Teologia dei Padri |
Annunciamo la venuta di Cristo, non la prima solo, ma anche una seconda, molto più bella della prima.
La prima fu una manifestazione di pazienza, la seconda porta il diadema della regalità divina.
Tutto è per lo più duplice nel Signore nostro Gesù Cristo: doppia la nascita, una da Dio prima dei secoli, una dalla Vergine alla fine dei secoli; doppia la discesa: una oscura, come ( rugiada ) sul vello ( Gdc 6,36-40; Sal 72,6 ), l'altra piena di splendore: quella che verrà.
Nella prima venuta fu avvolto in panni nella mangiatoia, nella seconda è circondato di luce come d'un mantello.
Nella prima subì la croce, subì disprezzi e vergogna; nella seconda viene sulle schiere degli angeli che l'accompagnano, pieno di gloria.
Non fermiamoci dunque alla prima venuta solamente, ma aspettiamo anche la seconda.
Nella prima abbiamo detto: Benedetto colui che viene nel nome del Signore ( Mt 21,9 ), e nella seconda lo ripeteremo ancora: insieme con gli angeli andremo incontro al Padrone, ci getteremo ai suoi piedi e diremo: « Benedetto colui che viene nel nome del Signore ».
Viene il Salvatore non per essere nuovamente giudicato, ma per chiamare in giudizio quelli che lo condannarono.
Egli, che tacque la prima volta quando fu giudicato, lo ricorderà agli scellerati che osarono crocifiggerlo, dicendo: Questo facesti, e tacqui ( Sal 50,21 ).
Per la divina economia, venne allora ad ammaestrare gli uomini con la persuasione; ora invece per regnare su di loro a forza, anche se non lo vogliono.
Di queste due venute dice il profeta Malachia: E subito verrà al suo tempio il Signore, che voi cercate ( Ml 3,1 ).
Ecco la prima venuta.
Invece della seconda venuta dice: E l'angelo del testamento che voi cercate.
Ecco, viene il Signore onnipotente: chi sosterrà il giorno della sua venuta, chi sopporterà la sua vista?
Si appresserà infatti come il fuoco della fornace, come la soda dei lavandai, si siederà per fondere e pulire ( Ml 3,2-3 ).
E subito dopo il Salvatore stesso dice: Vi verrò incontro per fare giustizia, e sarò un testimone pronto contro gli avvelenatori e gli adulteri, contro quelli che nel mio nome giurano il falso ( Ml 3,5 ).
Già Paolo allude a queste due parusie scrivendo a Tito: É apparsa la grazia di Dio, salvatore di tutti gli uomini, e ci ha insegnato a rinnegare l'empietà e le cupidigie mondane, e a vivere in questo mondo con temperanza, con giustizia e pietà, aspettando la beata speranza e la manifestazione gloriosa del nostro grande Iddio e salvatore Gesù Cristo ( Tt 2,11-13 ).
Per questo nella fede che a noi è annunciata anche oggi ci è tramandato di credere in colui « che è asceso al cielo, siede alla destra del Padre, e verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine ».
Viene dunque il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; viene nella gloria alla fine di questo mondo, nell'ultimo giorno; ci sarà infatti la fine di questo mondo e il mondo creato sarà rinnovato.
Infatti la corruzione, il furto, l'adulterio e ogni specie di delitto si è effuso sulla terra e nel mondo si è mescolato sangue al sangue; affinché perciò questa mirabile dimora non resti oppressa dall'iniquità, se ne va questo mondo perché ne sia inaugurato uno migliore.
Vuoi una dimostrazione di ciò dai detti scritturistici?
Odi Isaia che dice: Il cielo si avvolgerà come una pergamena e tutte le stelle cadranno come le foglie dalla vite, come cadono le foglie dal fico ( Is 34,4 ).
E il Vangelo dice: Il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore e gli astri cadranno dal cielo ( Mt 24,29 ).
Non affliggiamoci come se noi soli dovessimo finire: anche le stelle finiscono, ma forse di nuovo risorgeranno.
Il Signore arrotola i cieli, non per distruggerli, ma per farli risorgere più belli.
Ascolta il profeta Davide che dice: In principio tu, Signore, hai fondato la terra, e opera delle tue mani sono i cieli.
Essi periranno, ma tu rimani ( Sal 102,26 ).
Ma qualcuno obietterà: « Però dice chiaramente che periranno ».
Ma ascolta in che senso dice « periranno »: è chiaro da ciò che segue: E tutti invecchieranno come un vestito e tu li avvilupperai come un mantello: ed essi muteranno ( Sal 102,27 ).
Si parla infatti come di una morte di un uomo, come sta scritto: Vedete in che modo perisce il giusto, e nessuno se la prende a cuore ( Is 57,1 ), ma se ne aspetta la risurrezione; così aspettiamo quasi la risurrezione dei cieli.
Il sole si muterà in tenebre e la luna in sangue ( Gl 2,10; At 2,20 ).
Notino questo i convertiti dal manicheismo: non attribuiscano più la divinità agli astri, né ritengano empiamente che questo sole, il quale si oscurerà, sia Cristo.
E ascolta ancora il Signore che dice: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno ( Mt 24,25 ).
Le parole del Signore non possono paragonarsi alle realtà create.
Le realtà visibili passano e vengono le realtà che aspettiamo, più belle delle presenti: ma nessuno ne ricerchi curiosamente il tempo: Non sta in voi - è detto infatti - conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato in suo potere ( At 1,7 ).
Non osare dunque di stabilire il tempo in cui ciò avverrà; ma neppure, al contrario, non adagiarti supinamente: Vigilate - è detto infatti -, perché nell'ora in cui non aspettate, il figlio dell'uomo verrà ( Mt 24,44 ).
Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 15,1-4
Solleva il tuo pensiero a quel giorno tremendo in cui Cristo verrà!
Non vedrai coppie di muli candidi né bighe auree e neppure draghi e serpenti sulle vesti, ma uno spettacolo pieno di tanto orrore, causa di tanto spavento, che le stesse potenze celesti ne saranno sbigottite; è detto infatti: Le potenze dei cieli si scuoteranno ( Mt 24,29 ).
