Teologia dei Padri

Indice

Gli attributi di Dio

1. - Un'ampia definizione dell'essenza di Dio

Increato e senza principio, immortale, infinito, eterno, immateriale, buono, creatore, giusto, pienezza di luce, immutabile, impassibile, non circoscritto, incontenibile, indefinibile, illimitato, invisibile, più grande di quanto lo si possa immaginare.

Non ha bisogno di nulla, padrone assoluto e arbitro inappellabile, signore di tutto, dispensatore della vita, onnipotente, santificante e generoso, circonda e contiene in sé tutte le cose e a tutto provvede.

Tutti questi attributi, e altri simili, possiede per essenza, senza averli ricevuti da altri, ma, anzi, facendo partecipi egli stesso d'ogni bene le sue creature, secondo le capacità di ciascuna.

Esiste una reciproca coesistenza e compenetrazione fra le persone divine ( esse, infatti, non possono essere separate né divise poiché si fondono l'una con l'altra, senza però confondersi; non come, cioè, se fossero mischiate e confuse, ma strettamente legate insieme ).

Il Figlio, infatti, è nel Padre e nello Spirito Santo; lo Spirito, analogamente, nel Padre e nel Figlio; il Padre, infine, nel Figlio e nello Spirito Santo: il tutto in modo che non si verifichi alcuna mescolanza o confusione.

Esiste unità e identità nel movimento, poiché unico è lo slancio e il movimento delle tre Persone, il che non si può riscontrare nella natura creata.

Inoltre, il divino splendore e agire è uno, semplice, indiviso, e opera in modi diversi, a seconda di come appare giusto, negli esseri composti, distribuendo a tutti ciò che costituisce e realizza la natura di ciascuno.

Ciò nondimeno, egli rimane semplice, esprimendosi senza dividersi nelle cose divisibili in maniera, tuttavia, da raccogliere e convertire alla propria semplicità quelle cose divisibili.

Tutto tende, infatti, a Dio e in lui trova la ragion d'essere della propria esistenza: egli stesso attribuisce l'essere ad ogni cosa, secondo la natura di ciascuna.

Dio è l'essere delle cose che sono, la vita di quelle che vivono; è la ragione delle creature razionali, I'intelligenza di quelle intellettuali; pur rimanendo, da parte sua, al di sopra della mente, della ragione, della vita; al di sopra dell'essere.

L'essenza divina pervade ogni cosa senza mai confondervisi; viceversa, nulla può penetrare in essa.

Parimenti, con la sua scienza semplice tutto conosce.

Con il suo occhio immateriale che scruta ovunque, Dio abbraccia in un unico sguardo tutte le cose, le presenti e le passate e le future, prima che avvengano.

Egli non cade mai in peccato, ma rimette lui le colpe e dona la salvezza.

Insomma, Dio può tutto ciò che vuole; ma non vuole tutto ciò che può.

Infatti, potrebbe distruggere il mondo, ma non lo vuole.

Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1,14

2. - Gli effetti dell'inondante luce divina

Le cose invisibili di Dio, essendo riconoscibili nelle sue opere, possono essere contemplate dalle creature del mondo: sia la sua eterna potenza che la divinità ( Rm 1,20 ).

Ora dobbiamo celebrare il nome del bene che proviene dalla luce intellettuale e dire che colui che è buono viene definito come luce intellettuale poiché riempie ogni mente sovraceleste di luce intellettuale.

Scaccia ogni ignoranza e ogni errore da tutti gli spiriti nei quali è diffusa, tutti rende partecipi della luce santa, purifica e libera gli occhi del loro intelletto dall'oscurità dell'ignoranza, diradando le tenebre fitte e pesanti.

Dapprima diffonde un mediocre splendore; poi, quando gli occhi, assuefattisi a quella luce, ne desiderano ancora di più, allora si dona maggiormente e rifulge di un chiarore più abbagliante.

É detto perciò luce intellettuale quel Bene che è al di sopra di ogni luce, fonte di raggi luminosi che inondano ogni mente sul mondo e intorno al mondo e nel mondo, rinnovando tutte le loro facoltà di comprensione.

Esso è al di sopra di tutte le cose e ha ogni potere di illuminare, come il principe della luce, raccogliendo in sé e dirigendo e coordinando unitariamente tutte le cose fornite di mente e di ragione.

Dirige, infatti, coloro che errano per ignoranza, coordinando e perfezionando le illuminazioni e le cose illuminate, convertendole, infine, a ciò che veramente è, dopo averle fatte ricredere da molte false opinioni.

Così facendo, le diverse immagini o, per dir meglio, fantasie, le raccoglie in un'unica vera e pura e semplice conoscenza, riempiendole di un'unica luce unificatrice.

Pseudo-Dionigi Areopagita, I nomi divini, 4,4-6

2a. - Attributi positivi e negativi di Dio

Non vi è un nome che, abbracciando tutta la natura di Dio, basti da solo ad esprimerla.

