Opera incompiuta contro Giuliano |
Giuliano. È stato provato dai pericoli di ogni epoca che il rispetto di un giudizio incorrotto vige in pochi, i quali, e dedicandosi alle ricerche del sapere e aspirando all'acquisto delle virtù, o possono indagare la verità o ardiscono difenderla dopo che l'hanno trovata o, come dice l'Apostolo, hanno le facoltà esercitate a distinguere il bene dal male, ( Eb 5,14 ) né si lasciano abbattere da nessuna tempesta di avversità, sentendo insegnare dal medesimo precettore che nella lotta contro il peccato bisogna resistere fino al sangue. ( Eb 12,14 )
Questi sapienti dunque, che i popoli degli stolti fanno apparire pochi di numero, si applicano con perfetta parità alla scienza e alla fortezza.
Nessuna delle due infatti riporta senza l'altra frutto od onore, perché e la fortezza, se non è applicata mediante la scienza ad ottimi interventi, degenera in spregevole stoltezza, e viceversa le leggi di un'accurata giustizia, se non le chiude dentro di sé il muro della magnanimità, saranno presto esposte al saccheggio e deviate al servizio della criminalità.
Rarissimi dunque sono stati in tutte le diverse età coloro che hanno avuto cura di allevare, di attaccare, di guidare questi due cavalli senza dei quali non si può menare trionfo sugli errori del mondo.
Le ragioni sono due: una è che l'applicazione al sapere trova impedimento tanto nell'avversione della fatica, quanto nella diversità delle preoccupazioni mondane; l'altra è che la paura intacca il coraggio necessario per sopportare i disagi provocati dai cattivi.
Gli animi fedeli e saggi superano, sì, questi generi di opposizioni, ma in mezzo a popoli di insani sono così rari che, per il fatto di non darsi a smaniare, sembrano insani anch'essi.
Agostino. Non ti ammonisce cotesta rarità, che tu stesso ricordi, di uomini nei quali c'è la scienza e la fortezza, che cosa tu debba sentire del genere umano e di cotesta universale massa di animali ragionevoli e mortali?
Per qual ragione infatti il genere dei mortali in forza dell'appetito naturale non scatta tutto o almeno in massima parte all'amore del sapere e al vigore della fortezza, così da dover noi meravigliarci piuttosto di ogni rara persona che devii e si allontani da ciò che appetisce l'istituzione della natura?
Per qual ragione l'umanità scivola quasi su di un piano inclinato per non so quale peso che la sospinga negli abissi dell'ignoranza e nella mollezza della inerzia?
Tu dici che è certamente l'avversione della fatica la causa per cui gli uomini ignorano le verità che avrebbero dovuto sapere; ma io vorrei che tu dicessi quale sia la causa per cui all'uomo così bene istituito per natura riesca faticosissimo imparare le verità utili alla sua natura e le verità salutari e, avversando così la fatica, troppo familiarmente e troppo volentieri si adagi nelle tenebre dell'ignoranza.
Cioè, tanta rarità di uomini intelligenti e volitivi, le due doti con le quali si giunge alla scienza delle verità umane e divine, e tanta moltitudine di uomini tardi e torpidi sta a indicare sufficientemente in quale direzione sia trascinata quasi dal suo peso la natura stessa, che voi negate essere stata viziata.
Né pensate secondo la fede cristiana quale sia stato creato Adamo, che impose i nomi a tutte le specie di animali viventi: ( Gen 2,19 ) un fatto che anche nella letteratura secolare viene giudicato come un indizio di eccellentissima sapienza.
Tant'è vero che allo stesso Pitagora, dal quale nacque il nome di filosofia, si attribuisce di aver detto che l'uomo più sapiente di tutti fu colui che mise per primo i vocaboli alle cose.
Del resto anche se di Adamo non avessimo saputo nulla di simile, sarebbe stato ugualmente nostro compito congetturare con un buon ragionamento quale sia stata creata la natura in quell'uomo in cui non c'era assolutamente nessun vizio.
Ma chi può essere così tardo d'ingegno, da negare che siano fatti naturali l'ottusità o l'acutezza dell'ingegno, o da stimare che non siano vizi dell'animo la tardità o della memoria o dell'intelligenza?
E quale cristiano può dubitare che quanti in questo mondo, pienissimo di errori e di orrori, appariscono intelligentissimi, dei quali tuttavia i corpi corruttibili appesantiscono le anime, se si mettono a confronto con l'intelligenza di Adamo, distano da lui molto più di quanto le testuggini distano dagli uccelli in velocità?
Di intelligenze dunque tanto eccellenti si sarebbe riempita la felicità del paradiso, se nessuno avesse peccato: tali intelligenze appunto Dio sarebbe stato pronto a creare per mezzo dei genitori, quale senza i genitori aveva creato Adamo, certamente a sua immagine.
Non ancora infatti l'uomo era diventato come un soffio, e i suoi giorni come ombra che passa ( Sal 144,4 ) in questo secolo disgraziato.
E se fosse così, avrebbe forse spazio alcuno cotesta tua lamentela?
Sarebbe forse faticoso l'acquisto della scienza così da far preferire agli uomini di rimanere ignoranti per l'avversione della fatica?
Della stessa fortezza, che dici con verità trovarsi appena in pochissimi, avremmo forse bisogno, dove non ci fosse nessuna tribolazione da sopportare con animo forte in ossequio alla verità?
Mentre dunque tutti questi elementi sono stati dirottati in direzione contraria, tu neghi che la nostra natura sia stata viziata e ottieni questo risultato che Manicheo con il tuo aiuto introduca in noi la mescolanza di una natura aliena, e così, mentre balzi fuori come suo inesperto oppositore, diventi suo incosciente collaboratore.
Giuliano. Lo indica anche il libro che si dice Sapienza, quando esprimendosi con le parole degli empi, che dopo l'ombra delle realtà presenti sono sorpresi dei meriti scoperti nei beati, afferma: Giudicammo la loro vita una pazzia, e com'è che sono considerati tra i figli di Dio? ( Sap 5,4-5 )
Questa è dunque la ragione per cui la perseveranza dei fedeli, tetragona alle iniquità dei tempi e decisa per sua scelta ad essere maltrattata con il popolo di Dio, piuttosto che avere per breve tempo la giocondità del peccato, ( Eb 11,25 ) è bollata con il nome di ostinazione e di litigiosità da coloro che dicono: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo; ( 1 Cor 15,32 ) e si stima che nulla convenga di più a cauti consigli che comprare la servitù di un animo degenere o la quiete infida del momento.
Da questa viltà appunto di petti codardi è dipeso principalmente che lo sporco dogma dei manichei voghi a vele spiegate tra i relitti dei naufràgi delle Chiese.
Perché, se in coloro che erano investiti dell'ufficio del sacerdozio fosse rimasta in piedi un'autorità libera e virile, le trovate dei traduciani, come sono state abbattute dall'invitta ragione, così sarebbero state stritolate dall'assenso pubblico.
Al contrario, poiché dagli uomini che amano le realtà presenti nulla si stima meno della religione, si è giunti alle incriminazioni di Dio, così da incombere su noi la necessità di provare con tanto lunghe discussioni il nostro Dio, che è il vero Dio, fedele nelle sue parole, giusto nei giudizi, santo nelle opere. ( Sal 145,13.17 )
Agostino. Se Dio è fedele nelle sue parole, perché lo contraddite quando egli dice: Punirò le colpe dei padri nei figli, ( Dt 5,9 ) e sostenete che ciò non è vero?
Se Dio è giusto nei giudizi, perché il fatto stesso che i peccati dei padri siano puniti nei figli non volete che sia giusto, e del giogo pesante che preme sui figli di Adamo fino dal giorno che escono dal ventre materno non temete di dire che è senza il merito di nessun peccato originale?
Se Dio è santo nelle opere, perché nei riguardi della immondezza dei nascenti, la quale spinse un uomo di Dio a dire che nessuno è mondo dalla macchia del peccato, nemmeno un bambino la cui vita sopra la terra sia di un giorno soltanto, ( Gb 14 sec. LXX ) vi ricusate di tenerla distinta dalla santa arte di Dio, con la quale egli forma la natura, benché macchiata dal contagio dell'origine, e così i vizi e degli animi e dei corpi, tanto numerosi e qualche volta tanto grandi, li attribuite tutti alla santa arte di Dio?
I quali vizi non volendo voi attribuire ai meriti originali provenienti dalla natura depravata dal peccato, certamente ad introdurre una natura aliena del male voi aprite un'amplissima breccia agli esecrabili manichei, il dogma nefando dei quali in apparenza lo accusate con orrore, mentre lo aiutate per errore.
Giuliano. Così l'operazione dei miei libri, dedicati a questi interessi, la impugna l'assertore del male naturale: con quali forze per la verità e con quanto coerente risposta l'ho documentato in modo più che sufficiente nella discussione dei volumi precedenti.
Dalla lettura dei quali non dubito che risulti agli uomini sapienti, che in questa prefazione ho attestato essere rari, la seguente conclusione: il nemico della verità non mira ad altro che a burlarsi degli orecchi dei semplici, e se l'è svignata appena ha dato l'impressione di avere risposto in un modo qualsiasi.
