu abbia depredato delle mie sentenze per aggredirle con l'accusa di errore.
Dici di me: Ma costui tra tutte queste realtà non volle nominare la concupiscenza della carne, che non viene dal Padre, bensí dal mondo, del quale mondo è stato detto principe il diavolo.
Il quale non trovò la concupiscenza nel Signore, perché non fu per mezzo di essa che il Signore venne uomo tra gli uomini.10
Hai detto con sicurezza che io introduco una eresia, ma per dimostrarlo non soggiungi nessuna mia proposizione.
Agostino. Soggiungo quella tua proposizione interrogativa: Che cosa dunque nei sessi conosce il diavolo di suo?11
Con dolo appunto dicevi cosí, quando la concupiscenza della carne, alle cui movenze è necessario che resistano il piú delle volte anche le caste nozze, tu la vedevi, e tacevi e mi incalzavi con una interrogazione piena di frode, come se non ci fosse nulla da poter rispondere.
O se non vedevi la concupiscenza, certamente tu introducevi la vostra eresia con quella stessa cecità.
Giuliano. Ma tu dichiari che io non ho voluto nominare la concupiscenza della carne.
Io che non ho voluto nominarla, ho taciuto, e se ho taciuto, non ho detto nessuna parola che tu potessi riprendere: chi dunque persuade l'errore tacendo?
O nuovi e finora inauditi portenti dei crimini! Con il mio silenzio dice che si compone un dogma perverso!
Agostino. Non con il tuo silenzio, ma con la tua subdola interrogazione, come ho spiegato sopra.
Quantunque, anche il silenzio si riprende giustamente, quando ciò che si sarebbe dovuto dire non si dice intenzionalmente, perché non ci si accorga che l'interrogazione poteva ricevere una risposta.
Giuliano. Soppesi ciò ogni persona prudente e rida dell'odio del dire, dimostrato con l'accusa di tacere.
Tu quindi confessi che io non ho detto nulla che tu possa incolpare.
Agostino. Ma anzi s'incolpa giustissimamente ciò che tu hai detto interrogando.
Perché infatti si pensasse che non c'era nulla da poterti rispondere, tu non hai voluto dire ciò che ti si poteva rispondere.
Oppure, perché non accuso la stessa cecità per cui non potesti nemmeno vederlo?
Giuliano. Tu certamente inveendo contro il nostro silenzio hai tirato fuori quello che prima non si è potuto difendere, ma che adesso, dopo che è venuta in pubblico l'Epistola di Manicheo, le cui sentenze io ho riportato nel terzo libro, non si può nemmeno celare.
Agostino. La concupiscenza della carne né la condanna sinceramente Manicheo, né la lodi sinceramente tu.
Non lui, perché non sa donde venga questo male; non tu, perché neghi che sia un male; non lui, perché l'attribuisce ad una natura estranea mescolata con noi; non tu, perché non vuoi che sia propria della nostra natura viziata; non lui, perché crede che da essa sia corrotta una parte di Dio; non tu, perché tenti di deturpare con essa anche la felicità del paradiso.
Giuliano. Tu scrivi: Costui non ha voluto nominare la concupiscenza della carne, che non viene dal Padre, bensí dal mondo, del quale mondo è stato detto principe il diavolo.
Il quale non trovò la concupiscenza nel Signore, perché non fu per mezzo di essa che il Signore venne uomo tra gli uomini.12
Dunque con le parole dello stesso Manicheo confessi che la concupiscenza della carne non fu fatta da Dio, ma dal mondo, del quale mondo tuttavia dici principe il diavolo.
Agostino. Ma sono forse io a dire il diavolo principe del mondo, e non lo dice il Signore stesso?
Ma lo avrei detto io, se non avessi letto che lo ha detto lui stesso?
Il che avendolo letto anche tu, per quale ragione hai creduto di dovermelo obiettare?
Né tuttavia per questo il diavolo è principe del cielo e della terra e di ogni creatura celeste e terrestre, nel senso in cui è detto: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma perché con il nome mondo è stato appellato l'orbe della terra nella qualità degli uomini di cui la terra è piena, secondo il detto: E il mondo non lo riconobbe; ( Gv 1,10 ) secondo il detto che dichiara anche il diavolo principe di questo mondo; ( Gv 12,31 ) secondo il detto: Il mondo giace sotto il potere del maligno; ( 1 Gv 5,19 ) secondo il detto: Poiché invece non siete del mondo, per questo il mondo vi odia, ( Gv 15,19 ) e innumerevoli altri simili detti.
E perciò il mondo, come insegnano le sante Scritture, secondo la differenza delle sentenze, a volte lo prendiamo nel bene e a volte nel male.