Poi si spalanca tutto il cielo, si aprono le porte delle sue volte, il Figlio unigenito di Dio scende circondato non da venti, non da cento uomini armati, ma da migliaia, da decine di migliaia di angeli, arcangeli, cherubini, serafini e altre potenze celesti.
Tutto è pieno di paura e terrore; la terra si spalanca; tutti gli uomini, da Adamo fino a quelli di quei giorni ascenderanno dalla terra e saranno raccolti davanti a lui, che apparirà in tanta gloria da nascondere, col suo splendore, la luna, il sole e ogni luce.
E quale parola è mai in grado di descrivere tale beatitudine, tale splendore, tale gloria?
Ahimè, anima mia! Ora tocca piangere e gemere molto, pensando da quali beni siamo decaduti, quale beatitudine abbiamo perso - parlo di me ora -, se non faremo qualcosa di grande e mirabile!
Nessuno mi parli della geenna, perché esser decaduti da tanta gloria è peggio di ogni geenna ed esser privati di tanta sorte è peggio di mille castighi.
Eppure stiamo a bocca spalancata davanti ai beni terreni e non notiamo la malizia del diavolo che per mezzo di piccole cose ci priva di realtà grandi e ci dà del fango per rapirci l'oro; o meglio, per rapirci il cielo ci mostra un'ombra, per strapparci dalla verità e ingannarci con dei sogni - questo sono infatti le ricchezze presenti -, e per farci restare i più poveri di tutti nel giorno che verrà.
Pensando a ciò, fuggiamo, per quanto in ritardo, l'inganno demoniaco e rivolgiamoci al futuro.
Non possiamo dire di non aver conosciuto la transitorietà della vita presente, dato che le cose stesse ogni giorno ne proclamano, più alto di uno squillo di tromba, la vanità, la risibilità, la vergogna, i pericoli, i baratri.
Che scusa avremo noi, che seguiamo con tanto ardore ciò che è pieno di pericolo, di vergogna, mentre fuggiamo ciò che è certo, ci riempie di gloria e di splendore?
Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Romani, 15,10-11
Dobbiamo esaminare se la futura venuta del Salvatore nella gloria si svolgerà in un luogo particolare, o se dobbiamo trovare un'altra spiegazione.
Come sarebbe quel luogo infatti, per poter riunire in uno sguardo tutti gli angeli che vengono con Cristo e tutte le genti ivi radunate?
E che si deve dire del suo trono di gloria?
Pensi che sia un seggio naturale?
O anche questo punto necessita di un'interpretazione più sottile?
Per questo chi vuole comprendere tutto spiritualmente può trovare molta sapienza anche in ciò.
Certo, è pericoloso esporre questi argomenti, ma al fine di non abbandonare, tacendo ciò che presenta maggiori difficoltà, quelli che in essi si sentono spinti a fluttuare, esponiamo poco, del molto, in quanto è possibile.
Ritengo dunque che il tempo della venuta di Cristo avrà luogo quando la rivelazione di Cristo e della sua divinità sarà tale che non solamente nessuno dei giusti, ma anche nessuno dei peccatori ignorerà Cristo in ciò che è e, al suo cospetto, i peccatori conosceranno i propri peccati e i giusti vedranno chiaramente a quale risultato li avranno condotti i semi della loro giustizia.
Questo significano le parole: Si raccoglieranno davanti a lui tutte le genti ( Mt 25,32 ).
Se ora infatti, che non tutti conoscono Cristo in ciò che è e quelli che sembrano conoscerlo non lo conoscono apertamente, ma solo nella fede si presentano al suo cospetto quando per mezzo della fede giungono a conoscerlo, quanto è più giusto invece dire che tutte le genti si radunano e si raccolgono davanti a lui, quando apertamente a tutti, ai buoni e ai cattivi, ai credenti e ai non credenti, egli sarà manifesto, non più trovato con la fede o la ricerca diligente, ma presentato nella manifestazione stessa della sua divinità?
Non in un luogo particolare apparirà il Figlio di Dio quando apparirà nella sua gloria - e in un altro luogo non apparirà -, ma come appare la folgore, secondo il paragone col quale egli stesso ha voluto illustrare la sua venuta, dicendo: Se vi diranno: Eccolo nel deserto, non uscite; eccolo in casa, non credeteci: infatti come la folgore guizza da oriente e appare fino all'occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo ( Mt 24,27 ).
Come infatti la folgore guizza da oriente, e perché riempie tutto il cielo appare fino all'occidente, così quando Cristo verrà nella sua gloria, per il fatto di essere ovunque presente, sarà al cospetto di tutti e tutti saranno al suo cospetto, e si raduneranno così davanti al trono della sua gloria, cioè davanti al suo regno e alla possanza del suo dominio.
Il suo trono, o saranno alcuni santi più perfetti, di cui sta scritto: Perché ivi sedettero le sedi in giudizio ( Sal 122,5 ), oppure alcune potenze angeliche, delle quali è detto: Sia i troni, sia le dominazioni ( Col 1,16 ).
Dunque il re dei secoli, il Logos, che ha assunto la forma umana, siederà sopra questo trono della sua gloria, e si raduneranno davanti a lui tutte le genti, non più divise in molteplici e false concezioni di lui; in questo senso staranno davanti a lui: non intendiamo che tutte le genti gli si raduneranno avanti in senso locale, come neppure riteniamo che in senso locale i giusti diranno le parole che diranno.
Fino a quando gli empi vanno errando, non conoscendo né sé né Cristo, avvolti dalle tenebre dell'errore, fino a quando i giusti conosceranno se stessi solo parzialmente, come in uno specchio, in enigma ( 1 Cor 13,12 ), e non in ciò che essi veramente sono, fino a quel tempo, dunque, i buoni non saranno separati dai cattivi.
Ma quando, per la parusia del Figlio di Dio, tutti giungeranno a una vera autocomprensione, allora il Salvatore separerà i buoni dai cattivi.
