Opera incompiuta contro Giuliano |
Giuliano. Se tu infatti, rimanendo incolume nel modo più assoluto la fede, tentassi alla maniera della scuola di scuotere verità invitte solamente per dimostrare le forze della tua erudizione, pronto tuttavia a dare la mano ai tuoi uditori al termine del giuoco, approveremmo la tua passione letteraria, ma castigheremmo l'esempio d'irreligiosità.
Poiché però con una ostinazione turpissima ti sei fatto seguace di un dogma che non ha nemmeno la patina falsa della verosomiglianza, di un dogma che non potete difendere in nessun modo con le testimonianze della legge - che non sono mai in conflitto appunto con la ragione -, di un dogma orrido comunque nella sua empietà, prostrato nella sua stoltezza se non tra gli inguini delle volontà, trafitto dall'onestà, dalla discussione, dalla legge sacra, si arriva ad una di queste tre conseguenze: o sei intellettualmente acuto come il piombo, o ti porti addosso la fattura operata, come abbiamo sentito dire, dai misteri dei manichei con gli incatenamenti; o c'è da credere che tu soffra dell'uno e dell'altro insieme.
Agostino. Per quanto ti sembri di combattere in nome della ragione contro le testimonianze divine che ti opponiamo, tu non le rovesci, ma esse ti tormentano, perché tu recalcitri contro il pungolo.
Di', per quanto puoi, " tra gli inguini delle volontà " colui che ti dice non esente dal peccato chi sia stato concepito mediante la mescolanza dei due sessi.31
È Ambrogio costui, o Giuliano: a vincerti è lui stesso, che non osi negare cattolico e che certamente non sarai mai disposto a dire manicheo.
Ma di me anzi tu affermi o che sono di acume intellettuale plumbeo, o che sono stregato da un maleficio di Manicheo, o che soffro di ambedue i mali insieme.
Nei riguardi del maleficio di Manicheo o della tua calunnia ti abbiamo già risposto più volte e forse ti risponderemo ancora più opportunamente quando sembrerà necessario.
Adesso rispondi tu, o eretico loquace, sull'acutezza intellettuale plumbea.
Certo non c'è nessuno che non vorrebbe, se fosse in potere dell'uomo, nascere con un ingegno vivace e con una intelligenza acutissima, e quanto siano rari questi fortunati chi lo ignora?
E tuttavia tutti questi pochissimi, se si confrontano all'ingegno dell'uomo che fu fatto per primo, si giudicano "plumbei ".
Allora infatti non era come ora che un corpo corruttibile appesantiva l'anima. ( Sap 9,15 )
O il corpo infatti non era corruttibile perché Adamo non era morituro, se non avesse peccato; o se Adamo, come dite voi nuovi eretici, fosse morituro anche se non avesse peccato, non fu tuttavia costituito cosí l'uomo che Dio aveva fatto per primo e che non aveva fatto ancora nulla di male, da essere appesantita la sua anima dal suo corpo.
Chi potrà infatti negare che questa sia una pena, all'infuori di chi più degli altri è appesantito da essa?
Se Manicheo dunque interroga donde venga questo male della tardità, non nei corpi, ma negli stessi ingegni umani, dov'è l'immagine di Dio, una tardità che giunge gradualmente fino ad una fatuità da ridere o piuttosto da piangere, come ammonisce la Scrittura, ( Sir 22,10 ) noi rispondiamo che questi e tutti gli altri mali con i quali non possiamo negare o dubitare di nascere sono da attribuirsi ai peccati dei primi due genitori e degli altri successivi, dal momento che non possono attribuirsi alla volontà dei nascenti.
Gli altri animali, appunto perché alcuni della loro specie nascono con dei vizi, quale meraviglia che gli spiriti cattivi li ricevano in loro potere, come riceverono in loro potere i porci, stando al Vangelo? ( Mt 8,32 )
I quali spiriti maligni possono viziare anche gli stessi semi, come gli uomini possono viziare le membra degli animali irragionevoli.
Si parla degli uomini, nei quali l'immagine di Dio non patirebbe mai le pene dei diversi vizi con i quali li vediamo nascere, perché sarebbero pene ingiuste, se non le avessero precedute i peccati dei generanti.
Il che negando voi, e abbandonate la fede cattolica e aiutate il dogma funesto di Manicheo quanto egli non osò sperare, cosí da sembrargli di essere certo e sicuro nel negare plasmatore degli uomini il vero Dio, e nell'introdurre invece la gente delle tenebre.
Giuliano. Ma noi non abbiamo nulla da credere degno di ammirazione nel nostro ingegno per il fatto che capiamo che non può esistere né il peccato senza la volontà, né i corpi senza Dio, né i sensi dei corpi senza i corpi, né i matrimoni senza la mescolanza dei sessi, né i nascenti senza l'opera di Dio, e per il fatto che riteniamo indubitato che né possa essere divino quanto si dice ingiusto, né possa dirsi ingiusto quanto è divino.
Ma non meno delle verità che abbiamo dette riluce l'iniquità di imputare i peccati degli uni ad altri che, non solo non vi acconsentirono, ma allora non esistevano nemmeno.
Pertanto, illuminati da questi soli, abbiamo tutto il diritto di disprezzare gli antri dei manichei, i quali reputano o che possa esistere il peccato senza la volontà, o che gli uomini non vengano fatti da Dio, o che ad un autore appartenga il senso dei corpi e ad un altro appartengano i corpi, o esista un dio che sia oppresso dai crimini delle iniquità, o la scelleratezza dell'iniquità tenga schiavo colui che è stimato Creatore eterno di tutto, o ci sia un'ombra di giustizia nell'attribuire alle nascite degli uni le volontà degli altri.
E per questo noi imputiamo i meriti alle opere delle parti e non alle doti naturali.
Agostino. Ti ho già risposto per tutte queste tue affermazioni, né sono esse confermate contro di me per il solo fatto che sono tanto spesso e tanto odiosamente replicate da te.
Di' piuttosto, se puoi, per quale ragione gli ingegni umani nascano cosí frequentemente con tanta viziosità, quando tra noi siamo d'accordo che plasmatore di tutto l'uomo è il Dio giusto e voi negate qualsiasi peccato originale.
Tu però non diresti che noi imputiamo agli uni i peccati degli altri, agli uni che ivi non furono quando i peccati si commisero, se tu ti rammentassi che, com'è scritto, nei lombi di Abramo c'era Levi, quando dal medesimo Abramo ricevé le decime Melchisedech, antistite dell'eccelso Dio. ( Eb 7,9-10 )
Vedresti allora, se non ti accecasse la pervicacia, che nei lombi di Adamo ci fu il genere umano quando egli perpetrò quel grande peccato.
Giuliano. Ma per tornare alla nostra causa, al punto dove avevi detto di me: Per questo non volle nominare la concupiscenza, che non viene dal Padre, ma dal mondo, del quale mondo è stato detto principe il diavolo.
