Contro la Lettera di Parmeniano |
Quale forza, se non la cecità e la vacuità dello spirito, spinge gli uomini a scagliare contro altri, alla cieca, come si dice, qualcosa che si può subito ritorcere contro chi l'ha scagliato, ferirlo di ritorno e lasciare illeso chi si voleva colpire?
Così fanno i Donatisti con quasi tutti i testi delle Scritture: mentre credono di citarli contro di noi illudendosi e pensando, per così dire, di ammonirci, la stessa Scrittura dimostra la loro natura.
Che altro fa Parmeniano, infatti, quando ritiene a favore suo e contrario a noi, il testo: Guai a quelli che chiamano bene il male e male il bene; che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre; l'amaro in dolce e il dolce in amaro? ( Is 5,20 )
O stoltissima cecità! Che cos'è così buono e soave come i fratelli che abitano insieme? ( Sal 133,1 )
Ma lo considerano un male e lo ritengono amaro quanti si sono separati da tutti i fratelli impedendo il sorgere dei loro vani sospetti, per non dire faziose calunnie, o la loro tolleranza una volta sorti.
Ma se veramente odiassero la paglia e non fossero essi paglia, non si separerebbero per causa sua dal grano del Signore, che è seminato e cresce in tutto il campo, cioè nel mondo.
Gridino pure con tutta la forza: Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene. ( Is 5,20 )
Noi rispondiamo: " È vero ", ma aggiungiamo: Guai a coloro che hanno perso la pazienza, ( Sir 2,16 ) chiamando la luce tenebre e le tenebre luce. ( Is 5,20 )
Che c'è di più chiaro, infatti, delle promesse di Dio, che ha mostrato ai nostri giorni quanto aveva preannunziato migliaia di anni fa: che nella discendenza di Abramo, cioè Cristo, tutte le nazioni sarebbero benedette? ( Gen 22,18 )
Che c'è di più oscuro della presunzione di persone che, per delle accuse di traditori, fatte con leggerezza e mai provate, - ma se anche fossero vere non impedirebbero a Dio di realizzare le sue promesse -, dicono che il nome cristiano è scomparso da tante nazioni in tutta la terra ed è rimasto solo in Africa?
E mentre questa loro presunzione la chiamano luce, le promesse di Dio, evidenziate dalla realtà dei fatti, tentano di coprirle con le tenebre delle menzogne e per di più rinfacciano a noi le loro azioni, dicendo: Guai a coloro che chiamano la luce tenebre e le tenebre luce.
È mai possibile che Ottato era luce e tutta l'Africa lo chiamava tenebre?
O piuttosto tutta l'Africa lo giudicava tenebre, mentre i Donatisti lo chiamavano luce?
Proprio loro che non cambiano la luce in tenebre e le tenebre in luce?
" Ma nella nostra comunione - dicono - egli era inviso a tutte le persone buone ".
Voi dunque non lo chiamavate luce, però comunicavate con lui.
Liberi voi di scegliere, quindi: o in una stessa comunione le tenebre non danneggiano la luce, ma è sufficiente che la luce le disapprovi e, se non può scacciarle, le tolleri per amore dell'unità: ma allora non era proprio necessario commettere un oscuro sacrilegio per separarvi dai fratelli innocenti ai quali certamente non avete potuto indicare i malvagi, anche se dicevate di conoscerli.
Oppure, se non basta che la luce disapprovi le tenebre, che non può allontanare, se cioè non basta che i buoni disapprovino i cattivi, che non possono espellere o correggere, è più facile che il solo Ottato, uomo molto noto ed esposto, abbia contaminato il partito di Donato nella sola Africa, di quanto non abbia fatto un qualunque traditore africano in tante nazioni nel mondo, il quale, anche se accusato, non dico di falsi crimini, era però sconosciuto, e negarlo è una vera spudoratezza.
Quando dunque i Donatisti interpretano le Scritture in senso distorto, le rendono dannose non a noi, ma a loro stessi.
È il caso dell'anatema: Guai a quelli che chiamano male il bene e bene il male; ( Is 5,20 ) questo testo, a loro avviso, vuole esortare il grano a non tollerare la paglia fino al tempo della vagliatura.
Ma visto che essi interpretano male il testo: Guai a coloro che chiamano male il bene e bene il male, il versetto si completa in loro: Guai a coloro che hanno perso la pazienza. ( Sir 2,16 )
Se invece capissero che esso è stato scritto contro quelli che commettono il male, perché giudicano un bene ciò che è male, o contro quelli che con le loro lodi e i loro elogi approvano i malvagi - due tipi di peccatori che la Scrittura menziona in un unico passo, dicendo: Poiché il peccatore è lodato nei desideri del suo cuore, e quelli che fanno il male sono benedetti ( Sal 10,3 ) - lo intenderebbero rettamente; né si turberebbero se anche tra di loro si trovano dei malvagi.
Se non che i Donatisti, per il partito di Donato, tollerano quelli che avrebbero dovuto tollerare per l'unità di Cristo.
Ma, per questa ostinata animosità, i miserabili sono costretti a sopportare nel loro scisma, quelli che conoscono, e ad accusare, nel mondo, quelli che ignorano.
Perciò, chiunque corregge, con i rimproveri, ciò che può o, ciò che non può correggere, lo esclude, salvando il vincolo della pace o, ciò che non può escludere, nel rispetto del vincolo della pace, lo rimprovera e lo sopporta con fermezza, questi è un uomo di pace e da questo anatema della Scrittura: Guai a quelli che chiamano il male bene e il bene male; che cambiano la luce in tenebre e le tenebre in luce; e che cambiano l'amaro dolce e il dolce amaro, ( Is 5,20 ) è pienamente libero, totalmente protetto, assolutamente estraneo.