Agostino. Che rari siano i sapienti lo attesti nella prefazione, e quale sia la causa di questa rarità o da che cosa dipenda che nemmeno quelli che per la rara capacità degli ingegni arrivarono alla sapienza abbiano potuto conseguire un'utile scienza senza l'esperienza di una grave fatica, né lo dici, né te lo lasci dire, tu che non vuoi confessare che la natura umana è stata depravata per la prevaricazione del primo uomo.
E tuttavia alla lettura dei tuoi libri non rimandi se non i medesimi sapienti che attesti essere rarissimi.
Della intelligenza dei quali senti tanto bene da sforzarti di confutare davanti a loro un solo mio libro con otto dei tuoi, moltiplicando ad essi la fatica dei figli di Adamo: con la quale fatica imparino che, anche se nessuno avesse peccato, avrebbero dovuto faticare nello stesso paradiso per apprendere i libri dei letterati e prima ancora le lettere stesse.
Questa è infatti la vostra preclara scienza, per nessun uomo comprensibile, fuorché per i rari sapienti, e nemmeno per essi se non a prezzo di misere fatiche.
Giuliano. Sebbene quindi risulti che ciò noi lo abbiamo fatto con abbondanza, tuttavia, poiché la nostra opera si va allungando, intenda il sapiente lettore che noi avremmo certamente preferito la brevità, ma che la necessità della causa ha esigito che l'errore un po' troppo diffuso dal favore del secolo fosse vinto da un più vasto schieramento da parte della verità.
Non viene quindi dal nulla l'estendersi del nostro discorso.
Con l'aiuto infatti del Cristo, oso sperare di ottenere che nessuna parte dell'empietà, contro la quale stiamo lottando, si giudichi o negligentemente esaminata o insufficientemente individuata o mediocremente confutata.
Né di questo dunque o possiamo o dobbiamo disperare: che in progresso di tempo la tempesta sollevata si calmi e per l'autorità dei sapienti si corregga il volgo pigro che adesso strepita!
Ma l'importanza di questo voto è minore dell'importanza della sentenza: qualunque risultato infatti sortisca la situazione concreta, per noi varrà la regola e della benignità e della fede.
Né infatti noi incliniamo al successo della popolarità.
È risaputo in proposito l'episodio famoso dei tre giovani di Babilonia, i quali, costretti da un re superbissimo ad adorare una sua statua, si opposero con tanta coerenza, né furono atterriti da una fornace soffocante, accesa per divorare quei giovani così religiosi, ed essi risposero come conveniva alla loro fede e alla loro costanza: Dio può liberarci, o re, da questa fornace; ma anche se non ci liberasse, sappi che noi non veneriamo i tuoi dèi né adoriamo la statua eretta da te. ( Dn 3,17-18 )
Che santo " voto " associarono al loro giudizio, né tuttavia attenuarono con il loro desiderio la gravità della loro decisione!
La fortezza della loro fede né la fanno crollare per disperazione, né la sospendono per bramosia; associano, sì, dei voti, ma peraltro non disertano l'ordine; dànno conforto alla loro tolleranza, ma subordinano alla giustizia trattamenti più miti.
È certo, dicono, che il nostro Dio può liberarci, ma che lo voglia è incerto, e perciò nell'ambiguità dell'esito rimane in piedi la sentenza certa di quei giovani pii di rifiutare gli idoli e di sopportare i supplizi.
Veda Dio quale bene rechi a tutti gli altri la nostra liberazione; a noi frattanto, dicono, la vera felicità ce l'assicuri la fede invitta; dunque non ha eccessiva necessità di compiacere coloro che sono un po' troppo molli la fede, per la cui gloria essi comprano le avversità.
Anche noi, partendo da questa disciplina che gli illustri maestri hanno lasciato, comprendiamo che nella prosperità dobbiamo mantenere moderazione di voti, ma nei dogmi della fede la perennità delle decisioni.
E noi desideriamo anche di poter venire in soccorso delle popolazioni, dopo che sia stato represso il tumore delle persecuzioni; ma se ciò non accadesse, resta il dovere di sopportare quanto di acerbo c'è nelle offese e nei pericoli, piuttosto che rinunziare ad opporci alle lordure e alle brutture manichee.
Agostino. Quanto voi aiutiate i manichei, non attribuendo al giusto giudizio di Dio per causa del peccato originale il pesante giogo che grava sui figli di Adamo fino dal giorno della loro nascita dal seno materno, ( Sir 40,1 ) e in questo modo voi fate posto alla natura aliena del male che insegna l'errore pazzo dei manichei, ve lo abbiamo fatto avvertire spesso e non cesseremo di farvelo avvertire quando ci sembrerà opportuno.
Per il momento, poiché voi vi vantate di essere così forti da sbandierare tuttavia tu di fronte a molti i vostri " voti ", benché " moderati ", con i quali, come dici, " desiderate di venire in soccorso delle popolazioni, dopo che sia stato represso il tumore delle persecuzioni ", io domando a te se desiderate che ciò vi venga concesso dal Signore.
Se non lo desiderate dal Signore, non sono cristiani cotesti voti; ma se lo desiderate dal Signore, in che modo sperate che il Signore ve lo elargisca, esaudendo i vostri voti?
Evidentemente convertendo al vostro favore e al vostro amore i cuori degli uomini che adesso vi sono avversi.
Se credete in questo, avete fatto dei progressi: Dio ha già cominciato a convertirvi, a cambiarvi in meglio.
Pensateci, vi prego, e ricordatevene, e finalmente confessate che l'onnipotente Dio opera nei cuori degli uomini le loro volontà e converte coloro che sono avversi.
Così capirete la sua misericordia e la sua grazia, e dove opera altrimenti capirete i suoi giudizi, occulti ma giusti.
In tal modo egli forse esaudirà piuttosto i nostri voti di convertire voi alla fede cattolica con una sua operazione e con una sua compassione, simili a quelle con le quali ha convertito Turbanzio, fino a poco tempo fa vostro, ad essere ora già nostro.
Giuliano. Ma accostiamoci ormai alla causa.
Si è chiarito, tanto con l'opera precedente quanto con l'opera presente, che la concupiscenza naturale, senza la quale non ci può essere la mescolanza dei sessi, è stata istituita da Dio, che è il creatore e degli uomini e delle bestie.1
Il che vale così tanto che, per confessione del mio avversario, non si può assolutamente asserire il peccato naturale senza biasimo di quella, cioè della concupiscenza carnale, e senza infamia della mescolanza dei sessi.
Agostino. Che tu la chiami come ti piace, o concupiscenza naturale o concupiscenza carnale, noi vituperiamo la concupiscenza per cui la carne concupisce contro lo spirito e ci attrae ad azioni illecite, se anche lo spirito non concupisce contro la carne ancora più fortemente.
Questo dissenso noi diciamo che non è esistito nel paradiso, quando coloro che vi si trovavano erano nudi e non se ne sentivano confusi.
Che tale dissenso cominciò ad esistere dopo il peccato lo grida la realtà stessa, dal momento che dopo il peccato si coprirono le membra pudende che prima di allora non erano state pudende.
Né che precedentemente stessero nude lo faceva l'impudenza, ma l'innocenza, perché anche l'impudenza è un vizio; ma Adamo ed Eva, quando non sentivano vergogna di essere nudi, non avevano certamente un vizio.
Questo male dunque, per cui la carne concupisce contro lo spirito, l'eretico Giuliano lo dice un bene; l'altro eretico Manicheo dice che questo male è stato mischiato in noi dalla natura aliena del male; il cattolico Ambrogio, dicendo che a causa della prevaricazione del primo uomo questo male si è convertito nella nostra natura, vince Giuliano e Manicheo.
Giuliano. Il che essendo stato dimostrato da noi con la facoltà che ci è stata concessa dalla Verità, non ne deve ulteriormente dubitare il prudente lettore.
Dovunque ciò ricorrerà negli scritti del traduciano, non può tuttavia aprire la bocca senza parlarne, ciò non turbi affatto gli uditori, ma valga a svergognare l'autore.
Quanto poi a noi, toccheremo in seguito l'argomento con la necessaria brevità, se vi saremo costretti.
Costui dunque accusa la mia affermazione: Cotesta mescolanza dei corpi si prova fatta da Dio insieme al calore, alla voluttà, al seme, e si prova lodevole a suo modo.2
Ma ha omesso ciò che io soggiungevo: Di una realtà che, istituita per natura, diventa a volte anche un grande compito per le persone pie, il diavolo non osa rivendicare qualcosa, nemmeno secondo la tua sfacciataggine.
Agostino. Lo ha tralasciato chi mi mandò la cartella a cui rispondevo, forse intendendo ciò che non intendevi tu, che parli tanto incautamente da dire: " Di una realtà che, istituita per natura, diventa a volte anche un grande compito per le persone pie, il diavolo non osa rivendicare qualcosa ", mentre vediamo che il diavolo rivendica a sé gli stessi uomini, che sono stati certamente istituiti per natura.
Non sono forse uomini coloro che vengono liberati dal potere delle tenebre, delle quali il diavolo tiene il principato?
Oppure sei così stolto da affermare che il diavolo non rivendica a sé gli uomini che possiede e che tiene soggetti al suo potere?
