Teologia dei Padri

Indice

Dio - La conoscenza di Dio

1. - Preghiera per ottenere la conoscenza di Dio

Del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi.

Eppure l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti.

Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te.

Che io ti cerchi, Signore, invocandoti e ti invochi credendoti, perché il tuo annunzio ci è giunto.

Ma chi mi farà riposare in te, chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo?

Allora dimenticherei i miei mali e il mio unico bene abbraccerei: te.

Cosa sei per me? Abbi misericordia, affinché io parli.

E cosa sono io stesso per te, sì che tu mi comandi di amarti e ti adiri verso di me e minacci, se non obbedisco, gravi sventure, quasi fosse una sventura lieve l'assenza stessa di amore per te?

Oh, dimmi per la tua misericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me.

Dì all'anima mia: « La salvezza tua io sono!».

Dillo, che io l'oda.

Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore.

Aprile, e dì all'anima mia: « La salvezza tua io sono ».

Rincorrendo questa voce, io ti raggiungerò, e tu non celarmi il tuo volto.

Che io muoia, per non morire, per vederlo.

Agostino, Le Confessioni, 1,5.5

2. - Gli occhi materiali sono inutili per contemplare Dio

É veramente impossibile riconoscere Dio con gli occhi della carne dal momento che ciò che è incorporeo non può essere percepito dallo sguardo materiale.

D'altronde è proprio l'unigenito Figlio di Dio a confermarcelo dicendo: Nessuno ha mai visto Dio ( Gv 1,18 ).

E allora, anche se qualcuno comprende quanto si legge in Ezechiele nel senso che il profeta abbia quasi veduto Iddio, ascolti bene ciò che afferma la Scrittura.

Il profeta vide una somiglianza della gloria del Signore ( Ez 2,1 ): non il Signore in persona, ma unicamente una « somiglianza della sua gloria », quindi neppure la sua vera gloria com'è in realtà.

Eppure, benché avesse contemplato soltanto una parvenza della gloria divina, e nemmeno la gloria vera, il profeta stramazzò a terra per lo sgomento.

Perciò, se il trovarsi di fronte ad una semplice somiglianza della gloria di Dio atterriva e sconcertava a quel modo persino i profeti, quando qualcuno ardisse fissare il proprio sguardo su Dio stesso, perderebbe la vita.

É la Scrittura stessa a testimoniarcelo: Nessuno vedrà il mio volto, e continuerà a vivere ( Es 33,20 ).

Per questo motivo Dio, nella sua infinita bontà, ha disteso il cielo come un velo che nascondesse la sua divinità, perché noi non morissimo.

Non è una mia opinione questa, ma è il profeta stesso ad affermare: Se spalancassi i cieli, il timore di te s'impadronirebbe dei monti fino a farli scomparire ( Is 64,1 ).

Perché allora ti meraviglia il fatto che Ezechiele stesso, nel contemplare una semplice parvenza della gloria divina, cadde al suolo?

Quando il servo di Dio Gabriele apparve a Daniele, costui ne rimase subito sconcertato e, a una simile vista, stramazzò anch'egli a terra.

Né il profeta osò rispondere, fino a quando l'angelo non trasformò il proprio aspetto in quello di un figlio d'uomo ( Dn 8,17; Dn 10,15-16 ).

Se la vista di Gabriele faceva tremare i profeti, nel caso in cui Dio in persona si fosse mostrato nella sua essenza, non sarebbero forse tutti morti?

Non è quindi concesso a occhi corporei di contemplare la natura divina; dalle opere divine siamo tuttavia in grado di farci un'idea della sua potenza, secondo quanto afferma lo stesso Salomone: Infatti dalla grandiosità e bellezza delle creature è dato riconoscere, con le dovute proporzioni, il loro creatore ( Sap 13,5 ).

D'altronde, egli non afferma che dalle creature si perviene senz'altro ad un'adeguata comprensione del loro creatore, ma aggiunge anzi « con le dovute proporzioni ».

E allora, tanto più maestoso apparirà a ciascuno Dio, quanto più sublime sarà stata la contemplazione delle creature raggiunta dall'uomo.

Quando, infatti, costui avrà elevato la propria anima sulle vette più alte della contemplazione, egli si formerà altresì intorno a Dio una conoscenza più profonda.

Vuoi sapere che non è possibile conoscere l'essenza di Dio?

Lo affermano i tre fanciulli che nella fornace lodano Dio: Benedetto sei tu che scruti gli abissi, sedendo sui cherubini ( Dn 3,55 ).

Dimmi un po' come sono fatti i cherubini; e soltanto allora, provati a discernere colui che siede sopra di loro.