Origene, Commento al Vangelo di san Matteo, 70
Salomone, il più sapiente dei re d'Israele che regnò in Gerusalemme, iniziò con queste parole il suo libro intitolato Ecclesiaste ( accolto anche dai giudei nel canone delle sacre Scritture ): Vanità delle vanità - disse l'Ecclesiaste - vanità delle vanità e tutto è vanità.
Che guadagno ha l'uomo da ogni sua fatica che compie sotto il sole? ( Qo 1,2-3 ).
Poi, riportando tutto a tale sentenza, ricorda i dolori e gli errori di questa vita, il corso vano del tempo, in cui nulla di solido, nulla di stabile resta; e, fra la vanità di tutte le cose esistenti sotto il sole, deplora anche che, pur essendo eccelsa la sapienza sulla sciocchezza come la luce sulle tenebre e pur avendo il sapiente gli occhi in capo mentre lo stolto cammina nelle tenebre, tuttavia tutti corrono alla stessa sorte in questa vita; certo, in questa vita che si svolge sotto il sole: e vuole alludere con ciò a quei mali che vediamo comuni ai buoni e ai cattivi.
Dice inoltre che i buoni soffrono mali come se fossero cattivi e i cattivi, come se fossero buoni, raggiungono i beni, discorrendo così: Una vanità che si trova sulla terra è che vi sono giusti, addosso ai quali vengono i mali come se avessero agito empiamente, e vi sono empi, su di cui si riversano i beni come se avessero agito con rettitudine.
Lo ripeto: anche questo è vanità ( Qo 8,14 ).
In questa vanità, a denunciare la quale quell'uomo sapientissimo dedicò tutto questo libro - certo senz'altro scopo che quello di farci desiderare quella vita in cui non vi è vanità sotto il sole, ma verità sotto colui che fece questo sole -, in questa vanità dunque, non è forse che l'uomo, fatto simile alla stessa vanità ( Sal 144,4 ), svanisce per giusto e retto giudizio di Dio?
Ma nei giorni della sua vanità, conta molto se egli resiste alla verità o le obbedisce, e se è privo di vera pietà o ne è ricco: non per acquistare i beni di questa vita ed evitare i mali passeggeri - e in questo modo svanire -, ma in vista del giudizio futuro, in base al quale i beni resteranno senza fine ai buoni, e i mali ai cattivi.
Perciò questo saggio così concluse il suo libro, dicendo: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché ciò è tutto l'uomo.
Infatti tutte queste opere Dio le addurrà in giudizio, anche quelle dell'uomo disprezzato, siano esse buone o cattive ( Qo 12,13-14 ).
Cosa avrebbe potuto dire più in breve, con più verità e più salutarmente che: « Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché ciò è tutto l'uomo »? Chiunque esiste, è questo: custode fedele dei comandamenti di Dio; perché chi non è questo, non è nulla; non si conforma infatti all'immagine della verità e resta nella sua somiglianza alla vanità.
« Infatti tutte queste opere », cioè tutto quello che l'uomo fa in questa vita « siano esse buone o cattive Dio le addurrà in giudizio, anche quelle dell'uomo disprezzato », cioè anche per colui che sembra disprezzabile quaggiù e perciò non viene tenuto in conto; infatti Dio lo vede e non lo disprezza né lo trascura nel giudizio.
Agostino, La città di Dio, 20,3
Quando Dio vorrà richiamare alla memoria di tutti ciò che avranno fatto di bene o di male, affinché ciascuno ne sia conscio, e tutto ciò che sarà avvenuto in tutta la vita di ciascuno, lo farà con una forza ineffabile.
Non come noi, che se vogliamo richiamare alla memoria qualcosa, abbiamo bisogno di tempo sufficiente per seguire ciò che abbiamo detto, ciò che ci porta al ricordo di quel che vogliamo rievocare; non farà così Dio quando vorrà che ci ricordiamo delle azioni compiute in questa vita, affinché consci del nostro operato, ci sia chiaro il motivo del castigo o del premio.
Se qualcuno poi non crede alla celerità di Dio nel far ciò, costui certamente non ha ancora compreso che Dio ha creato tutto e non ha avuto bisogno di tempo per fare l'immensità del cielo e della terra e quanto in essi è contenuto; sebbene, infatti, sembra che li abbia creati in sei giorni, bisogna che comprendiamo in qual senso ciò è stato detto …
Origene, Commento al Vangelo di san Matteo, 14,9
Non solo sul fedele, ma anche sul pagano avrà luogo il giudizio più retto.
Dio, che conosce il futuro, sapeva che egli non avrebbe creduto; perciò gli diede, ciò nondimeno, la sapienza per poter giungere fino alla perfezione a lui possibile, ma prima del tempo della fede.
Gli diede il sole, la luna e le stelle da onorare; Dio infatti le ha create, come dice la legge, per i popoli pagani, perché non fossero completamente empi e non venissero completamente distrutti.
Tuttavia, quelli che mostrarono di non comprendere neppure questo comando e onorarono immagini di metallo fuso, saranno giudicati, a meno che non facciano penitenza: gli uni, perché non vollero credere a Dio, quantunque lo abbiano conosciuto; gli altri perché, pur volendolo, non giunsero al punto di diventare credenti.
Ma saranno giudicati anche coloro che dalla venerazione delle stelle non trovarono la via al Creatore; era infatti una via concessa ai popoli pagani, perché appunto attraverso la venerazione delle stelle potessero innalzarsi a Dio.
Quelli però che non vollero neppure fermarsi alle stelle loro date, ma si abbassarono giù fino alla pietra e al legno, sono quelli che, come sta scritto, sono come pula, come una goccia da un secchio ( Is 40,15 ).
Costoro non saranno certo accolti nella schiera di quelli che si salveranno, e non potranno restare membra del corpo [ cioè della Chiesa ].
Clemente Alessandrino, Stromata, 6, 110,3-111,2
Diciamo anzitutto che il giudizio di Dio deve venir ritenuto pieno e perfetto, perché è ultimo, e perciò definitivo; e anche giusto, non trascurando nulla; e anche degno di Dio: per la sua grande pazienza, è pieno e perfetto.
Questa sua pienezza e perfezione avrà luogo solo se l'uomo gli si presenterà nella sua totalità.