Parecchi nomi differenti, aventi ciascuno un proprio significato, riuniti insieme, riescono a fornirci di lui un'idea, molto confusa e piccolissima, se si paragona col complesso delle perfezioni divine, ma tuttavia sufficiente per noi.

Tra i nomi che si applicano a Dio, alcuni sono nomi di proprietà che appartengono a Dio, altri invece indicano cose che non sono in lui.

Con questi due mezzi noi ci formiamo una qualche immagine di Dio, negando ciò che non gli conviene, e affermando ciò che gli appartiene.

Così quando noi diciamo che Dio è incorruttibile, è come se dicessimo a noi stessi o a quelli che ci ascoltano: « Non credere che Dio soggiaccia a corruzione ».

E quando diciamo che egli è invisibile: « Non immaginare che Dio possa essere raggiunto col senso della vista ».

Quando diciamo che è immortale, noi vogliamo dire: « Non credere che la morte possa sopravvenire a Dio ».

E così quando diciamo che è ingenito, noi diciamo: « Non pensare che l'esistenza di Dio dipenda da una causa o da un principio ».

E, in generale, ciascuno di questi termini ci avverte che non dobbiamo lasciarci trascinare a pensieri, che non sono convenienti, ogni qualvolta facciamo qualche supposizione a riguardo di Dio.

Quindi, per conoscere le proprietà caratteristiche di Dio, noi dobbiamo evitare, ragionando di Dio, di lasciare che il nostro pensiero sia portato a cose che non sono convenienti a Dio, affinché non accada che gli uomini si immaginino Dio come uno degli esseri corruttibili, o visibili, o generati.

In conclusione, con tutti questi nomi che vietano, si nega ciò che è estraneo a Dio; la nostra mente, distinguendo, rifiuta quei concetti che non convengono a lui.

D'altra parte noi diciamo che Dio è buono, giusto, creatore, giudice e altre cose simili.

Come i termini detti sopra, indicavano negazione o privazione di proprietà estranee a Dio, così questi indicano l'affermazione e la presenza di attributi che sono propri di Dio e che la riflessione opportunamente scopre in lui.

E così, mediante l'una e l'altra specie di denominazioni, noi siamo istruiti di ciò che appartiene a Dio.

Il termine ingenito indica ciò che in Dio non c'è; vuol dire che Dio non è generato.

Non contestiamo che questo fatto si chiami privazione o proibizione o negazione o altro simile; ma ci pare d'avere sufficientemente dimostrato, con quanto abbiamo detto, che il vocabolo ingenito indica una di quelle qualità che non sono in Dio.

Basilio il Grande, Contro Eunomio, 1,10

3. - Dio è verità

Questo Dio, se ci sforziamo di pensarlo, nella misura in cui ce lo concede e permette, non pensiamolo in contatto con lo spazio, abbracciante lo spazio, come una specie di essere costituito da tre corpi.

Non si ha da immaginare in lui nessuna unione di parti congiunte, come in quel Gerione [ nella mitologia greca, figlio di Crisaore e Callinoe, dotato di tre corpi uniti per il ventre; Dante ne farà il simbolo della frode ( Inferno XVI e XVII ) ] dai tre corpi, di cui parlano le favole; ogni immagine per cui tre sarebbero più grandi di uno solo, uno più piccolo di due, cacciamola senza esitazione dalla nostra anima: così infatti respingiamo ogni elemento corporeo.

Nell'ordine spirituale, nulla di ciò che ci si presenta come sottoposto al mutamento, dobbiamo ritenere che sia Dio.

Non è una piccola conoscenza quando, da questo abisso, elevandoci a quella vetta riprendiamo lena, il poter conoscere che cosa Dio non è, prima di sapere che cosa è.

Egli non è certamente né terra né cielo; nulla che assomigli alla terra o al cielo, nulla di uguale a ciò che vediamo in cielo, nulla di uguale a ciò che in cielo non vediamo e forse vi si trova.

Tu potrai accrescere con l'immaginazione la luce del sole quanto ti sarà possibile, sia in volume, sia in splendore, mille volte di più o all'infinito, nemmeno questo sarà Dio.

E se ci rappresentassimo gli angeli, puri spiriti che animano i corpi celesti, li muovono e li dirigono secondo un volere che è al servizio di Dio; anche se questi angeli, che sono migliaia di migliaia, venissero riuniti tutti per formare un solo essere, Dio non sarebbe nulla di simile.

E lo stesso discorso varrebbe anche se si giungesse a rappresentarsi questi spiriti senza corpi, cosa assai difficile per il nostro pensiero carnale.

Comprendi dunque, se lo puoi, o anima tanto appesantita da un corpo soggetto alla corruzione e aggravata da pensieri terrestri molteplici e vari; comprendi, se lo puoi, che Dio è Verità.

É scritto infatti che Dio è luce ( 1 Gv 1,5 ), non la luce che vedono i nostri occhi, ma quella che vede il cuore, quando sente dire: è la Verità.

Non cercare di sapere cos'è la verità, perché immediatamente si interporranno la caligine delle immagini corporee e le nubi dei fantasmi e turberanno la limpida chiarezza, che al primo istante ha brillato al tuo sguardo, quando ti ho detto: Verità.