Con la solita cecità ci oppongono ancora un altro testo simile.
Dicono: " È di voi che la Scrittura dice: Chi giudica il giusto ingiusto e chi giudica l'ingiusto giusto è abominevole davanti a Dio ". ( Pr 17,15 )
Perché questa maledizione non dovrebbe piuttosto ricadere su coloro che hanno osato condannare l'intero mondo cristiano, senza ascoltarlo, vale a dire una folla sterminata di persone, in mezzo alla quale senza dubbio vi sono state e vi sono quelle immuni dai loro crimini?
Ecco, è così che hanno giudicato giusto ciò che è ingiusto, e ingiusto ciò che è giusto, quando hanno trattenuto nella loro comunione, onorandolo come sacerdote e collega, Ottato Gildoniano, per dieci anni lamento di tutta l'Africa.
Se poi lo condannavano in cuor loro, ma lo tolleravano per la pace, imparino che la pazienza di un uomo pacifico che disapprova il male, non può essere macchiata da nessun male; e capiscano in quale perdizione vivono quelli che, per dei delitti veri o falsi degli africani - ma non è di questo che ora si tratta - non conservano con il mondo l'unità dello spirito nel vincolo della pace. ( Ef 4,3 )
E se poi dicessero: " Noi non sappiamo se nelle tante nazioni d'oltremare vi siano dei buoni cristiani ", si esprimerebbero con grande impudenza.
Dio infatti rende testimonianza al suo grano, che ha seminato in tutto il campo e ha predetto che cresce fino alla mietitura, sia pure insieme alla zizzania seminatavi sopra dal diavolo.
Quindi, anche se noi queste persone non le conosciamo bene, sappiamo che esistono, perché riteniamo con fede certissima che Dio non ha potuto mentire.
Quindi, visto che sarebbe una sacrilega impudenza dire: " Non sappiamo se nel resto del mondo ci sono dei buoni cristiani ", vedano con che insensatezza osano dire - e non esitano a dirlo ogni giorno -: " Sappiamo che lì non ci sono cristiani ".
Un conto, in verità, è dire: " Non sappiamo se vi siano ", e un conto: " Sappiamo che non vi sono ".
Entrambe le espressioni sono infedeli ed empie.
Ma se è detestabile colui che dice: " Non so se Dio ha detto la verità ", che cos'è colui che dice: " So che Dio non ha detto la verità "?
Certamente io penso di non offendere nessun donatista se a Donato antepongo Dio.
Per quanto infatti essi amino Donato, temono di più Dio.
Infine, per quanto essi amino Donato, noi sappiamo che solo Dio è verace e che ogni uomo è bugiardo. ( Rm 3,4 )
Ebbene, Cristo, che è al di sopra di ogni cosa, Dio benedetto nei secoli, ( Rm 9,5 ) e che con grande verità ha detto di se stesso: Io sono la verità, ( Gv 14,6 ) quando i servi gli chiesero se voleva che andassero a raccogliere la zizzania, disse: Lasciate che l'uno e l'altra crescano fino alla mietitura. ( Mt 13,30 )
Donato invece dice che la zizzania è certamente cresciuta, mentre il frumento è diminuito.
Scelgano a chi credere. Cristo, la verità, dice: Il campo è questo mondo; ( Mt 13,38 ) Donato invece dice che solo l'Africa è rimasta campo di Dio.
Scelgano a chi credere: Cristo, la verità, dice: Al tempo della mietitura dirò ai mietitori: raccogliete prima la zizzania, ( Mt 13,30 ) e spiega: La mietitura è la fine dei tempi; ( Mt 13,39 ) Donato, invece, dice che con la scissione del suo partito la zizzania è stata separata dal grano già prima della mietitura.
Scelgano a chi credere: Cristo, la verità, dice: I mietitori sono gli angeli, ( Mt 13,39 ) mentre Donato, dice che lui e i suoi colleghi hanno già fatto prima della mietitura ciò che, a dire di Cristo, faranno gli angeli alla mietitura.
Scelgano a chi credere. Certo, si dicono cristiani: noi proponiamo loro Cristo e Donato.
Se a Cristo danno la bocca e a Donato il cuore, considerino chi sono.
Per parte mia li risparmio, non inveisco, non esagero; il mio dolore preferisco reprimerlo che esprimerlo.
Ma se dicono di dare a Cristo il loro cuore, credano a Cristo il quale dice che in tutto il mondo crescono sia i figli del regno che quelli del maligno; ( Mt 13,38 ) non credano a Donato il quale dice che nel mondo sono cresciuti solo i figli del maligno, mentre i figli del bene sono diminuiti e si sono ridotti alla sola Africa.
Ma se credono a Cristo, noi non diciamo più che hanno la pace con le Chiese di tutto il mondo, ma con il Vangelo stesso, che si vantano di aver salvato dalle fiamme.
Mentono, perché non lo provano coi fatti.
Vediamo ora a chi si riferisce il testo che Parmeniano ha preso da Isaia e ha creduto di opporre a noi: Che forse la mano del Signore non può salvarvi?
O egli ha indurito l'orecchio per non esaudirvi?
Sono i vostri delitti a porre una separazione tra voi e Dio; e a causa dei vostri peccati Dio ha distolto la sua faccia da voi, per non avere misericordia.
