La Trinità |
Ecco Dio Padre e Dio Figlio, il Dio generante che, in qualche modo, "ha detto" nel suo Verbo, che gli è coeterno, tutto ciò che possiede sostanzialmente, e lo stesso Dio Verbo del Padre, che, anch'egli, possiede sostanzialmente né più né meno ciò che è Colui che ha generato non con menzogna ma veracemente il Verbo.
Mi sono sforzato di significare questa relazione come ho potuto, non come se vedessimo già queste realtà a faccia a faccia, ( 1 Cor 13,12 ) ma per congettura attraverso questa rassomiglianza in enigma, per quanto debole essa sia, che si trova nell'intimo dello spirito nella relazione della memoria e della intelligenza: attribuendo alla memoria tutto ciò che sappiamo, sebbene da questa conoscenza non nasca alcun pensiero, all'intelligenza invece una informazione del pensiero secondo il modo che le è proprio.
Infatti quando pensiamo una cosa di cui avremo scoperto la verità, diciamo che ne abbiamo una perfetta intelligenza, poi la lasciamo di nuovo nella memoria.
Ma c'è una profondità più segreta della memoria, in cui l'atto del pensiero giunge a farci scoprire ciò che ne è l'elemento primitivo, e in cui è generato il verbo intimo, che non appartiene a nessuna lingua, come un sapere che proviene da un sapere, una visione che proviene da una visione, una intelligenza che si manifesta nel pensiero, intelligenza che proviene da un'intelligenza già presente nella memoria, ma ancora nascosta; ancorché se anche il pensiero stesso non avesse una sua specie di memoria, non ritornerebbe sulla conoscenza che aveva lasciato nella memoria, quando pensava ad altra cosa.
Invece per quanto riguarda lo Spirito Santo non abbiamo scoperto in questo enigma ( 1 Cor 13,12 ) niente che gli rassomigli se non la volontà, o l'amore o la dilezione, che non è che la volontà in tutta la sua forza; perché la nostra volontà, che fa parte della natura del nostro essere, secondo che è sollecitata o incontra degli oggetti che l'attraggono o la respingono, prova delle affezioni differenti.
Che è essa dunque? Diremo forse che la nostra volontà, quando è retta, ignora ciò che deve cercare, ciò che deve evitare?
Ma se lo sa, occorre che possieda una certa conoscenza, conoscenza che non potrebbe esistere senza la memoria e la intelligenza.
O forse bisogna dare ascolto a chi pretende che la carità ignora ciò che fa, essa che non agisce alla leggera?
Dunque, come è immanente l'intelligenza, è immanente anche la dilezione a quella memoria che ne è il principio, in cui si trova presente e nascosto ciò che possiamo raggiungere con l'atto del pensiero; perché prendiamo coscienza che anche queste due potenze sono nella memoria, quando con l'atto del pensiero prendiamo coscienza che comprendiamo qualcosa ed amiamo qualcosa: esse vi esistevano già, anche quando non vi pensavamo.
E come è immanente la memoria, così è immanente la dilezione a questa intelligenza che prende forma nell'atto del pensiero: questo verbo vero lo diciamo interiormente, senza ricorrere ad alcuna lingua, quando diciamo ciò che sappiamo; perché senza il ricordo lo sguardo del nostro pensiero non ritornerebbe su una conoscenza, e senza l'amore non si prenderebbe cura di ritornarvi.
Così la dilezione, che unisce, in una specie di relazione di paternità e di filiazione, la visione presente nella memoria e la visione del pensiero che prende forma da essa, se non possiede la conoscenza di ciò che deve desiderare, conoscenza che non può esistere senza la memoria e l'intelligenza, non saprebbe ciò che è giusto amare.
Quando queste tre potenze si trovano in una sola persona, come è il caso dell'uomo, qualcuno potrebbe dirci: "Queste tre potenze: memoria, intelligenza, amore appartengono a me, non a se stesse; non è per se stesse, ma è per me che compiono ciò che compiono, anzi sono io che agisco per mezzo di esse.
Sono io infatti che ricordo con la memoria, che comprendo con l'intelligenza, che amo con l'amore; e quando volgo verso la mia memoria lo sguardo del pensiero e dico così nel mio cuore ciò che so e dalla mia scienza è generato un verbo vero, queste due cose sono mie, sia la conoscenza che il verbo.
Infatti sono io che so e che dico nel mio cuore ciò che so.
E quando con l'atto del pensiero scopro che nella mia memoria già comprendevo, già amavo qualcosa - intelligenza e amore che già erano nella memoria ancor prima che ne prendessi coscienza con il pensiero -, è la mia intelligenza e il mio amore che scopro nella mia memoria e sono io che comprendo e amo per mezzo di essi, non essi stessi.