Questi non trovò la concupiscenza nel Signore, perché il Signore non venne uomo tra gli uomini attraverso di essa.32
Dove c'è da notare che mentre parlavi di una tendenza naturale e dopo che avevi detto che essa viene dal mondo, hai soggiunto che bisogna credere il diavolo principe di tutto il mondo, con la conseguenza che tu riconoscevi il diavolo autore, non degli atti volontari, ma delle realtà naturali, e certamente delle nature.
Agostino. Dove io ho messo concupiscenza della carne tu hai tolto della carne, come ho detto io, e dove io ho detto del quale mondo è stato detto principe il diavolo tu hai aggiunto di tutto il mondo e hai detto: Principe di tutto il mondo, come non ho detto io.
Agisci come ti piace, di' quello che piace a te o piace anche a coloro ai quali piaci tu. Io ho detto concupiscenza della carne, che Giovanni fa provenire non dal Padre, ma dal mondo, ( 1 Gv 2,16 ) cioè dagli uomini che nascono nel mondo, perituri se non rinascono nel Cristo.
Questa concupiscenza della carne non è lussuria, se si resiste ad essa, ma lo è quando si porta ad esecuzione, ossia quando giunge dove sospinge.
Tant'è vero che anche l'apostolo Paolo scrive: Camminate secondo lo Spirito e non portate ad esecuzione i desideri della carne. ( Gal 5,16 )
Non dice: Non abbiate. Sapeva appunto che noi riceveremo certamente questo dono, ma esso non è della vita presente.
Io vi ho detto il diavolo principe del mondo nel senso in cui lo appella cosí la divina Scrittura, ( Gv 12,31; Gv 14,30; Gv 16,11 ) non come sospetta o calunnia la tua falsità.
Non ho detto pertanto il diavolo autore delle nature, bensí principe del mondo, ossia di questi uomini dei quali nell'orbe delle terre è pieno il mondo; uomini che nascono nel mondo e che non rinascono nel Cristo.
Da quelli che rinascono nel Cristo il principe del mondo è buttato fuori: il che significano i misteri, quando anche i bambini da battezzare si esorcizzano e si essufflano.
A questi fatti rispondi, se puoi.
Non volere che il lettore svanisca nel vento della tua loquacissima vanità e si distragga e si distolga dall'argomento che si tratta.
Di', se osi, che è un bene concupire il male.
Di' che non vengono certamente dal Padre le cattive azioni, ma che viene dal Padre la concupiscenza delle cattive azioni.
Di' che il diavolo non è stato appellato principe del mondo.
Di' che non si dicono mondo gli uomini esistenti nel mondo.
Di' che come mondo non si possono intendere nel male gli uomini privi di fede, dei quali nell'orbe delle terre è pieno il mondo, e che a loro volta siano parimenti chiamati mondo nel bene gli uomini che hanno la fede, dei quali benché meno numerosi, tuttavia anche di essi è pieno il mondo nell'orbe delle terre, come non è assurdo che un albero pieno di frutti si dica pieno anche di foglie.
Di' che i bambini, quando si battezzano, non si sottraggono al potere delle tenebre e che con grave offesa di Dio in tutta la Chiesa cattolica le immagini di Dio si esorcizzano e si essufflano.
Oppure di' che i bambini sono posseduti dal diavolo senza nessuna obbligazione di peccato.
Se farai queste affermazioni, ti scoprirai subito; se non oserai farle, nemmeno cosí ti coprirai.
Giuliano. Dopo aver dunque parlato cosí, hai concluso: Perciò anche il Signore stesso dice: "Ecco viene il principe di questo mondo e in me non trova nulla", ( Gv 14,30 ) e hai aggiunto di tuo: Certo nulla del peccato: né del peccato che è contratto da chi nasce, né del peccato che è aggiunto da chi vive.
Dimostra dunque che il Signore abbia detto nel Vangelo di non avere il peccato che è contratto da chi nasce.
Agostino. Dimostra tu che il Signore abbia detto di non avere la macchia senza la quale Giobbe dice che non c'è nemmeno un infante di cui la vita sulla terra sia di un giorno soltanto.
E tuttavia dove dice: Ecco viene il principe di questo mondo e in me non troverà nulla, noi non intendiamo nemmeno la stessa macchia, se intendiamo bene.
Infatti se da ciò che disse non si deve intendere ciò che non disse, nemmeno nominò il diavolo, ma il principe del mondo.
E in me, disse non troverà nulla.
Non disse: In me non troverà il peccato.
E tuttavia diciamo le verità che non disse, ma intendendole dalle verità che disse.
Giuliano. Perché imbrogli le anime infelici, spacciando come indicato quello che non è indicato?
Il Signore dice nel Vangelo: Ecco viene il principe di questo mondo e in me non trova nulla. ( Gv 14,30 )
È certo che il diavolo non trovò in lui nessuna traccia di peccato, perché il diavolo fu superato in tutte le tentazioni che gli mosse o quando ebbe fame o dopo quando predicò.
Confessa dunque il Salvatore che il diavolo non sorprese nulla del peccato in lui.
Nel quale lo avrebbe certamente trovato, se qualcosa del peccato si contraesse dalla condizione della carne, perché egli pure era stato fatto da una donna, che discendeva dal seme di Davide e dalla stirpe di Adamo.
Agostino. Ma la Vergine non lo aveva concepito mediante la concupiscenza della carne e perciò passò in lui la propaggine della carne senza la propaggine del peccato, cosí da esserci in lui non la carne del peccato, ma una carne somigliante a quella del peccato, una carne che avrebbe salvato la carne del peccato.
Perciò Adamo prima di peccare non ebbe né una carne del peccato, né una carne simile alla carne del peccato, perché non era morituro se non avesse peccato; ma dopo che peccò la carne del peccato, cominciò subito a generare la carne del peccato, perché la generò mediante quella concupiscenza della carne che prima del peccato o non esisteva in lui o non resisteva allo spirito: tant'è vero che non si vergognava affatto di essere nudo.
Ma il Cristo, poiché non nacque mediate quella concupiscenza della carne, nacque senza il peccato che contrae ogni carne del peccato e nacque senza avere la carne del peccato, la quale è senza dubbio la ragione per cui muoiono tutti.
Ma tuttavia morí anch'egli per la carne simile alla carne del peccato.
Infatti se non moriva nemmeno, non solo non avrebbe la carne del peccato, come non l'aveva, ma mostrerebbe di non avere nemmeno una carne somigliante a quella del peccato, che aveva presa per la nostra salvezza.
Quindi tu che non puoi negare che il Cristo sia venuto non nella carne del peccato, ma in una carne certamente vera e tuttavia simile alla carne del peccato, devi dimostrare l'esistenza della carne del peccato, poiché se non c'è la carne del peccato, non c'è certamente nemmeno la carne simile alla carne del peccato.