Perché le vostre mani si sono macchiate di sangue e le vostre dita di peccati; mentre le vostre labbra hanno detto l'iniquità e la vostra lingua esercita l'ingiustizia.
Non v'è nessuno che parli la giustizia e non c'è un vero giudizio.
Hanno fiducia nelle vanità e pronunciano cose vuote, perché partoriscono dolore e generano iniquità.
Rompono uova di aspidi e intessono una tela di ragno; e chi stava per mangiare di quelle uova, rompendole, vi trova infezione e dentro un basilisco.
La loro tela non servirà per vestirsi, né si copriranno delle loro opere.
Le loro opere, infatti, sono opere di ingiustizia; mentre i loro piedi corrono veloci verso il male per spargere il sangue; e i loro pensieri sono pensieri di insipienti.
Contrizione e miseria sulle loro vie, e non hanno conosciuto la via della pace. ( Is 59,1-8 )
I peccatori che la Scrittura descrive in questo passo, ovunque si trovino, sia pure tra i buoni, non nocciono ai buoni, come la paglia non nuoce al grano, in attesa che venga il padrone del campo, portando il ventilabro nella sua mano, mondi il suo campo, riponga il grano nel granaio e bruci la paglia nel fuoco inestinguibile. ( Mt 3,12 )
Come non danneggiò i buoni tutta quella moltitudine di peccatori che abbiamo appreso dal profeta Ezechiele; vale a dire quelli che sospiravano e piangevano i peccati che il popolo faceva in mezzo a loro. ( Ez 9,4 )
Poiché non potevano correggerli e né dovevano assolutamente separarsi dall'unità del popolo di Dio, in premio della loro innocentissima tolleranza, meritarono di essere segnati e liberati dallo sterminio e dalla morte che colpì i perversi.
Tuttavia, i Donatisti, che oppongono questi testi ai cattolici, perché non guardano se stessi e le loro bande di violenti seguaci che scorrazzano qua e là, armate di ferri e bastoni e che, nella loro disumana ferocia, non si saziano mai di compiere, ove possibile, continue stragi, quando vagano giorno e notte per le fosse dei loro cadaveri, in compagnia di donne mescolatesi a loro liberamente, contro ogni legge divina ed umana, e sono in preda a tanta ebbrezza che commettono ogni giorno la follia non solo di perseguitare gli altri, ma di gettarsi dai precipizi?
Non corrono i loro piedi per fare il male? Non sono veloci nello spargere il sangue? ( Is 59,7 )
Non si allontana la giustizia da costoro, che esercitano anche gli arbitri più ingiusti di un potere irregolare?
Non diventano, essi, tenebre, mentre reggono la fiaccola di un falso martirio? ( Is 59,9 )
Non è forse vero che camminano in piena notte, anche di giorno, visto quanto dice l'Apostolo: Quelli che si ubriacano, si ubriacano di notte? ( 1 Ts 5,7 )
E non cadono di giorno, come in piena notte? ( Is 59,10; Gb 5,14 )
In verità, è la situazione di tutti gli eretici, impossibilitati a vedere una realtà chiarissima posta per la luce di tutte le genti; e tutto ciò che fanno al di fuori dell'unità della Chiesa, quantunque sembri fatto con grande impegno e diligenza, a loro non giova a niente contro l'ira di Dio, così come le ragnatele non possono riparare dal freddo.
Quale passo citano di questo capitolo del profeta, che non si possa ritorcere contro di loro, se non quello sulle uova di aspidi, delle quali ha parlato a lungo il redattore della sentenza del concilio plenario dei trecentodieci vescovi, convenuti da tutte le province dell'Africa?
Certo, se Parmeniano vivesse questo non lo direbbe, né citerebbe contro di noi questo testo del profeta Isaia: Le uova di serpenti velenosi si sono rotte. ( Is 59,5 )
In effetti, egli vedrebbe aggiunti nel suo collegio Feliciano di Musti e Pretestato di Assuri, che essi riaccettarono come innocenti dal numero dei condannati, col pretesto di favorire il bene della pace, non di Cristo, ma di Donato.
Essi erano uova di serpenti velenosi e si erano rotte!
Così li descrivono i trecentodieci vescovi, " con la bocca verace del concilio plenario ", come attestano i loro Atti, allegati anche agli Atti proconsolari.
Sono parole del loro concilio: " Sebbene la cavità di un utero avvelenato abbia a lungo coperto i parti nocivi di un seme viperino, e gli umidi coaguli di un delitto concepito, con il calore siano lentamente evaporati in membra di aspidi, tuttavia il veleno concepito, non poté essere tenuto nascosto a lungo da una sottile protezione.
Di fatto, sia pure tardi, i feti avidi di delitti partorirono un pubblico delitto e il loro parricidio ".
Queste uova di aspidi si erano già rotte, e già erano state gettate fuori dalla loro comunione, orribili e maleodoranti, insieme ai feti velenosi, ma dentro c'era il basilisco Ottato, che con il cenno regale con cui emerge tra i serpenti, si dice, richiamava anche gli aspidi gettati fuori.
Ora, se tutto questo, fatto per la pace, non reca danno, che cosa obiettano ai cattolici, che non sono riusciti a confutare, se essi stessi hanno riaccolto quelli che condannarono con la loro bocca?
Se tutto questo non è dannoso quando viene fatto per la pace di Cristo, è però dannoso quando lo si fa per la pace di Donato, al quale si concede molto in oltraggio alla pace di Cristo.