Così pure, quando il mio pensiero cerca un ricordo e vuole ritornare su ciò che aveva lasciato nella memoria, vederlo con l'intelligenza ( Rm 1,20 ) e dirlo interiormente, è con la mia memoria che ricorda, è con la mia volontà che vuole, non con la sua memoria e con la sua volontà.
Anche il mio amore, quando ricorda e comprende ciò che deve desiderare, ciò che deve evitare, ricorda con la mia, non con la sua memoria, e con la mia intelligenza, non con la sua, comprende tutto ciò che ama, comprendendolo".
Tutto ciò si può esprimere in breve così: "Per mezzo di tutte queste tre potenze, sono io che ricordo, io che comprendo, io che amo, io che non sono né memoria, né intelligenza né amore, ma che li possiedo".
Tutto ciò può dunque essere detto da una sola persona, che possiede queste tre potenze, ma che non è queste tre potenze.
Invece in quella natura supremamente semplice, che è Dio, sebbene vi sia un solo Dio, vi sono tuttavia tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Una cosa è dunque la Trinità nella sua realtà stessa, altra cosa l'immagine della Trinità in una realtà diversa: è proprio a causa di questa immagine che ciò in cui si trovano queste tre potenze è anche chiamato immagine, come si chiama immagine sia la tela che ciò che è dipinto sulla tela, ma è a causa della pittura che la ricopre che è chiamata immagine anche la tela.
Ma in quella suprema Trinità, incomparabilmente superiore a tutte le cose, è tanto accentuata l'inseparabilità che, mentre una trinità di persone umane non si può chiamare un solo uomo, essa è detta ed è un solo Dio, e quella Trinità non è in un solo Dio, ma è un solo Dio.71
Ed ancora per quanto riguarda quella Trinità le cose non stanno come nella sua immagine, l'uomo, che sebbene possegga quelle tre potenze è una sola persona; ma vi sono tre Persone: il Padre del Figlio, il Figlio del Padre, lo Spirito Santo del Padre e del Figlio.
Sebbene infatti la memoria dell'uomo - e particolarmente quella che non possiedono le bestie, cioè quella che contiene delle realtà intelligibili che non provengono dai sensi del corpo - presenti a suo modo, in questa immagine della Trinità, una somiglianza, incomparabilmente indegna certo, ma tuttavia non del tutto dissimile, del Padre; e così pure, sebbene l'intelligenza dell'uomo che è informata dalla memoria per mezzo dell'attenzione del pensiero, quando si dice ciò che si sa e si produce quel verbo del cuore che non appartiene ad alcuna lingua, presenti, malgrado la sua accentuata differenza, una certa somiglianza del Figlio; e sebbene l'amore dell'uomo, che procede dalla conoscenza e unisce la memoria e l'intelligenza - essendo comune alla potenza che svolge in qualche modo la funzione di padre e a quella che svolge la funzione di figlio, motivo per cui se ne deduce che non è né padre né figlio -, presenti, in questa immagine, una certa somiglianza, benché molto imperfetta, dello Spirito Santo, tuttavia, mentre in questa immagine della Trinità queste tre potenze non sono un solo uomo, ma appartengono ad un solo uomo, in questa suprema Trinità, di cui l'uomo è immagine, queste tre realtà non appartengono ad un solo Dio, ma sono un solo Dio ed esse sono tre Persone, non una sola.
Ecco una cosa di certo meravigliosamente ineffabile o ineffabilmente meravigliosa: sebbene in questa immagine della Trinità vi sia una sola persona, invece nella suprema Trinità vi siano tre Persone, è più inseparabile quella Trinità di tre Persone, che questa di una sola.
Perché in quella natura della divinità, o per meglio dire della deità, ciò che è, è, e quella divinità è immutabilmente e sempre uguale tra le Persone; non vi fu un tempo in cui non esistette o esistette in modo diverso, né vi sarà un tempo in cui non esisterà o esisterà in modo diverso.
Invece le tre potenze che sono nell'immagine imperfetta della Trinità, sebbene non siano separabili nello spazio, perché non sono dei corpi, lo sono tra loro ora in questa vita per grandezza.
Infatti in esse non vi è alcuna massa corporea, nondimeno vediamo che in un uomo la memoria è più grande dell'intelligenza, in un altro vediamo il contrario; vediamo in un altro l'amore che sorpassa in grandezza queste due potenze, siano esse tra loro due uguali o non lo siano.
E così accade che due di loro siano inferiori ad una sola, una sola alle altre due, o l'una all'altra, le più piccole alle più grandi.
E quando, guarite dalla loro debolezza, saranno uguali tra loro, nemmeno allora questa realtà, che per mezzo della grazia è sottratta al mutamento, sarà uguale alla realtà immutabile per natura, perché mai la creatura può eguagliare il Creatore e il fatto stesso di venir guarita dalla sua debolezza sarà per essa un mutamento.