Il profeta Ezechiele, per quanto possibile, abbozzò una loro descrizione, dicendo: Quattro volti ciascuno; uno d'uomo, un altro di leone, un terzo d'aquila, l'ultimo di vitello ( Ez 1,6 ); e sei ali ciascuno ( Is 6,2 ); e occhi dappertutto ( Ap 7,8 ); e sotto ognuno di loro una ruota divisa in quattro parti ( Ez 10,12 ).

Pur tuttavia, nonostante questa descrizione profetica, non siamo ancora in grado di farcene un'idea esatta.

Se, infatti, non ci sentiamo capaci di discernere il trono, che il profeta ha appena descritto, come potremo mai comprendere colui che vi siede sopra, I'invisibile e ineffabile Iddio?

É davvero impossibile capire bene che cosa sia Dio.

Quando osserviamo le sue opere, però, ci è possibile innalzare a lui delle lodi.

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimale, 9,1-3

3. - La lontananza da Dio acceca lo spirito

Se tu dicessi: « Mostrami il tuo Dio »; io ti direi: « Mostrami il tuo uomo e io ti mostrerò il mio Dio ».

Mostra quindi se gli occhi della tua mente vedono e se le orecchie del tuo cuore odono.

Infatti, come gli occhi corporei percepiscono gli oggetti che si muovono su questa terra, notando le differenze fra una cosa e l'altra, la luce e le tenebre, il bianco e il nero, il brutto e il bello, il simmetrico e l'asimmetrico, il proporzionato e il deforme ( e analogamente si deve dire a proposito di quanto è udito dalle orecchie: suoni acuti o gravi o armoniosi ), non diversamente le orecchie del cuore e gli occhi della mente possono vedere Dio.

Infatti, Dio può essere visto soltanto da coloro che sono in grado di vederlo, da coloro, cioè, che hanno gli occhi dello spirito ben aperti.

Infatti, sebbene tutti abbiano gli occhi, quelli di talune persone sono talora avvolti dall'oscurità e perciò incapaci di contemplare la luce del sole.

Se i ciechi non sono in grado di vedere nulla, non per questo la luce del sole non risplende: la causa è da ravvisarsi unicamente nella loro cecità.

Allo stesso modo, anche gli occhi del tuo spirito sono accecati dai tuoi peccati e dalle cattive azioni che commetti.

L'anima dell'uomo dev'essere pura come uno specchio terso.

Una volta formatasi la ruggine sullo specchio, il volto dell'uomo non può più riflettervisi: similmente, l'uomo offuscato dal peccato non può vedere Dio.

Mostra allora te stesso: se non sei adultero o libertino, ladro o brigante o saccheggiatore, sodomita o insolente o maldicente o collerico; fa' vedere se non sei invidioso o arrogante o superbo, violento o avaro o ribelle verso i tuoi genitori; se non sei venditore dei tuoi figli.

Infatti Dio non si manifesta a coloro che si comportano in questo modo, se non si siano dapprima purificati da ogni macchia.

Tutte queste cose portano le tenebre dentro di te, come quando sopraggiunge l'albugine nei tuoi occhi rendendoli incapaci di fissare la luce del sole.

Allo stesso modo, anche i tuoi peccati diffondono intorno a te l'oscurità in maniera che tu non possa più riconoscere Dio.

Teofilo di Antiochia, Ad Autolico, 1,2

4. - Dove comincia e dove finisce la conoscenza di Dio

Dio è sempre stato, è e sarà.

Ovvero, per dir meglio, sempre è.

Infatti « era » e « sarà » sono particelle del nostro tempo e dell'effimera natura.

Egli, al contrario, è colui che sempre è.

D'altronde, lui stesso si presenta così quando pronuncia l'oracolo a Mosè sul monte ( Es 3,14 ).

Egli racchiude infatti in se stesso tutto ciò che esiste, senza essere limitato, da parte sua, da nessun principio e da nessuna fine: uno sconfinato e interminabile mare di essere, al di là d'ogni concetto di tempo e di spazio.

Il pensiero umano può soltanto abbozzarne una vaga immagine, certamente inadeguata e imprecisa, percependo non già quanto in lui si trova, ma quanto lo circonda.

Raccogliendo così, una dopo l'altra, le impressioni che se ne ricavano, si perviene a un simulacro di verità che sfugge e sparisce ancor prima di essere posseduto e compreso, illuminando e purificando la nostra parte più nobile con la rapidità di un fulmine balenante davanti agli occhi.

Secondo la mia opinione, egli ci attrae a sé nella misura in cui noi siamo in grado di comprenderlo ( infatti, ciò che non può essere assolutamente compreso, nessuno lo desidera né cerca di raggiungerlo ).