Ma per tacere di quelli che potete dire posseduti dal diavolo a causa della loro cattiva volontà, che cosa sei pronto a dire di quel ragazzo il cui padre, interrogandolo il Signore, rispose che era tormentato da uno spirito immondo fino dalla sua infanzia? ( Mc 9,20 )
Non è forse vero che rivendicava a sé il diavolo le membra e i sensi di lui, elementi tutti che sono stati istituiti per natura dietro l'iniziativa di Dio e sono compiti comuni agli empi e ai pii?
Il che sebbene il diavolo non lo potesse fare, se non riceveva il potere da Dio, creatore buono e giusto dell'uomo, tuttavia lo fa e mostra che sono vanissime le tue parole quando dici: " Di una realtà che, istituita per natura, diventa a volte anche un grande compito per le persone pie, il diavolo non osa rivendicare qualcosa ".
Dei beni infatti istituiti per natura non avresti dovuto dire che il diavolo non rivendica nulla a sé, ma che non crea nulla.
Queste cose vide forse colui che estrasse alcuni testi dai tuoi libri per mandarli ad un suo amico e che nell'omettere queste tue parole ebbe pietà di te.
Io poi mi congratulo che tu mi ammonisca che cosa debba dire contro il tuo errore.
Dei bambini dunque che il diavolo rivendica a sé per maltrattarli cerca tu i meriti e non trovando in loro meriti propri confessa i meriti originali.
Se infatti insisterai nel negare anche questi, sarà certamente dimostrato che tu accusi il giudizio di Dio, il quale lascia alla sua immagine di soffrire immeritamente dal diavolo queste persecuzioni.
Giuliano. Tralasciate dunque coteste parole, mi accusa perché non ho detto: " Insieme alla libidine ", e soggiunge, come conveniva all'acume del suo dogma: " Compito dei pii è la feconda procreazione dei figli, non la pudenda mescolanza delle membra, la quale non l'avrebbe nel generare i figli la natura sana e l'ha invece adesso la natura viziata.
E per questo chiunque nasce per mezzo di essa, ha bisogno di rinascere ".3
Quanto sono logiche tutte queste affermazioni!
Dice compito dei pii l'esistenza dei figli, ma costituisce sotto il diavolo ciò che conferma dato da Dio, ossia i figli.
La libidine poi, che c'è nella mescolanza pudenda delle membra, la chiama diabolica e non nega che essa si trovi nei genitori, che tuttavia assolve da colpa.
Dirai che questo bambino è nato dall'uomo?
" Ciò che fanno i genitori ", asserisce costui, " è diabolico ", ma i genitori non sono rei; la nascita dei figli è opera divina, ma i figli sono rei.
E ancora costui stima di avere lottato non contro Dio, ma contro il demonio.
Giustissimamente sono vittime di un tale pazzo furore quelli che credono nella esistenza del peccato naturale.
Agostino. Tu piuttosto infuri con pazzo furore contro Dio, che senza dubbio accusi d'ingiustizia, se sui figli di Adamo, senza che traggano da lui meriti cattivi, come tu assicuri, lascia tuttavia pesare dal giorno della loro nascita dal grembo materno un giogo grave, che non sei libero di negare; e credendo che siano stupidi i lettori delle mie e delle tue parole, dici che ho detto quello che non ho detto.
In che modo infatti potrei io dire: Ciò che fanno i genitori è diabolico, mentre io proclamo opera buona la mescolanza che fanno i casti connubi con l'intenzione di procreare?
Ma io dico che tale mescolanza non sarebbe diventata pudenda, se da parte dell'uomo non l'avesse preceduta il peccato, dal quale è stata viziata la natura, onde la concupiscenza della carne è stata fatta tale che di quel male nessuno fa buon uso se non lottando contro i suoi movimenti, che tentano di trarre ad azioni illecite, con la concupiscenza dello spirito che concupisca in senso contrario.
Non diciamo pertanto: Ciò che fanno i genitori è diabolico: infatti è tanto poco diabolico il fare buon uso di un male che anche del diavolo stesso fa buon uso Dio.
Non neghiamo viceversa di dire: La nascita dei figli è opera di Dio, ma i figli sono rei: non per l'opera di Dio dalla quale sono creati perché nascano, ma per l'origine del peccato, dalla quale rimangono legati, se non rinascono.
Giuliano. Che poi Adamo non abbia dovuto unirsi alla sua moglie in modo diverso da quello che è diventato comune, lo attesta e la forma delle membra, e la benedizione di Dio, non diversamente pronunziata sulle bestie che sugli uomini, e la stessa storia, la quale, come indica la formazione della struttura dei corpi, così non asserisce che essa sia stata mutata.
Contro la quale testimonianza universale nulla si trova nella legge di Dio; ma solo nei libri di Manicheo, il quale fantastica che questa concupiscenza sia stata infusa in noi dal principe delle tenebre.
Agostino. Non la forma delle membra, poiché non fu mutata dal peccato del primo uomo, dimostra che la concupiscenza della carne fu prima del peccato tale e quale apparve quando si coprirono le parti pudende e arrossirono di ciò di cui non arrossisci tu, indicando che qualcosa era cambiato in loro, anche rimanendo immutata la forma.
Sebbene anche il pudore delle stesse membra, quando esse nascono deformi e mostruose, vi costringe a confessare che in nessun modo, se nessuno avesse peccato, nascerebbero tali nel paradiso.
Quanto poi alla benedizione di Dio con la quale fu detto: Siate fecondi e moltiplicatevi, ( Gen 1,21.28 ) che c'è da meravigliarsi se la natura non perse la benedizione nemmeno dopo che fu viziata dal peccato?
Non era infatti ineluttabile che, avendo perduto l'immortalità e la felicità, perdesse anche la fecondità, che è stata concessa altresì agli animali irragionevoli, nei quali la carne, sebbene concupisca, non concupisce contro lo spirito.
La quale miserrima guerra della tua pupilla o il suo turpissimo regno tenti di introdurre nella patria di quella beatissima pace e libertà, poiché sostieni che nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato, il genere umano sarebbe stato tale che avremmo combattuto contro la libidine o avremmo servito alla libidine, se non avessimo voluto combattere.
Giuliano. Che noi tutti però dobbiamo rinascere mediante il battesimo lo attestiamo e con la nostra opera e con la nostra parola; ma non perché l'amministrazione di questo beneficio faccia apparire gli uomini plagiati dal diritto del diavolo, bensì perché coloro che sono opere di Dio diventino pegni di Dio, e coloro che nascono umilmente e non tuttavia colpevolmente, rinascano preziosamente e non tuttavia calunniosamente, e coloro che provengono dalle istituzioni di Dio siano promossi dai misteri di Dio, e coloro che sono portatori delle opere della natura possano conseguire i doni della grazia, e quelli che il loro Signore fece buoni creandoli li faccia ancora più buoni rinnovandoli e adottandoli.
Dunque si dice con ragione, ed è necessario che tu lo confessi, che è sparito il peccato naturale, inventato da Manicheo, ma che tu, cambiato il nome, chiami peccato originale.
Né in questo peccato crede dall'antichità la fede cattolica, la quale non dubita e che i bambini siano fatti da Dio, e che nessun male sia fatto da Dio, e quindi le opere di Dio prima dell'uso della libera volontà la fede cattolica, per pregiudizio contro la natura, né le costituisce in stato di reato, né le costituisce sotto il diritto del diavolo.
Agostino. Peccato originale più significativamente che peccato naturale noi diciamo, perché non si intenda un peccato dell'opera divina, ma un peccato della origine umana, soprattutto per significare quel peccato che entrò nel mondo a causa di un solo uomo e che non sparisce per la contestazione pelagiana, ma per la rigenerazione cristiana.
In quale senso poi voi diciate che tutti i bambini devono rinascere con il battesimo lo sappiamo bene: per questo errore siete appunto eretici, con questa peste novizia discutete contro l'antichità della Chiesa cattolica, dicendo che i bambini non vengono liberati dalla potestà delle tenebre mediante la grazia del Redentore, mentre la Cattolica essuffla ed esorcizza in essi certamente la potestà del diavolo e non invece l'immagine di Dio.
Cos'è dunque ciò che dici: Coloro che nascono umilmente e non tuttavia colpevolmente, rinascano preziosamente e non tuttavia calunniosamente, né sei attento al prezzo stesso che li fa rinascere preziosamente?
Qual è infatti quel prezzo se non il sangue dell'Agnello immacolato?
Il quale sangue perché sia stato effuso lo grida l'Agnello stesso.
Non fu proprio lui ad affermare: Questo è il mio sangue che sarà versato per molti in remissione dei peccati? ( Mt 26,28 )
Al contrario tu, o grande mirabolano, e dici che quel sangue si versa anche per i bambini e neghi che per mezzo di esso si rimettano dei peccati ai bambini; dici che i bambini devono essere lavati e neghi che debbano esser mondati, dici che i bambini devono essere rinnovati e neghi che debbano essere svecchiati, dici che i bambini devono essere adottati per mezzo del Salvatore e neghi che essi debbano esser salvati.
Ma evidentemente noi calunniamo i bambini dicendo che essi erano morti per i loro peccati e per la incirconcisione della loro carne, e che quindi vengono battezzati nella morte del Cristo perché muoiano al peccato i bambini che erano morti nel peccato, e li difendi tu che negando che siano morti fai sì che non sia estromesso da loro colui che ha il potere della morte, e così non ricevano nessun beneficio dalla morte del Cristo, il quale è morto uno per tutti.