Ma questa Trinità, che non è soltanto immateriale, ma anche supremamente inseparabile e veramente immutabile, quando verrà la visione a faccia a faccia che ci è promessa, la vedremo con molta maggiore chiarezza e certezza di quanto ora vediamo la sua immagine che noi siamo.
Tuttavia coloro che vedono attraverso questo specchio e in questo enigma, ( 1 Cor 13,12 ) come ci è concesso di vedere in questa vita, non sono coloro che percepiscono nel loro spirito queste tre potenze che abbiamo indicato nella nostra analisi, ma coloro che vedono il loro spirito come immagine, in modo da poter riferire ciò che vedono, in qualunque sia maniera, a colui di cui il loro spirito è immagine ed in modo da poter vedere, per congettura per mezzo dell'immagine che vedono contemplandola, Dio, perché non possono ancora vederlo a faccia a faccia.
Infatti l'Apostolo non dice: "vediamo ora uno specchio", ma invece: "Vediamo attraverso uno specchio".
24. Coloro dunque che vedono il loro spirito, come è possibile vederlo, ed in esso vedono questa trinità circa la quale ho discusso, come ho potuto, con molte analisi, ma che non credono e non comprendono ( Is 7,9b ) che essa è l'immagine di Dio, vedono lo specchio, ma tanto poco vedono colui che deve essere ora veduto nello specchio da non sapere nemmeno che lo specchio è uno specchio, ossia l'immagine di lui.
Se lo sapessero, forse avvertirebbero che questo Dio di cui lo spirito è lo specchio deve essere cercato attraverso questo specchio, deve essere visto in maniera imperfetta e provvisoria attraverso questo specchio, con una fede sincera ( 1 Tm 1,5 ) che purifica i cuori affinché possano vedere a faccia a faccia Colui che ora vedono attraverso uno specchio. ( 1 Cor 13,12 )
Se disprezzano questa fede che purifica i cuori, l'intelligenza che acquisiscono della natura dello spirito umano attraverso queste sottilissime discussioni che altro risultato può conseguire se non la dannazione per testimonianza della loro stessa intelligenza?
Non si darebbero tanto da fare in questa ricerca per giungere appena a qualche certezza se non fossero avvolti in queste tenebre che sono un castigo e non fossero onerati dal gravame del corpo corruttibile che pesa sull'anima. ( Mt 11,28; Gb 37,19; Sap 9,15 )
E perché ci è stato inflitto questo male, se non per il peccato?
Per questo, una volta che la loro attenzione è stata richiamata sull'ampiezza di un male così grande, dovrebbero seguire l'Agnello ( Ap 14,4 ) che toglie il peccato del mondo. ( Gv 1,29 )
25. Infatti, per coloro che appartengono a questo Agnello, fossero pure più tardi di ingegno di quelli di cui ho parlato, quando alla fine di questa vita vengono liberati dal corpo, le potenze invidiose perdono il diritto di trattenerli.
L'Agnello che da esse è stato ucciso, mentre non doveva pagare alcun debito dovuto al peccato, non le ha volute vincere con la forza della sua potenza prima di vincerle con la giustizia del suo sangue.
Perciò, liberi dal potere del diavolo, ( Ap 5,12 ) sono ricevuti dagli Angeli santi, liberati da tutti i mali ad opera del Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù; ( 1 Tm 2,5 ) perché tutte le Scritture sono concordi, sia l'Antico che il Nuovo Testamento, l'Antico preannunciando Cristo, il Nuovo annunciandone la venuta, nel dire che non esiste sotto il cielo altro nome per mezzo del quale gli uomini debbono essere salvati. ( At 4,12 )
Purificati da ogni contagio di corruzione saranno collocati in luoghi tranquilli fino a quando non riprendano i loro corpi, ma corpi ormai incorruttibili, che siano un ornamento, non un peso.
Perché è piaciuto al Creatore supremamente buono e sapiente che lo spirito dell'uomo, piamente sottomesso a Dio, possieda beatamente un corpo sottomesso e che la stessa beatitudine duri senza mai finire.
Là vedremo la verità senza alcuna fatica e ne fruiremo con piena chiarezza e certezza.
Non cercheremo più nulla con lo spirito che si serve del raziocinio, ma con lo spirito che si apre alla contemplazione vedremo perché lo Spirito Santo non è il Figlio, benché proceda dal Padre.
In quella luce non ci sarà più problema alcuno, ma quaggiù il mio tentativo mi è sembrato presentare tali difficoltà - e così senza alcun dubbio apparirà a coloro che mi leggeranno con intelligenza attenta - che, malgrado la promessa fatta nel secondo libro, di spiegare più avanti questo punto,72 ogni qualvolta nella creatura che siamo noi ho voluto scoprire qualche analogia con quel mistero, la pur piccola comprensione che potevo avere non ha trovato adeguata espressione nelle mie parole; sebbene abbia avuto la sensazione che anche questa mia comprensione sia stata più un tentativo che una riuscita.