Ora, ogni molestia corporale che ricevono per questo sacrilegio, è un avviso di Dio perché evitino la perdizione eterna.
In realtà, sono essi che versano veramente il sangue con il furore dei loro circoncellioni, e non solo in senso fisico, ma anche spirituale; essi che cercano di ribattezzare, se possono, tutto il mondo.
Ora, se sparge il sangue solo colui che ferisce o uccide con una ferita la carne mortale, e non lo sparge colui che uccide le anime sedotte con il sacrilegio dello scisma, perché i Donatisti, nella stessa sentenza del loro concilio plenario, dissero contro i loro scismatici Massimianisti: I loro piedi sono veloci nello spargere il sangue, ( Is 59,7 ) pur sapendo che essi non avevano ucciso e ferito fisicamente nessuno, ma, al contrario, avevano ricevuto molti castighi dai Donatisti, quando venivano cacciati dalle basiliche per mezzo delle autorità giudiziarie?
E di cose simili i Donatisti, prima della separazione dei Massimianisti, quando ancora erano uniti, ne hanno fatte molte ai primi scismi dal partito di Donato!
A quale loro scismatico hanno mai perdonato i Donatisti che, con tanta impudenza, pretendono di essere perdonati dal mondo dal quale essi stessi sono scismatici, benché la punizione più giusta degli scismi può darla solo la vera unità, se è questo il modo con cui vanno puniti?
Per quanto riguarda questo testo: Come il governatore del popolo, così i suoi ministri, e come il capo di una città, così i suoi abitanti, ( Sir 10,2 ) se essi ne capissero lo scopo, non lo citerebbero contro di noi, e né si farebbero prendere dalla superbia e dalla sciocca presunzione.
Noi, infatti, per non riporre negli uomini la speranza umana, che è ben protetta e sicura solo in Dio, poiché ci ricordiamo della Scrittura: Maledetto l'uomo che ripone la sua speranza nell'uomo, ( Ger 17,5 ) non crediamo che in questo testo, per " governatore del popolo e capo della città " s'intende il vescovo.
Non perché non possiamo vedere innumerevoli vescovi santi nella Cattolica, ma perché nessuno, come ho detto, deve riporre la sua speranza nell'uomo e, se gli capita di vivere in una città dove non c'è un buon vescovo, pensi di poter fare il male impunemente e, per giustificarsi, citare questo testo della Scrittura, dandogli il senso tanto distorto che gli danno i Donatisti, e dica di non poter essere buono perché: Come il governatore di un popolo, così i suoi ministri, e come il capo di una città, così i suoi abitanti. ( Sir 10,2 )
Errore che la bocca della verità respinge, dicendo: Fate ciò che dicono, ma non fate ciò che fanno, perché dicono e non fanno. ( Mt 23,3 )
Quando dunque le popolazioni hanno vescovi, che predicano il bene dalla cattedra di Mosè, ma che, per la loro malvagità, non osservano ciò che predicano, ( Mt 23,2 ) se fanno il bene che essi predicano, ma non il male che fanno, ( Sal 1,1 ) come ha comandato il Signore, non mostrano chiaramente che il testo " governatore del popolo e capo della città ", non va inteso come lo intendono i Donatisti, poiché possono esistere buone popolazioni anche dove vi sono cattivi vescovi, come poté esistere un cattivo popolo dove vi era Mosè, buon governatore e buon capo?
Visto che i Donatisti sbagliano nell'interpretare le sacre Scritture e, come dice l'Apostolo: Non capiscono né ciò che dicono, né ciò che danno per sicuro, ( 1 Tm 1,7 ) sono essi, piuttosto, a trovarsi in grande disagio, se è vera la loro perversa interpretazione, quando si dice loro: " Dunque, come fu Ottato, così fu anche la popolazione di Tammugada?
E se dalla comunione dei sacramenti vengono contaminati, come voi dite, sia quanti disapprovano le cattive azioni e sia quanti le tollerano per la pace dell'unità, siete contaminati anche voi tutti, che avete comunicato con questo vostro collega e con questa popolazione, benché tutta l'Africa lo dichiarasse, con evidente dolore, satellite di Gildone ".
Se io lo nomino spesso, è perché egli si è reso molto famoso, e così, ovunque lo si nomini, nessuno dice di ignorarlo.
Via, si guardino indietro e ricordino quanti uomini come lui ci sono tra loro, uguali per malizia, diversi per notorietà, e accettino finalmente il vero senso di queste parole; così potranno capire che uno solo è il governatore del popolo, il Signore nostro Gesù Cristo, i cui ministri sono i buoni; e che egli è il capo della città di Gerusalemme, nostra eterna madre in cielo. ( Gal 4,26 )
Alla dignità di questo capo si conformano gli abitanti, non secondo un criterio di uguaglianza, ma secondo una propria misura, in quanto è stato detto loro: Sarete santi, perché anch'io sono santo. ( Lv 11,45 )
Cioè, secondo una certa somiglianza di immagine, nella quale siamo trasformati di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore, ( 2 Cor 3,18 ) per dono di Colui che ci rende conformi all'immagine del Figlio suo. ( Rm 8,29 )
Quanto all'altro popolo, quello cattivo, è governatore il diavolo, che è anche capo di quella città detta, simbolicamente, Babilonia; ( Ap 17,5 ) l'apostolo Paolo infatti chiama lui e i suoi angeli governatori e capi delle tenebre, cioè dei peccatori. ( Ef 6,12 )
I suoi ministri gli sono simili, in quanto amano trasfigurarsi in ministri di giustizia, come egli in angelo di luce; ( 2 Cor 11,14-15 ) quanto agli abitanti, essi si uniformano al loro malvagio capo in azioni simili.