Resta, se puoi, nella chiarezza iniziale di questo rapido fulgore che ti abbaglia, quando si dice: Verità.

Ma non puoi, tu ricadi in queste cose abituali e terrene.

Qual è dunque, ti chiedo, il peso che ti fa ricadere, se non quello delle immondezze che ti hanno fatto contrarre il glutine della passione e gli sviamenti della tua peregrinazione?

Agostino, La Trinità, 8,2

4. - Onnipotenza di Dio

Nulla si sottrae alla potestà di Dio.

Di lui dice infatti la Scrittura: Poiché tutte le cose sono tue serve ( Sal 119,91 ).

Veramente, tutte le cose servono Dio; anzi, soltanto e unicamente il suo Figlio e il suo Santo Spirito sono esclusi da questo « tutte le cose ».

E « tutte le cose » che sono serve servono il Signore attraverso l'unico Figlio e nello Spirito Santo.

Iddio domina tutte le cose, sopportando anche gli assassini e i ladri e i dissoluti per la sua pazienza.

Nel tempo stabilito, però, egli renderà a ciascuno secondo i suoi meriti affinché, non avendo convertito il loro cuore nonostante le molte tregue accordate, siano condannati ancor più gravemente.

Re di uomini sono coloro che regnano sulla terra, ma non senza averne il potere dall'alto.

Lo conobbe già per esperienza, Nabucodonosor, quando disse: Il suo regno è regno eterno; la sua autorità si estende per tutte le generazioni ( Dn 4,31 ).

5. - La quiete e il moto in Dio

Che cosa si può dire sulla posizione o sullo stato di Dio?

Che cos'altro se non che Dio rimane in se stesso, fissato stabilmente in una situazione immobile e opera secondo i medesimi criteri e all'incirca allo stesso modo?

Si può dire altresì, similmente, che Dio è assolutamente immutabile da se stesso, non può trasferirsi, immobile in tutto e per tutto.

E quando si afferma tutto ciò di Dio, occorre riferirlo alla sua essenza medesima.

Dio stesso, infatti, è l'autore di ogni stato e posizione poiché egli esiste al di sopra di ogni possibile posizione o stato e in lui tutte le cose consistono e si conservano stabili nei loro beni.

Ma allora, quando gli autori sacri affermano che ciò che è immobile avanza e si muove verso il tutto, non è forse da intendersi, in qualche modo, anche per Dio?

Se davvero si deve ritenere, in una maniera conforme alla pietà, che anche Dio si muova, bisogna supporre che lo faccia non con uno spostamento materiale o un mutamento o un'alterazione o una conversione; e neppure secondo un movimento locale rettilineo o circolare o costante da entrambe le parti ( intellettuale o animale o naturale che sia ); ma, al contrario, il movimento di Dio consisterebbe nel fatto che egli produce e contiene tutte le cose, provvedendo a tutto in ogni modo, essendo irresistibilmente vicino a tutte le cose e abbracciandole tutte, secondo le strade e le realizzazioni della sua provvidenza.

Anzi, un movimento dell'immobile Dio potrebbe essere predicato in modo a lui conveniente, intendendolo come rettilineo, quando proviene dalla sua immutabilità e da quella nascita di tutte le cose che deriva da lui stesso; obliquo, nel caso della sua costante evoluzione e della sua fecondità; circolare, infine, in riferimento al fatto che tutte le cose, uscite da lui, a lui ritornano.

Pseudo-Dionigi Areopagita

6. - Grandezza impenetrabile di Dio

Giustamente Dio è chiamato grande.

La sua grandezza, che si comunica a tutte le cose grandi e si espande e si estende al di fuori dei limiti d'ogni altra possibile dimensione, abbraccia ogni luogo, supera ogni misura, oltrepassa ogni infinità.

Dio è grande nella sua pienezza e magnificenza e nelle sue emanazioni che, come fontane, si comunicano a tutti con infinita profusione, rimanendo tuttavia intatte nella loro abbondanza e straripando, anzi, ancora di più nonostante il diffondersi.

Quella di Dio è una grandezza infinita, senza quantità e misura; un'imponenza che si realizza secondo la diffusione illimitata ed estesissima di un'incontenibile magnificenza.

Pseudo-Dionigi Areopagita, I nomi divini, 9,2

7. - Accenno alla grandezza della potenza divina

Dio è grande non per la mole, ma per la potenza; egli che con la sua saggezza ha dotato le formichette e le minuscole api di un senso più fine di quello che hanno gli asini e i cammelli; egli che da un piccolissimo granello crea l'albero del fico tanto grande, mentre da semi molto più grossi nascono molte piante di gran lunga più piccole; egli che ha dotato la pupilla sì piccola di tanta acutezza che, sprigionandosi attraverso gli occhi, in un battibaleno percorre quasi mezza volta celeste; egli che da un punto, e quasi dal centro del cervello diffonde, distribuendoli in cinque direzioni, tutti i sensi; egli infine che, per mezzo del cuore, un organo così piccolo, dispensa per tutte le parti del corpo il moto vitale, facendoci vedere con questi mezzi, e con altri simili, effetti potenti da cause piccolissime, egli che non è piccolo nelle cose che ci sembrano piccole.