È vero che ho trovato in una sola persona umana un'immagine di quella suprema Trinità e, per meglio farla comprendere, ho voluto, in particolare nel libro IX, mostrare questi tre termini in una realtà soggetta al mutamento, mostrandoli separati anche da intervalli di tempo;73 ma queste tre potenze appartenenti alla stessa persona non hanno potuto, contrariamente alla nostra attesa umana, corrispondere alle tre Persone divine, come abbiamo dimostrato in questo libro XV.
26. Inoltre in questa suprema Trinità che è Dio non ci sono intervalli di tempo che permettano di mostrare, o almeno di indagare, se prima sia nato il Figlio dal Padre e poi sia avvenuta da ambedue la processione dello Spirito Santo.
La Sacra Scrittura ci dice infatti che egli è lo Spirito di ambedue. ( Mt 10,20; Gal 4,6 )
È di
lui infatti che l'Apostolo dice: Poiché siete figli di Dio, Dio ha mandato lo
Spirito del Figlio suo nei
vostri cuori. (
Gal 4,6
)
È pure di lui che il Figlio medesimo dice: Non siete voi che parlate, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. ( Mt 10,20 )
E molti altri passi delle Sacre Scritture confermano che è del Padre e del Figlio lo Spirito indicato nella Trinità come persona dello Spirito Santo; è di lui che il Figlio medesimo dice ancora: Colui che io vi mando da presso il Padre; ( Gv 15,26 ) ed in un altro passo: Colui che il Padre manderà in nome mio. ( Gv 14,26 )
Che egli procede da ambedue ce lo insegnano i seguenti passi: il Figlio stesso dice: Egli procede dal Padre; ( Gv 15,26 ) e d'altra parte, dopo la sua risurrezione dai morti e la sua apparizione agli Apostoli, alitò su di essi e disse: Ricevete lo Spirito Santo, ( Gv 20,22 ) per mostrare che lo Spirito procede anche da lui.
È ancora lo Spirito Santo la virtù che usciva da lui, come si legge nel Vangelo, e guariva tutti. ( Lc 6,19 )
Per quale motivo, dopo la sua risurrezione, Cristo ha dato una prima volta lo Spirito Santo sulla terra ( Gv 20,22 ) e poi lo ha mandato dal cielo? ( At 2,4 )
Perché, ritengo, con questo dono viene diffusa nei nostri cuori la carità ( Rm 5,5 ) con la quale amiamo Dio e il prossimo, secondo quei due precetti dai quali dipendono tutta la Legge ed i Profeti. ( Mt 22,38-40 )
Volendo significare ciò, il Signore Gesù ha dato due volte lo Spirito Santo, una volta sulla terra per significare l'amore del prossimo, una seconda volta dal cielo per significare l'amore di Dio.
Forse si potrà dare un'altra spiegazione di questa duplice donazione dello Spirito Santo, ma ciò di cui non dobbiamo dubitare è che lo Spirito che è stato dato, quando Gesù alitò sugli Apostoli, è lo stesso di cui si tratta nelle parole che Gesù pronunciò subito dopo: Andate, battezzate le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ( Mt 28,19 ) testo che è la più espressa rivelazione della Trinità.74
È lui dunque che è stato dato anche dal cielo nel giorno della Pentecoste, ( At 2,4 ) cioè dieci giorni dopo l'ascensione del Signore.
Come dunque non sarebbe Dio Colui che dà lo Spirito Santo?
Anzi, che grande Dio è Colui che dà Dio?
Nessuno dei suoi discepoli infatti ha dato lo Spirito Santo.
Pregavano perché egli venisse in coloro ai quali imponevano le mani, ma non lo davano loro stessi.
Questo costume lo osserva ancora oggi la Chiesa nei suoi ministri.
Infine anche Simon Mago, offrendo denaro agli Apostoli, non dice: "Date anche a me questo potere" di dare lo Spirito Santo, ma invece: Datemi il potere che ogni uomo al quale imporrò le mani, riceva lo Spirito Santo. ( At 8,19 )
Perché nemmeno la Scrittura aveva detto prima: "Vedendo Simone che gli Apostoli davano lo Spirito Santo", ma aveva detto: Ora Simone vedendo che lo Spirito Santo veniva dato per mezzo dell'imposizione delle mani degli Apostoli. ( At 8,18 )
Ecco perché lo stesso Signore Gesù non solo dette lo Spirito Santo in quanto Dio, ma anche lo ricevette in quanto uomo; per questo la Scrittura lo dice pieno di grazia. ( Ef 4,8; Sal 68,19; Gv 1,14 )
Ed in maniera più chiara sta scritto di lui negli Atti degli Apostoli: Perché Dio lo unse con lo Spirito Santo. ( At 10,38 )
Non lo unse certo con un olio visibile, ma con il dono della grazia significata dall'unguento visibile, crisma con cui la Chiesa unge i battezzati.