Il che dopo aver detto, l'Apostolo proseguì subito e affermò: Quindi tutti sono morti ed egli è morto per tutti. ( 2 Cor 5,14-15 )
Onde chi difende i bambini così da negare che essi siano morti, non li difende dalla morte, ma li sospinge nella morte seconda, perché li esclude dal beneficio di colui che non si predica morto se non per coloro che sono morti.
Giuliano. Dopo tali osservazioni, tutta quella trama di Abramo e di Sara che, smorti già i loro corpi, ebbero in dono un figlio, e quanto il loro esempio giovi alla verità lo capisce non solo un lettore sapiente ma anche uno mediocre, costui la tralascia con tanta indifferenza da dire che non vale molto contro di lui.
Dalla quale impudenza lo avrebbe dovuto richiamare almeno quella mia sentenza che è stata formulata così: Per chiudere in poche parole la sostanza di questa discussione, dichiaro: se il figlio che Dio promise fu reso per mezzo della concupiscenza, essa è buona senza dubbio, perché adempì una promessa di Dio; se fu reso senza la concupiscenza, essa non può nuocere al generato, perché non intervenne né quando fu concepito, né quando fu partorito.
Agostino. Chi può dire che il figlio di Abramo sia stato seminato senza la concupiscenza della carne?
Tale operazione infatti non si potrebbe fare diversamente nel corpo di questa morte, del quale dice l'Apostolo: Il corpo è morto a causa del peccato. ( Rm 8,10 )
Ma di questo male fece buon uso Abramo nel coito coniugale: un male che non esisteva nel corpo di quella vita che fu nel paradiso prima del peccato.
Se però la concupiscenza della carne ti sembra buona per la ragione che per mezzo di essa fu resa la prole promessa da Dio, ti sembri buono anche il diavolo, perché per mezzo di lui fu versato il sangue del Cristo, dal quale siamo redenti e che Dio aveva promesso.
Oppure confessa che anche per mezzo di qualche male può esser reso qualche bene.
Giuliano. Saltate dunque quelle righe, cotesto nuovo " fisico " definisce falso quanto è stato detto da noi: Come allora il limo preso da Dio fu la materia dell'uomo e non il creatore dell'uomo, altrettanto adesso quella forza della voluttà che produce e mescola i semi non fa le veci della operazione divina, ma dai tesori della natura presenta a Dio gli elementi con i quali si degni lui di creare l'uomo.
Le quali affermazioni costui tuttavia attesta che sono esatte, ma eccettua quella dove io ho detto che i semi sono prodotti dalla forza della voluttà, e costui filosofeggia in questo modo: Quella voluttà della concupiscenza carnale, dice, non produce i semi, ma i semi che sono già stati creati nei corpi dal vero Dio, non sono fatti dalla voluttà, bensì sono eccitati ed emessi con la voluttà.4
Questo ben appare detto da lui non per frode, ma per difetto d'intellezione.
Forza della voluttà io ho dichiarato appunto la stessa condizione del corpo virile, alla quale avrei dovuto dare il nome di virilità.
La stessa virilità dunque, una parola già logorata da noi, che sta nella struttura e nella sanità dei genitali e dei visceri, e che somministra le forze e della appetenza e della efficienza, è stata nominata da me forza della voluttà e della concupiscenza.
Invece di chiamarla semplicemente voluttà, ho preferito chiamarla forza della voluttà proprio per indicare l'ardore globale che si sente e prima della operazione e durante l'operazione.
Né infatti coloro che soffrono di debolezza nelle membra genitali, ossia gli spadoni, hanno il seme.
Mentre sono mossi certamente da alcune faville di un fuoco spento, poiché però per una specifica debolezza è venuta a mancare a loro l'energia delle parti per la cui funzione si formano i semi dagli umori interni, essi sono impotenti a generare.
Dio dunque ha così disposto che nel corpo ci fosse una forza che, posta in opera nei tempi legittimi, con la concorrenza della sanità giungesse alla valenza della fecondità.
Si producono dunque i semi nei corpi con l'aiuto della pubertà matura.
È per questo che la voluttà stimola, sì, precocemente gli impuberi, ma senza le leggi degli anni scintilla sterile l'accensione.
Del fatto poi che i semi si mescolino con la voluttà, ma che altra sia la voluttà affiorante nei sensi, altra la voluttà più interna alle viscere e più vicina all'effetto, se ne disquisisce con la più grande ampiezza presso gli autori di medicina.
Onde anche il famoso poeta mantovano, più esperto in scienze naturali del filosofastro dei punici, osserva che gli armenti vengono fatti dimagrire tenendoli lontani dalle fronde e dalle fonti, appena la nota voluttà li sollecita ai primi concubiti: Spesso li stancano anche con le corse e li affaticano al sole, mentre l'aia geme di messi pestate pesantemente e i venti sollevano foglie leggere.
Questo, perché l'intemperanza non renda meno accurato il servizio che spetta al suolo generoso e non copra solchi inerti.
Soffrano in disparte una certa siccità, così che la sete rapisca l'ardore venereo e lo nasconda più nell'interno.5
Ma anche in questi argomenti, non molto necessari alla nostra causa, basti aver notato l'acume del nostro uomo.
Agostino. Le tue parole, che dici tralasciate da me, quanto siano vane l'ho già dimostrato più sopra a sufficienza, e forse lo vide anche chi mandò a me la cartella dell'estratto e le tralasciò per compassione verso di te.
Quanto poi alla discussione che tu fai loquacemente da uomo loquacissimo, cogliendo la palla al balzo, sulla forza della voluttà, che hai detto produttrice dei semi, non ho bisogno di oppormi a te, perché sono argomenti non molto necessari alla nostra causa, come anche tu stesso ricordi.
Io avevo appunto capito che tu avessi voluto far intendere come forza della voluttà la forza con la quale la voluttà possa agire e non la forza che agisse sulla voluttà stessa.
Siamo infatti soliti parlare così da dire forza di un soggetto la forza che gli vale per fare alcunché, non la forza da cui è prodotto il soggetto.
Tu viceversa, stando a come hai spiegato adesso le tue parole, asserisci di aver detto forza della voluttà la forza che può produrre la voluttà, non la forza con la quale la voluttà stessa produce ciò che può produrre: come se tu dicessi forza del fuoco la forza che accende il fuoco perché arda, mentre tutti gli uomini dicono forza del fuoco la forza con la quale il fuoco brucia o scalda tutto ciò che può.
Hai quindi parlato in una maniera insolita; ma che ce ne viene?
Comunque abbiamo imparato a non fare battaglie di parole dov'è certa la sostanza.
C'è infatti accordo tra noi che non solo gli uomini vengono dai semi, ma che anche gli stessi semi sono opera di Dio, in qualsiasi modo siano prodotti, per non citare a testimoni i " fisici " o i medici o anche i poeti, dove non ce n'è affatto bisogno, o per non discutere del modo di parlare, quando ciò per cui parliamo lo riteniamo vero da una parte e dall'altra, ossia che i semi di tutte le nature sono opera di Dio.
Ma è falso ciò che tu tenti di dimostrare partendo da qui: non esistono vizi nei semi per il fatto che creatore dei semi è Dio, sommamente buono.
Non lo diresti, se tu conoscessi la condizione dei semi, come la conosceva il Salmista che dice: L'uomo è come un soffio, e per spiegare che ciò lo aveva meritato la stessa natura, la quale era caduta nella stessa mortalità, aggiungeva: I suoi giorni come ombra che passa, ( Sal 144,4 ) sapendo che l'uomo è stato fatto ad immagine di Dio e distinguendo tuttavia dalla istituzione divina il vizio della origine umana depravata. Il che avresti dovuto vedere anche nelle tue stesse parole con le quali mi hai morso.
Hai detto infatti: Ma anche in questi argomenti, non molto necessari alla nostra causa, basti aver notato l'acume del nostro uomo, significando evidentemente che io sono ottuso di mente, perché non ho potuto capire il tuo modo di parlare in temi non molto necessari alla nostra causa, come tu confessi.
Ma io domando a te da dove nascano gli uomini ottusi.
Tu non sei infatti così ottuso da negare che appartengano alla natura le menti e ottuse e acute, benché le stesse menti acute, come abbiamo già detto precedentemente, siano ottuse a causa di questo corpo corruttibile che appesantisce l'anima, ( Sap 9,15 ) se si paragonano all'ingegno del primo uomo, il quale non aveva certo ricevuto un corpo tale da appesantire a lui l'anima.
E così anch'io distinguerei nella natura dell'uomo com'è attualmente due elementi molto distanti tra loro: il vizio dell'ingegno e l'arte di un tanto grande artista, al quale senza dubbio non si attribuiscono giustamente i vizi degli ingegni umani, per quanto siano grandi, perché con questa regola tu impari a distinguere dalla istituzione di Dio il peccato originale, sebbene congenito all'uomo, e perché tu non neghi l'esistenza del peccato originale per la ragione che gli uomini sono fatti da Dio, che non fa il peccato; come non sono da negare i vizi congeniti delle intelligenze umane per la ragione che gli uomini li fa Dio, alla cui arte divina è estranea ogni viziosità.