Ai beni del mondo appartengono il cielo, la terra e ogni creatura di Dio che vi si trova.
Ai mali del mondo appartengono la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e l'ambizione del secolo o, come hai messo tu stesso, la superbia della vita.
Come dunque il mondo si legge ora nel bene e ora nel male, cosí leggi, se puoi, la concupiscenza della carne o la concupiscenza degli occhi posta a volte dalla parte del bene.
Ma non troverai cosí, come nemmeno la superbia della vita, che è il terzo male aggiunto agli altri due mali.
Giuliano. Ho detto poi che tu hai fatto completamente uso del linguaggio di Manicheo, perché sebbene nella Lettera dell'apostolo Giovanni si trovino alcune di quelle parole, tuttavia, essendo certo che in essa quel maestro della Chiesa a proposito o della carne o del senso della carne o della concupiscenza nuziale non ha ritenuto nulla di simile a quello che Manicheo mette insieme usurpando le parole di lui, non ingiustamente le ho dette parole di colui al cui modo di sentire servivano, cosí da essere giudicate a buon diritto il linguaggio della sua intenzione.
E come presso san Giovanni meritano rispetto per la loro dignità apostolica, perché insinuano la verità, cosí presso Manicheo devono apparire come segni adombrati e non espliciti dei manichei.
Agostino. Perché aggiungi nuziale e dici a proposito della concupiscenza nuziale per rivestire dell'onesto nome delle nozze la tua vergognosa protetta?
L'apostolo Giovanni ha detto " concupiscenza della carne ", non concupiscenza nuziale, che nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato, poteva esistere nell'appetito della fecondità, non nel prurito della voluttà, o sicuramente sempre soggiacente allo spirito cosí da non muoversi se non per volontà dello spirito, mai concupiscente contro lo spirito cosí da costringere lo spirito a concupire contro di lei.
Impossibile infatti che nel luogo di tanta felicità e in uomini ivi felici di tanta pace esistesse qualche discordia tra la carne e lo spirito.
Giuliano. Appunto l'apostolo Giovanni incoraggiando i fedeli all'altezza di tutte le virtú ed estendendo la ricerca della santità alla profondità dell'esempio del Signore, racchiudendo in sintesi nel nome mondo tutte le tentazioni dei beni e dei piaceri presenti, scrive: Non amate il mondo e le cose che sono nel mondo.
Se uno ama il mondo, non c'è in lui la carità del Padre; perché tutto quello che si trova nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non viene dal Padre, ma dal mondo.
E il mondo passa con la sua concupiscenza.
Chi invece fa la volontà di Dio, rimane in eterno.( 1 Gv 2,15-17 )
Per quanto riguarda la superficie delle parole, l'Apostolo dichiara odio a tutti gli elementi e denunzia che il mondo e tutte le realtà che sono nel mondo non vengono dal Padre e non si devono amare.
Agostino. Inutilmente dici cosí.
Nessun cattolico anche ignorante intende il mondo in questo testo cosí da pensare per poco agli elementi.
Nemmeno infatti nel testo dove dice del Cristo Signore: Egli è la vittima di espiazione per i nostri peccati, non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo, ( 1 Gv 2,2 ) qualcuno è cosí pazzo da credere che vi si debbano intendere i peccati anche degli elementi.
Il tutto dunque che in questo modo si dice mondo non si intende se non negli uomini che sono sparsi per tutto il mondo, ossia per tutto l'orbe della terra, dovunque essa sia abitata.
Inoltre l'Apostolo in questo luogo ha chiamato mondo la stessa vita umana che si vive, non secondo Dio, ma secondo l'uomo.
Per tale ragione vieta che si ami e dice: Tutto quello che si trova nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e l'ambizione del secolo, oppure la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. ( 1 Gv 2,2 )
Tu, se puoi qualcosa, indica in qualche luogo delle Scritture sante nominata una volta nel bene la concupiscenza della carne, e non voler spargere la nebbia della tua loquacità su realtà tanto aperte.
Giuliano. Certamente è un Apostolo e amato dal Signore Gesú con carità precipua.
Tuttavia, se o il Vangelo che scrisse o la gravità delle sue Lettere non indicassero la sua intenzione, non potrebbero coteste parole che abbiamo riportato recare nessun pregiudizio alla realtà e sarebbero costrette a cedere a tutte le Scritture che asseriscono il mondo fatto da Dio.
Ma egli stesso si è premunito con il reverendo esordio del suo Vangelo.
Dice: Il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto.
E dopo: Era la luce vera illuminante ogni uomo che viene in questo mondo.