E senza dubbio Cristo non è stato unto con lo Spirito Santo quando lo Spirito discese su di lui, appena battezzato, sotto forma di colomba; ( Mt 3,16; Mc 1,10; Lc 3,22; Gv 1,32-33 ) infatti in quel giorno egli ha voluto prefigurare il suo Corpo, cioè la sua Chiesa, nella quale si riceve lo Spirito Santo in particolar modo battezzandosi. ( Col 1,24 )
Ma bisogna comprendere che Cristo è stato unto con questa mistica e invisibile unzione, nello stesso momento in cui il Verbo di Dio si è fatto carne, ( Gv 1,14 ) cioè nel momento in cui la natura umana senza alcun merito precedente di opere buone, è stata unita al Dio Verbo nel seno della Vergine, in modo da divenire con lui una sola persona.
Per questo confessiamo che Cristo è nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria.
È infatti assolutamente ridicolo il credere che Cristo avesse già trent'anni ( a tale età infatti fu battezzato da Giovanni ( Lc 3,21-23 ) ) quando ricevette lo Spirito Santo, ma venne a quel battesimo assolutamente senza alcun peccato e dunque non privo dello Spirito Santo.
Se infatti dello stesso Giovanni, suo servo e precursore, è scritto che sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre, ( Lc 1,15 ) perché sebbene generato da un padre, una volta formato nel seno, ricevette lo Spirito Santo, che cosa dobbiamo pensare e credere del Cristo uomo, la cui stessa carne non fu concepita in maniera carnale, ma spirituale?75
Inoltre, quando la Scrittura dice di lui che ricevette dal Padre la promessa dello Spirito Santo e che lo ha diffuso, ( At 2,33 ) viene messa in evidenza la sua duplice natura, cioè quella umana e quella divina; ricevette come uomo, diffuse come Dio.
Noi possiamo certo ricevere questo dono secondo la nostra capacità, ma non possiamo diffonderlo sugli altri; ma perché questa effusione avvenga invochiamo su di loro Dio, che può fare questo dono.
Chiedersi se, quando il Figlio è nato, era già avvenuta la processione dello Spirito Santo dal Padre o se invece non era ancora avvenuta e, una volta nato il Figlio, ( Gv 15,26 ) lo Spirito Santo procedette dal Padre e dal Figlio, è cosa che può forse avere un senso, là dove non esiste affatto il tempo?
Là dove il tempo entra in gioco abbiamo invece potuto chiederci se è la volontà per prima che procede dallo spirito umano per cercare ciò che, una volta trovato, si chiama prole; perché una volta nata e generata questa, la volontà riceve la sua perfezione, riposandosi nel suo fine, in modo che quello che era stato desiderio della volontà che cerca, divenga amore della volontà che fruisce, amore che ormai procede dall'uno e dall'altra, cioè dallo spirito che genera e dalla conoscenza generata, essendo questi due in una specie di relazione di paternità e di filiazione.
Ma non si possono più porre assolutamente simili domande a proposito di una realtà dove nulla incomincia nel tempo, per compiersi nel tempo che viene dopo.
Di conseguenza colui che può comprendere la generazione intemporale del Figlio dal Padre, intenda la processione intemporale dello Spirito Santo da ambedue.
E chi può comprendere da queste parole del Figlio: Come il Padre ha in sé la vita, così ha dato al Figlio di avere la vita in sé ( Gv 5,26 ) che il Padre ha dato la vita al Figlio non come a un essere che esistesse già senza avere la vita, ma che lo ha generato al di fuori del tempo in modo che la vita che il Padre ha dato al Figlio generandolo sia coeterna alla vita del Padre che glie l'ha data; questi comprenda, dico, che come il Padre ha in se stesso anche la proprietà di essere principio della processione dello Spirito Santo, ha dato ugualmente al Figlio di essere principio della processione del medesimo Spirito Santo, processione fuori del tempo nell'uno e nell'altro caso, e comprenda che è stato detto che lo Spirito Santo procede dal Padre ( Gv 15,26 ) perché si intenda che l'essere anche il Figlio principio della processione dello Spirito Santo, proviene al Figlio dal Padre.
Se infatti tutto ciò che il Figlio ha, lo riceve dal Padre, riceve anche dal Padre di essere anch'egli principio da cui procede lo Spirito Santo.
Ma ci si guardi bene dal pensare che esista qui il tempo, in cui si distingua un prima e un poi, perché qui non esiste affatto il tempo.
Come, allora, non sarebbe il colmo dell'assurdità il dire che lo Spirito Santo è il Figlio delle due altre Persone, dato che se è per generazione che il Padre comunica al Figlio la sua essenza senza inizio di tempo, senza alterazione di natura, è per processione che il Padre e il Figlio comunicano allo Spirito Santo la loro essenza senza alcun inizio di tempo, senza alcuna alterazione di natura?