Nella misura in cui si mostra incomprensibile alle nostre facoltà, egli suscita la nostra ammirazione verso di lui.

L'ammirazione, a sua volta, fa nascere un desiderio più intenso e, se lo ricerchiamo, egli ci purifica e, purificandoci, ci dà un aspetto divino: una volta che siamo divenuti tali, egli si intrattiene con noi, come con i suoi intimi.

Gregorio di Nazianzo, La nascita

5. - L'intelligenza umana è limitata

L'intelligenza è in grado di comprendere assai rapidamente; la lingua invece ha bisogno delle parole e di molte espressioni intermediarie del linguaggio.

Anche l'occhio percepisce simultaneamente, in un solo istante, un'immensa estensione di stelle.

Ma se uno poi vuole spiegarle una per una, che cosa sia Lucifero, che cosa sia Vespero e così dicendo per tutte le altre, allora ha bisogno di parecchie parole.

Allo stesso modo, anche il pensiero è capace di abbracciare in un attimo tutta la terra, il mare e l'universo intero.

D'altra parte, ancora una volta, ciò che il pensiero concepisce in un solo istante, può essere poi espresso soltanto con molte parole.

L'esempio che abbiamo appena illustrato è significativo, ma ancora troppo debole e non del tutto efficace.

Infatti, quando noi parliamo di Dio, non diciamo tutto ciò che ci sarebbe da dire, perché questo può essere noto soltanto a lui.

Noi affermiamo invece, nei nostri discorsi su Dio, unicamente quanto la nostra natura umana è in grado di comprendere su ciò che lo riguarda, quanto, cioè, la nostra limitatezza può giungere a sostenere.

Noi non possiamo spiegare che cosa è Dio.

Confessiamolo candidamente: noi non lo conosciamo.

Riconoscere la propria ignoranza delle cose che riguardano Dio, questa sì che è una dimostrazione di grande sapienza!

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimale, 6,2

6. - I gradi della conoscenza di Dio

Se qualcuno pretende di parlare delle cose che riguardano Dio, provi anzitutto, se vi riesce, a spiegare i confini della terra.

Vivi sulla terra, ma non conosci bene neppure il confine del tuo domicilio, cioè della terra stessa.

Come potrai allora conoscere adeguatamente il suo architetto?

Contempli le stelle, ma non vedi chi le ha fatte.

Conta a fondo dapprima tutte quelle che si offrono al tuo sguardo e soltanto allora provati a descrivere colui che ti è nascosto: colui che conta la moltitudine delle stelle e le chiama tutte per nome ( Sal 147,4 ).

Violenti temporali si abbatterono di recente su di noi; per poco le loro gocce non ci distruggevano; conta, se puoi, le gocce di pioggia che sono cadute nella nostra città; ma neppure nella città: quelle che sono cadute in un'ora sul tuo tetto, contale se puoi.

Ma non è possibile: riconosci la tua incapacità e impara da questa la potenza di Dio.

Infatti da lui sono state contate anche le gocce di pioggia ( Gb 36,27 ) cadute in tutto il mondo, e non soltanto ai nostri giorni, ma anche in ogni tempo.

Il sole è opera di Dio, ed è veramente grande.

Ma se lo paragoniamo con il firmamento in tutta la sua estensione, ci appare piccolissimo.

Ebbene, prova prima a guardare verso il sole, se vi riesci, e poi ricerca accuratamente il Signore.

Non scrutare le cose troppo profonde per te e non indagare quelle al di sopra di te; pensa piuttosto a quello che ti è richiesto ( Sir 3,22 ).

Qualcuno si domanderà: se l'essenza divina è incomprensibile, perché ne dai delle spiegazioni?

D'altra parte, rispondiamo, se è vero che io non posso bere tutta l'acqua di un fiume, forse che non ne potrò comunque attingere quanta me ne serve?

E ancora, se è vero che non è possibile sostenere la vista diretta del sole, non lo si potrà ugualmente guardare per quanto è necessario?

Oppure, entrando in un grande giardino, siccome non posso mangiare tutti i frutti, vuoi che per questo me ne vada via con la stessa fame di prima?

Lodo e glorifico colui che ci ha creato; divina è infatti la voce che così comanda: Ogni spirito lodi il Signore ( Sal 150,5 ).

Perciò mi accingo a celebrare il Signore con la lode, piuttosto che illustrarlo con le parole; nella certezza tuttavia che sarò lontanissimo dal glorificarlo come sarebbe conveniente, quantunque sia frutto della pietà il tentarlo in ogni modo.

Il Signore Gesù conforta infatti la mia debolezza, quando dice: Nessuno ha mai visto Dio ( Gv 1,18 ).