E l'uomo intero risulta chiaramente dall'unione di due sostanze: deve perciò presentarsi al giudizio nell'una e nell'altra, perché deve essere giudicato nella sua totalità; nell'unione cioè di quelle due sostanze, senza le quali non sarebbe vissuto.
Come visse, così deve essere giudicato, perché il giudizio concernerà il modo in cui visse.
La vita è la causa del giudizio: questo dovrà vagliare tutt'e due le sostanze nelle quali la vita volse il suo corso.
Orbene, già prima ancora nel corso della vita, scindano i nostri avversari l'unità di anima e di corpo per osare farlo poi anche nella ricompensa della vita: negano l'unione nell'operare, per poter poi a buon diritto negare l'unità nella ricompensa.
Alla sentenza divina non sia presente la carne, ma solo se non sarà in causa.
L'anima venga convocata sola, ma solamente se sola decedette.
Ma essa non decedette sola, piuttosto sola si staccò da ciò da cui decedette: parlo cioè di questa vita.
Ma tanto poco l'anima passò sola questa vita, che neppure per i pensieri, anche soli, anche non condotti a effetto col concorso della carne, si può prescindere dall'unione con la carne.
Ciò che avviene nel profondo dell'animo, l'animo lo effettua nella carne, con la carne e per mezzo della carne …
Anche senza opere e senza realizzazioni, il pensiero è un atto della carne …
L'anima non è mai senza carne, fino a quando è nella carne.
E nulla fa senza quella nella quale è …
Se nell'anima si muove qualcosa, il volto lo indica: la faccia è lo specchio di ogni intenzione.
Negano perciò l'unione nelle opere, essi che non possono negarla nei pensieri!
Vanno poi enumerando tutti i delitti della carne: sarà dunque condannata al supplizio.
Noi però rinfacciamo loro anche le virtù della carne: sarà dunque premiata per il bene compiuto.
Anche se l'anima in tutto dirige e agisce, la carne in tutto obbedisce.
Non si può credere che Dio sia un giudice ingiusto o inerte: ingiusto, se escludesse dal premio quella che partecipò alle buone opere; inerte, se escludesse dal castigo quella che partecipò alle azioni cattive.
Del resto, anche una sentenza umana è ritenuta tanto più perfetta, quanto più si estende anche agli esecutori secondari dell'azione, non ignorandoli né evitando loro insieme con gli autori principali, la giusta pena o ricompensa.
Tertulliano, La risurrezione della carne, 14-15
Se non avesse mai luogo un giudizio sulle opere degli uomini, nulla costoro avrebbero in più degli animali irragionevoli; o meglio, sarebbero più infelici di essi, perché sarebbero soggetti alle passioni e dovrebbero dedicarsi alla pietà, alla giustizia e alle virtù.
Sarebbe migliore la vita degli animali, delle bestie, la virtù non avrebbe senso, la minaccia del giudizio farebbe semplicemente ridere e il bene più grande sarebbe abbandonarsi al piacere.
Sarebbe legge, sarebbe dogma di tutti il detto tanto caro ai libertini e ai ghiottoni: Mangiamo e beviamo, perché domani morremo! ( Is 22,13; 1 Cor 15,32 ).
Secondo alcuni, il fine di una tale vita non sarebbe neppure il piacere, ma uno stato di assoluta indifferenza.
Ma, se il Creatore degli uomini ha cura delle sue creature, e resta una qualche distinzione tra chi è vissuto bene e chi è vissuto male, il giudizio potrebbe aver luogo o nella vita presente, mentre durano ancora quelli che vivono nel vizio o nella virtù, oppure dopo la morte, mentre essi sono ancora in stato di separazione e dissoluzione.
Ma in nessuno di questi due casi è possibile che il giudizio si conservi veramente giusto.
Nella vita presente né i buoni hanno il premio della virtù, né i cattivi il castigo del vizio.
Non voglio ricordare che nella vita presente la natura mortale non sarebbe in grado di scontare una pena adeguata per le pene più gravi o più numerose.
Un ladro, un potente, un tiranno, che ha ucciso mille e mille volte ingiustamente, non può certo scontare con la sua semplice morte la pena di tutto ciò.
Chi non vuole farsi di Dio una giusta opinione, chi vive nell'insolenza e nella bestemmia, chi disprezza le realtà divine, calpesta le leggi, usa violenza ai fanciulli e alle donne, distrugge ingiustamente le città, incendia le case con i loro abitanti, devasta le nazioni, cancella una comunità, una stirpe o addirittura un popolo intero, come potrebbe costui essere tanto forte nel suo corpo mortale da poter scontare una pena degna di tanti delitti, dato che la morte impedisce il giusto contraccambio, e la natura mortale non è in grado di sostenere il castigo neppure di una sola di tante scelleratezze?
Si dimostra dunque che il giusto giudizio non ha luogo nella vita presente; ma neppure subito dopo la morte.
La morte infatti o è l'estinzione completa della vita in cui l'anima si dissolve e va distrutta insieme con il corpo, oppure l'anima continua a sussistere da sé, intatta, indissolta, incorrotta, e solo il corpo si dissolve e si corrompe e cessa di conservare il ricordo delle azioni passate e la percezione degli influssi dell'anima.
Se la vita umana si estingue completamente, è chiaro che finisce ogni cura per gli uomini che più non sono, né si fa distinzione fra quelli che vissero nel vizio e quelli che vissero nella virtù.
Ma così si accumulano le nefandezze della vita irrazionale e gli sciami di assurdità che ne conseguono e soprattutto quello che è l'apice della perversione: la negazione di Dio.
Se, invece, il corpo va distrutto e tutte le sue particelle tornano ai loro elementi, mentre l'anima continua a sussistere in sé e non si dissolve, anche in questo caso non avrebbe luogo su di lei il giudizio, perché non vi sarebbe giustizia.
Non si può ammettere che da parte di Dio o presso Dio abbia luogo un giudizio a cui manchi la giustizia; e non vi è giustizia nel giudizio in cui non si tenga conto di chi ha operato il bene e il male.
Quegli infatti che ha compiuto le azioni che si giudicano, era l'uomo, non l'anima da sola.