Se dunque non diciamo che lo Spirito Santo è generato, non osiamo tuttavia dire che è ingenerato, per timore che questa parola faccia supporre che ci sono due padri nella Trinità, o due persone che non hanno origine da un'altra.
Solo il Padre infatti non ha origine da un'altra Persona, perciò solo lui è chiamato ingenerato, non nella Scrittura, ma nel linguaggio usuale di coloro che trattano di un così grande mistero e si sono espressi come hanno potuto.76
Il Figlio invece è nato dal Padre, e lo Spirito Santo procede, primariamente, dal Padre, e per il dono che il Padre ne fa al Figlio senza alcun intervallo di tempo, dal Padre e dal Figlio insieme. ( Gv 15,26 )
Si direbbe che lo Spirito Santo è Figlio del Padre e del Figlio, se - cosa che respinge spontaneamente il buonsenso - lo avessero ambedue generato.
Non è dunque generato dal Padre e dal Figlio lo Spirito di tutti e due, ma procede dall'uno e dall'altro.
Ma, poiché in quella coeterna, uguale, incorporea ineffabilmente immutabile e indivisibile Trinità è estremamente difficile distinguere la generazione dalla processione, basti frattanto per coloro che non riescono ad elevarsi a più grandi altezze ciò che su questo argomento abbiamo detto in un Sermone che pronunciammo davanti al popolo cristiano e che poi abbiamo scritto.
Fra le altre cose, infatti, avendo insegnato, basandomi sulle testimonianze delle Sacre Scritture, che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio: Se dunque, dicevo, lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio perché il Figlio dice: "Lo Spirito procede dal Padre"? ( Gv 15,26 )
Per quale motivo, ritieni, se non perché il Figlio è solito riferire anche ciò che è suo a colui dal quale ha origine?
Ecco perché dice: La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. ( Gv 7,16 )
Se qui dunque s'intende come sua la dottrina che pur dichiara non sua ma del Padre, quanto più si deve intendere come procedente anche da lui lo Spirito Santo nel testo dove dice che procede dal Padre senza dire: "non procede da me"?
Da colui dal quale riceve di essere Dio ( è infatti Dio da Dio ), da lui riceve pure di essere, anche lui, principio da cui procede lo Spirito Santo; e per questo che lo Spirito proceda anche dal Figlio come procede dal Padre, il Figlio lo riceve dal Padre stesso.
Così comprendiamo anche in quale modo, per quanto, deboli come siamo, possiamo comprenderlo, perché non si dica che lo Spirito Santo è nato, ma piuttosto che procede; per il fatto che, se si dicesse che anche lui è Figlio, sarebbe figlio di tutte e due le altre Persone, ciò che sarebbe un grandissimo assurdo.
Nessuno infatti è figlio di due persone se non avendole come padre e madre.
Ma sia lungi da noi l'idea di immaginare tra Dio Padre e Dio Figlio un rapporto simile.
Perché anche nell'ordine umano il figlio non procede nel medesimo tempo dal padre e dalla madre, ma quando procede dal padre nella madre, allora non procede dalla madre, e quando procede dalla madre alla luce di questo mondo, allora non procede dal padre.
Ora lo Spirito Santo non procede dal Padre nel Figlio e poi dal Figlio per santificare la creatura, ma procede dall'uno e dall'altro simultaneamente, benché sia il Padre che ha dato al Figlio di essere, come lo è egli stesso, principio da cui procede lo Spirito.
Nemmeno possiamo infatti dire che lo Spirito Santo non sia vita, dato che è vita il Padre, è vita il Figlio; di conseguenza, come il Padre, che ha la vita in se stesso, ha dato anche al Figlio di avere la vita in se stesso, così gli ha dato che la vita proceda da lui, Figlio, come procede anche da lui, Padre.77
Ho trascritto qui le parole del mio sermone, ma allora parlavo ai credenti, non a coloro che non credono.
Ma se alcuni non arrivano a contemplare questa immagine né a vedere nel loro spirito quanto sono reali queste tre potenze, che non sono tre persone, bensì possesso tutte e tre di una sola persona umana; perché circa la somma Trinità di Dio non credono a quello che si trova nei Libri sacri invece di reclamare una spiegazione evidente che non è alla portata dell'intelligenza umana, che è tarda e debole?
E dopo che avranno creduto fermissimamente alle Scritture sante come a testimoni veracissimi, s'industrino con la preghiera, con lo studio, con la vita retta, di capire, cioè di vedere con lo spirito, per quanto è possibile, quanto ritengono per fede.
Chi glielo impedirà? Anzi, chi non li esorterà a farlo?
Se tuttavia ritengono di dover negare questi misteri, perché i loro spiriti ciechi non li possono vedere, bisognerebbe pure che i ciechi dalla nascita negassero che esiste il sole.