Ma sa Dio creare gli uomini da una sostanza viziata dal peccato così bene come sa operare il bene dagli stessi peccati degli uomini, per i quali i peccati sono vizi volontari.
Noi vediamo infatti quante opere buone abbia operato Dio partendo dal peccato dei fratelli che vendettero per invidia il loro fratello, ( Gen 37-50 ) e molte altre opere buone di cui sono piene le Lettere sacre.
Giuliano. Ma mi sorprende la coerenza dappertutto di un disquisitore che si pronunzia così: I semi, sebbene si effondano con la voluttà, sono stati creati dal vero Dio, dal quale vengono creati anche i corpi.
Confessa dunque che da Dio sono fatti i semi, nei quali dice che c'è un male diabolico, e non arrossisce di credere che da Dio sia fatto il male da imputare ai bambini innocenti.
Agostino. Da Dio non è fatto il male, quando da lui è fatto il bene dal male.
Male è infatti il vizio proveniente dal peccato di origine, con il quale nasce l'uomo.
Buona è l'opera di Dio, non senza il male: il reato del quale male non è imputato ai bambini innocenti, come dici tu, ma ai bambini rei, perché, contratto con il nascere, sia sciolto con il rinascere.
Così infatti furono tutti gli uomini nei lombi di Adamo per la ragione del seme, quando egli fu condannato, e perciò non fu condannato senza di loro, alla stessa maniera gli Israeliti furono nei lombi di Abramo, quando egli pagò le decime, e quindi non le pagò senza di loro. ( Eb 7,5-10 )
Meglio infatti di te conoscevano la ragione del seme coloro che hanno detto e hanno avuto cura di consegnare queste verità alle lettere, perché si leggessero nella Chiesa del Cristo, nella quale rinascono i nati da Adamo per non rimanere condannati in quella sua stirpe.
Giuliano. La libidine, dice costui, non riguarda per nulla i semi, perché è stata fatta dal diavolo; ma a questa libidine servono i coniugi; i semi però e dai semi i bambini li fa Dio.
Ma né sono rei, dice, né si puniscono i genitori, che compiono un'opera del diavolo; alla scelleratezza invece e ai castighi sono destinati i bambini, che Dio ha creato.
E rimane impunito ciò che ha fatto il diavolo, ossia la libidine, e quindi si insegna che essa è buona, tanto che non merita nemmeno una punizione.
Ma si accusa e si condanna ciò che fa Dio, e quindi si insegna che ciò è scellerato, tanto che non lo può difendere dal castigo nemmeno il " pudore " del suo autore.
E si viene a credere che la divinità faccia ciò che non potrebbe sopportare nemmeno una estrema cattività.
Questo esito hanno coloro che fanno guerra alla verità: non parlare se non in modo empio, non parlare se non in modo insano.
Ma sia certo che da nessuna perorazione è difeso lo stato dei bambini innocenti quanto dalla empietà dei suoi accusatori.
Agostino. È mai possibile che tu faccia essere falso ciò che dico io con il solo dire che io dico ciò che non dico?
Io non dico infatti che la libidine non riguardi per nulla i semi: tant'è vero che non nascono senza la libidine quelli che certamente nascono dal seme.
Ma io dico che Dio anche da un seme viziato opera senza nessun vizio di quel seme.
Né io dico che non siano rei e non si puniscano i genitori che compiono un'opera del diavolo; ma io dico che non compiono un'opera del diavolo i genitori, quando si servono della libidine, non per amore della libidine, ma per amore della propaggine.
È appunto un operare il bene servirsi bene del male della libidine e lo fanno i coniugati, così come al contrario è un operare il male servirsi male del bene del corpo e lo fanno gli impudichi.
Né dico che sia impunita la libidine, la quale sarà distrutta con la morte, quando questo corpo mortale si rivestirà d'immortalità. ( 1 Cor 15,53 )
La libidine infatti non è se non nel corpo di questa morte, del quale l'Apostolo desiderava di esser liberato, ( Rm 7,24 ) né era o non era tale nel corpo di quella vita che peccando perse l'uomo, il quale fu fatto retto. ( Qo 7,29 )
Né liberati noi e separati dalla libidine, essa, come se fosse una sostanza, migrerà in un altro luogo, ma è destinata a scomparire, come l'infermità nella perfezione della nostra salute, sebbene già fin da ora essa cessi di esistere dopo la morte del corpo.
Né infatti può esserci ancora nel corpo morto la libidine che non può esser se non nel corpo della morte; ma essa che è destinata a scomparire nella morte del corpo, non avrà da risorgere quando risorgerà il corpo senza più la morte.
In che modo dunque sarà punita o sarà impunita la libidine che scomparendo non ci sarà più?
Ma saranno impuniti coloro che con la rigenerazione si siano liberati dal suo reato congenito e che non cedano alla insorgenza e alla urgenza dei suoi movimenti a compiere azioni illecite; e se non per amore della prole da avere per mezzo della stessa libidine, ma per amore della libidine stessa fanno qualcosa con i loro coniugi, sono risanati con una venia immediata.
Quanto poi al fatto che Dio da una origine meritamente e giustamente condannata crei i bambini, è un bene ciò che Dio stesso crea, perché crea gli uomini e perché gli uomini anche cattivi sono qualcosa di buono come uomini.
Né Dio ritira la bontà del creare da coloro che ha previsti condannandi e che anzi sa originariamente già condannati.
Onde c'è da congratularsi che così tanti di essi siano liberati dalla debita pena per mezzo di una indebita grazia.
Ma se voi giudicate una crudeltà la condanna dei bambini che non reputate contrarre il peccato originale, vi sembri una crudeltà il fatto che non siano rapiti da questa vita quei bambini non aventi secondo voi assolutamente nessun peccato, che Dio certamente conosce morituri in molti e grandi peccati senza nessuna loro mutazione in meglio: infatti secondo le argomentazioni umane che Dio non liberi, quando potrebbe, uno che non è inquinato in nessun modo da peccati, né piccoli né grandi, sembra una crudeltà maggiore che condannare la progenie di un peccatore.
Orbene voi che gridate con quanta voce potete la giustizia della prima condanna, con quale faccia sostenete l'ingiustizia della seconda condanna?
Giuliano. Dopo di che tenta costui di attaccare la verità che noi abbiamo provato con la testimonianza dell'apostolo Paolo: Dio fa l'uomo dai semi.
E costui argomenta che io ho commesso una frode per aver voluto adattare al nostro caso quelle parole che risultavano dette dei frumenti, quasi che io abbia qui o sdoppiata l'affermazione dell'Apostolo, come stima costui, o abbia ricordato quelle sue parole per altro fine che quello di mostrare la sua intenzione: la necessità di credere che Dio è il formatore di tutti i semi.
Infatti il beato Paolo, dopo aver conciliato la fede della risurrezione con gli esempi della quotidiana moltiplicazione, ha tirato fuori ciò che può riguardare la natura universale dicendo: Dio gli dà un corpo come ha stabilito e a ciascun seme il proprio corpo, cioè dona ad ogni seme il corpo richiesto dalla proprietà del seme.
Non ho dunque voluto che si intendesse dell'uomo ciò che è stato detto dei frumenti, ma l'affermazione che a ciascun seme viene dato per iniziativa di Dio il proprio corpo io l'ho afferrata per distruggere voi che lo negate con il vostro dogma.
Non è dunque minimamente vero, come reputi tu, che io sia ricorso invano a quella sentenza, né che io ne abbia abusato fraudolentemente, come tu mentisci; né tu credi, come spergiuri, che da Dio sia fatto l'uomo per mezzo dei semi umani; il che lo confermo, non opinando, ma intendendo la tua fede.
Agostino. In qual modo tu abbia riportato il testo dell'Apostolo, da lui usato per i semi che si seminano nel terreno, perché non vivono di nuovo se prima non muoiono, ciò era richiesto dalla discussione che lo interessava sulla risurrezione dei corpi, lo lascio all'accorgimento intelligente di chi legge quei tuoi scritti e legge la risposta da noi data a te nel medesimo libro che adesso ti sforzi di confutare.6
Il lettore troverà che di pertinente né hai detto nulla allora e nulla dici ora.
Compi infatti un così grande sforzo per dimostrare che Dio forma gli uomini dai semi, quasi che noi lo neghiamo, e chiami a testimone l'Apostolo dove nessuna necessità della causa esigeva da te una prova; e, ancora più insulsamente, vuoi che si intenda dei semi degli uomini ciò che l'Apostolo ha detto dei semi dei frumenti, perché lo chiedeva la sua argomentazione; e riferisci le sue parole: Ciò che tu semini non prende vita, e taci le altre subito da lui connesse: Se prima non muore.
Tu taci pure quanto egli soggiunge dicendo: E quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere, dove ben rivela per quale ragione lo dica.
E dopo aver taciuto questi testi, tiri fuori quello che segue: Dio gli dà un corpo come ha stabilito e a ciascun seme il proprio corpo, ( 1 Cor 15,36-38 ) ma non vuoi qui che si intenda di quali semi, ossia del grano per esempio o di altro genere, di quei semi insomma che quando si seminano, non vivono di nuovo se non muoiono.