Ma poiché soltanto il Cristo ebbe una carne simile alla carne del peccato, senza che essa fosse la carne del peccato, non essendo egli nato dalla mescolanza dei sessi, che cosa resta se non che sia carne del peccato la carne di tutti coloro che nascono da tale mescolanza e appartengono al mondo, di cui è principe il diavolo e che da quel male non sono liberati se non rinascono nel Cristo?
Giuliano. Avrebbe dunque trovato il diavolo nel Cristo il peccato naturale, se ne esistesse qualcuno, e terrebbe assoggettato a sé il suo corpo, se lo avesse avvelenato o nel primo genitore o nella stessa genitrice.
Né avrebbe importanza che per le condizioni della sua materia risultasse tardiva e inefficace l'intenzione della volontà: combattendo contro la natura non espierebbe chi è nato, ma esaspererebbe il tiranno, a parte il fatto che non poteva essere libera la volontà, se fosse stata schiava la natura.
Se dunque c'era il peccato nel senso e nella condizione della carne stessa, se la stessa natura degli uomini apparteneva al dominio del demonio, il Cristo o doveva diventare reo, o non doveva diventare uomo.
Dunque se si ascrive la maledizione alla natura della umanità, anche al Cristo che si fece carne per abitare tra noi o si darà il crimine o si toglierà l'umanità.
Agostino. Né si darà il crimine a lui, nel quale il principe del mondo non poté trovare nulla del peccato, né si toglierà l'umanità a colui nel quale c'era e l'anima e la carne umana, quantunque essa non fosse la carne del peccato, ma una carne simile alla carne del peccato.
Giuliano. Le quali operazioni le fece ambedue Manicheo, che, avendo fantasticato la presenza per natura del male nella carne, disse che nel Cristo non ci fu la carne, per non confessare che in lui ci fosse stata l'iniquità.
Agostino. L'eretico manicheo nega la carne del Cristo, l'eretico pelagiano vuole uguagliare la carne del Cristo alla carne del peccato, il cristiano cattolico distingue dalla carne del peccato la carne che le assomiglia, per non bestemmiare contro la carne del Cristo.
Giuliano. Ma la fede cattolica annientò Manicheo su ambedue le sponde: dichiarando cioè che il male non esiste per natura nella carne e che quindi al Cristo né mancò nulla della umanità, né si accostò nulla della iniquità.
Conscio dunque della propria condotta, il Cristo grida: Ecco viene il principe di questo mondo e in me non trova nulla; ( Gv 14,30 ) certamente nulla che potesse accusare, perché non poteva il diavolo infamare la natura, la cui volontà non aveva piegata ai peccati.
Agostino. Ma anzi nulla del peccato: né di quello che contrae chi nasce, perché il Cristo non fu concepito in nessuna iniquità; né del peccato che aggiunge chi vive, perché il Cristo non fu ingannato da nessuna tentazione.
Dei quali due aspetti per il primo leggiamo: Nelle iniquità sono stato generato, ( Sal 51,7 ) e per il secondo supplichiamo: Non c'indurre in tentazione. ( Mt 6,13 )
Giuliano. La stessa volontà del Cristo fu per il diavolo anche la causa di tentarlo, perché secondo lo stile della sua arte lo voleva prendere con la persuasione, non potendo il diavolo viziare nessuno creandolo.
Agostino. Non vizia creando il diavolo che non crea nessuno, ma suadendolo viziò l'uomo che trovò creato buono.
Non è infatti autore della natura, che è creata nell'uomo dalla bontà di Dio, ma della colpa, con la quale l'uomo nasce dai suoi genitori attraverso la propaggine dei primi uomini viziati.
Che meraviglia poi se il diavolo tentò il Cristo, nel quale non c'era la carne del peccato?
La quale non c'era nemmeno in quelli che il diavolo tentò e fece cadere per primi.
Mediante la concupiscenza della loro carne, di cui si confusero, fu propagata la carne del peccato, che da questo male sarebbe stata sanata dalla carne simile a quella del peccato, immune da ogni male.
Giuliano. Perciò l'incarnazione del Cristo protegge l'opera della sua divinità.
Egli portando a me la mia natura e la sua volontà, di cui mi offriva specchio e regola, e dichiarando che il diavolo non aveva trovato in lui nulla del peccato, mostra che la colpa non si riceve dalla creazione della carne, ma solamente dalla volontà.
Inoltre, come in nessun luogo delle Scritture si legge che il Cristo si sia sottratto al peccato che sapeva contrarsi dai nascenti, cosí si insegna anche con chiara testimonianza che la giustizia dell'uomo assunto da lui non era costituita dalla diversità della natura, ma dall'attività della volontà.
Agostino. In nessun luogo è stato scritto - tu dici - che il Cristo si sia sottratto al peccato che sapeva contratto dai nascenti.
In che modo infatti si sarebbe sottratto ad un peccato che non aveva contratto, ma dal quale era venuto a salvare coloro che lo contrassero?
Perché, ripeto, si sarebbe sottratto egli stesso ad un peccato, al quale nessuno si sottrae se non quando si rifugia nel Cristo stesso?
Dici altresí: Si insegna pure con chiara testimonianza che la giustizia dell'uomo assunto da lui non era costituita dalla diversità della natura, ma dall'attività della volontà.
Ma è proprio vero che il Cristo non ebbe nella sua natura nemmeno questo di diverso: nascere dalla Vergine cosí da essere subito non solo figlio dell'uomo, ma anche Figlio di Dio?
Dunque è mai vero che quest'assunzione, la quale fece di Dio e dell'uomo una sola persona, non sia valsa nulla a quell'uomo per l'eccellenza della sua giustizia, che tu dici costituita per lui dalla sua attività volontaria?
È mai possibile che la difesa del libero arbitrio contro la grazia di Dio vi travolga tanto da farvi dire che anche lo stesso Mediatore meritò con la sua volontà di essere l'unico Figlio di Dio e che è falso ciò che professa la Chiesa intera di credere in Gesú Cristo, Figlio di Dio Padre onnipotente, unico nostro Signore, nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria?
Secondo voi infatti non fu assunto dal Verbo di Dio un uomo per farlo nascere dalla Vergine, ma un uomo nato dalla Vergine progredí poi con la virtú della sua volontà e si fece assumere dal Verbo di Dio, non un uomo che ebbe tale e tanto grande volontà da quella assunzione, ma un uomo che per tale e tanta volontà arrivò a quella assunzione: né il Verbo si fece carne nell'utero della Vergine, ma successivamente per il merito di quello stesso uomo e per il merito della sua virtú umana volontaria.
Da questo vostro errore ne segue anche un altro: come voi credete che quell'uomo sia stato assunto dal Verbo perché lo volle quell'uomo, cosí segue che crediate che molti abbiano potuto essere assunti in tale modo, se anch'essi lo avessero ugualmente voluto, o possano essere assunti se lo vogliono, e che quindi dipende dalla pigrizia della volontà umana che quell'uomo sia unico, mentre potrebbero essere di più gli uomini assunti, se gli uomini lo volessero.