La luce dunque risplende nelle tenebre; ( Gv 1,5 ) se le tenebre non riescono a comprenderla, si lascino illuminare dapprima dal dono di Dio per aver la fede, ed incomincino ad essere luce in confronto a coloro che non hanno la fede e, gettato questo fondamento, si elevino per vedere quelle cose che credono, affinché un giorno le possano vedere.
Vi sono infatti delle cose che si credono senza la speranza di non poterle mai vedere.
Non si vedrà una seconda volta Cristo in croce, ma se non si crede che quello è un fatto accaduto ed è stato visto, senza tuttavia che si possa sperare che si riproduca e lo si veda di nuovo, non si giunge a Cristo, come lo si deve vedere eternamente.
Invece per quanto concerne quella suprema, ineffabile, immateriale, immutabile natura che, in qualche modo, deve essere vista con l'intelligenza, non vi è nulla, purché lo si faccia sotto la direzione della regola della fede, su cui lo sguardo dello spirito si possa meglio esercitare di ciò che nella natura umana è superiore agli altri animali, è superiore anche alle altre parti dell'anima umana, voglio dire lo spirito: esso cui è accordata una certa visione delle cose invisibili, che come da un tribunale interiore che presiede con onore riceve tutte le conoscenze che gli stessi sensi del corpo sottomettono al suo giudizio; esso non ha nulla di superiore cui debba sottomissione ed obbedienza, eccetto Dio.
Ma tra le molte cose che ho detto, oso professare di non aver detto nulla che sia degno di quella suprema ed ineffabile Trinità, ma piuttosto confessare che la mirabile conoscenza di Dio ha superato la mia debolezza e che non ho potuto elevarmi fino ad essa. ( Sal 139,6 )
O tu, anima mia, dove ti senti di essere, dove giaci, dove stai, in attesa che Colui che si è fatto propizio a tutte le tue iniquità guarisca le tue infermità? ( Sal 103,3 )
Senza dubbio riconosci di essere in quella locanda in cui il Samaritano condusse colui che trovò semivivo con il corpo coperto di numerose ferite inflittegli dai ladroni. ( Lc 10,30-34 )
E tuttavia tu hai visto molte verità, non con quegli occhi che vedono i corpi colorati, ma con quelli per i quali pregava colui che diceva: I miei occhi vedano la giustizia. ( Sal 17,2 )
Sì, tu hai visto molte verità, e le hai distinte da quella luce che ti ha illuminato per fartele vedere; eleva ora gli occhi verso quella luce e fissali su di essa, se puoi.
Così infatti vedrai che differenza vi sia tra la nascita del Verbo e la processione del Dono di Dio, differenza per cui il Figlio unigenito ha detto che lo Spirito Santo ( Gv 15,26 ) non è generato dal Padre ( altrimenti sarebbe suo fratello ) ma ne procede.
Per questo, essendo lo Spirito di ambedue come comunione consustanziale dell'uno e dell'altro, non si dice - sarebbe sacrilegio il dirlo - che è figlio di tutti e due.
Ma per vedere chiaramente e perspicuamente questo mistero, tu non puoi fissare là il tuo sguardo; lo so, non lo puoi.
Dico il vero, lo dico a me stesso; so ciò che non posso.
Ma quella luce ti ha fatto vedere in te quelle tre potenze, in cui puoi riconoscere te come l'immagine di quella stessa suprema Trinità che sei ancora incapace di contemplare tenendo fisso su di essa il tuo sguardo.
Essa ti ha fatto vedere che c'è in te un verbo vero, quando è generato dalla tua scienza, cioè quando diciamo ciò che sappiamo, sebbene non pronunciamo né pensiamo alcuna parola comprensibile di alcuna lingua umana, ma invece il nostro pensiero prende forma da ciò che sappiamo e nello sguardo di colui che pensa l'immagine della conoscenza è esattamente simile a quella contenuta nella memoria, essendo questi due termini, come generante e come prole, uniti dalla volontà o dilezione che costituisce il terzo termine.
Ma che questa volontà proceda dalla conoscenza ( nessuno infatti vuole ciò di cui ignora totalmente la natura e la qualità ) senza essere tuttavia l'immagine della conoscenza e che perciò in questa realtà intelligibile sia suggerita una certa differenza tra nascita e processione, perché non è la stessa cosa vedere con il pensiero e desiderare o anche fruire con la volontà, lo vede e lo discerne chi lo può.
L'hai potuto anche tu, sebbene non abbia potuto e non possa spiegare con linguaggio adeguato ciò che tra le nebbie delle immagini corporee, che non cessano di addensarsi sul pensiero umano, hai solo intravisto.
Ma quella luce che non è ciò che sei tu, ti ha anche mostrato che una cosa sono le immagini incorporee dei corpi, altra cosa la verità che, respingendo queste immagini, attingiamo con l'intelligenza; queste certezze ed altre simili quella luce ha mostrato ai tuoi occhi interiori.