Ma non sta forse scritto, osserverà qualcuno, che gli angeli dei bambini contemplano sempre il volto del Padre mio che è nei cieli ( Mt 18,10 )?

Gli angeli, però, non vedono Dio com'è in se stesso, ma unicamente ciò che essi sono in grado di percepirne.

D'altronde, è Gesù stesso ad affermare: Nessuno ha visto il Padre, tranne colui che viene da Dio; costui ha visto il Padre ( Gv 6,46 ).

Gli angeli dunque riescono a vedere Dio soltanto nella misura in cui ne sono capaci, e anche per gli arcangeli è lo stesso.

I troni e le dominazioni, dal canto loro, lo vedono più dei primi, però in grado inferiore alla sua gloria.

Solo lo Spirito Santo infatti, insieme con il Figlio, è in grado di vedere come si conviene.

Egli scruta ogni cosa, e conosce anche le profondità di Dio ( 1 Cor 2,10 ); come, del resto, anche il Figlio unigenito, insieme con lo Spirito Santo, conosce il Padre in modo dovuto ( infatti nessuno conosce il Padre, dice, se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo abbia rivelato ( Mt 11,27 ).

Egli vede Dio com'è in realtà, e lo rivela con lo Spirito e attraverso lo Spirito, a misura della capacità di comprensione di ciascuno.

Dal momento che il Figlio unigenito, generato senza passione fin dall'eternità ( 2 Tm 1,9 ), è infatti partecipe con lo Spirito Santo della divinità paterna; egli conosce il genitore, e il genitore conosce colui che ha generato.

E allora, se è vero che neppure gli angeli lo conoscono ( è infatti l'Unigenito, come abbiamo detto, con lo Spirito e attraverso lo Spirito, a rivelarlo, secondo la capacità d'intendere di ciascuno ), nessun uomo si vergogni di confessare la propria ignoranza.

Adesso io parlo di queste cose, ma tutti ne parleranno a loro tempo.

Ma il « come » non possiamo certo esprimerlo a parole!

Come potrei mai spiegare con le parole che cosa sia colui che ci ha donato la capacità stessa di parlare?

Io che ho un'anima, e non sono capace di descriverne le qualità e le caratteristiche, in che modo potrò mai riuscire a parlare addirittura di colui che quest'anima mi ha donato?

Alla nostra pietà basti sapere che abbiamo un Dio: un Dio solo, Dio che esiste dall'eternità, sempre uguale a se stesso, che non ha padre; nessuno è più potente di lui, nessuno può abbattere il suo regno e dichiararsi suo successore; egli ha molti nomi, è onnipotente, la sua sostanza è semplice e omogenea.

Infatti, non perché è chiamato buono, giusto, onnipotente, Sabaoth, è da ritenersi per questo diverso o altro; al contrario, si deve riconoscere che, pur essendo unico e identico, realizza le infinite operazioni della divinità.

Iddio non è certo maggiore da una parte e inferiore dall'altra, ma in tutto rimane sempre identico a se stesso.

Non è grande, ad esempio, soltanto nella bontà, per essere poi più modesto nella sapienza; ma, al contrario, possiede in egual misura sapienza e bontà.

Non vede da una parte soltanto, mentre dall'altra è privato della vista; ma è tutto occhio, tutto udito, tutta intelligenza; non come noi perciò, che siamo intelligenti in una cosa, e ignoranti in un'altra: un'opinione del genere è blasfema e indegna della sostanza divina.

Il Signore conosce in anticipo tutti gli esseri, è santo e onnipotente, più buono di tutti, più grande di tutti, più sapiente di tutti.

Non potremo mai parlare della sua origine, del suo aspetto, della sua specie.

Infatti non udiste mai la sua voce, né vedeste il suo volto ( Gv 5,37 ), dice la divina Scrittura.

Per questo anche Mosè dice agli israeliti: Conservate nei vostri pensieri, ché non ne avete visto neppure un'immagine ( Dt 4,15 ); se, infatti, non è assolutamente possibile concepire neppure un'immagine di Dio, si potrà forse mai penetrare nella sua sostanza?

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimale, 6,4-7

7. - Pensiero e parola

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.

Anche noi, quando parliamo, diciamo delle parole.

Forse che a tali parole è simile questo Verbo che era presso Dio?

Le parole che noi diciamo echeggiano un istante nell'aria, e poi svaniscono.

Diremo allora che anche il Verbo di Dio ha cessato di esistere, non appena è stato pronunciato?

Ma come allora tutto è stato fatto per mezzo di lui, e niente senza di lui?

In che modo è retto da lui ciò che da lui è stato creato, se il Verbo non è che un suono che viene meno?