Ora, una pubblica separazione di queste popolazioni e di queste città si farà solo al tempo della vagliatura della messe.
Nell'attesa, la carità del frumento sopporta tutto, onde evitare che i grani, per la fretta di lasciare la paglia, commettano l'empietà di separarsi dai grani fratelli.
Che serve ormai alla causa opporci il testo nel quale il Signore per bocca di Isaia dice dei cattivi sacrificatori: È malvagio chi mi sacrifica un vitello come se uccidesse un cane, e chi offre fior di farina come sangue di porco, e chi brucia incenso e nel pensiero è quasi un blasfemo? ( Is 66,3 )
Tutto questo si addice molto di più a quelli che hanno eretto l'altare del loro scisma contro la Chiesa di Dio diffusa in tutto il mondo, secondo la promessa.
Questo sacrilegio li ha coinvolti tutti; e chiunque e dovunque offre un sacrificio con animo e con fatti tali da meritare di ascoltare questa condanna, rovina se stesso e non i buoni che, secondo il profeta Ezechiele, gemono e piangono i peccati e le iniquità che si commettono in mezzo a loro, ( Ez 9,4 ) quantunque non se ne separino col corpo.
Il Signore, infatti, dona a ciascuno secondo il suo cuore. ( Sal 20,5 )
In effetti, se, in origine, i sacerdoti cattivi non hanno nuociuto ai loro colleghi buoni, come Zaccaria, ( Lc 1,5 ) e né ai laici buoni, come Natanaele, in cui non c'era inganno, ( Gv 1,47 ) quanto più, nell'unità cristiana, un vescovo cattivo non danneggia né i suoi colleghi vescovi buoni e né i laici buoni, dal momento che ora abbiamo il Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec e nostro Pontefice, che siede alla destra del Padre e intercede per noi! ( Eb 6,20; Eb 7, 17.25; Rm 8,34 )
Egli si è consegnato per i nostri delitti, ed è risuscitato per la nostra giustificazione. ( Rm 4,25 )
Quindi, non è contro i buoni, ma contro i cattivi offerenti, che è stato detto con molta verità: L'Altissimo non gradisce i doni dei malvagi. ( Sir 34,23 )
In realtà Isaia non ha detto: " L'Altissimo non gradisce i doni di quelli che, per amore della pace, sopportano i malvagi "; tuttavia i Donatisti non sono mai riusciti a provare le accuse lanciate all'epoca in cui crearono lo scisma, se no gli iniqui sarebbero stati esclusi e l'eredità di Cristo, diffusa in tutto il mondo, conserverebbe essi nella comunione cattolica.
I sacrifici degli empi sono in abominio al Signore; essi infatti li offrono con spirito iniquo. ( Pr 21,27 )
Ho già risposto sopra che non è iniquo Cristo, che ha offerto se stesso per noi e che ora è nostro Mediatore in cielo. ( 1 Tm 2,5 )
E poiché è Lui che governa la sua Chiesa, ai buoni non nuoceranno i cattivi che, o sono ignoti o sono tollerati per amore della pace, in attesa che egli venga e separi la zizzania dalla messe, ( Mt 3,12; Mt 13,30 ) con i mietitori che ha mandato avanti, e la paglia dal frumento con il ventilabro; anche se i Donatisti, va ripetuto spesso, ci accusano di crimini falsi, che se pure fossero veri, non nuocerebbero affatto alla carità dei buoni che tutto sopporta nell'unità per l'unità. ( 1 Cor 13,7 )
Ma ammesso che li conoscessero, i Donatisti non riuscirebbero a convincerne i giudici ecclesiastici.
I sacrifici degli empi, quindi, nuoceranno solo a coloro che li offrono con cuore empio.
In effetti, l'unico e medesimo sacrificio, in virtù del nome di Dio che vi è invocato, è sempre santo; ma in ciascuno opera secondo il cuore con cui ci si accosta a riceverlo.
Infatti: Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna. ( 1 Cor 11,29 )
Paolo non dice " l'altrui ", ma la propria.
Chi dunque mangia e beve degnamente, mangia e beve la propria salvezza.
Considerino, allora, se ne mangiano degnamente, essi che tra tanti genitori e figli, mariti e mogli e, ciò ch'è peggio, tra tanti eredi di Dio e coeredi di Cristo, ( Rm 8,17 ) sparsi nel mondo, hanno creato una divisione con uno scisma nefando, mentre avrebbero certamente potuto, se fossero stati buoni e avessero rimproverato i veri malvagi, sopportare, con frutto, per la pace di Cristo, ciò che sopportano, con danno, per il partito di Donato.
Egli dice: " Nell'Esodo sta scritto: I sacerdoti che si avvicinano al Signore Dio, siano santi, se no il Signore li abbandona. ( Es 19,22 )
E ancora: Quando i ministri sacri si avvicinano all'altare, non portino con sé alcun delitto, se no muoiono. ( Es 30,20-21 )
E nel Levitico: L'uomo che ha una macchia o un difetto non si accosti ad offrire doni a Dio ". ( Lv 22,21 )
È bene che citino gli antichi Libri. Mi dicano, allora: Esiste un santo sacerdote o membro del popolo, che è stato danneggiato, nella sua salute spirituale, da un sacerdote cattivo o macchiato?