Agostino, Le Lettere, II, 137,8 ( a Volusiano )

8. - Dio anima del mondo; concezione insostenibile

Se Dio fosse l'anima del mondo e il mondo fosse il corpo di quest'anima tanto da risultarne un unico essere animato, e questo Dio fosse quasi il seno della natura che tutto contiene in sé e se dalla sua anima, vivificante tutta questa mole, derivasse l'anima e la vita di tutti i viventi secondo la loro nascita, se fosse così, dunque, nulla affatto esisterebbe che non fosse parte di Dio.

Ma se fosse così, chi non vede quanta empietà e quanta irreligiosità ne conseguirebbe?

Se si pesta qualcosa, si pesterebbe una parte di Dio, e uccidendo ogni animale, si ucciderebbe una parte di Dio.

Non voglio dire tutto quello che su di ciò si può immaginare, perché non lo si può dire senza arrossire di vergogna.

Se si sostiene poi che solo gli animali ragionevoli, come gli uomini, sono parte di Dio, non vedo in realtà come, se tutto il mondo è Dio, le bestie siano escluse dall'essere sue parti.

Ma che giova impugnare questa idea?

Restiamo all'animale ragionevole, cioè all'uomo.

Vi può essere condizione più infelice?

Schiaffeggiare un fanciullo equivale a schiaffeggiare una parte di Dio!

E che le parti di Dio diventino lascive, inique, empie e in tutto condannabili, chi lo può sopportare, se non un vero pazzo?

Infine, perché Dio si adira contro coloro che non gli rendono culto, se sono parti sue che non glielo rendono?

Agostino, La città

9. - Inadeguatezza della concezione spaziale

La dottrina cattolica considera somma stoltezza credere che Dio sia contenuto in un luogo, per quanto infinito, e in spazi, per quanto di estensione immensa; considera poi empietà ritenere che egli o una sua parte si muova e passi di luogo in luogo.

Chi pensa che qualcosa della sua sostanza e natura possa in qualche modo essere soggetta ad alterazione o a mutazione, viene considerato davvero pazzo ed empio.

Perciò, se presso di noi si incontrano fanciulli che pensano a Dio in forma umana e ritengono che egli sia proprio così - nulla è più abbietto di tale opinione -, si incontrano anche molti anziani che con la loro mente contemplano la divina maestà, che resta inattingibile e immutabile non solo al di sopra del corpo umano, ma al di sopra della stessa mente umana.

E queste diverse età, come abbiamo detto, si differenziano non per il tempo, ma per la virtù e la prudenza …

Quelli dunque che come bimbi la Chiesa cattolica porta quasi al suo seno ove, se non ne sono strappati dagli eretici, si nutrono quanto possono e quanto gli permettono le loro forze, uno in un modo, l'altro in altro modo, raggiungono l'età virile, per pervenire poi alla piena maturità e a una saggia vecchiezza.

Agostino, I costumi della Chiesa cattolica, 1,17

10. - Onnipresenza di Dio

Tutta l'immensità del cielo sta nel palmo di Dio e tutta la vastità della terra è racchiusa nel suo pugno.

Ma la parola di Dio, se giova certo a formarci un'idea irradiata di religiosità, ha più significato, per una comprensione profonda, di quanto esteriormente si percepisca.

Infatti il cielo, racchiuso nel palmo di Dio, è anche il suo trono; e la terra, contenuta nel suo pugno, è anche lo sgabello dei suoi piedi.

Ma né il trono, né lo sgabello si possono interpretare nel senso estensivo del corpo che siede, perché quell'Essere infinito può afferrare e racchiudere nel pugno ciò che gli serve da sgabello e da trono.

In tutte queste realtà create ad origine, dentro e fuori, si deve riconoscere Dio ad esse trascendente e insieme intimo, cioè circonfuso e infuso in tutte; infatti il palmo e il pugno che tutto contengono, manifestano il suo dominio esteriore sulla natura, invece il trono e lo sgabello manifestano che tutte le cose sono a lui soggette come ciò che è esterno a chi risiede nell'intimo.

Così egli, nella sua completezza, tutto contiene in sé e fuori di sé perché, per la sua infinità, egli non è lontano da tutto, eppure tutte le cose sono esterne a lui, che è infinito.

In questi pensieri su Dio, tanto pregni di religiosità, l'animo mio - tutto preso dallo studio della verità - trovò il suo diletto …

E questa nostra pia conoscenza fu poi chiaramente raffermata dal profeta che dice: Dove me ne andrò lontano dal tuo spirito, e dove fuggirò dal tuo volto?

Se salgo in cielo, tu ci sei; se scendo nel profondo, anche lì sei presente.

Se prendo le mie penne prima della luce e mi rifugio all'estremità del mare, anche lì mi conduce la tua mano e la tua destra mi stringe ( Sal 139,7-10 ).