Se fate queste affermazioni, dov'è la vostra fronte?
Se non le fate, dov'è la logica della vostra eresia?
Giuliano. L'apostolo Pietro infatti scrive: Il Cristo morí per noi, lasciandovi l'esempio perché ne seguiate le orme: egli non fece peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca. ( 1 Pt 2,21 )
Certamente la sentenza dell'Apostolo concorda con la voce del Signore.
Questi dice nel Vangelo: Viene il principe di questo mondo e in me non trova nulla. ( Gv 14,30 )
Questa medesima dottrina la trasmette il maestro della Chiesa e dice che nel Cristo non ci fu nessun delitto; ma con una verace attestazione trasmette per quale ragione non abbia avuto il peccato.
Perché - dice - non fece peccato.
Non ha detto: Perché non prese il peccato, ma dice: Perché non fece peccato.
Agostino. Esatto: Colui che non contrasse il peccato originale, non ebbe nessun peccato, perché non lo fece; come lo stesso Adamo, poiché non ebbe il peccato originale, non avrebbe avuto nessun peccato, se non lo avesse fatto.
Giuliano. Ma se ci fosse nella natura un crimine, sarebbe sbagliata la sentenza di Pietro, che evidentemente aveva giudicato sufficiente alla testimonianza di una santità senza macchia l'esclusione di crimini dalle azioni del Cristo, mentre si crederebbe che abitasse in lui il peccato a causa di un virus naturale.
Quindi se Pietro avesse avuto qualche sentore del male naturale, sarebbe stato più attento e più preciso nel ricordare questo punto, cosí da scrivere: Il Cristo ci lasciò l'esempio, perché né fece peccato, né accolse il peccato che noi contraiamo nascendo; e cosí seguitasse giustamente a dire: " Non si trovò inganno sulla sua bocca ".
Ma se avesse pensato cosí, non avrebbe mai fatto menzione dell'esempio: come avrebbe potuto infatti additarlo all'imitazione degli uomini, se la natura della carne esterna lo avesse discriminato e se la diversità della sostanza avesse contestato la " censura " del suo magistero?
Agostino. Come tu non dica nulla lo capiscono certamente gli altri, se non lo capirai tu.
L'apostolo Pietro, proponendo appunto agli uomini nel Cristo l'esempio da imitare, che bisogno aveva di dire qualcosa del peccato originale, quasi che uno imitando il Cristo potesse ottenere di nascere senza il peccato originale, come poté nascere lui?
Altrettanto imitando il Cristo non poteva ottenere di nascere alla maniera di lui dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria.
Quindi perché imitiamo il Cristo viene formata la nostra volontà, ma perché ci liberiamo dal male originale viene rigenerata la nostra natura.
Giuliano. A questo si aggiungeva che l'opinione del peccato naturale non solo toglieva la forza dell'emulazione, ma rimarcava la frode della lode tributata al Cristo.
Con quale gravità infatti, con quale faccia si diceva che non si trovò inganno sulla sua bocca, quando, se fosse venuto in una condizione di carne diversa dalla nostra, si dimostrava colpevole d'aver commesso un cattivo inganno, non solo insegnando, e questo sarebbe meno grave, ma anche nascendo, e questo sarebbe più grave?
Quale mostruosità sarebbe stata appunto che gli altri uomini, costituiti nel male naturale e nel regno del diavolo, peccanti sotto la pestifera necessità di una tabe innata o schiavi per natura della legge del peccato regnante nelle loro membra, egli li incitasse, anche con minaccia di pena, alla sua emulazione e comandasse la sua giustizia ad uomini di quella carne, dal cui male era stato talmente atterrito che, pur avendo voluto esprimere sotto la sua apparenza il modello dell'onestà, tuttavia evitava la verità della sua natura!
Quanto più giustamente l'infermità dei peccatori e la sicurezza dei coatti direbbe a lui: Quando godiamo buona salute, tutti diamo buoni consigli ai malati.
Se tu fossi come noi, la penseresti molto ma molto diversamente!
A che cosa ha giovato dunque la vostra empietà?
Il suo necessario risultato evidentemente è questo: se si crede che nella nostra carne ci sia per natura il peccato, o anche il Cristo assunse questa carne ed è soggetto a questo male, o non la assunse ed è impigliato in una iniquità insolubile, non certo della natività, che sembra mendace in lui, ma tuttavia di una frode volontaria.
E poiché tutto questo è rivestito delle sordide squame di cosí grandi bestemmie da non potersi esporre senza orrore, nemmeno nel dilaniarlo, la dignità del Mediatore protegga il suo esempio, la sua attività e la nostra fede.
Questa fede, rivendicando la verità sia con le parole di lui, sia con le parole del suo apostolo Pietro, non cessa mai di predicare che il Cristo, vero uomo, assunse dalle viscere di Maria una carne della nostra medesima natura e, quantunque fosse uomo vero in tutto, non ebbe nessun peccato.
Per indicarlo bastò a Pietro l'affermazione che egli non fece nessun peccato, insegnando che non lo poteva avere chi non lo avesse fatto.
Non si trovò inganno nella sua bocca: ai compartecipi della sua natura, interamente creata da lui, egli offrí l'esempio della santità.
E cosí risulta che il peccato innato non esiste, per il fatto che non lo ebbe il Cristo, il quale, salvo anche l'onore della sua divinità, a questo fine si fece carnale per essere da noi imitabile.
Agostino. E che allora, o uomo eloquente e poco sapiente, se gli uomini dicessero al Cristo: Per quale ragione ci viene comandato di imitarti?
Siamo nati forse noi dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria?
Infine, potremmo mai avere tanta virtú quanta ne hai tu, che sei uomo in modo da essere insieme anche Dio e per questo coeterno al Padre e onnipotente alla pari dell'Onnipotente?
Non doveva dunque nascere cosí o non doveva essere assunto cosí in unità di persona dal Verbo di Dio, perché agli uomini che non lo volessero imitare non si desse tale pretesto?
Ma come egli stesso propose a noi di imitare il Padre, che certamente non è mai stato uomo, e lo imitano senza danno e senza negazione della sua divinità tutti coloro che con la sua grazia lo vogliono e lo possono, cosí da amare i loro nemici, da beneficare coloro che li odiano, né gli dicono: Tu lo puoi, perché sei Dio e perché i tuoi nemici non ti possono nuocere in nulla; ma noi siamo uomini deboli e ci viene comandato di amare quelli che con le loro persecuzioni ci infliggono mali tanto numerosi e tanto grandi; cosí non dicono al Cristo i suoi imitatori: Non possiamo fare le azioni che ci esorti a fare con il tuo esempio, perché la tua eccellenza è molto più forte della nostra debolezza.