Accanto a Mosè ed Aronne, c'erano anche dei sacrileghi mormoratori, che Dio minacciava continuamente di allontanare dalla sua vista; accanto a Caifa e agli altri suoi simili, c'erano Zaccaria, Simeone e gli altri buoni; dov'era Saul, c'era David; dove Geremia, Isaia, Daniele ed Ezechiele, c'erano sacerdoti e popoli cattivi; ma ciascuno portava il suo fardello.
Non parlo della scellerata superbia con cui si sostiene che tra i loro colleghi nessuno, neppure essi stessi, ha macchie o difetti, non dico fisici ma, ciò ch'è peggio, morali.
Appena si inizia questo discorso rispondono che tra macchia e difetto c'è differenza, come se la Scrittura avesse distinto, quando dice: L'uomo che ha una macchia e un difetto non si accosti ad offrire doni a Dio. ( Lv 22,21 )
Via, non è proprio vero che non ebbero nessuna macchia e difetto, non dico Ottato, ma Parmeniano e Donato?
Ma è tanto grande l'amore dei Donatisti per costoro, da esserne accecati, e perciò con cuore impuro non esitano a equiparare gli adùlteri all'unico legittimo sposo della loro anima.
Tanto che ciò che si poté dire solo del Signore Gesù Cristo, essi sostengono che si è perfettamente adempiuto anche in Donato.
Chi darà ai miei occhi una sorgente di lacrime? ( Ger 9,1 )
Quale lamento adeguato a questo delitto può venir fuori dal mio animo sconvolto?
Comunque, considerino se almeno Ottato ha avuto una macchia o un vizio.
Non sono ciechi a tal punto da rispondere che anche la vita di Ottato è stata tutta immacolata ed esente da difetti.
Perché, allora, si avvicinava a offrire i doni a Dio e gli altri ricevevano da lui, a mani giunte, ciò che aveva offerto lui, uomo macchiato e vizioso?
Vedano negli altri loro seguaci se l'ubriachezza non è una macchia; ma prima leggano a quali criminali l'apostolo Paolo ha associato gli ubriachi; ( 1 Cor 5,11; 1 Cor 6,9-10 ) e vedano se non è una macchia l'avarizia, che l'Apostolo detesta al punto da equipararla all'idolatria. ( Ef 5,5 )
Quanti invece sanno giudicare rettamente, capiscono che se anche si potesse dire, senza esagerare, che un uomo vive molto santamente per il bene della società umana, non si può però dire che non ha difetti, finché la carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito alla carne, ( Gal 5,17 ) e: Chi è nato da Dio non pecca, ( 1 Gv 3,9 ) e: Se diciamo di non avere peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )
Se è vero, infatti, che in quanto nati da Dio noi non pecchiamo, tuttavia ancora c'è in noi ciò che abbiamo ereditato da Adamo, poiché la morte non è stata ancora ingoiata nella vittoria ( 1 Cor 15,54 ) - questo ci è promesso nella resurrezione dei corpi ( 1 Cor 15,52 ) - e pertanto non siamo pienamente beati, immacolati e incorrotti.
Certo, nella fede, noi già siamo figli di Dio, ma, nella visione, ciò che saremo non è stato ancora svelato, ( 1 Gv 3,2 ) poiché non è ancora nella realtà, ma è nella speranza che siamo stati salvati.
Ma una speranza che si vede, non è speranza.
In effetti, ciò che uno vede, come può sperarlo? Ma se ciò che non vediamo, noi lo speriamo, lo aspettiamo con pazienza. ( Rm 8,24-25 )
In questa paziente attesa della redenzione del nostro corpo, ( Rm 8,23 ) non osiamo dire di essere privi di difetti, altrimenti proprio la superbia sarà il nostro più grande difetto.
Apriamo gli occhi, finalmente, e vediamo come nei sacerdoti di quel tempo, in cui si cercava di non trovare difetti fisici, si prefiguri Colui che, essendo Dio, si è fatto uomo per noi: l'unico vero agnello senza macchia ( 1 Pt 1,19 ) e l'unico sacerdote senza difetto.
Per questo il sacerdote entrava da solo nel Sancta sanctorum, ( Lv 16, 2.34; Eb 9,7 ) mentre il popolo stava fuori.
Allo stesso modo ora Cristo sacerdote, dopo la sua risurrezione, è entrato nei penetrali dei cieli per intercedere per noi alla destra del Padre, mentre il popolo, di cui egli è Sacerdote, sta ancora fuori e geme.
Certo, dentro, insieme al vescovo, c'è anche il popolo e prega con lui, e quasi a sottoscrivere le sue parole, risponde: " Amen ".
Ecco fino a che punto, già da allora, quando si cercavano sacerdoti senza macchie e difetti fisici, dato che non potevano averne l'animo, ( 1 Mac 4,42 ) era prefigurato solo il Cristo e non già questi superbi ed empi dal cuore adultero, che non mostrano zelo per lo sposo, ma osano mostrarsi agli altri come sposo!
Parmeniano dice: " Sta scritto nel Vangelo: Dio non ascolterà i peccatori; ma se uno onora il Signore e fa la sua volontà, lo ascolterà ". ( Gv 9,31 )
Anche qui ci vuole una risposta completa.
Supponiamo che due uomini preghino insieme e che di essi uno è peccatore e l'altro è un uomo che onora il Signore e fa la sua volontà.
Senza dubbio Dio ascolta il secondo e non il primo. Che significa, quindi, questo testo?