Non vi è luogo senza Dio, né luogo non in Dio.

Egli è nei cieli, e nel profondo, è al di là dei mari.

É presente nel loro intimo, li trascende all'esterno.

Perciò egli ha, e ha avuto; egli non è in qualcuno, ma a nessuno manca.

Ilario di Poitiers, La Trinità, 1,6

11. - Il sole, immagine della potenza e dell'onnipresenza divine

Certo, quel Dio che noi adoriamo, non lo possiamo mostrare e neppure vedere.

Ma proprio per questo per noi è Dio: perché, cioè, lo percepiamo pur non vedendolo.

Infatti, in tutte le realtà e in tutti i moti del mondo noi vediamo presente sempre la sua potenza: nel tuono, nel fulmine, nei lampi, come anche nel cielo sereno.

Non devi meravigliarti se non puoi vedere Dio: quando spira il vento, tutto si muove, ondeggia e viene scosso; eppure il soffio del vento non cade sotto i nostri occhi.

Il sole, che pur ci fa vedere, non lo possiamo fissare: i suoi raggi fiaccano l'acutezza del nostro occhio, lo sguardo di chi lo fissa si ottenebra, e se si insiste, ogni forza visiva gli resta distrutta.

Come dunque la tua vista potrebbe sostenere il creatore del sole, la fonte della luce?

Di fronte al suo fulmine ti allontani e davanti alla sua folgore ti nascondi!

Tu vorresti vedere Dio con occhi di carne, mentre non puoi né vedere, né percepire la tua stessa anima che ti dà vita e parola.

Tu pensi che questo Dio nulla sappia delle azioni e delle faccende umane, che non possa scendere dal suo trono del cielo verso tutti e conoscere tutti.

Oh uomo! É un errore, è un'illusione.

Com'è possibile che Dio sia lontano, se egli riempie tutto il cielo, tutta la terra e tutto ciò che è al di là del nostro globo?

Ovunque egli ci è vicinissimo, anzi è in noi stessi.

Considera ancora il sole: sta nel cielo, eppure la sua luce si effonde su tutte le contrade; in ogni luogo egli è ugualmente presente, penetra in tutto e nulla può offuscare il suo splendore: tanto più Iddio, che tutto ha creato e tutto guarda, davanti a cui nulla può restar nascosto, che è presente nelle tenebre, che è presente nel nostro pensiero, esso pure tenebra di tipo diverso.

Non solamente noi agiamo sotto i suoi occhi, ma viviamo, vorrei dire, con lui.

Minucio Felice, Ottavio, 32,4

12. - Dio opera ovunque

Dio, immateriale e illimitato com'è, non è in nessun luogo.

Anzi, proprio lui è il luogo di se stesso, dal momento che riempie tutto, si estende al di sopra di tutto, abbraccia tutto.

Ciò nondimeno, dicono ch'egli si trovi in un luogo, chiamato luogo di Dio, dove si manifesterebbe la sua azione.

Infatti, Dio stesso, senza mescolarvisi minimamente, permea di sé tutte le cose, facendole partecipi della sua azione, secondo la capacità e la recettività di ciascuna, con una purezza che ora è frutto della natura, ora della volontà.

Infatti, sono più pure le cose non immerse nella materia che quelle materiali, allo stesso modo come, altresì, quelle perfette lo sono di più di quelle malvagie.

Luogo di Dio, perciò, si suole chiamare tutto ciò che partecipa della sua grazia e della sua azione.

Il cielo è dunque suo trono ( qui, infatti, vi sono gli angeli, che fanno la sua volontà e sempre lo celebrano nelle loro lodi Is 6,1ss ).

Qui, però, è il suo riposo; la terra, invece, è lo sgabello dei suo piedi ( Is 66,1 ), dove, per mezzo della carne, ha dimorato con gli uomini ( Bar 3,38 ).

E la sua santa carne viene chiamata « piede » di Dio.

Anche la Chiesa è detta luogo di Dio: l'abbiamo, infatti, prescelta per cantare le sue lodi, come un tempio nel quale lo preghiamo.

Allo stesso modo i luoghi nei quali diviene a noi manifesta la sua azione, sia attraverso la carne che senza il corpo, sono detti, anch'essi, luoghi di Dio.

Bisogna sapere, però, che Dio non è diviso in parti, ma, al contrario, è assolutamente tutto dovunque, non una parte qui e una là.

Egli non ha niente a che vedere con i corpi: è tutto all'interno e al di sopra di tutte le cose.

L'angelo, invece, essendo circoscritto in un luogo come le cose corporee, in modo cioè da assumere una forma e una figura; si dice che è spiritualmente presente in un luogo, e non altrove, poiché non può essere né operare, al tempo stesso, in luoghi diversi.

É circoscritto nel luogo in cui opera.

É proprio soltanto di Dio, infatti, operare dovunque simultaneamente.