Pertanto, nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, non per questo avrebbe dovuto avere la concupiscenza per concupire con essa i mali, anche senza portarli ad esecuzione resistendo ad essi, perché gli uomini non gli dicessero: Abbi prima le cattive cupidità e vincile, se puoi, perché noi possiamo imitarti vincendo le nostre.
Inoltre che dici, Giuliano, di colui che scrive: Non quello che voglio, io faccio, ma quello che detesto, ( Rm 7,15 ) e che voi asserite pressato fino a cotesta necessità non dalla concupiscenza con la quale è nato, ma da una cattiva abitudine?
Forse a tali uomini non ha proposto il Cristo se stesso come esempio da imitare?
Li ha forse disprezzati e li ha voluti esclusi dal seguire le sue virtú?
Se dunque gli dicessero: Tu non sai quello che soffriamo per il peso dell'abitudine che ci opprime; tu non sei oppresso e per questo parli; è facile a tutti noi, quando godiamo buona salute, dare buoni consigli ai malati!
Ti piacerebbe forse che anche il Cristo fosse oppresso da tale abitudine e la superasse, per togliere ogni scusa e farsi imitare da simili uomini? Oppure già riderai dei tuoi vaniloqui e tacerai con noi?
Giuliano. Ma soddisfatte ormai tutte queste esigenze del caso, si presta ora l'occasione di chiamarti in giudizio per un poco almeno a dire con quale presunzione, tu che esalti gli scritti di Girolamo, dici che nel Cristo non ci fu peccato, quando egli al contrario nel Dialogo che compose sotto i nomi di Attico e Critobolo, con una meravigliosa venustà conveniente a tale fede, valendosi anche della testimonianza di un quinto Vangelo33 che dice di avere tradotto, cerca di dimostrare che il Cristo ebbe non solo il peccato naturale, ma altresí il peccato volontario, a causa del quale riconobbe di doversi lavare con il battesimo di Giovanni.
Anche per un'altra testimonianza dell'evangelista Giovanni cuce addosso al Cristo l'accusa di falsità.34
In quel Dialogo nell'Epistola che indirizzasti ad Alessandria meni tale vanto da dire che Pelagio, investito da Girolamo con valanghe di testi scritturistici, non ce le fa a rivendicare il libero arbitrio.
Viceversa quel personaggio cattolico, che era stato investito, replicò a quel Dialogo.
Ma per il momento io ne ho rievocato il ricordo unicamente perché tu riconoscessi che non sei in consonanza non solo con le Scritture sante, ma nemmeno con gli stessi " pali " di sostegno della tua dottrina.
Agostino. Se tu avessi riportato le parole di Girolamo, potrei forse mostrare in che modo si dovrebbero intendere, senza la bestemmia che tu tenti di addebitargli.
Se poi io non lo potessi, non giudicherei tuttavia ripudiabile la fede di lui, che egli ebbe comune con altri illustrissimi dottori della Chiesa cattolica per il fatto che si trovasse, se pur si trovasse, che abbia detto qualcosa non in consonanza con loro.
Questo fatto però mi basta contro di te nei riguardi della personalità di Girolamo che, mentre egli ha del peccato originale un modo di sentire che tu avversi tanto da chiamarlo manicheo, non osi tuttavia chiamare manicheo lui stesso.
Dove apparisce che tu sei ingannato dall'imprudenza, ma calunni me con la tua impudenza.
Io per la verità non ho opposto a te una sentenza di Girolamo, bensí una sentenza di Ambrogio, né ricordandola con parole mie, ma esprimendola con le parole di lui,35 dove dice che il Cristo in nessun altro modo avrebbe potuto essere esente dal delitto, se non fosse stato esente da quella concezione che opera la mescolanza tra l'uomo e la donna.
Dove ti avvedi della conseguenza: se per questa sentenza sono manicheo io, lo sia pure Ambrogio; ma poiché egli non lo è, nessuno faccia essere o faccia sembrare manicheo cotesta sentenza.
Pur vedendo questa conseguenza - non è infatti tale che tu non la possa vedere o possa non vederla -, tanto tuttavia sei abbandonato dalla bontà della causa da calunniarmi con il nome di manicheo, non per ignoranza imprudente, ma per fallacia impudente.
Giuliano. Tu infatti nel vituperare porci e capre abbandoni i manichei, ai quali ti accompagni nell'incriminare la natura umana e con i quali anche elimini nel Cristo non l'apparenza della carne, ma il valore dell'esempio.
Provvisoriamente rimuovi a parole anche il peccato naturale dal Cristo, per non sembrare di porre pure lui sotto il potere del diavolo, come non fece perfino lo stesso Manicheo.
Ma lodi Girolamo che non teme di bestemmiare tanto da dire che erano familiari al Cristo anche i crimini volontari.
Cosí, rigirandoti senza ribellarti tra le svariate immondezze e fandonie dei tuoi amici, solo nei riguardi dei cattolici ti lasci andare ad ingiurie, perché dicono che Dio non è autore del male, che gli uomini creati da lui non sono cattivi per natura, che le leggi di Dio sono giuste, che l'immagine di Dio può stare lontana dal male e fare il bene, che il Cristo non commise nessun peccato o nelle membra o nei precetti o nei giudizi.
E perciò, se tu ti inasprisci al sentire affermata la verità, noi tuttavia crediamo che le persone prudenti possano essere istruite e che anche taluni di quelli che sono stati feriti dalle tue menzogne possano essere guariti.
Agostino. Sull'esempio del Cristo ti ho risposto sopra che per un verso non ne dobbiamo negare l'eccellenza per la quale, sebbene fosse un uomo integrissimo e tuttavia nato dallo Spirito e non concepito da carne concupiscente, condusse qui al di sopra di tutti gli uomini la vita più giusta; per un altro verso non dobbiamo a causa di tale eccellenza esimerci dall'impegno d'imitarlo secondo il nostro stato.
Non imitano infatti il suo celibato i coniugi cristiani, e tuttavia lo imitano per evitare gli adultèri e tutte le unioni illecite.
Né, se lo imitano ancora di più coloro che conducono santamente una vita celibe, lo possono per questo imitare anche nel fatto che egli non solo non fece azioni illecite, ma non le concupí nemmeno.
Ma ogni concubito è illecito per una santa vita celibe, alla quale non è lecito nemmeno il concubito coniugale.
Che meraviglia dunque se, nato dallo Spirito e dalla Vergine, non ebbe in sé nessun male?
Chi però, se non è travolto da mali ancora più gravi, negherà che esista un male contro il quale anche i santi pregano quotidianamente il Padre per l'insegnamento dello stesso Signore?
Quando infatti diciamo: Non ci indurre in tentazione, ( Mt 6,13 ) noi preghiamo Dio contro la nostra concupiscenza, poiché ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza, che lo attrae e lo seduce. ( Gc 1,13 )
Il Padre dunque che noi preghiamo, ci tenga lontani dall'audacia di dire che non viene certamente dal Padre il male a cui ci trae la concupiscenza della carne, ma viene dal Padre la concupiscenza stessa che ci trae al male, o che è male ciò a cui trae la concupiscenza, ma non è male la stessa concupiscenza che trae.