Come mai i Donatisti pensano di doverlo citare a favore loro, visto che il testo garantisce pienamente i buoni tra i cattivi e che non esiste alcun motivo che giustifichi la separazione dei corpi?
Nessun motivo che induca le persone a creare un empio scisma per separarsi dai buoni con la discordia degli spiriti, dal momento che i cattivi mescolati ai buoni, possono non essere esauditi per la loro infedeltà, e che i buoni tra i cattivi, possono essere esauditi per la loro fedeltà?
Dio infatti, che scruta l'intimo del cuore, ( Pr 24,12 ) non sbaglia e non esaudisce uno invece che un altro.
O forse parlano così per far capire che un vescovo cattivo non è esaudito, quando prega per il popolo?
Ma anche se lo fosse, non per questo un popolo, se è buono e fedele, deve preoccuparsi.
A rassicurarlo è la Scrittura che dice: Fratelli, vi scrivo queste cose, perché non pecchiate; ma se qualcuno avrà peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto.
Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati. ( 1 Gv 2,1-2 )
Che sincera e devota umiltà in queste parole!
Ascoltino, se hanno orecchie per ascoltare.
Giovanni ha detto: Vi ho scritto queste cose, perché non pecchiate.
Se avesse continuato così: " Ma se qualcuno avrà peccato, avete un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto, ed egli è vittima di espiazione per i vostri peccati ", poteva sembrare che volesse escludere se stesso dai peccatori e che non avesse più bisogno della propiziazione che si ottiene per mezzo del Mediatore, il quale siede alla destra del Padre e intercede per noi. ( Rm 8,34 )
Certo, sarebbe stata un'affermazione non solo presuntuosa, ma anche falsa.
Se poi avesse detto: " Vi ho scritto queste cose perché non pecchiate, ma se qualcuno avrà peccato avete me come mediatore presso il Padre, supplico io per i vostri peccati " - come ha fatto Parmeniano che in un passo ha posto il vescovo come mediatore tra Dio e il popolo - quale buono e fedele cristiano lo sopporterebbe?
Chi vedrebbe in lui un apostolo di Cristo e non invece un anticristo?
Eppure queste cisterne screpolate contengono la loro vana superbia, ma non riescono a trattenere lo Spirito Santo, ( Ger 2,13 ) in modo da conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace, ed essere rassicurati, in tutte le loro preghiere, dall'unico Mediatore. ( 1 Tm 2,5 )
Tutti i fedeli cristiani si raccomandano a vicenda nelle loro preghiere.
Colui, invece, per il quale nessuno intercede, ma che intercede per tutti, è l'unico e vero Mediatore; ( 1 Tm 2,5 ) e poiché il suo tipo era prefigurato nel sacerdote del Vecchio Testamento, non vi troviamo nessuno che abbia pregato per il sacerdote.
L'apostolo Paolo, invece, era un membro autorevole sotto il Capo. ( Ef 4,15; Rm 12,5 )
Ora, proprio perché era un membro del corpo di Cristo sapeva che il sommo e vero Sacerdote era entrato per noi, all'interno del velo, nel Sancta sanctorum, non in modo figurato; egli sapeva che Cristo era entrato, in modo veramente reale ed autentico, nei penetrali celesti, in un santuario non apparente, ma eterno. ( Eb 6,19; Eb 9, 3. 12.24 )
Perciò si raccomanda alle preghiere della Chiesa, e non si costituisce mediatore tra Dio e il popolo, affinché tutti i membri del corpo di Cristo preghino tra loro a vicenda, come membri preoccupati gli uni degli altri.
Così, se un membro soffre, con lui soffrono tutti i membri, ( 1 Cor 12,25-26 ) e se un membro è onorato, con lui gioiscono tutti i membri.
In tal modo, la preghiera reciproca di tutti i membri, che ancora faticano qui in terra, salirà al Capo che li ha preceduti in cielo, e nel quale abbiamo la propiziazione dei nostri peccati. ( 1 Gv 2,2 )
Se Paolo fosse mediatore gli altri apostoli lo sarebbero certamente anch'essi.
Vi sarebbero così molti mediatori e Paolo si sarebbe contraddetto nel dire: Poiché vi è un solo Dio v'è anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù. ( 1 Tm 2,5 )
In lui anche noi siamo uno, se custodiamo l'unità dello spirito con il vincolo della pace ( Ef 4,3 ) e se non lasciamo i buoni a causa dei cattivi, ma sopportiamo i cattivi a causa dei buoni, per evitare che, volendo giustificarci perché, con temeraria presunzione, abbandoniamo dei fratelli non conosciuti, siamo costretti al crimine più grande di condannare dei fratelli non ascoltati.
Che dire di questo fatto che si trova anche nelle Scritture?
Il profeta Balaam, che non apparteneva al popolo d'Israele, ma era straniero, era stato condotto dal nemico per maledire il popolo di Dio, ma il Signore lo convertì a benedire; e le parole che egli dice benedicendo noi le ascoltiamo e leggiamo ( Nm 24 ) e quantunque la sua intenzione fosse molto diversa, le parole che lui dice sono buone e Dio le esaudisce per il bene del suo popolo.
Nulla di strano dunque che nello stesso modo le parole buone dette per il popolo nelle preghiere, sia pure da cattivi vescovi, siano esaudite non per la depravazione dei capi ma per la devozione dei fedeli.