Che Verbo è, allora, questo che viene detto e poi non passa?

La carità vostra presti attenzione; l'argomento lo merita.

Ogni giorno pronunciamo parole che perdono per noi il loro valore, perché vengono meno non appena le abbiamo dette, e non sembrano nient'altro che parole.

C'è però anche nell'uomo una parola che rimane nell'intimo: il suono solo infatti esce dalla bocca.

É la parola che è detta nello spirito, quella che tu intendi dal suono delle parole, ma non è quel suono.

Vi faccio un esempio. Quando io dico: Dio, pronuncio una parola.

Come è breve questa parola: tre lettere e due sillabe!

Diremo noi allora che Dio è tutto qui: tre lettere e due sillabe?

O piuttosto, quanto da niente è la parola, tanto prezioso è il suo significato?

Che cosa è avvenuto nel tuo cuore quando hai udito: Dio?

Che cosa è avvenuto nel mio, quando ho detto: Dio?

Abbiamo pensato a una natura sommamente grande, che trascende ogni mutevole creatura carnale e animale.

E se ti chiedessi: Dio è mutevole o è immutabile?

Tu mi risponderesti subito: lontano dalla mia mente il pensare che Dio sia soggetto a qualche mutamento, poiché egli è immutabile.

La tua anima, seppur piccola, seppur forse ancora carnale, non ha potuto rispondermi in altro modo che così, che Dio è immutabile; ogni creatura invece è soggetta a mutamento.

Quale luce si è fatta in te, nella quale hai potuto intravedere ciò che è al di sopra di ogni creatura, per rispondermi, con tanta sicurezza, che Dio è immutabile?

Che cosa è questo, dunque, nel tuo cuore, quando pensi a una natura viva, eterna, onnipotente, infinita, ovunque presente, ovunque tutt'intera, da nessuna cosa circoscritta?

Quando tu pensi a codeste cose, questo è la parola di Dio nel tuo cuore.

Questa parola è, allora, solo quel suono formato da tre lettere e due sillabe?

Tutto ciò che si dice, passa, sono suoni, sono lettere, sono sillabe.

Questa parola che risuona, passa; ma ciò che il suono significa è nella mente sia di chi l'ha pronunciato, sia di chi l'ha udito; esso rimane anche quando è cessato il suono.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 1,8

8. - La via alla conoscenza

Ciò che sento in modo non dubbio, anzi certo, Signore, è che ti amo.

Folgorato al cuore da te mediante la tua parola, ti amai, e anche il cielo e la terra e tutte le cose in essi contenute, ecco, da ogni parte mi dicono di amarti …

Ma che amo, quando amo te? Non una bellezza corporea, né una grazia temporale, non lo splendore della luce, così caro a questi miei occhi, non le dolci melodie delle cantilene di ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne.

Nulla di tutto ciò amo, quando amo il mio Dio.

Eppure amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso nell'amare il mio Dio: la luce, la voce, l'odore, il cibo, l'amplesso dell'uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una luce non avvolta dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo non disperso dal vento, ov'è colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si annoda una stretta non interrotta dalla sazietà.

Ciò amo, quando amo il mio Dio.

Che è ciò? Interrogai la terra e mi rispose: « Non sono io »; la medesima confessione fecero tutte le cose che si trovavano in essa.

Interrogai il mare, i suoi abissi e i rettili con anime vive, e mi risposero: « Non siamo noi il tuo Dio; cerca sopra di noi ».

Interrogai i soffi dell'aria e tutto il mondo aereo con i suoi abitanti mi rispose: « Erra Anassimene [ filosofo di Mileto, vissuto nel VI secolo a.C., che indicò nell'aria il principio di tutte le cose ], io non sono Dio ».

Interrogai il cielo, il sole, la luna, le stelle: « Neppure noi siamo il Dio che cerchi », rispondono.

E dissi a tutti gli esseri che circondano le porte del mio corpo: « Parlatemi del mio Dio; se non lo siete voi, ditemi qualcosa di lui »; ed essi esclamarono a gran voce: « É lui che ci fece ».

Le mie domande erano la mia contemplazione; le loro risposte, la loro bellezza.

Allora mi rivolsi a me stesso e mi chiesi: « Tu, chi sei? »; e risposi: « Un uomo ».

Dunque, eccomi fornito di un corpo e di un'anima, l'uno esteriore, l'altra interiore.

A quali dei due chiedere del mio Dio, già cercato col corpo dalla terra fino al cielo, fino a dove potei inviare messaggeri, i raggi dei miei occhi?

Più prezioso è l'elemento interiore.