In breve, tale opinione non bada affatto a ciò che è giusto.
Se vengono premiate le buone azioni, si commette aperta ingiustizia verso il corpo: ebbe parte con l'anima alla fatica di quelle opere buone, e non ha parte invece all'onore che premia quelle opere buone, e mentre l'anima spesso ottiene indulgenza di alcuni trascorsi per l'imperfezione e la debolezza del corpo, il corpo stesso viene escluso da quelle opere buone, per le quali nella vita affrontò tanta fatica.
Se invece vengono giudicati i trascorsi, non si salva la giustizia per l'anima, se essa sola deve pagare per quello che essa ha commesso per l'irrequietezza del corpo che l'ha trascinata alle proprie brame, ai propri moti, lo ha commesso a volte rapita e ingannata, a volte tratta violentemente, a volte accondiscendendo al corpo, per amore e cura di esso, per il suo benessere.
Non è forse ingiustizia se l'anima viene condannata da sola per quello verso cui, di sua natura, essa non ha affatto brama, attrazione, come la lussuria, la violenza, l'avarizia, l'ingiustizia e i peccati conseguenti?
La maggior parte di questi vizi nasce dal fatto che gli uomini non sanno dominare le proprie passioni tumultuanti; ed esse tumultuano per le necessità e il bisogno del corpo, per la cura e l'attenzione che se ne ha.
Alla soddisfazione di queste necessità corporali mirano infatti ogni possesso e più ancora il suo uso, e inoltre le nozze e gli affari materiali …
Come può essere giusto che l'anima venga condannata da sola per quello che il corpo prova per primo e a cui attrae l'anima per intima e necessaria unione nel sentire e nell'agire?
L'attrazione e il piacere, la paura e il dolore, ove ogni sregolatezza è degna di condanna, prendono le mosse dal corpo; i peccati che ne conseguono e i castighi dei peccati, è forse giusto attribuirli all'anima sola, che non ha nessuno di tali bisogni, né attrazione, né paura, né impressione per ciò verso cui l'uomo si sente mosso da passione?
Se poi ammettiamo che le passioni siano non solo del corpo, ma dell'uomo - ed è un pensiero giusto, perché la sua vita consta di due elementi - non possiamo dire tuttavia che essi concernano l'anima, se ne esaminiamo con esattezza la natura.
Dato che non ha bisogno di cibo alcuno, non ha certo inclinazione alcuna verso ciò di cui non ha bisogno; sussiste e non si sente attratta verso ciò che non può usare: non potrebbe soffrire per mancanza di beni o di denaro, perché non la riguardano.
Dato poi che è superiore anche alla distruzione, nulla teme che la possa distruggere: non teme né fame né malattia, né mutilazione né rovina, né fuoco né ferro: da tutto ciò non può avere né danno né dolore, perché ciò che è corporeo e le virtù corporee non la toccano affatto.
Dunque, se è assurdo attribuire propriamente all'anima le passioni, limitare all'anima sola i peccati che dalle passioni derivano e i loro castighi, è un'ingiustizia enorme, è cosa indegna del giudizio di Dio …
L'assurdità più grande è imporre dunque la legge all'uomo intero e limitare all'anima sola la mercede per la trasgressione o l'osservanza della legge.
Chi riceve la legge riceve giustamente il castigo per la trasgressione della legge; ma è l'uomo tutto che riceve la legge, non l'anima sola; perciò l'uomo deve scontare la pena dei peccati, e non l'anima da sola.
Atenagora, La risurrezione dei morti, 19-21.23
Non sappiamo per quale giudizio di Dio quel buono sia povero, e questo cattivo sia ricco; perché goda questi, che per i suoi costumi scellerati ci sembra dovrebbe meritare di soffrire; e perché sia afflitto quegli, la cui vita onesta ci fa pensare che dovrebbe godere.
Parimenti, perché l'innocente esca dal giudizio non solo senza soddisfazione, ma addirittura condannato, o per l'iniquità del giudice o per il peso delle testimonianze false; e perché al contrario il suo iniquo avversario, non solo impunito ma anche soddisfatto, esulti di gioia.
E perché l'uomo empio ha buona salute, mentre l'uomo pio marcisce nella malattia; perché giovani rapinatori stanno benissimo, mentre fanciulli, che non hanno potuto offendere nessuno neppure a parole, sono afflitti da molteplici e atroci malattie.
E perché un uomo utile al genere umano, viene rapito da morte immatura mentre chi sembra che non avrebbe dovuto neppure nascere, vive a lungo.
Perché chi è pieno di delitti, viene innalzato ai più alti onori, mentre un uomo senza macchia resta nascosto nelle tenebre di una condizione oscura; e molti altri casi simili, ma chi li raccoglie, chi li passa in rassegna?
Se poi questa realtà, che sembra un assurdo, fosse tanto costante che in questa vita - nella quale l'uomo, come dice il sacro salmo è simile alla vanità e i cui giorni passano come ombra ( Sal 144,4 ) - solo i cattivi ottenessero i beni transitori e terreni e solo i buoni soffrissero tali mali, ciò potrebbe mettersi in rapporto col divino giudizio, giusto o almeno benigno: coloro che non raggiungeranno i beni eterni che rendono beati, vengono, per mezzo dei beni temporali, o ingannati per malizia loro, o consolati per misericordia di Dio; mentre coloro che non soffriranno i tormenti eterni, vengono afflitti mediante mali temporali, o per i loro peccati, quale ne sia la natura e per quanto piccoli essi siano, o messi alla prova per perfezionare le loro virtù.
Ma ora stanno nel male non solo i buoni e nel bene non solo i cattivi, il che sembrerebbe ingiusto, ma spesso anche ai cattivi cadono addosso mali e sui buoni si riversano beni: tanto più imperscrutabili si fanno così i giudizi di Dio, e insondabili le sue vie.