D'altra parte queste parole del Vangelo: Dio non ascolta i peccatori; ma se qualcuno onora il Signore e fa la sua volontà, quello l'ascolta, ( Gv 9,31 ) non sono state dette dal Signore ma da quell'uomo che aveva avuto di già guariti gli occhi del corpo ma non aveva ancora chiusi quelli del cuore per cui tuttora considerava il Signore come un profeta.
Infatti quando in seguito lo riconobbe come Figlio di Dio, si prostrò ad adorarlo. ( Gv 9,17 )
Il Signore stesso, poi, a proposito del Pubblicano e del Farisco che pregavano in un unico tempio, dice che il peccatore, che confessava i suoi peccati era più giustificato dei Fariseo, al quale i Donatisti assomigliano, che ostentava i suoi meriti. ( Lc 18,10-14 )
Benché, infatti, il peccatore abbia cessato d'essere peccatore, perché giustificato, non è meno vero che, per essere giustificato, da peccatore pregava e confessava i suoi peccati e che, appena esaudito, è stato giustificato e ha cessato di essere peccatore.
Perciò, testimone la Verità, non ogni peccatore è esaudito, e non ogni peccatore non è mai esaudito.
Ci obiettano anche questo testo dei Salmi: Al peccatore Dio dice: perché proclami i miei decreti e hai sulle tue labbra la mia alleanza?
Tu hai detestato la mia disciplina e ti sei gettato dietro le spalle le mie parole.
Se vedevi un ladro, correvi con lui, e con gli adulteri facevi la tua parte.
Sedevi e parlavi contro il tuo fratello, e contro il figlio di tua madre collocavi pietre d'inciampo. ( Sal 50, 16-18.20 )
Ebbene, aprano finalmente le orecchie del cuore alle Scritture; la smettano di essere uomini che non capiscono né ciò che esse dicono e né ciò che danno per sicuro. ( 1 Tm 1,7 )
Ecco, notano quanto viene detto al peccatore: Perché reciti i miei decreti e hai sulle tue labbra la mia alleanza? ( Sal 50,16 ) ma non capiscono quanto gli si vuol far sapere, e cioè che non gli giova a niente pronunciare le parole di Dio solo con la bocca, se poi non le mette in pratica.
Esse nondimeno giovano a quelli che, pur ascoltandole dai cattivi, le mettono in pratica.
Ciò che il Signore comanda, lo insegna lui stesso nel Vangelo, a proposito dei Farisei: Essi siedono sulla cattedra di Mosè.
Fate quello che essi dicono, ma non fate quello che essi fanno, perché dicono e non fanno. ( Mt 23,2-3 )
Dio voglia che si rimirino in queste parole del Salmo, che hanno citate, come in uno specchio!
Vedrebbero come si gettano dietro le spalle le parole di Dio, quelli che proclamano la pace alle nazioni, ma non amano la pace; come odiano la disciplina, ( Sal 50,17 ) quelli che osano condannare il mondo, senza ascoltarlo e che, se per i loro meriti, anzi per molto meno di quanto meriti la loro furiosa audacia, ricevono qualche molestia temporale, secondo la disciplina della divina misericordia, non ammettono che sono puniti i loro peccati, ma si gloriano che sono incoronati i loro meriti.
Certo, io non dico che essi hanno corso con il ladro; ( Sal 50,18 ) peggiore del ladro, infatti, è il predone, come dappertutto si acclamava Ottato.
O non hanno la loro parte con gli adulteri, quanti lasciano andare in giro, indecentemente, giorno e notte, branchi di loro monache ubriache, insieme a branchi di circoncellioni ubriachi?
Oppure non siedono e parlano contro i loro fratelli, quelli che, per colpa di alcuni, i cui crimini non sono riusciti a dimostrare, sostengono che nell'eredità di Cristo sparsa nel mondo non ci sono più cristiani?
Quelli che creano, così, uno scandalo molto dannoso contro il figlio della loro madre, cioè, contro un bambino ancora bisognoso di nutrirsi della fede e del latte dei sacramenti? ( Sal 50,20 )
Un bambino, che non sapendo ancora seguire Dio come Padre, segue, lui debole, un uomo?
E che, sedotto da una falsa e vaga immagine di verità, viene divelto dall'organismo dell'unità con una crudele lacerazione?
Ma se è vero che quanti, pur stando nello stesso partito, non fanno il male, ma odiano le cattive azioni degli altri e non credono di subire danni dai delitti altrui commessi in mezzo a loro, delitti che essi gemono e piangono, ( Ez 9,4 ) perché costoro, nel sacrilegio dello scisma che li accomuna, tollerano, per la loro rovina, ciò che avrebbero potuto tollerare con frutto nell'integrità dell'unità?
In realtà, essi possono dire, sempre che avendo fatta esperienza, aprano finalmente gli occhi; possono certamente dire che il male dei singoli non nuoce a quanti non lo fanno e non lo approvano.
Viceversa, che il sacrilegio dello scisma non sia un male dei singoli, ma di tutti quelli che non sono in comunione con l'unità cattolica, è facilissimo poterglielo dimostrare, anche se è difficilissimo che lo ammettano.
Il motivo che, nella loro comunione, i crimini degli uni non riguardano gli altri, è che lo scisma è un crimine di tutti.
In effetti, ammettere che in mezzo a loro i crimini di alcuni non possono macchiare altri, è come ammettere di non avere avuto un motivo per andarsene dall'unità, dove i delitti altrui non potevano macchiarli.
Ne consegue che essi sono chiaramente tutti legati dal delitto dello scisma, come da una specie di unico laccio mortale.
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