L'angelo, perciò, grazie alla sua agilità e alla sua prontezza, opera in diversi luoghi; Dio, invece, essendo in ogni luogo e al di sopra di tutto, nello stesso istante, con un'unica e semplice operazione, agisce variamente ovunque.

Al contrario, l'anima stessa, completamente vincolata da tutto il corpo, e non solo in parte, non è contenuta da esso, ma è lei a contenerlo come il fuoco che avvolge il ferro.

E in questa situazione, appunto, l'anima assolve alle sue funzioni.

É circoscritto ciò che è compreso in un luogo o in un tempo o in un concetto dell'anima; non è circoscritto, invece, ciò che non è contenuto in nessuna delle cose dette.

Soltanto Dio, perciò, si può considerare non circoscritto: privo com'è di principio e di fine, abbracciante tutte le cose, assolutamente incomprensibile.

Egli è il solo, infatti, a non essere compreso né delimitato né conosciuto da nessuno, mentre lui soltanto comprende se stesso.

Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1,13

13. - Incorporeità dell'onnipresenza divina

Non si può dire che Dio riempia l'universo allo stesso modo che riempie l'acqua, l'aria, la luce stessa, sì da riempirne una parte più piccola con una parte minore di se stesso e una più grande con una parte maggiore di sé.

Egli ha il potere d'essere intero dovunque, senza essere rinchiuso in alcun luogo, di venire senza allontanarsi dal luogo dov'era, d'andarsene senza abbandonare il luogo da dove era venuto.

L'anima dell'uomo si meraviglia di questa proprietà divina e, siccome non la comprende, non la crede nemmeno; l'anima però se ne meravigli dopo essersi meravigliata di se stessa seppur ci riesce: s'innalzi alquanto al di sopra del corpo e capisca chi è in essa che si serve del corpo.

Agostino, Le Lettere, II, 137,4-5 ( a Volusiano )

14. - Indivisibilità dell'onnipresenza divina

Dio è diffuso in tutto.

Egli stesso dice, per bocca del profeta: Il cielo e la terra io riempio ( Ger 23,24 ), e della sua sapienza sta scritto che tocca da fine a fine con forza e dispone tutto con soavità ( Sap 8,1 ), e sta scritto ancora: Lo Spirito del Signore riempì l'orbe terraqueo ( Sap 1,7 ).

A lui si dice, poi, in un salmo: Dove mai mi allontanerò dal tuo spirito, e dove fuggirò dal tuo volto?

Se salgo in cielo, tu ci sei; se discendo nell'abisso, sei presente ( Sal 139,7 ).

Ma Dio è diffuso in tutto, in modo da essere non una qualità del mondo, ma la sostanza creatrice del mondo, che lo regge senza fatica e lo contiene senza peso.

Non è diffuso tuttavia negli spazi locali, come una massa, tanto da essere metà nella metà della mole corporea del mondo, e ancora metà nell'ulteriore metà, e tutto in tutto il mondo; egli invece è tutto nel solo cielo, tutto nella sola terra e tutto nel cielo e nella terra, non contenuto in luogo alcuno, ma tutto ovunque in se stesso …

Tuttavia, è molto più stupefacente il fatto che, pur essendo Dio tutto ovunque, tuttavia non abita in tutti.

Non di tutti infatti si può dire ciò che dice l'Apostolo: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? ( 1 Cor 3,16 ), asserendo invece, al contrario di altri: Ma chi non ha lo Spirito di Cristo, costui non gli appartiene ( Rm 8,9 ) …

Dobbiamo dunque intendere ciò nel senso che Dio è ovunque con la presenza della sua divinità, ma non è ovunque con l'inabitazione della sua grazia …

E come egli, che è ovunque, non in tutti abita, così anche in coloro in cui abita, non vi abita in modo uguale …

Da cosa deriverebbe infatti che fra tutti i santi alcuni sono più santi degli altri, se non perché è più abbondante in loro la divina inabitazione? …

Per il fatto poi che Dio viene meno afferrato da colui in cui è presente, non per ciò egli è minore.

É tutto infatti in se stesso, e in colui in cui egli è, non vi è in modo tale da averne bisogno, quasi non potesse essere se non in lui.

Come non manca a colui in cui non abita e gli è presente tutto, quantunque quello non lo possegga, così è presente tutto in colui in cui abita, quantunque quello non tutto lo afferri.

Egli non si divide per abitare nei cuori o nei corpi degli uomini, assegnando a uno una parte di sé e a un altro un'altra sua parte, come la nostra luce che penetra per le varie finestre di una casa; è piuttosto quasi come un suono - realtà corporea e transitoria, evidentemente - …

Il sordo non lo afferra; il sordastro non lo afferra tutto e coloro che ci sentono, pur essendo da esso tutti egualmente lontani, lo afferrano tanto più, quanto più uno è acuto di udito, e tanto meno, quanto è meno acuto; ma il suono non varia, né risuona più o meno, ma arriva a tutti in modo uguale, nel luogo in cui essi sono.