Perciò, anche se non sappiamo per quale giudizio Dio così faccia o così permetta che avvenga, lui presso il quale risiede somma virtù, somma sapienza e somma giustizia, e nel quale non v'è nessuna debolezza, nessuna temerità e nessuna iniquità: impariamo tuttavia - per la nostra salvezza - a non dare troppo peso a quei beni e a quei mali che vediamo essere comuni ai buoni e ai cattivi, e d'altra parte a ricercare quei beni che sono propri dei buoni e a fuggire quei mali che sono propri dei cattivi.
E quando giungeremo a quel giudizio di Dio, il cui tempo viene detto esattamente giorno del giudizio e qualche volta giorno del Signore, riconosceremo la giustizia di ogni divino giudizio, non solo di quelli che verranno emessi allora, ma di tutti quelli che furono emessi dall'inizio e saranno stati emessi fino allora.
E anche apparirà chiaro per quale giusto giudizio di Dio, ora molti, anzi tutti i divini giudizi, siano nascosti al senso e alla mente dei mortali; quantunque non sia celata alla fede dei buoni la giustizia di ciò che è celato.
Agostino, La città di Dio, 20,2
E allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo ( Mt 24,30 ), ossia la croce, che risplenderà più del sole: l'astro celeste si oscurerà e si nasconderà; la croce invece, apparirà.
E non potrebbe apparire se non fosse più luminosa dei raggi del sole.
Per quale motivo, dunque, apparirà il segno della croce?
Per reprimere completamente l'impudenza dei giudei.
Avendo Cristo nella croce il sommo diritto di giudicare, si presenterà a quel tribunale mostrando non solo le sue piaghe, ma facendo altresì vedere il segno della sua ignominiosissima morte.
Allora si batteranno il petto le tribù ( Mt 24,30 ): quando vedranno la croce non avranno più bisogno di accusa, ma si batteranno il petto, perché non hanno tratto vantaggio dalla morte di Cristo, avendo crocifisso colui che avrebbero dovuto adorare.
Avete notato come Gesù dipinga a foschi e spaventosi colori il suo avvento?
E come, d'altra parte, incoraggi l'animo dei suoi discepoli?
Allo scopo di confortarli, manifesta dapprima ciò che di più terribile si compirà, per sottolineare in seguito quanto accadrà di lieto e vantaggioso.
Ricorda nuovamente la sua passione e risurrezione e rievoca la croce, presentandola sotto l'aspetto più luminoso, affinché la vergogna e il dolore non invadano le loro anime quando egli ritornerà, mandando innanzi, come suo segno, la croce.
Un altro evangelista scrive che allora gli uomini guarderanno colui che hanno trafitto ( Gv 19,37 ).
Per questo le tribù si batteranno il petto, vedendo che Cristo giudice è colui che hanno ucciso.
E dopo aver ricordato la croce, Gesù prosegue dicendo: E vedranno il Figlio dell'uomo venire, non sulla croce, ma sopra le nubi del cielo con gran potenza e gloria ( Mt 24,30 ).
Non pensate che vi sia ancora qualcosa di triste e di doloroso, avendo sentito parlare nuovamente della croce.
Affatto; egli verrà, allora, con grande potenza e gloria.
Cristo presenta la sua croce, perché vuole che il peccato sia per ciò stesso immediatamente condannato.
Farà, insomma, come un uomo che, colpito con una pietra, mostra il sasso, o i suoi abiti insanguinati.
Verrà sulle nubi, così come quando è asceso al cielo; e, vedendo questo, le tribù piangeranno.
Tuttavia la loro tragedia non consisterà solo nel pianto, ma il loro lamento sarà un condannarsi e punirsi da sé medesimi.
E manderà i suoi angeli, che con potenti squilli di tromba chiameranno a raccolta i suoi eletti dai quattro venti, dall'una all'altra estremità dei cieli ( Mt 24,31 ).
Cercate, vi prego, ascoltando queste parole, di immaginare il dolore di quanti non saranno chiamati insieme agli eletti.
Essi infatti non subiranno soltanto i supplizi di cui Cristo ha parlato precedentemente, ma a quelli si aggiungerà anche questo.
E come prima Cristo ha detto che si sarebbe esclamato: « Benedetto colui che viene nel nome del Signore », così ora dichiara: « Si batteranno il petto ».
Dopo aver preannunziato guerre senza eguali perché si rendessero conto che, dopo i mali della vita terrena, li aspetteranno i supplizi dell'aldilà, ora presenta i malvagi mentre si battono il petto, separati dagli eletti e condannati alla geenna, confortando di nuovo i suoi discepoli e mostrando loro di quanti mali verranno liberati e di quanti beni godranno in cielo.
Ma perché il Signore chiamerà i suoi eletti per mezzo degli angeli se egli verrà in modo così manifesto?
Lo farà per render loro anche questo onore.
Secondo Paolo, invece, gli eletti saranno rapiti sulle nubi ( 1 Ts 4,17 ).
D'altra parte l'Apostolo, parlando della risurrezione, dice anche che il Signore stesso discenderà dal cielo a un segnale, alla voce dell'arcangelo ( 1 Ts 4,16 ).
Il fatto è che, quando gli eletti risorgeranno, gli angeli li raduneranno e, così riuniti, verranno trasportati sulle nubi: tutto questo accadrà in un istante.
Il Signore non chiamerà gli eletti, restando in cielo, ma egli stesso scenderà al segnale della tromba.
Mi chiederete forse a che cosa servono le trombe e gli squilli?
Serviranno a risvegliare, a rallegrare, a sollevare profondo stupore per quello che accadrà, a gettare nel dolore i reprobi che, allora, verranno lasciati da una parte.
Quale pena e paura al pensiero di quel terribile giorno!
Dovremmo rallegrarci sentendone parlare, invece siamo colti da tristezza, veniamo presi dall'angoscia e dal dolore.
Ma sono forse io solo a soffrire così, mentre voi godete nell'ascoltare ciò?
Quanto a me, a tali parole, m'invade una paura terrificante e verso amare lacrime e gemo dal più profondo del cuore.