A lui tutti i messaggeri riferivano, come a chi governi e giudichi, le risposte del cielo e della terra e di tutte le cose là esistenti, concordi nel dire: « Non siamo noi Dio », e: « É lui che ci fece ».

L'uomo interiore apprese queste cose con l'ausilio dell'esteriore, io, l'interiore, le ho apprese, io, io, lo spirito per mezzo dei sensi del mio corpo.

Interrogai sul mio Dio la mole dell'universo, e mi rispose: « Non sono io, ma è lui che mi fece ».

Non appare a chiunque è dotato compiutamente di sensi questa bellezza?

Perché dunque non parla a tutti nella stessa maniera?

Gli animali piccoli e grandi la vedono, ma sono incapaci di fare domande, poiché in essi non è preposta ai messaggi dei sensi una ragione giudicante.

Gli uomini però sono capaci di fare domande, per scorgere quanto in Dio è invisibile, comprendendolo attraverso il creato ( Rm 1,20 ).

Sennonché il loro amore li asservisce alle cose create, e i servi non possono giudicare.

Ora queste cose rispondono soltanto a chi le interroga sapendo giudicare; non mutano la loro voce, ossia la loro bellezza, se uno vede soltanto? mentre uno vede e interroga, così da presentarsi all'uno e all'altro sotto aspetti diversi; ma, pur presentandosi a entrambi sotto il medesimo aspetto, essa per l'uno è muta, per l'altro parla; o meglio, parla a tutti, ma solo coloro che confrontano questa voce ricevuta dall'esterno, con la verità nel loro interno, la capiscono.

Mi dice perciò la verità: « Il tuo Dio non è la terra, né il cielo, né alcun altro corpo »; l'afferma la loro natura, lo si vede, essendo ogni massa minore nelle sue parti che nel tutto.

Tu stessa sei certo più preziosa del tuo corpo, io te lo dico, anima mia, poiché ne vivifichi la massa, prestandogli quella vita che nessun corpo può fornire a un altro corpo.

Ma il tuo Dio è anche per te vita della tua vita.

Agostino, Le Confessioni, 10,6

9. - Conoscenza dell'essere dal non essere

Quando Mosè disse al Signore: « Mostrati a me, che io ti possa vedere! » ebbe la risposta: Nessuno vedrà il mio volto e continuerà a vivere ( Es 33,20 ).

Con queste parole Mosè viene ammonito di porre freno alla sua brama e di riflettere invece alla grandezza delle sue colpe.

Ma anche Giovanni esclama: Dio non lo ha mai veduto nessuno; l'unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, egli ce lo ha manifestato ( Gv 1,18 ).

Il senso di questa espressione è che gli uomini non possono vedere Dio nella sua divina essenza, ma solo in quanto egli si manifesta alle sue creature per la grazia.

Qualcosa di simile vale per tutte le creature ragionevoli, anzi, per tutto ciò che esiste al di fuori di Dio.

Sullo stesso fondamento dice san Paolo: Al re dei secoli, incorruttibile, invisibile, all'unico Dio onore e gloria ( 1 Tm 1,17 ).

Dice che Dio è invisibile, non intende perciò dire che per alcuni è visibile e per altri invisibile; infatti solo ciò che è sempre invisibile non può mai essere visto da nessuno ed è per tutti invisibile.

Solo a questa condizione si può affermare l'invisibilità della divina natura.

E con questa idea concorda anche la seguente testimonianza: Il solo che possiede l'immortalità, e abita una luce inaccessibile, che da nessun uomo fu mai veduto, né mai potrà vedersi ( 1 Tm 6,16 ).

Che Dio poi, il quale tutto riempie con la sua gloria, sia onnipotente, lo confessa ad alta voce ogni uomo, e l'attesta anche il profeta dicendo: La sua potenza ricopre i cieli ( Ab 3,3 ).

Lo stesso ha espresso Salomone con altre parole: La gloria di Dio avvolge il Verbo ( Pr 15,2 ).

E lo stesso pensa di Dio Davide, quando dice: Ha fatto della tenebra il suo nascondiglio ( Sal 18,12 ).

Da queste testimonianze risulta chiaro che Dio è incomprensibile e invisibile.

Anche Isaia continua con le parole: E la casa fu ripiena di fumo ( Is 6,4 ), per indicare l'incomprensibilità e l'irraggiungibilità di Dio, avendo prima detto: Ho visto il Signore degli eserciti sedere su di un trono eccelso ed elevato ( Is 6,1 ).

Tutto intorno a lui è coperto di tenebra e nebbia, anche se egli può apparire, a coloro che vuole istruire, come gli sembra bene.

É questo il concetto anche di san Paolo, come ci dice questo passo: O abisso di ricchezza della sapienza e della scienza di Dio!