E in modo quanto più eccellente può Iddio, che è natura incorporea e immutabilmente viva, che non può scorrere e dividersi nei vari attimi del tempo, come il suono, e non ha bisogno dello spazio atmosferico per raggiungere i presenti, ma resta in se stesso stabile in eterno, quanto più dunque può essere presente tutto a tutte le cose, e tutto alle singole realtà?

E tuttavia coloro in cui abita lo possiedono a seconda della diversa loro capacità: uno di più, l'altro di meno; egli così li edifica come un tempio a lui carissimo, mediante la grazia della sua bontà.

Agostino, Le Lettere, III, 187,4,14-6,18

15. - Ira e amore, espressioni della potenza divina

Vi è un gran numero di uomini convinti che la giustizia piace a Dio: lo onorano come signore e creatore di tutte le cose.

Essi, con continue preghiere e numerosi voti, offrono a lui doni e sacrifici, inneggiano al suo nome e si sforzano di acquistarsi il suo beneplacito con opere buone e giuste.

Vi è dunque un motivo se Dio vuole e deve mostrarsi benevolo; nulla infatti è tanto consono con la divina essenza quanto il beneficare, e nulla è tanto alieno da Dio quanto l'ingratitudine, non è perciò possibile non ammettere che Dio - per non incorrere nella colpa di irriconoscenza, che anche per l'uomo è un biasimo - riconosca pienamente queste attestazioni di servizio degli uomini nobili santi e vivi, e offra loro il contraccambio.

Ma vi sono anche uomini infami e viziosi, che tutto contaminano con la loro cupidigia: commettono omicidi, inganni, ruberie e spergiuri, non risparmiano neppure i consanguinei e i genitori, ponendosi al di sopra della legge e perfino al di sopra di Dio stesso.

Qui l'ira di Dio ha motivo di agire.

Sarebbe infatti contro l'ordine santo, se Dio restasse tranquillo di fronte a tanto orrore, se non sorgesse a vendicare i delitti, a estirpare questi uomini dannosi alla società, accogliendoli invece insieme con i buoni; dunque nella sua ira stessa vi è la prova della sua grazia.

Gli affetti virtuosi, come l'ira contro i cattivi, l'amore verso i buoni e la misericordia per i tribolati, sono presenti in senso proprio, retto e vero in Dio, perché sono degni della potenza divina.

Se Dio non li avesse, tutta la vita umana finirebbe nella confusione, la stabilità delle cose giungerebbe a tale disordine che, per il disprezzo e la trascuratezza della legge, regnerebbe solo la temerarietà e nessuno sarebbe mai certo di poter superare gli altri con la propria forza.

Avverrebbe dunque ciò che succede sotto la balìa di un'orda di predoni: tutta la terra verrebbe devastata

16. - Preghiera al padre della verità, della sapienza e della felicità

O Dio, creatore dell'universo, concedimi prima di tutto che io ti preghi bene, quindi che mi renda degno di essere esaudito, e infine di ottenere da te la redenzione.

O Dio, per la cui potenza tutte le cose che da sé non sarebbero, si muovono verso l'essere;

o Dio, che non permetti che cessi d'essere neanche quella realtà i cui elementi hanno in sé le condizioni di distruggersi a vicenda;

o Dio, che hai creato dal nulla questo mondo, di cui gli occhi di tutti avvertono l'alta armonia;

o Dio, che non fai il male ma lo permetti perché non avvenga il male peggiore;

o Dio, che manifesti a pochi, i quali si rivolgono a ciò che veramente è, che il male non è reale;

o Dio, per la cui potenza l'universo, nonostante la parte non adatta al fine, egualmente lo raggiunge;

o Dio, dal quale la dissimilitudine non produce l'estrema dissoluzione, poiché le cose peggiori si armonizzano con le migliori;

o Dio, che sei amato da ogni essere che può amare, ne sia esso cosciente o no;

o Dio, nel quale sono tutte le cose, ma che la deformità esistente nell'universo non rende deforme, né il male meno perfetto, né l'errore meno vero;

o Dio, che hai voluto che soltanto gli spiriti puri conoscessero il vero;

o Dio, padre della verità, padre della sapienza, padre della vera e somma vita, padre della felicità, padre del buono e del bello, padre della luce intelligibile, padre del nostro risveglio e della nostra illuminazione, padre del pegno che ci ammonisce di tornare a te!

Te invoco, Dio verità, fondamento, principio e ordinatore della verità di tutti gli esseri che sono veri;

o Dio sapienza, fondamento, principio e ordinatore della sapienza di tutti gli esseri che posseggono sapienza,

o Dio vera e somma vita, fondamento, principio e ordinatore della vita degli esseri che hanno vera e somma vita;

o Dio beatitudine, fondamento, principio e ordinatore della beatitudine di tutti gli esseri che sono beati;

o Dio bene e bellezza, fondamento, principio e ordinatore del bene e della bellezza di tutti gli esseri che sono buoni e belli;

o Dio luce intelligibile, fondamento, principio e ordinatore della luce intelligibile di tutti gli esseri che partecipano alla luce intelligibile;

o Dio, il cui regno è tutto il mondo che è nascosto al senso;

o Dio, dal cui regno deriva la legge per i regni della natura;

o Dio, dal quale allontanarsi è cadere, verso cui voltarsi è risorgere, nel quale rimanere è avere sicurezza;

o Dio, dal quale uscire è morire, al quale avviarsi è tornare a vivere, nel quale abitare è vivere;

o Dio, che non si smarrisce se non si è ingannati, che non si cerca se non si è chiamati, che non si trova se non si è purificati;

o Dio, che abbandonare è andare in rovina, a cui tendere è amare, che vedere è possedere;

o Dio, al quale ci stimola la fede, ci innalza la speranza, ci unisce la carità;

o Dio, per mezzo del quale trionfiamo dell'avversario: ti scongiuro!