Nessuna di queste parole, infatti, è per me; ma mi riguardano piuttosto quelle che verranno pronunciate in seguito, le parole cioè rivolte alle vergini stolte, a colui che seppellì il talento ricevuto, al servo malvagio …
Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 73,3-4
Iddio, che ha fatto l'uomo a sua immagine, ha posto nell'intimo di questa sua creatura il seme di tutte le virtù, così nulla di ciò che è bene e onesto deve insinuarsi in noi dall'esterno, ma è in nostro potere ciò che desideriamo possedere, traendo il bene dalla nostra natura come da uno scrigno.
Dal caso particolare apprendiamo la norma generale: uno non ha altro modo per ottenere ciò che desidera, se egli stesso non elargisce a se stesso il bene.
Per questo in qualche luogo il Signore dice ai suoi uditori: Il regno di Dio è in voi ( Lc 17,21 ); e: Ognuno che chiede ottiene, e chi cerca trova e a chi picchia sarà aperto ( Mt 7,8 ): così il ricevere ciò che bramiamo, il trovare ciò che cerchiamo ed entrare dove desideriamo è in noi, se lo vogliamo: dipende dalla nostra volontà.
Se siamo conseguenti, allora dobbiamo applicare quanto detto anche al contrario del bene: la caduta nel male non ha luogo per la violenza di una necessità esterna, ma il peccato sussiste appena viene scelto: comincia a esistere, proprio quando lo eleggiamo.
Non si trova mai il male come qualcosa che sussiste da sé, al di fuori del nostro libero arbitrio.
In tutto ciò si mostra chiaramente il potere libero, indipendente e autonomo che il Signore della natura ha posto nella natura umana: tutto dipende dalla nostra volontà, sia il bene che il male.
Per questo il divino giudizio segue, con sentenza retta e imparziale, le premesse da noi poste, e distribuisce a ciascuno ciò che ciascuno si è procurato: a coloro che, come dice l'Apostolo, cercano onore e gloria costanti nel bene operare ( Rm 2,6 ), la vita eterna; e a quelli invece che si ribellano alla verità e si prestano docili all'ingiustizia, ira e afflizione, e tutto ciò che si può chiamare tremenda retribuzione.
Gli specchi precisi riflettono l'immagine dei volti, proprio come essi sono: immagini liete di volti lieti, immagini tristi di volti afflitti, e nessuno può incolpare lo specchio se, di chi è deperito per la tristezza, rappresenta un'immagine tetra.
Così pure il giusto giudizio di Dio si adegua al nostro stato: si comporta da parte sua con noi come noi ci siamo comportati.
Dice invero: Venite o benedetti! e Andatevene, o maledetti! ( Mt 25,34.41 ).
É forse per qualche costrizione esterna che rivolge le parole soavi a quelli che sono a destra, e le parole tremende a quelli che sono a sinistra?
Non è, invece, che gli uni, per ciò che hanno fatto, hanno ottenuto misericordia mentre gli altri, per essere stati duri col prossimo, si sono inimicati la divinità?
Non ebbe pietà del povero, che giaceva pieno di afflizioni alla sua porta, quel ricco tutto dedito ai piaceri; così privò se stesso di misericordia, e quando ne ebbe bisogno non fu ascoltato.
Non perché una stilla d'acqua fosse un danno per l'immensa sorgente del paradiso, ma perché una goccia di misericordia non può mai mescolarsi con la crudeltà; invero come può la luce mescolarsi con le tenebre? ( 2 Cor 6,15 ).
Parimenti è detto: Quello che l'uomo semina, mieterà.
Chi semina nella carne, dalla carne mieterà la corruzione; chi semina invece nello spirito, dallo spirito mieterà la vita eterna ( Gal 6,8 ).
Il seme ritengo che sia la libera scelta umana, la mietitura invece la ricompensa di tale scelta.
É feconda la spiga del bene per chi ha scelto una tale semente; è tormentosa la raccolta delle spine per chi nella vita ha gettato semi di spine.
É assolutamente necessario che ciascuno
Giovanni racconta dell'ultimo giudizio, che avrà luogo alla seconda risurrezione dei morti, quella dei corpi, ed, esponendo come gli fu rivelato, dice: Vidi poi un gran trono bianco e uno che vi sedeva; dalla sua presenza fuggirono la terra e il cielo e per essi non si trovò più posto …
Vidi i morti, grandi e piccoli, stare innanzi al trono; e furono aperti dei libri, fu pure aperto un altro libro, quello della vita di ciascuno; e i morti furono giudicati da ciò che stava scritto nei libri, secondo le loro azioni ( Ap 20,11 ).
Dice dunque che furono aperti dei libri, e poi un libro; e fece conoscere chiaramente la natura di questo libro dicendo che è quello « della vita di ciascuno ».
Perciò i libri che egli pone al primo posto devono intendersi come i libri sacri - sia antichi che nuovi -, atti a mostrare i comandamenti da Dio imposti; invece nel libro « della vita di ciascuno » si può leggere ciò che, dei comandamenti, ciascuno ha adempiuto o non adempiuto.
Se si pensasse a un libro in senso materiale, chi potrebbe stimarne la grandezza o la lunghezza?
E quanto tempo ci vorrebbe per leggerlo, essendovi scritta la vita di ciascun uomo?
Oppure vi saranno allora presenti tanti angeli quanti saranno gli uomini, e ciascun uomo sentirà leggere da un angelo assegnatogli la propria vita?
Ma allora non si tratterebbe di un solo libro per tutti, ma di un libro particolare per ciascuno.
Tuttavia questo passo della Scrittura esige che si pensi un libro solo, perché dice: « E fu aperto un altro libro ».
Bisogna dunque intendere che si tratti di una virtù divina per la quale verranno richiamate alla memoria di ciascuno le sue opere, buone o cattive, le quali si sveleranno allo sguardo della mente con sorprendente rapidità; questa conoscenza accuserà o scuserà la coscienza, e in questo modo verranno giudicati al tempo stesso tutti e ciascuno.
A questa virtù divina, dunque, viene dato il nome di libro, perché in essa quasi si legge tutto ciò che torna alla mente sotto la sua azione.
Il Signore, parlando per bocca del profeta Zaccaria, dice: E avverrà in quel giorno che mi porrò a togliere di mezzo tutte le genti che vengono contro Gerusalemme, ed effonderò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e di misericordia; e fisseranno gli occhi a me per avermi insultato; e piangeranno su di lui come sul più caro e se ne addoloreranno come per un figlio unico ( Zc 12,9 ).