E tu cerchi di trasferire questa massima anche ai semi umani, nei riguardi dei quali, per quanto si possa dire che Dio dona a loro il corpo come ha voluto e a ciascun seme il proprio corpo, non si può dire tuttavia che il seme dell'uomo quando si semina nel grembo della donna, non prenda vita se prima non muore.
Ma ottimamente ciò si può dire del corpo dell'uomo: esso infatti non risorgerà se prima non muore; ed è proprio per questa verità che l'Apostolo fa tutto quel suo discorso sui semi dei frumenti.
Non era quindi infondata la mia impressione: in questo testo avevi taciuto le parole dalle quali appariva di quali semi parlasse il teste da te invocato, con la precisa intenzione che il lettore non fosse fatto accorto dalla sua vigile intelligenza, ammesso tuttavia che tu lo abbia potuto prevedere, che nel paradiso gli uomini si sarebbero potuti seminare nei campi genitali delle donne per mezzo delle membra genitali dei maschi così come i frumenti si seminano nei terreni dalle mani degli agricoltori, di modo che non incitasse a seminare un uomo nessuno stimolo di libidine, come a partorire un uomo non urgesse la donna nessun dolore.
A coloro ai quali dispiace questa tranquillità, che cosa piace, ti prego, nella carne se non ciò che dispiace al pudore?
Né certamente costoro sentirebbero vergogna della concupiscenza carnale, se alla carne piacesse solo ciò che imponesse lo spirito: sia quando lo imponesse, sia quanto lo imponesse.
Poiché dunque la concupiscenza non è tale attualmente, per quale ragione la sostenete con i vostri suffragi contro di noi e non confessate piuttosto con noi che essa è nata dal peccato o è stata viziata dal peccato?
Giuliano. Ma ormai chi tra i sapienti potrà trattenere il riso, quando arriverà agli esempi che hai soggiunti?
Affermi tu infatti: Dalle stesse parole dell'Apostolo sarebbe confutato il pudico nominatore e l'impudico predicatore, non della volontà religiosa, ma della voluttà libidinosa.
Può egli appunto essere rimbeccato partendo proprio dagli stessi semi che gli agricoltori seminano nei campi.
Per quale ragione infatti non possiamo credere che nel paradiso Dio avrebbe potuto concedere per il suo seme all'uomo beato ciò che vediamo concesso agli agricoltori per il seme del grano: di essere seminato così il seme dell'uomo come si semina il seme del grano senza nessuna libidine pudenda?7
Con quanta eleganza il pudico nominatore e l'impudico predicatore descrive i movimenti assolutamente scomposti e recita canzoni da ciarlatani!
Ma ecco un altro punto che non si può leggere se non con la più grande ilarità; se Adamo non avesse peccato, la donna avrebbe potuto prepararsi alla fecondità come un campo.
E forse da tutte le articolazioni e dai minuti meati del suo corpo, che i medici chiamano " pori ", sarebbero spuntate spighe di figli, e così, lietamente feconda in tutte le sue parti, avrebbe trasudato i parti come i pidocchi.
Ma se alcuni dei figli uscissero fuori dagli occhi, toglierebbero la vista alla partoriente; se dai globuli delle pupille sortissero sciami di figli con la testa galeata, la cecità imprecherebbe senza dubbio contro l'orbità.
Né sarebbe davvero difficile uccidere la prole non partorita, ma trasudata, e avremmo una razza simile ai pidocchi o alle pulci, presso i dogmi di Manicheo così come nelle favole dei Mirmidoni.
Ma questa sarebbe la prole della donna, e l'uomo che cosa potrebbe fare?
Evidentemente muoverebbe non le sue membra, bensì dei ferramenti e, privo dei genitali, imprimerebbe vomeri e zappe.
Grazie dunque e le più ampie grazie si devono all'errore dei primi uomini che ha fatto evitare i tormenti di una natura tanto beata.
Con più mitezza tratta le donne il parto e il marito che se esse sentissero gli aratri o si imboschissero in tutto il corpo per una importuna fecondità.
Si coprano di vergogna le facce dei manichei e cerchino il tuo nome, o Signore.
Oh portenti di coloro che accusano gli innocenti e Dio, o suffragi di argomentazioni e di testimonianze!
Per quale ragione, domanda costui, non possiamo credere che la natura umana avrebbe potuto essere fatta diversamente da come si vede fatta?
Come se si cercasse che cosa abbia potuto Dio e non che cosa abbia egli istituito.
Se alla libidine di fantasticare piace la critica delle realtà che sono state fatte per dire, potendo essere state fatte diversamente le realtà che sono state istituite, per questo non rendono testimonianza alla bontà della natura, dichiariamo che Dio poteva fare i mortali " bicipeti " e che quindi sono stati fatti male " unicipeti " e tali da reggersi sui piedi: potevano infatti essere dotati di testa da ambedue le parti: una forma che è solita apparire in alcuni vermi il cui ventre è racchiuso tra due teste, nate da una parte e dall'altra, cosicché cominciano dall'omero in ambedue le direzioni e sembrano terminare nel mezzo.
Si ammettano queste ridicolaggini, e quale sarà la fine del delirio?
Poté dunque Dio far sbocciare gli uomini dalla terra insieme ai fiori!
Quanto al suo potere, non nego che lo avrebbe potuto; ma non volle che gli uomini nascessero se non dai semi.
Ora dunque si cerca che cosa Dio abbia fatto e non che cosa abbia potuto.
E a questo punto sarebbe una risposta da pazzi furiosi dire: È male ciò che esiste, perché Dio poté fare diversamente.
Questo sarebbe infatti lodare Dio con l'intenzione di vituperarlo, e predicare la sua onnipotenza per macchiare la sapienza del suo consiglio.
Non solo non sarebbe una lode, ma sarebbe anche una grande offesa dare alla potenza di Dio quanto tu avessi rubato alla sua sapienza e dire che in Dio ci fu la fortezza, ma non ci fu la saggezza.
Arriva a negare assolutamente la potenza il biasimo della sapienza: Dio non può tutto, se non può ordinare bene il tutto.
Anzi, se gli manca la sublimità della sapienza, non salva nulla della riverenza della divinità: e poiché sospettarlo è la cosa più empia, ritorna ciò che strangola la vostra traduce.
Dio, che fece molto buone tutte le cose, non istituì nulla che nel genere in cui fu fatto si provi che abbia potuto essere fatto o più appropriato o più razionale.
Ricco appunto, alla pari, di sapienza e di onnipotenza, Dio non avrebbe istituito ciò che un omuncolo potesse giustamente criticare.
Tutti gli elementi dunque che in tutte assolutamente le creature risultano naturali, sono stati fatti con tale somma perfezione, che ogni correzione si presuma di apportare in essi risulta stolta ed empia.
Come dunque la forma del cavallo e la forma del bove, confrontate tra loro, distano, sì, e tuttavia nel loro genere hanno ricevuto un'armonia tanto conveniente sotto tutti gli aspetti da non dovere né da potere o il cavallo o il bove essere costituito diversamente da come è stato formato e con questa regola possiamo fare il giro di tutti gli animali, che nuotano, che strisciano, che camminano, che volano, e infine di tutti quelli dell'aria e dei cieli: si dimostra appunto che di nessuno si sarebbe potuta stabilire la forma in modo migliore, attesa la specie a cui era destinata, così anche l'uomo, già indicato precedentemente nella specie degli animali che camminano, è stato formato in tutte le sue parti così bene che nessuno lo avrebbe potuto modellare meglio.
Egli ha sapientemente ricevuto nel corpo e membra decorose e membra indecorose, perché in se stesso imparasse e la riservatezza e la spigliatezza, e non sembrasse deforme se in tutto fosse coperto, né si rendesse ozioso e incolto se fosse sempre nudo dappertutto.
E perciò la fecondità umana non dové ricevere membra diverse da quelle che possiede adesso nell'uno e nell'altro sesso, non altra condizione di visceri, non altri sensi, non altra voluttà.
Ammoniamo quindi i manichei che smettano di criticare le opere della sapienza divina, ammoniamoli che correggano le loro depravate opinioni, perché né è pertinente alla nostra questione dire che gli uomini avrebbero generato diversamente da come attesta il mondo intero; né che essi potessero esser fatti meglio di come sono stati fatti lo attesta e la ragione, e parimenti anche la Scrittura, la quale grida che Dio non solo fece buone tutte le cose, ma anche le fece molto buone. ( Gen 1,31; Sir 39,21 )
E perciò anche qui, come in tutto il corso dell'opera, è stato abbattuto il dogma dei manichei.
Quanto poi al tempo futuro, confessiamo che i corpi dei beati saranno più gloriosi, né saranno bisognosi di aiuto.
E anche questo è stato stabilito ottimamente da Dio, giustissimo e sapientissimo, perché la natura non precedesse in nessun modo lo stato di premio, ma esistesse un primo ordine in cui sussistesse l'onestà naturale e dal quale, a norma del diritto del libero arbitrio, l'uomo o discendesse negli abissi profondissimi delle pene o puntasse ad ascendere alla vetta delle glorie per le vie stabilite da Dio.
Agostino. È proprio vero, Giuliano, che non hai pensato che la gente avrebbe letto e il mio e il tuo; ma hai scritto esclusivamente per coloro che, ignorando o trascurando il mio e senza esaminare con diligenza il tuo e il mio, avessero cura di leggere e di conoscere solo il tuo né credessero che io abbia detto se non ciò che, ricordato da te, trovassero nei tuoi libri come appartenente ai miei.