Quanto sono imperscrutabili i suoi disegni e impenetrabili le sue vie!

E chi ha conosciuto il pensiero del Signore, o chi gli ha dato consiglio?

Ovvero, chi per primo ha dato a lui, sicché gli si debba per questo il contraccambio.

Infatti da lui, per lui e in lui è tutto ( Rm 11,33-36 ).

E se in lui è tutto, anche i serafini.

E siano pur anche i maggiori fra tutte le creature e non sia Dio coperto innanzi a loro, tuttavia la divina maestà li abbraccia con tutto il resto del creato.

Infatti nelle parole « O abisso di ricchezza della sapienza e della scienza di Dio » vi è la prova dell'incomprensibilità divina.

E se lo stesso Apostolo in un altro passo scrive: Chi si avvicina a Dio deve credere che egli è ( Eb 11,6 ), in queste parole non si trova nulla che imponga la necessità di sapere chi o come egli è, ma solo che egli è.

Sappiamo dunque che vi è un Dio, e sappiamo anche ciò che egli non è; ma ciò che egli è e come egli è non lo possiamo sapere.

Ma siccome egli di fronte a noi ha tanta bontà e indulgente misericordia da farci conoscere qualcosa di lui, a noi è dato comprendere, dai benefici ricevuti, che egli esiste.

Ma come è fatto, nessuna creatura lo può comprendere, per l'abisso che la separa.

Per esprimermi dunque più esattamente: « Ciò che Dio non è, ci è noto; ma ciò che egli è, non lo possiamo sapere ».

Girolamo, Commento a Isaia, 6,1-7

10. - La forma, elemento permanente nel transitorio

Come l'anima è tutta la vita del corpo, così Dio è la vita beata dell'anima …

E ovunque a lui tu ti volga, egli ti parla nelle orme che ha impresso nell'opera sua.

E se tu cadi di nuovo nel mondo esteriore, egli ti richiama con le forme, che nello stesso mondo inferiore ha impresso, a quello interiore: e questo, affinché tu veda come tutto ciò che ti attrae nella sfera del corpo e ti lusinga col senso di vivere, è ordinato in numero.

Devi tu dunque ricercare da dove ha origine, devi ritornare in te stesso e considerare che tu non potresti né apprezzare, né disprezzare ciò che tocchi con i sensi corporei, se non portassi in te una precisa legge di bellezza, a cui tu sempre riconduci ciò che di bello attingi esteriormente con i sensi.

Guarda il cielo e la terra e il mare e tutto ciò che in essi brilla in alto o striscia in basso, vola o nuota!

Hanno forme, perché hanno precisi rapporti numerici; togli loro questo, e non saranno più nulla.

Da dove verranno dunque, se non da colui, da cui deriva il numero?

Esistono infatti solo in quanto sono numero …

Considera poi l'arte, da cui essi tutti provengono: esamina il suo tempo e il suo luogo: essa non è in qualche tempo, non è in qualche luogo, ma vive in essa il numero.

La sua posizione non è nello spazio, e la sua età non si misura in giorni, eppure, quando si tratta d'imparare l'arte, coloro che desiderano di diventare artisti muovono il loro corpo verso un luogo e in un tempo, ma muovono la loro anima al di sopra del tempo, poiché col passare del tempo acquistano un'esperienza sempre maggiore.

Ascendi perciò al di sopra dell'anima dell'artista per vedere in essa il numero che dura in eterno: subito la sapienza ti risplenderà nell'intimo dalla sua sede, dalla stessa stanza segreta della verità …

Se tu dunque vedi qualcosa di passeggero, non lo potresti percepire né con i sensi del corpo, né con la considerazione dell'anima, se non stesse fisso in forma e numero, senza di cui ricadrebbe nel nulla; perciò non dubitare: affinché questo essere transitorio non venga meno nel suo corso, ma continui, nell'inerzia del suo movimento e nella distinzione variopinta della sua forma, quasi a venir scandito come in versi nel corso dei tempi, a ciò vi è una forma eterna e immutabile, che non si muove nel luogo, quasi vagando qua e là, né si estende, né si muta nel tempo: ma per essa tutte le cose qui si formano e possono riempire e compiere la loro opera numerica di spazio e tempo.

Agostino, Il libero arbitrio, 2, 16,41-44

11. - Cosa è dunque il mio Dio?

Ma cielo e terra ti comprendono forse, perché tu li riempi? o tu li riempi, e ancora sopravanza una parte di te, perché non ti comprendono?

E dove riversi questa parte che sopravvanza di te, dopo aver riempito il cielo e la terra?