Ora, se la Verità grida che la concupiscenza è un male, logicamente colui che nacque senza nessun male non aveva la concupiscenza, e quindi come non commise il peccato, cosí non lo concupí nemmeno.
Noi pertanto quando non facciamo il peccato, imitiamo il Cristo, non perché non abbiamo la concupiscenza del peccato, ma perché non consentiamo ad essa, quantunque noi imitiamo il Santo dei santi quando viviamo bene, cosí da non mancarci il motivo di dire nella nostra orazione: Rimetti a noi i nostri debiti. ( Mt 6,12 )
Quanto poi a Girolamo, io non l'ho lodato nel modo in cui Pelagio ha lodato Ambrogio, dicendo che nemmeno un suo nemico osò mai riprendere la sua fede e la sua purissima intellezione delle Scritture.36
Conseguentemente se qualcosa mi dispiace, io lo riprendo tanto negli scritti di un amico, quanto nei miei scritti.
Ma altro è per un cattolico errare in una qualche verità, altro è fondare o ritenere perfino l'eresia di un grande errore.
Giuliano. Ma bastino queste osservazioni su questo punto.
Veniamo ora all'argomento dove si concentra gran parte del nostro interesse, dalla cui potenza " esaminato ed esanimato " l'ambasciatore dei manichei ha tirato fuori documenti tanto di fedele risposta, quanto di elegante genialità.
Dopo infatti avere citato e approvato senza nessuna innovazione le mie parole riferite sopra da me, giunse al luogo dove si stava completando la trattazione che avevamo promessa.
Domandavo io appunto per quale causa fossero sotto il diavolo gli uomini creati da Dio e ho risposto a nome suo: A causa del peccato e non della natura; poi ho replicato di mio: Ma, lo ammetti tu stesso, come non può esserci il feto senza i sessi, cosí nemmeno il delitto senza la volontà.
Hanno quindi al tempo del loro concepimento la volontà i bambini che non hanno ancora l'anima, o hanno al tempo della loro natività la volontà coloro che non hanno ancora l'uso della ragione.
Giunto dunque a questo passo, ha citato dalla nostra replica queste parole solamente: Ma come non può esserci il feto senza i sessi, cosí nemmeno il delitto senza la volontà; e ha risposto: Proprio vero, proprio esatto.
Infatti " a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cosí passò in tutti gli uomini, perché tutti peccarono in lui ". ( Rm 5,12 )
Per la cattiva volontà di quell'uno peccarono tutti in lui, quando tutti erano quell'uno, dal quale perciò i singoli uomini trassero il peccato originale.37
Esorto quindi il lettore ad esaminare attentamente il nostro conflitto.
Che ti ha giovato, o eruditissimo tra i bipedi, non citare la mia sentenza al completo?
Sebbene nella parte soppressa da te si trovasse la spiegazione di quanto avevo detto precedentemente, tuttavia anche nella obiezione che ti sei fatta ne rimane ugualmente tutta la forza.
Con fedeltà appunto, come ha manifestato anche il tuo consenso, io ho messo quanto tu sei solito controbattere e, interrogando per quale causa sarebbero sotto il diavolo i bambini creati da Dio, ho risposto in tua vece: A causa del peccato e non della natura.
Tu vedi certamente che qui io non ho commesso nessuna frode.
Ho detto quello che è sulla bocca di un traduciano, sebbene non sia nel dogma traduciano.
Contro di ciò io ho ribattuto: Ma come non può esserci il feto senza i sessi, cosí nemmeno il delitto senza la volontà.
Tu questo mio testo l'hai diviso con sfacciata frode.
Citando infatti ciò che avevamo detto, ossia che, come non c'è il feto senza i sessi, cosí non c'è il delitto senza la volontà, tu hai taciuto quello che seguiva sulla volontà dei bambini e rispondi: Proprio vero, proprio esatto.
Infatti " a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo " ( Rm 5,12 ) e per la cattiva volontà di quell'uno peccarono tutti in lui.
Questo è forse rispondere? Questo è forse ragionare?
Questo infine è forse rispettare almeno il buon senso?
Si deride certamente dagli eruditi l'astuzia dei sofismi, dove con il doppio senso delle parole si raggira la semplicità dell'interlocutore; ma quegli stessi sofismi, sebbene non siano solidi per mancanza di verità, tuttavia si colorano di una vernice di urbanità.
Quale mostro è invece questa vostra discussione, che non è né solida per mancanza di verità, né elegante per mancanza di arguzia nel sofisma!
Certamente io ho detto che non può esserci il peccato senza la libera volontà: il che concesso, sfuma il dogma di voi che reputate esserci nella natura degli uomini un delitto senza nessuna volontà da parte di coloro che ne sarebbero rei.
Agostino. Da quella tua opera io avevo letto solo quanto conteneva la cartella che mi fu mandata.
Dopo infatti, quando trovai i tuoi libri dai quali quell'estratto era stato fatto non so da chi, risposi a tutti i tuoi testi.
Ma anche noi diciamo che non può esserci il peccato senza la libera volontà, né per questo tuttavia sfuma, come dici tu, il nostro dogma con il quale asseriamo l'esistenza del peccato originale, perché anche a questo genere di peccato si giunse mediante la libera volontà: non la volontà propria di chi nasce, ma la volontà di colui nel quale tutti esistevano originariamente quando egli con la sua cattiva volontà viziò la natura comune.
Non è dunque che i bambini al tempo del loro concepimento o al tempo della loro natività abbiano la volontà di peccare, ma quell'uomo al tempo della sua prevaricazione commise quel grande peccato con la sua libera volontà, dalla quale la natura umana contrasse cosí il contagio del peccato originale che con piena verità un santo scrittore ha potuto dire: Nella colpa sono stato generato, ( Sal 51,7 ) e un altro parimente santo: Chi è puro da ogni macchia? Nemmeno un bambino di un giorno solo di vita sulla terra. ( Gb 14,4 sec. LXX )
Questi oracoli della verità scherniscono la vanità della tua loquacità.
Giuliano. Con quale impudenza dunque tu per un verso approvi la mia sentenza e per un altro verso non abbandoni il tuo dogma, quando le sentenze delle due parti non possono minimamente conciliarsi tra loro, allo stesso modo che affermazioni opposte non possono spartirsi tra loro la verità?
Come dunque io, se ammettessi l'esistenza del peccato naturale, avrei dovuto troncare prima con il diritto della sentenza che riconosce non poterci essere il peccato se non nella libera volontà, cosí tu dalla parte opposta nel riconoscere che ho detto bene io dichiarando inesistente il peccato senza la volontà, avresti dovuto rigettare subito quella tua opinione per la quale credevi esistente il peccato naturale.