Perché dunque non puoi vedere questa verità stessa tenendovi fisso lo sguardo se non a motivo della sua debolezza?
E quale la causa di questa debolezza, se non, certo, l'iniquità?
Chi dunque guarisce tutte le tue infermità, se non Colui che è propizio riguardo a tutte le tue iniquità? ( Sal 103,3 )
Perciò è meglio che finalmente concluda questo libro con una preghiera piuttosto che con una discussione.
Signore nostro Dio, crediamo in te, Padre e Figlio e Spirito Santo. Perché la Verità non avrebbe detto: Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ( Mt 28,19 ) se Tu non fossi Trinità.
Né avresti ordinato, Signore Dio, che fossimo battezzati nel nome di chi non fosse Signore Dio.
E una voce divina non avrebbe detto: Ascolta Israele: Il Signore Dio tuo è un Dio Unico, ( Dt 6,4 ) se Tu non fossi Trinità in tal modo da essere un solo Signore e Dio.
E se Tu fossi Dio Padre e fossi pure il Figlio tuo Verbo, Gesù Cristo, e il Vostro Dono lo Spirito Santo, non leggeremmo nelle Sacre Scritture: Dio ha mandato il Figlio suo, ( Gal 4,4; Gv 3,17 ) né Tu, o Unigenito, diresti dello Spirito Santo: Colui che il Padre manderà in mio nome ( Gv 14,26 ) e: Colui che io manderò da presso il Padre. ( Gv 15,26 )
Dirigendo la mia attenzione verso questa regola di fede, per quanto ho potuto, per quanto tu mi hai concesso di potere, ti ho cercato ed ho desiderato di vedere con l'intelligenza ciò che ho creduto, ed ho molto disputato e molto faticato.
Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa' sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore. ( Sal 71,5; Sal 91,9; Sal 105,4; 1 Cr 16,11 )
Dammi Tu la forza di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta.
Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza; dove mi hai aperto, ricevimi quando entro; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso.
Fa' che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te.
Aumenta in me questi doni, fino a quando Tu mi abbia riformato interamente.
So che sta scritto: Quando si parla molto, non manca il peccato, ( Pr 10,19 ) ma potessi parlare soltanto per predicare la tua parola e dire le tue lodi!
Non soltanto eviterei allora il peccato, ma acquisterei meriti preziosi, pur parlando molto.
Perché quell'uomo di cui Tu fosti la felicità non avrebbe comandato di peccare al suo vero figlio nella fede, quando gli scrisse: Predica la parola, insisti a tempo e fuori tempo. ( 2 Tm 4,2 )
Non si dovrà dire che ha molto parlato colui che non taceva la tua parola, Signore, non solo a tempo, ma anche fuori tempo?
Ma non c'erano molte parole, perché c'era solo il necessario.
Liberami, o mio Dio, dalla moltitudine di parole di cui soffro nell'interno della mia anima misera alla tua presenza e che si rifugia nella tua misericordia.
Infatti non tace il pensiero, anche quando tace la mia bocca.
Se almeno non pensassi se non ciò che ti è grato, certamente non ti pregherei di liberarmi dalla moltitudine di parole.
Ma molti sono i miei pensieri, tali quali Tu sai che sono i pensieri degli uomini, cioè vani. ( Sal 94,11 )
Concedimi di non consentirvi e, anche quando vi trovo qualche diletto, di condannarli almeno e di non abbandonarmi ad essi come in una specie di sonno.
Né essi prendano su di me tanta forza da influire in qualche modo sulla mia attività, ma almeno siano al sicuro dal loro influsso i miei giudizi, sia al sicuro la mia coscienza, con la tua protezione.
Parlando di Te un sapiente nel suo libro, che si chiama Ecclesiastico, ha detto: Molto potremmo dire senza giungere alla meta, la somma di tutte le parole è: Lui è tutto. ( Sir 43,29 )
Quando dunque arriveremo alla tua presenza, cesseranno queste molte parole che diciamo senza giungere a Te; Tu resterai, solo, tutto in tutti, ( 1 Cor 15,28 ) e senza fine diremo una sola parola, lodandoti in un solo slancio e divenuti anche noi una sola cosa in Te.
Signore, unico Dio, Dio Trinità, sappiano essere riconoscenti anche i tuoi per tutto ciò che è tuo di quanto ho scritto in questi libri.
Se in essi c'è del mio, siimi indulgente Tu e lo siano i tuoi.
Amen.
Indice |
71 | Eusebio da Vercelli, Trin. 1, 11 |
72 | Sopra 2,3,5 |
73 | Sopra 9,7,9-10 |
74 | Gregorio Illiberitano, De fide orth., prolog |
75 | Sopra 13,18,23 |
76 | Ambrogio, De incarn. 8, 80 |
77 | Agostino, In Io. Ev. tract. 99, 8-9 |