O non piuttosto nulla ti occorre che ti contenga, tu che tutto contieni, poiché ciò che riempi, contenendo lo riempi?

Davvero non sono i vasi pieni di te a renderti stabile.

Neppure se si spezzassero, tu ti spanderesti; quando tu ti spandi su di noi, non tu ti abbassi, ma noi elevi, non tu ti disperdi, ma noi raccogli.

Però nel riempire, che fai, ogni essere, con tutto il tuo essere lo riempi.

E dunque, se tutti gli esseri dell'universo non riescono a comprendere tutto il tuo essere, comprendono di te una sola parte, e la medesima parte tutti insieme? oppure i singoli esseri comprendono una singola parte, maggiore i maggiori, minore i minori?

Dunque, esisterebbero parti di te maggiori, e altre minori? o piuttosto tu sei intero dappertutto, e nessuna cosa ti comprende per intero?

Cosa sei dunque, Dio mio? Cos'altro, di grazia, se non il Signore Dio?

Infatti chi è Signore all'infuori del Signore, chi Dio, all'infuori del nostro Dio? ( Sal 18,32 ).

O sommo, ottimo, potentissimo, onnipotentissimo, misericordiosissimo e giustissimo, remotissimo e presentissimo, bellissimo e fortissimo, stabile e inafferrabile, immutabile che tutto muti, mai nuovo, mai decrepito, rinnovatore di ogni cosa, che a loro insaputa porti i superbi alla decrepitezza ( Gb 9,5 ); sempre attivo, sempre quieto, che raccogli senza bisogno; che porti e riempi e serbi, che crei e nutri e maturi, che cerchi mentre nulla ti manca.

Ami, ma senza smaniare, sei geloso e tranquillo, ti penti ma senza soffrire, ti adiri e sei calmo, muti le opere ma non il disegno, ricuperi quanto trovi e mai perdesti; mai indigente, godi dei guadagni; mai avaro, esigi gli interessi; ti si presta per averti debitore, ma chi ha qualcosa, che non sia tua?

Paghi i debiti senza dovere a nessuno, li condoni senza perdere nulla.

Che ho mai detto, Dio mio, vita mia, dolcezza mia santa?

Che dice mai chi parla di te? Eppure, sventurati coloro che tacciono di te, poiché sono muti ciarlieri.

Agostino, Le Confessioni, 1,3-1,4

12. - La ricerca, anche al di là dell'anima, di ciò che non muta

Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell'aria diffusa e soffusa.

Interroga la bellezza del cielo, interroga l'ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte.

Interroga le fiere che si muovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida.

Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli!

La loro bellezza li fa conoscere.

Questa bellezza mutevole … chi l'ha creata, se non la bellezza immutabile?

Nell'uomo stesso infine - per poter scoprire e riconoscere Dio, il creatore di tutto l'universo - nell'uomo stesso, dico, dunque, sono stati interrogati i due: l'anima e il corpo.

Gli inquirenti hanno interrogato ciò che essi stessi portavano: vedevano il corpo, ma non vedevano l'anima.

Vedevano attraverso gli occhi, ma dentro c'era chi guardava quasi da due finestre.

E se questo inquilino se n'è andato, la casa è crollata: se n'è andata via la guida, e ciò che è guidato cade, e proprio perché cade si dice che è « deceduto ».

Non sono illesi i suoi occhi? Eppure anche se sono aperti non vedono nulla.

Ecco le orecchie, ma colei che udiva se n'è andata; resta la lingua come strumento, ma il musicista che la suonava non c'è più.

Gli inquirenti hanno dunque interrogato questi due: il corpo, che si vede, e l'anima, che non si vede; e hanno trovato che ciò che non si vede è meglio di ciò che si vede: meglio è l'anima che si nasconde; da meno è la carne che è visibile.

Hanno visto l'uno e l'altra; li hanno interrogati, li hanno fatti oggetto di ricerca e hanno trovato che l'uno e l'altra nell'uomo sono mutevoli.

Mutevole è il corpo per l'età, perché si deteriora, perché si alimenta, perché cresce e si disfa, perché vive e muore.

Allora si sono rivolti all'anima, che concepivano come qualcosa di meglio e avevano ammirato come qualcosa di invisibile; ma scopersero che anch'essa è mutevole; ora vuole e ora non vuole; ora sa e ora non sa; ora ricorda e ora dimentica; ora teme e ora osa; ora si dedica alla saggezza, ora si abbandona alla stoltezza.

Hanno visto dunque che è mutevole e perciò sono andati al di là di essa stessa: hanno cercato così qualcosa di immutabile.

E in questo modo sono giunti a riconoscere Dio.

Agostino, Discorsi, 241,2-3

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