o Dio, che abbiamo accolto per non soggiacere a morte totale;

o Dio, da cui siamo stimolati alla vigilanza;

o Dio, col cui aiuto sappiamo distinguere il bene dal male;

o Dio, col cui aiuto fuggiamo il male e operiamo il bene;

o Dio, col cui aiuto non cediamo ai perturbamenti;

o Dio, col cui aiuto siamo soggetti con rettitudine al potere e con rettitudine l'esercitiamo;

o Dio, col cui aiuto apprendiamo che sono anche di altri le cose che una volta reputavamo nostre e sono anche nostre le cose che una volta reputavamo di altri;

o Dio, col cui aiuto non ci attacchiamo agli adescamenti e irretimenti delle passioni;

o Dio, col cui aiuto la soggezione al plurimo non ci toglie l'essere uno;

o Dio, col cui aiuto il nostro essere migliore non è soggetto al peggiore;

o Dio, col cui aiuto la morte è annullata nella vittoria;

o Dio, che ci volgi verso di te;

o Dio, che ci spogli di ciò che non è e ci rivesti di ciò che è;

o Dio, che ci rendi degni di essere esauditi;

o Dio, che ci unisci;

o Dio, che ci induci alla verità piena;

o Dio, che ci manifesti la pienezza del bene e non ci rendi incapaci di seguirlo né permetti che altri lo faccia;

o Dio, che ci richiami sulla vita;

o Dio, che ci accompagni alla porta;

o Dio, che fai sì che si apra a coloro che picchiano;

o Dio, che ci dai il pane della vita;

o Dio, che ci asseti di quella bevanda, sorbendo la quale non avremo più sete;

o Dio, che accusi il mondo sul peccato, la giustizia e il giudizio;

o Dio, col cui aiuto non siamo influenzati da coloro che non credono;

o Dio, col cui aiuto riproviamo coloro i quali affermano che le anime non possiedono alcun merito dinanzi a te;

o Dio, col cui aiuto non diveniamo adoratori degli elementi inetti e impotenti;

o Dio, che ci purifichi e ci prepari ai premi divini: viemmi incontro benevolo!

In qualsiasi modo io possa averti pensato, il Dio uno sei tu, e tu vieni in mio aiuto, una eterna e vera essenza, dove non ci sono discordia, oscurità, cangiamento, bisogno, morte, ma somma concordia, somma chiarezza, somma costanza e durata, somma pienezza, somma vita;

dove nulla manca, nulla ridonda, dove colui che genera e colui che è generato sono una medesima cosa;

Dio, cui sono soggette tutte le cose prive di autosufficienza, cui obbedisce ogni anima buona; per le cui leggi ruotano i poli, le stelle compiono le loro orbite, il sole rinnova il giorno, la luna mitiga la notte, e tutto il mondo, mediante le successioni e i ritorni dei tempi, conserva, per quanto la materia sensibile lo comporta, la grande uniformità dei fenomeni, attraverso i giorni con l'alternarsi del giorno e della notte, attraverso i mesi con le lunazioni, attraverso gli anni con i ritorni di primavera, estate, autunno e inverno, attraverso i lustri col compimento del corso solare, attraverso i secoli col ritorno delle stelle alle loro origini;

o Dio, per le cui leggi esistenti per tutta la durata della realtà non si permette che il movimento difforme delle cose mutevoli sia turbato, ma che venga ripetuto, sempre secondo uniformità, nella dimensione rotante dei tempi; per le cui leggi è libera la scelta dell'anima e sono stati stabiliti premi per i buoni e pene per i cattivi con leggi fisse e universali;

o Dio, da cui provengono a noi tutti i beni e sono allontanati tutti i mali;

o Dio, sopra del quale, fuori del quale e senza il quale non c'è nulla;

o Dio, sotto il quale è il tutto, nel quale è il tutto, col quale è il tutto; che hai fatto l'uomo a tua immagine e somiglianza, il che può comprendere chi conosce te stesso: ascolta, ascolta, ascolta me, mio Dio, mio Signore, mio re, mio padre, mio fattore, mia speranza, mia realtà, mio onore, mia casa, mia patria, mia salvezza, mia luce, mia vita; ascolta, ascolta, ascolta me nella maniera tua, soltanto a pochi ben nota!

Agostino, Soliloqui, 1,1.2-4

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