Da qui infatti io vedo che, avendo io detto: " Per quale ragione infatti non possiamo credere che nel paradiso avrebbe potuto Dio concedere per il suo seme all'uomo beato ciò che vediamo concesso agli agricoltori per il seme del grano: di essere seminato il seme umano allo stesso modo senza nessuna libidine pudenda? ", è avvenuto che tu, quasi rispondendo a queste mie parole, hai dilatato i tuoi vaniloqui diffondendoti e arrivando fino al punto di propalare come sentito da me che " se Adamo non avesse peccato, la donna avrebbe potuto prepararsi alla fecondità in tal modo forse che attraverso tutte le articolazioni e i minuti meati del corpo, che i medici chiamano pori, sarebbero spuntate spighe di figli e così, lietamente feconda in tutte le sue parti, avrebbe trasudato i parti come i pidocchi ", e tutto il resto che a me ripugna di commemorare e che tu invece non ti sei vergognato di accumulare.
Tra l'altro hai pure detto dell'uomo: " Evidentemente non muoverebbe le sue membra, bensì dei ferramenti e, privo dei genitali, imprimerebbe vomeri e zappe ".
Sconcezze come queste e simili, a leggere le quali, non dico i tuoi semplici lettori, ma i tuoi amatori, arrossiscono per te, se c'è in essi qualche sensibilità umana ti lascerebbero forse libero di irridere le mie parole, che tu hai saltate e taciute con il solo intento di prepararti in questi discorsi spazi più ampi per delirare?
Io infatti ho detto che l'uomo poté essere seminato da membra genitali ossequienti al comando della volontà; tu al contrario hai taciuto le membra genitali per andare attraverso le articolazioni e i minutissimi meati della donna, trasudante figli dai pori del corpo come pidocchi e partoriente dalle pupille degli occhi con conseguente cecità.
Hai taciuto, dico, le membra genitali, come se noi dicessimo che sarebbero mancate agli uomini, qualora Adamo non avesse peccato, perché tu potessi dire, non con ridicola urbanità, ma con ridicola vacuità che " l'uomo, privo dei genitali, imprimerebbe vomeri e zappe per fecondare la moglie ".
La questione riguarda forse il numero e la figura delle membra, che per generare potevano essere create salve e integre ai loro posti, senza avere bisogno dell'incitamento della libidine e servissero all'imperio della volontà?
Le quali membra, da me commemorate, tu non le hai volute commemorare, ponendo le mie parole, proprio per non imporre a te stesso il silenzio e non potere aprire la bocca a dire dei figli che saltano da tutto il corpo come pidocchi e dei ferramenti agricoli da usare per ingravidare le femmine, parole che a te sembravano vibranti di festosissima dicacità, mentre erano dette con sconveniente vanità.
Onde hai reputato di non dover toccare nel medesimo passo che avevi preso a confutare nemmeno quel mio testo che ho scritto sui dolori delle partorienti.
Se infatti le donne avessero partorito senza i travagli del parto, reputo che ad esse non sarebbero venute a mancare le membra genitali, ma i tormenti penali.
In proposito la divina Scrittura, lo sanno tutti coloro che la leggono, attesta che questo genere di tormento è passato nel genere femminile dal peccato di Eva. ( Gen 3,16 )
Questo nelle mie parole lo hai preferito tralasciare piuttosto che trattarlo, perché non ti si dicesse che, sani e integri i genitali di ambedue i sessi, in quella felicità del paradiso i coniugi avrebbero potuto praticare il coito senza la pudenda libidine, così come le donne, sani e integri i genitali femminili, avrebbero potuto partorire senza gemebondo dolore.
Ma voi, non solo gli strazi e i gemiti delle partorienti, bensì anche le altre sofferenze e disgrazie dei mortali, non dal tempo del loro libero arbitrio, ma dal giorno della loro nascita dal grembo materno, preferite porre nel luogo di quella così grande beatitudine, piuttosto che non porre nel paradiso la vostra pupilla, " pudenda " almeno in forza dello stesso pudore.
E tuttavia tu che neghi che la natura sia stata mutata dopo il peccato nella presente mortalità, la confessi mutanda nella gloria della beata immortalità dopo il merito della buona volontà.
Alla vetta della quale gloria i bambini, e non lo potete negare, ascendono per i meriti, non della volontà loro, ma della volontà altrui, e voi non volete credere che i medesimi bambini per i meriti della cattiva volontà di un altro, ma tuttavia di Adamo, nei cui lombi essi furono presenti per ragione del seme, siano stati gettati nel profondo delle miserie che conosciamo.
Giuliano. Ma passiamo ormai agli altri punti.
Dopo avere scansato dunque l'esempio di Abramo, che era stato messo da me, costui ha tentato di asserire che anche delle donne di Abimèlech, che si dice guarito insieme alle sue donne per le preghiere di Abramo, così da poter ritornare all'opera della generazione, dalla quale era stato impedito per una punizione, si può intendere che fosse stata occlusa la vulva delle donne, non con la sottrazione della libidine, ma con la presenza di qualche dolore.8
Quasi che da parte nostra si insistesse molto nel far credere che sia stato reso a quelle donne il desiderio naturale, mentre io con quelle testimonianze mi ero contentato di provare che il coito, il quale non poteva esser senza la libidine, solamente impedito dall'indignazione di Dio e reso dalla indulgenza di Dio o per la remozione degli ostacoli o per la restituzione degli stimoli abituali, non veniva tuttavia insegnato come diabolico, ma come pertinente all'opera di Dio anche per il fatto che tra gli strumenti del corpo, modesti ma innocenti, il sesso può peccare non per la specie, non per il modo, ma solamente per l'eccesso.
Agostino. Chi non intenderà che, se per l'indignazione di Dio al corpo di quelle donne accadde qualcosa che impedisse il coito e quindi la prole, la quale non poteva certamente essere concepita se non da persone che praticassero il coito, rimosso quell'impedimento, sia stato reso il coito tale e quale è nel corpo di questa morte, ossia con la libidine?
A tale stato appunto sono richiamati i corpi quando vengono guariti, quale ha ormai sortito dopo il peccato la natura dei mortali, che sospinge gli uomini alla morte.
Ma nel corpo di quella vita dove l'uomo, se non avesse peccato, non sarebbe stato morituro, ci fu senza dubbio uno stato diverso: onde in esso o non ci fu nessuna libidine, o non ci fu una libidine tale e quale c'è presentemente da fare concupire la carne contro lo spirito e da rendere necessario o sottostare ad essa o riluttare contro di essa: due comportamenti di cui il primo non poteva convenire all'onestà di quella beatitudine e il secondo alla pace di quella beatitudine.
Non voler dunque tu con eretica perversità confondere queste due vie: in un modo si vive nel corpo corruttibile che appesantisce l'anima ( Sap 9,15 ) e in un altro modo si vivrebbe nel paradiso, se fosse perdurata la rettitudine dell'uomo nella quale egli era stato creato.
Ci sarebbe dunque anche là il coito coniugale per amore della generazione, ma o con membra genitali che servissero allo spirito senza nessuna libidine, o con movimenti della libidine stessa, se essa ci fosse, che non ostacolassero mai la volontà.
E la libidine, se fosse tale, non sarebbe pudenda, né farebbe chiamare pudende in senso proprio le membra del corpo che essa con il suo istinto o sollecitasse o movesse, né la libidine ci spingerebbe a coprirle.
Che ciò sia accaduto dopo il peccato e che non sia potuto accadere se non in pena del peccato lo attestano le parole di Dio: Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?
Hai forse mangiato dell'unico albero di cui t'avevo comandato di non mangiare? ( Gen 3,11 )
Non ti - sarebbe stata notificata, dichiara, la tua nudità, se non fosse stata prevaricata da te la mia legge.
Ma come avvenne la notificazione della nudità a chi essa non era senza dubbio ignota se non con quel movimento stimolante che urgesse a farla avvertire con uno sguardo inusitato e che incutesse pudore?
Poiché a causa del peccato era avvenuto che la parte inferiore dell'uomo concupisse contro la parte superiore, cioè la carne contro lo spirito.
Ma tu chiudi gli occhi dinanzi a tutti questi fatti e, mentre Dio manifesta che l'uomo, se non avesse peccato, non si confonderebbe della sua nudità, asserisci che l'uomo fu istituito così che si vergognerebbe della tua nudità, anche se non avesse peccato.
Dio dice infatti: Chi ti ha notificato la sua nudità se non il fatto che hai peccato?
E tu dici, per mettere le tue stesse parole con le quali hai parlato poco prima: " L'uomo è stato formato in tutte le sue parti così bene che nessuno lo avrebbe potuto modellare meglio.
Egli ha sapientemente ricevuto nel corpo e membra decorose e membra indecorose, perché in se stesso imparasse e la riservatezza e la spigliatezza, e non sembrasse deforme se in tutto fosse coperto, né si rendesse ozioso e incolto se fosse sempre nudo dappertutto ".
E quindi secondo te l'uomo peccando si è fatto molto migliore: se infatti non avesse peccato, l'uomo che Dio aveva creato retto, ( Qo 7,29 ) vivrebbe imprudentemente non distinguendo nel suo corpo le parti dell'onore e le parti del pudore, e vivrebbe impudentemente non coprendo nessuna parte, e vivrebbe negligentemente esponendo tutte le parti.