Era in questo mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui. Inoltre: Il Verbo si fece carne per abitare tra noi. ( Gv 1,1.3.9-10.14 )
Con le quali testimonianze non ha lasciato nessuna traccia di oscurità nei riguardi dei suoi sentimenti, ma ha mostrato di conoscere Dio ed ha asserito che Dio è il creatore di tutto il mondo e di tutte le realtà che sono nel mondo, ed ha insegnato che per i manichei non è aperto nessun accesso alle sue sentenze.
Poiché chi asserisce che Dio è creatore di tutte le nature, fa senza danno della fede uso in senso improprio dei nomi delle sostanze a significazione di una cupidità immodica.
Agostino. Tu però la concupiscenza della carne, nemmeno quando è immodica, vuoi che si ritenga un male, ma un bene, e che piuttosto usano male un bene coloro che usano immodicamente la concupiscenza.
Quindi se la concupiscenza della carne è un bene, certamente anche la concupiscenza modica è un bene modico e la concupiscenza immodica è un bene immodico.
Ma usare una concupiscenza modica, questo è, come dici tu, usare bene un bene; invece usare una concupiscenza immodica è, come dici tu, usare male un bene.
Come il vino è senza dubbio un bene: ogni creatura di Dio è infatti buona; ( 1 Tm 4,4 ) e chi usa modico vino, usa bene un bene; chi al contrario usa immodico vino, usa male un bene.
Ma Giovanni non direbbe mai che il vino non viene da Padre, come ha detto che non viene dal Padre la concupiscenza della carne.
Tu quindi non trovi quale concupiscenza della carne non venga dal Padre, perché anche la concupiscenza immodica è presso di te un bene, e se mai non buono è piuttosto chi usa un bene immodico, ossia chi usa male un bene.
Perché dunque dubiti di dire brevemente e apertamente ciò che dici oscuramente con lunghi rigiri: quanto ha detto Giovanni è falso e la verità la dici tu?
È falso infatti ciò che afferma Giovanni: La concupiscenza della carne non viene dal Padre, dal quale vengono tutti i beni naturali, se la concupiscenza della carne è buona, come dite voi, anche quando si usa una concupiscenza immodica; ma è cattivo colui che usa male un bene.
Giuliano. Comanda dunque di non amare il mondo, né le realtà che sono nel mondo, e dice che negli amatori del secolo non ci può essere la carità di Dio, ma non per far intendere, con il nome di " dilezione " da rimuovere dal secolo, che altri dal Dio vero sia il creatore del secolo, ma perché i fedeli riconoscano che le cupidige della vita presente non sono mai da preferire alle virtú, altrimenti alla loro mente, occupata nel procacciarsi ricchezze o nel conquistare voluttà, è sottratto il vigore della filosofia cristiana, che è la filosofia vera.
Perché tutto quello che è nel mondo, è concupiscenza della carne e concupiscenza degli occhi e superbia della vita, la quale non viene dal Padre, ma viene dal mondo.
E il mondo passa con la sua concupiscenza, ma chi fa la volontà di Dio, rimane in eterno. ( 1 Gv 2,16-17 )
Dunque con il nome di " mondo " ha indicato le abitudini degli uomini convinti che non ci sia nulla dopo questa vita, e le diverse specie tanto di pompe quanto di lussurie dei mortali.
Agostino. Se dunque con il nome di mondo ha indicato le abitudini degli uomini convinti che non ci sia nulla dopo questa vita, e le diverse specie tanto di pompe quanto di lussurie dei mortali, in queste ci sono le cose che ha detto essere nel mondo e che non vengono dal Padre, tra le quali tiene il primo posto quella tua bella cliente, cioè la concupiscenza della carne.
Ma sembra che tu nelle abitudini degli uomini opinanti che non ci sia nulla dopo questa vita abbia voluto intendere la concupiscenza degli occhi, perché attaccandosi a queste cose che vedono non vogliono credere nelle cose che non vedono; nelle pompe poi dei mortali l'ambizione del secolo o la superbia della vita; nelle lussurie infine la concupiscenza della carne, perché apparisca che tu hai abbracciato tutte e tre le realtà messe da Giovanni.
Come se possa esistere la lussuria, che tu vituperi, se non si acconsente alla concupiscenza della carne, che tu non pensi sia da vituperare e che per giunta lodi chiamandola un bene.
Ma che cosa c'è di piú insano del dire la lussuria un male e la concupiscenza della lussuria un bene?
E del reputare che un Apostolo del Cristo con il nome della concupiscenza della carne non abbia accusato la stessa concupiscenza della carne, ma piuttosto la lussuria, la quale non esiste affatto se non nel caso che uno sia allettato, trascinato, posseduto dalla concupiscenza della carne?
Quasi che un dottore tanto grande non abbia trovato da condannare la concupiscenza, ma da condannare in nome di lei il lussurioso, quando il lussurioso non si dovrebbe condannare se non obbedisse ai desideri della concupiscenza.