Agostino. Altro è che senza la libera volontà non possa esserci il peccato, ciò che diciamo anche noi, perché nemmeno il peccato originale sarebbe potuto esistere senza la libera volontà del primo uomo; altro è che, usando le tue stesse parole, non possa esserci il peccato se non nella libera volontà: ciò che noi non concediamo.
Infatti il peccato originale non è nella volontà di chi nasce, ma non è nemmeno nella stessa volontà del primo uomo, benché non potesse esistere quel peccato senza la stessa volontà del primo uomo.
Altro dunque è dire: Non può esserci il peccato senza la volontà, altro è dire: Non può esserci il peccato se non nella volontà.
Se infatti è giusto dire: Senza la concezione non può esserci il parto, non per questo è ugualmente giusto dire: Non può esserci il parto se non nella concezione.
Ma questo è cosí diverso che non può esserci né il parto nella concezione, né la concezione nel parto.
Quanto al peccato invece, esso può essere nella volontà, come fu nella volontà del primo uomo, e può esistere anche fuori dalla volontà, come il peccato originale di qualsiasi neonato, peccato che non è assolutamente nella volontà di nessuno, ma non è senza la volontà di quel primo uomo.
Anche quel santo che disse a Dio: Sigillasti i miei peccati in un sacchetto e notasti se feci qualcosa contro la mia volontà, ( Gb 14,17 ) non ebbe certamente nella sua volontà il peccato che commise contro la sua volontà.
E che dire di colui che scrive: Io non compio il bene che voglio, e aggiunge subito: ma il male che non voglio io compio? ( Rm 7,15 )
C'è forse da dire che ha il peccato nella volontà, secondo l'opinione stessa di voi che volete far capire che costui è costretto dalla forza della consuetudine a peccare nolente?
Smetti dunque di approfittare della vicinanza tra le formule per strisciare di soppiatto e oltrepassare furtivamente il limite, cosí che, dicendo noi che non può esistere il peccato senza la libera volontà, tu affermi che noi diciamo che non può esistere il peccato se non nella libera volontà.
Come se noi dicessimo: Non ci possono essere i carboni senza il fuoco, e tu affermassi che noi diciamo: Non ci possono essere i carboni se non nel fuoco.
Se non conoscevi queste distinzioni, confessa di non essere stato un disquisitore intelligente; se al contrario le conoscevi, confessa di avere sperato d'incontrare un lettore non intelligente.
Giuliano. Infatti è manifesto che non è volontario tutto ciò che è naturale.
Agostino. Se è manifesto che non è volontario tutto ciò che è naturale, non è dunque naturale il nostro voler essere salvi, il nostro voler essere beati.
Chi oserebbe dirlo se non tu? O forse nemmeno tu, se messo sull'avviso.
Giuliano. Il peccato dunque se è naturale, non è volontario; se è volontario, non è congenito.
Queste due definizioni sono tanto contrarie tra loro quanto la necessità e la volontà, delle quali l'affermazione si genera dalla loro mutua negazione.
Come infatti il volontario non è altro che il non coatto, cosí il coatto non è altro che il non volontario. Insieme dunque non possono esistere o vivere, per cosí dire, queste due realtà, perché la loro natura è tale che una viva quando si estingue l'altra.
Agostino. Per quale ragione non tieni conto che esiste anche il peccato non volontario, certamente in colui che dice, per qualsiasi causa lo dica: Se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me? ( Rm 7,19 )
Per quale ragione non tieni conto che esiste anche la necessità per cui è necessario che noi vogliamo vivere beatamente, e opponi ad occhi chiusi l'una all'altra come se fosse impossibile la volontà della necessità o la necessità della volontà?
Giuliano. Poiché dunque questa verità è cosí inconcussa che nessuna argomentazione la possa scardinare, scegli tu ciò che preferisci e difendi tenacemente, o la nostra sentenza o la tua, cosí da imputare la colpa o alla necessità o alla volontà.
Ma nel dire " ciò che preferisci " io non ti esorto come se fosse ancora segreta la tua opinione, visto che tu hai imparato da Manicheo ad addebitare i crimini alla natura; ma ti rivolgo questa ammonizione proprio perché si noti la verità del tuo discutere.
Agostino. Lo voglia tu o non lo voglia, poiché lo dici spesso, devi anche ascoltare spesso che non fu Manicheo a dire che il dissenso tra la carne e lo spirito a causa della prevaricazione del primo uomo si cambiò in natura.38
La quale causa di questo male negando tu, che non sei lasciato libero di negare la presenza di questo male nella nascita di ogni uomo, fai sí che Manicheo introduca in noi la mescolanza di un'altra natura e vinca, a meno che non soccomba vinto con te.
Giuliano. Che cosa quindi tu mi abbia risposto lo soppesi il lettore prudente e sollecito.
Stiamo certamente trattando dei bambini, i quali non hanno nessuna volontà personale propria, e ci domandiamo nei loro riguardi perché siano sotto il diavolo, dal momento che li ha creati Dio, e tu riconosci che non hanno fatto nulla di male per proprio conto.
Tu hai concionato che essi appartengono al diritto del demonio a causa del peccato e non a causa della natura.
A questo punto insorse la nostra risposta: Ma come non può esserci il feto senza i sessi, cosí nemmeno il delitto senza la volontà.
Al che tu replicasti: Proprio vero, proprio esatto: ossia non può esistere il delitto senza la volontà.
Ma tu che avevi ribadito ciò, con quale impudenza hai soggiunto: Ma a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, a causa della volontà di quell'uno?
Agostino. Forse perché si trattava dei bambini, per questo non avrei dovuto dire che nemmeno la mia sentenza era impedita dalla verità espressa da te, che cioè non può esserci il delitto senza la volontà, atteso che anche il peccato originale non è causato se non dalla volontà dell'uomo dal quale si trae la stessa origine?
Sebbene dunque tu l'abbia detto con intenzione avversa, io ho risposto tuttavia che non era avverso a me e l'ho riconosciuto vero e ho spiegato come non fosse avverso a me: il che tu non lo avevi visto.
Avresti infatti potuto dire secondo la tua intenzione che non può esserci il delitto senza la volontà propria di chi delinque e se tu lo avessi detto, non lo avrei accettato per nulla. Il peccato originale infatti si contrae senza la volontà propria di chi nasce.
Ma tuttavia tu hai detto la verità dicendo che non può esserci il peccato senza la volontà, perché anche lo stesso peccato originale lo portò ad effetto la volontà di colui che peccò per primo con quella volontà dalla quale è stata viziata la natura umana, con la conseguenza che chiunque nascesse in virtú della concupiscenza della carne, velata dalla confusione di coloro che ne furono rei, non si liberasse dal reato se non rinascendo in virtú della grazia dello Spirito.
Giuliano. Eri stato forse interrogato sulle opere di Adamo, o era stato chiesto se egli avesse peccato con la sua volontà?
Questo, sí, sarà chiesto subito contro di te.