Non eviterebbe infatti questi vizi, se a lui, perché aveva peccato, non fosse stata notificata la sua nudità.
Giuliano. Poiché di questo argomento abbiamo trattato abbastanza, affrettiamoci alle obiezioni che Manicheo mosse a suo tempo con acutezza sul male naturale, ma ingannato, come proverò, dall'ambiguità delle questioni.
Prima tuttavia sventoliamo brevemente che cosa abbia replicato Agostino contro una testimonianza dell'Apostolo.
Io dunque avendo detto che l'istituzione da parte di Dio, creatore dei corpi, di questa nota operazione dei sessi si prova apertissimamente anche con una testimonianza del beato Paolo, il quale, sdegnato contro i vizi di coloro che l'insania aveva pure precipitato in concubiti di sesso maschile, afferma: Lasciando l'uso naturale della donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, ( Rm 1,27 ) ho tirato questa conclusione: testimone l'Apostolo, si prova che l'uso della donna fu istituito per natura.
A questo mio testo risponde dunque Agostino così: L'Apostolo non disse l'uso coniugale, ma l'uso naturale, volendo far intendere l'uso che avviene con le membra create ad hoc, perché per mezzo di esse possano ambedue i sessi mescolarsi insieme per generare, e perciò anche quando con le medesime membra qualcuno si unisce ad una meretrice, è uso naturale, né tuttavia è lodevole, ma colpevole.
Dunque con questa denominazione, ossia con l'uso naturale, non è stata indicata la mescolanza coniugale, ma sono state bollate le infamie ancora più immonde e più scellerate delle pratiche che gli uomini avessero illecitamente, ma tuttavia " naturaliter " con le donne.9
Ossia questo uso della donna che l'Apostolo dichiarò naturale, non s'intende l'uso coniugale perché se ne insegni la bontà e la liceità, ma per questo è stato detto naturale, afferma Agostino, perché indica che la diversità del sesso è stata istituita allo scopo preciso di essere pronta e al coito e al parto.
Dalle quali macchinazioni poiché non traeva nessun giovamento, per quale ragione vi ha indugiato tanto?
Sicuramente per questa sola ragione: che i suoi seguaci credano risolto ciò che vedono appena sfiorato.
Del resto come non abbia detto nulla lo renderà palese una breve discussione.
Ossia, l'Apostolo dichiarò istituito naturaliter l'uso della donna, e non menzionò un'altra mescolanza che sia stata disposta fin da principio, ma, discorrendo di quell'uso nel quale sapeva che in tutti i tempi ebbe vigore la libidine, ha chiamato naturale la libidine.
Agostino. L'uso della femmina è naturale quando il maschio fa uso di quel membro con il quale la natura del medesimo genere di animali si propaga, e per questo anche il membro stesso si suole dire in senso proprio " natura ": onde Cicerone racconta che una donna vide nel sonno di avere la " natura " contrassegnata.10
Pertanto l'uso naturale ed è lecito come nel matrimonio ed è illecito come nell'adulterio; l'uso invece contro la natura è sempre illecito e certamente è più infame e più turpe.
Il quale uso contro la natura il santo Apostolo lo riprendeva e nelle donne e negli uomini, volendo che si considerassero più condannabili che se peccassero nell'uso naturale o con l'adulterio o con la fornicazione.
Quindi l'uso naturale e insieme non colpevole dei concumbenti sarebbe potuto esistere pure nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato: i figli infatti non sarebbero stati generati diversamente per moltiplicare il genere umano secondo la benedizione di Dio.
Ma che l'Apostolo abbia chiamato uso naturale quell'uso " nel quale sapeva che in tutti i tempi ebbe vigore la libidine ", chi te lo ha detto se non la vostra eresia?
Non sia mai infatti che l'Apostolo credesse che abbia avuto vigore la pudenda libidine degli uomini anche nel tempo in cui essi erano nudi e non ne sentivano il pudore.
Ma tuttavia anche se l'Apostolo dicesse ciò chehai detto tu stesso: " Nell'uso naturale della femmina in tutti i tempi ebbe vigore la libidine ", anche in queste parole avrei modo di capire rettamente per non collocare la tua pudenda cliente nei corpi di quella vita beata, che non erano ancora diventati i corpi di questa morte, come fai tu con mente stoltissima, con lingua loquacissima, con faccia impudentissima.
In tutti i tempi appunto da quando cominciò a praticarsi il concubito dei due sessi, l'uso naturale della femmina non poté evidentemente aversi senza questa pudenda libidine: già infatti non avevano più il corpo di quella vita, ma il corpo di questa morte, quando, usciti dal paradiso dopo il peccato, il maschio e la femmina mescolarono per la prima volta l'uno e l'altro sesso in modo naturale.
Il che se facessero antecedentemente, nella loro unione o non ci sarebbe affatto la libidine, o essa non sarebbe pudenda: non solleciterebbe infatti chi non volesse e non costringerebbe il casto a combattere contro di essa, ma o senza la libidine i genitali compirebbero il loro ufficio sotto il comando dello spirito, o se la libidine esistesse, essa insorgerebbe quando ce ne fosse il bisogno, seguendo il cenno tranquillissimo della volontà e non opprimendo il pensiero con l'impeto turbolento della voluttà.
Che tale non sia al presente la libidine essa lo confessa con i suoi molti movimenti, importuni e reprimendi: attesta dunque o di essere un vizio o di essere stata viziata.
Ecco donde viene l'affermazione dell'Apostolo che diceva: Io so che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene. ( Rm 7,18 )
Ecco donde i nascenti traggono il peccato originale.
Di questo male fa buon uso la pudicizia coniugale, di questo male ancora meglio non fa uso la continenza religiosa vedovile o la sacra integrità verginale.
Giuliano. Questo noi capimmo e parlando dell'istituzione della natura riferimmo ciò che risultava sentito dall'Apostolo.
Tu quindi che cosa hai guadagnato replicando che da lui quell'uso non è stato chiamato coniugale, ma naturale?
O con quale bocca soggiungi che " quando con le medesime membra qualcuno si mescola ad una meretrice, l'uso è naturale e non è tuttavia lodevole, ma colpevole "?
Per mostrare infatti anche qui ciò che abbiamo manifestato frequentemente, cioè che da te non viene pronunziata nemmeno una sola sentenza che non valga moltissimo contro di te: se l'uso della donna nella fornicazione si dice naturale e non è tuttavia lodevole, ma colpevole per la ragione che è l'uso di una meretrice, confesserai senza dubbio non colpevole ma lodevole l'uso coniugale, perché onesto e lecito.
Agostino. Non perché è senza il male, ma perché fa buon uso del male, il concubito coniugale si dice giustamente non colpevole.
Infatti fare buon uso di un male è un bene, così come è un male fare mal uso di un bene.
I coniugati dunque fanno buon uso del male della libidine, così come gli adùlteri fanno mal uso del bene del corpo.
Questo io l'ho già detto non una volta soltanto e non mi rincrescerà di dirlo ancora più spesso, finché tu non sentirai la vergogna di contraddire la verità.
Giuliano. E dov'è quel tuo crimine diabolico che tentavi di addossare al coito coniugale con l'argomento del pudore?
Non si riprende più infatti la libidine, che per la stessa condizione della natura si sente e nell'uso proibito e nell'uso concesso, se si incolpa solamente la sua depravazione che trascorra a ciò che non era lecito.
Agostino. Non solamente " si incolpa la depravazione della libidine che trascorra a ciò che non era lecito "; ma è una grande depravazione la tua, poiché la libidine non è incolpata da te neppure se spinge a ciò che non era lecito.
Quando essa infatti spinge a ciò che non è lecito, certamente trascorre a farlo, se non si fa opposizione alla sua pravità.
E questa è la concupiscenza della carne per cui la carne concupisce contro lo spirito e provoca perciò lo spirito a concupire a sua volta contro la carne, proprio perché lo spirito non trascorra dove lo spinge la libidine. È un male, dunque, anche ciò che spinge al male; ma se la libidine non trascorre al male per l'opposizione dello spirito, l'uomo non è vinto dal male.
Allora però l'uomo sarà libero da ogni male quando non ci sarà più nessun male contro cui egli debba combattere.
E non è che, quando si compirà questo evento, sarà separata da noi la natura aliena del male, come vaneggia Manicheo, ma sarà risanata la nostra natura.
La quale ora, se come viene risanata dal reato mediante la rigenerazione e la remissione dei peccati, così fosse già sana da ogni infermità, lo spirito non concupirebbe contro la carne perché noi non concupiamo se non il lecito, ma la carne consentirebbe così allo spirito che nulla di illecito si concupirebbe contro lo spirito.
Indice |
1 | De nupt. et concup. 2,25 |
2 | De nupt. et concup. 2,25 |
3 | De nupt. et concup. 2,25 |
4 | De nupt. et concup. 2,26 |
5 | Verg., Georg. 3, 130-137 |
6 | De nupt. et concup. 2,28 |
7 | De nupt. et concup. 2,14,29 |
8 | De nupt. et concup. 2,15,30 |
9 | De nupt. et concup. 2,20,35 |
10 | Cicero, De divin. 2 |