Smetti di dire molto e di sapere poco.
Con tutto il fiume della tua loquacità, dal quale sei trascinato negli abissi, non otterrai mai e poi mai, per quanto grande esso sia, che la lussuria sia un male e che non sia un male il concupire le azioni che appartengono alla lussuria, anche quando non si acconsente a tale concupiscenza per non commettere il male.
Giuliano. Cosí infatti aveva detto anche nel suo Vangelo: Il mondo fu fatto per mezzo di lui e il mondo non lo conobbe, ( Gv 1,10 ) non certamente per far apparire che gli elementi privi di ragione abbiano potuto o conoscere o negare il Cristo, ma per indicare con l'appellativo di mondo la turba dei non credenti.
Allo stesso modo dunque anche nel caso presente afferma che quanto c'è nel mondo, ossia tutte le categorie degli uomini cosí attaccati alle voluttà da misurare con i sensi tutti i beni dell'animale ragionevole o dalle decorazioni delle autorità o dalle some delle ricchezze, si sono fatte tali categorie turgide di esosa superbia, che non viene da Dio, cioè non piace a Dio, ma viene dal mondo, cioè è concepita dalla depravazione della volontà umana.
E la ragione, dice, per cui la superbia non deve corrompere voi con la sua sfida è perché chi fa la volontà di Dio diventa partecipe della beatitudine eterna, né è fuggevole con la fragilità delle cose presenti.
Dunque l'apostolo Giovanni comandò di odiare il mondo nel modo in cui anche il Signore nel Vangelo ha mostrato che si deve odiare non solo il corpo, ma pure la stessa nostra anima: Chi non odia - dice - suo padre o suo fratello e perfino la propria anima, non è degno di me. ( Lc 14,26 )
Eppure è certo che l'animo dei fedeli non può odiare se stesso dal momento che con amore ponderatissimo cerca di comprare la sua felicità anche per mezzo dei dolori e dei pericoli.
Che cosa abbiamo quindi ottenuto? Evidentemente che l'apostolo Giovanni secondo lo stile delle Scritture con il vocabolo " mondo " non ha colpito la natura delle cose, ma i vizi delle volontà, e ha cosí negato che venga da Dio la concupiscenza della carne, come tutto ciò che è nel mondo.
Del che appropriandosi Manicheo, non secondo il senso dell'Apostolo, ma secondo la sua perfidia, con apparente logica sostiene che né la concupiscenza della carne, né la stessa carne, né infine il mondo intero è stato fatto da Dio.
Tu seguendo Manicheo credi che la concupiscenza della carne non sia stata creata da Dio, ma dal diavolo.
Agostino. Questa concupiscenza della carne, che Giovanni dice non venire dal Padre e Ambrogio dice essersi convertita nella nostra natura per la prevaricazione del primo uomo,13 io dico che è un male.
Per questo dice Giovanni che essa viene dal mondo, volendo intendere che viene dagli uomini.
Questa concupiscenza della carne la dice un male anche Manicheo, ma non sa donde venga.
Tu invece la dici un bene, perché anche tu ignori donde venga.
E negando che essa venga da dove la fa venire Ambrogio, fai sí che a Manicheo sembri giusto attribuirla alla natura del male, che egli fantastica pazzamente come coeterna a Dio.
Per confutare dunque e te e Manicheo il vescovo Ambrogio spiega quello che dice l'apostolo Giovanni. Infatti ciò che per la prevaricazione del primo uomo si convertí in natura non è certamente un male coeterno a Dio: taccia dunque Manicheo; e tuttavia è un male: taccia dunque anche Giuliano.
Giuliano. Consta pertanto che il beato Giovanni non ti ha dato nessuna occasione di errore, ma ti ha ubriacato la pozione inventata da Manicheo.
E dopo avere già difeso l'estimazione dell'Apostolo, per porre mano almeno brevemente a questo passo: che cosa stimi che san Giovanni insegni qui dove dichiara che non vengono da Dio la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi?
Il genere stesso della concupiscenza, la quale cade nel vizio non per la mediocrità concessa, ma per l'eccessività proibita, o solamente l'eccedenza, che si riprende, non perché naturale, ma perché volontaria?
Agostino. Se la concupiscenza cade nel vizio, devi concedere che almeno allora essa è un male.
Ma per quale ragione sostieni che anche allora la concupiscenza è un bene e dici che usa male un bene chi eccede la misura concessa della concupiscenza?
Cosí infatti non è la concupiscenza stessa che cade nel vizio, ma colui che la usa male.
Non vedi come non sai quello che dici, dal momento che non sei coerente nemmeno con la tua definizione?
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