Passi che tu ti diverta ad ingannare gli altri, ma quale mostruosità che tu imponga l'inganno a te stesso!
Non riesco appunto a convincermi che tu soffra una mostruosità cosí grande non per inganno, ma per convincimento.
In un solo e medesimo passo tu affermi che non può esserci il delitto senza la volontà e soggiungi immediatamente che in tutti gli uomini senza la volontà regna il peccato, il cui permanere avevi detto impossibile senza un libero movimento dell'animo.
Agostino. Perché introduci una parola tua come se fosse mia per sottrarre il mio modo di sentire a chi ascolta o legge senza averne sentore?
Io non ho detto che il peccato non può permanere senza la volontà, ma che non può essere.
E quanto ci corra lo spiegherò con le tue parole.
Dove infatti hai detto: Non può esserci il feto senza i sessi, chi non consentirà che hai detto la verità?
Non esiste infatti un feto altrimenti che per mezzo dei sessi, maschile e femminile.
Se invece avessi detto: Non può permanere un feto senza i sessi, chi ti concederebbe che sia vero?
Permane infatti il feto senza i sessi dei genitori, senza i quali tuttavia non può cominciare ad esistere; né a far sí che permanga sono assolutamente i genitori stessi che lo hanno fatto cominciare ad esistere.
Alla stessa maniera dunque il peccato che non può esistere senza la volontà, può permanere senza la volontà.
Pertanto anche il peccato di Adamo, poiché è proprio esso che permane originalmente nei suoi discendenti, eccettuati quelli ai quali si rimette nel Cristo, certamente quando si dice che anche negli stessi posteri non è senza la volontà, il riferimento si fa alla volontà di Adamo, la quale fece cominciare ad esistere un peccato capace poi di permanere anche nei discendenti, non ad una volontà che facesse permanere quel peccato, il quale può già permanere senza volontà.
Se poi identifichi l'essere e il permanere, io non faccio una guerra di parole, ma dico semplicemente che nel senso di permanere ogni peccato può essere senza la volontà.
Quale peccatore infatti vorrà far permanere con la sua volontà un peccato che non ha fatto senza la sua volontà?
E tuttavia permane, nolente il peccatore, il peccato che è stato commesso dalla sua volontà.
Permane dunque finché non si rimetta e, se non si rimetterà mai, permarrà in eterno: né infatti è stato detto mendacemente nel Vangelo: Sarà reo di un peccato eterno. ( Mc 3,29 )
Giuliano. Inoltre, poiché si trova molta discordia nelle proposizioni, avevi detto tu: Non c'è delitto senza la volontà, e hai risposto: Ma per la volontà di uno solo c'è il delitto.
È forse d'accordo con la dichiarazione precedente, munita da una preposizione che regge l'ablativo, la risposta seguente, espressa mediante una preposizione che regge l'accusativo?
Si era domandato se esista il crimine senza la volontà e ne era risultata l'impossibilità: ma tu hai soggiunto che " per un solo uomo entrò il peccato ", mentre non interessava come avesse cominciato il peccato, bensí la volontà senza la quale non gli è possibile esistere.
Agostino. Io ho detto che non può esserci il peccato senza la volontà, allo stesso modo in cui diciamo che non possono esserci i pomi o i frumenti senza le loro radici: dove senza offesa dei grammatici possiamo anche dire che i pomi e i frumenti non possono esserci se non per le loro radici.
Poiché dunque si può dire esattamente l'uno e l'altro, sebbene si enunzi l'uno con una preposizione di caso ablativo e l'altro con una preposizione di caso accusativo, cos'è che fai tendendo insidie con i casi dei nomi, come se fossero tele di ragni, tanto più deboli quanto più sottili?
Cerca di prendere con coteste trame mosche moriture.
Tali non erano coloro che noi seguiamo proprio per rompere le tue tagliole.
Tale non era l'Apostolo che ha detto: Il corpo è morto per il peccato. ( Rm 8,10 )
Tale non era Ilario che ha detto: Dal peccato viene ogni carne, ossia ogni carne discende dal peccato del progenitore Adamo.39
Tale non era Ambrogio che ha detto: Noi nasciamo tutti sotto il peccato, essendo corrotta la nostra stessa origine.40
Volesse il cielo che tu piuttosto fossi preso saldamente e salutarmente dalle reti di cotesti pescatori del Cristo!
Allora, una volta corretto, declinerai meglio il caso accusativo, con il quale tu stesso sei stato accusato da te stesso, e il caso ablativo, con il quale tu hai subito l'ablazione dalla Chiesa cattolica.
Se poi rispetti fedelmente e integralmente le " preposizioni ", perché mai non " preponi " a te cotesti dottori della Chiesa, deponendo la tua presunzione?
Giuliano. Apparisce certamente detestabile il furto, che è stato appunto punito prontamente con la sanzione annessa ai peccati: una pena cioè che bloccasse il ladro prima che il furto si propagasse come una epidemia tra gli uditori della legge.
Ecco infatti non si nega che il primo uomo sia incorso in un qualche peccato, ma si chiede in quale modo questo peccato potrebbe trovarsi nei nascenti.
Definisci tu quale credi che sia stata la condizione del primo peccato.
Tu dici: Fu la volontà libera: non ci può essere infatti il peccato senza la volontà, e noi lo approviamo.
Tu però soggiungi: Ma questo peccato che non può esistere senza la volontà, si attacca ai nascenti senza la volontà.41
Agostino. Si attacca per il contagio, non per l'arbitrio.
Giuliano. Falso è dunque ciò che avevi concesso: non esiste il peccato senza la volontà, se il peccato, quantunque sia stato commesso per mezzo della volontà, ha potuto tuttavia passare negli altri senza la volontà.
Agostino. Non è falso ciò che avevo concesso, perché il peccato originale non fu commesso senza la volontà di colui dal quale è l'origine dei nascenti; ma poté passare negli altri per contagio senza la volontà il peccato che non poté esser commesso da Adamo senza la volontà.
Perciò senza la volontà non potrebbe cominciare ad esistere un peccato che passasse negli altri senza la volontà, come non potrebbero senza le radici cominciare ad esistere i frumenti che passassero in altri luoghi senza le radici.
Indice |
31 | Ambrosius, In Is |
32 | De nupt. et concup. 2,26,41 |
33 | Hieronimus, Dial. c. Pelag. 3, 1 |
34 | Hieronimus, Dial. c. Pelag. 2, 6 |
35 | De nupt. et concup. 1,35,40; De nupt. et concup. 2,5,14-15 |
36 | De grat. Chr. 46-47 |
37 | De nupt. et concup. 2,5,15 |
38 | Ambrosius, In Luc. 7, 12 |
39 | Hilarius, In Sal. 118, 175; C. Iul. 1,3,9 |
40 | Ambrosius, De paenit. 1, 3, 13 |
41 | De nupt. et concup. 2, 5,15 |