Non è forse opera di Dio togliere di mezzo tutte le genti nemiche alla santa città di Gerusalemme, che « vengono contro essa », cioè le sono nemiche; o come altri traducono « vengono sopra essa », cioè per sottometterla?
E non è opera di Dio effondere sulla casa di Davide e sopra gli abitanti della stessa città lo spirito di grazia e di misericordia?
Certo è opera di Dio, e il profeta lo asserisce in persona di Dio: tuttavia questo Dio, che compie opere sì grandi e divine, mostra di essere il Cristo, soggiungendo le parole: « E fisseranno gli occhi a me per avermi insultato; e piangeranno su di lui come sul più caro ( cioè prediletto ), e se ne addoloreranno come per un figlio unico ».
In quel giorno, dunque, i giudei, anche quelli che avranno ricevuto lo spirito di grazia e di misericordia, si pentiranno di aver insultato Cristo nella sua passione, vedendolo venire nella sua maestà, e riscontrando trattarsi proprio di colui che, nella sua umiltà, fu schernito da essi, nella persona dei loro progenitori: quantunque gli stessi progenitori, colpevoli di tanta empietà, risorgendo lo vedranno per subirne ormai la punizione, non per esserne migliorati.
Non dobbiamo perciò intendere questi ultimi quando viene detto: « Ed effonderò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e misericordia; e fisseranno gli occhi a me per avermi insultato »; dobbiamo intendere invece quei membri della loro stirpe che in quel tempo, per opera di Elia, avranno accettato la fede.
Ma, come noi diciamo ai giudei: « Voi avete ucciso Cristo », quantunque lo abbiano fatto i loro progenitori, così essi stessi si addoloreranno di aver fatto, in un certo senso, quello che fecero i membri della stirpe da cui essi discendono.
Così essi, divenuti ormai fedeli per aver ricevuto lo spirito di grazia e di misericordia, non saranno condannati con i loro empi progenitori; tuttavia si affliggeranno come se avessero fatto loro stessi ciò che fu fatto da quelli.
Si affliggeranno dunque non per la coscienza del crimine ma per un sentimento di pietà.
Agostino, La città di Dio, 20,30
Beata l'anima che giorno e notte non si lascia prendere da altra preoccupazione che quella di sapere come rendere conto senza angoscia della propria vita in quel grande giorno, in cui tutte le creature si presenteranno al giudice per rendere conto delle loro azioni.
Chi, infatti, ha sempre davanti agli occhi quel giorno e quell'ora, chi sempre pensa alla propria difesa davanti a quell'incorruttibile tribunale, costui o non peccherà mai, o peccherà solo lievemente, poiché, se a noi capita di peccare, è a causa della mancanza di timore di Dio.
A coloro per i quali l'aspettativa delle minacce è efficiente, il timore di cui sono penetrati non permette loro in nessun momento di cadere in azioni o pensieri non voluti.
Ricordati dunque sempre di Dio, serba nel tuo cuore il suo timore, e invita tutti perché si uniscano alla tua preghiera.
Grande è infatti l'aiuto di coloro che possono placare Dio.
E non smettere mai di fare ciò.
Mentre viviamo in questa carne, la preghiera sarà un buon aiuto per noi; e quando ce ne dipartiremo da qua, sarà un viatico sufficiente per la vita futura.
Come la sollecitudine è buona, così invece lo scoraggiamento, la mancanza di fiducia o la disperazione per la propria salvezza rappresentano per l'anima ciò che vi è di più dannoso.
Spera dunque nella bontà di Dio e aspettati da lui la ricompensa, sapendo che, se ci convertiamo a lui con tutta onestà e sincerità, non solo egli non ci rigetterà in eterno, ma che, mentre staremo ancora pronunciando le parole della preghiera, ci dirà: « Eccomi, sono qui » ( Is 58,9 ).
Basilio il Grande, Lettere, 174 ( a una vedova )
Dopo che saranno stati giudicati coloro che non sono scritti nel libro della vita, e saranno stati mandati al fuoco eterno … allora la figura di questo mondo per l'incendio di fuochi del mondo passerà, come il diluvio fu prodotto dall'inondazione di acque del mondo.
E come per quel fuoco terreno le qualità degli elementi corruttibili - pienamente consoni ai nostri corpi corruttibili - bruciando, spariranno, e la loro sostanza avrà quelle qualità che converranno, per mirabile trasformazione, ai corpi immortali; così il mondo, rinnovato in meglio, sarà bene acconcio agli uomini rinnovati in meglio anche nella loro carne.
Agostino, La città di Dio, 20,16
Oggi sono tre giorni, fratelli, che avete saputo come un turbine improvviso abbia divelto alberi annosi, distrutto case, demolito chiese dalle fondamenta.
Quanti di noi che alla sera ancora sani gioivano per la buona salute e pensavano di fare quello o questo l'indomani, sono stati rapiti nella stessa notte da una morte improvvisa, travolti nella rovina?
Ma dobbiamo considerare, carissimi, che per fare ciò il giudice invisibile ha messo in movimento solamente un esile vento, ha suscitato poche nubi a procella, eppure ha percosso la terra smuovendo le fondamenta di tanti edifici, ora pericolanti.
Che farà dunque questo giudice quando verrà egli in persona, quando la sua ira, per vendicare i peccati, riarderà, se non lo possiamo sostenere quando ci colpisce per mezzo di una tenue tempesta?
Quale uomo resisterà al pieno sfogo della sua vendetta, se già, muovendo un lieve vento egli ha sconvolto la terra, e, se agitando l'aria, ha abbattuto tanti edifici?
Paolo, riflettendo su tanta severità del giudice venturo, dice: É terribile cadere nelle mani del Dio vivente ( Eb 10,31 ).
Anche il salmista dipinge tale severità dicendo: Dio verrà palesemente, il Dio nostro e non tacerà.
Al suo cospetto arderà il fuoco, e intorno a lui vi sarà una forte tempesta ( Sal 50,3 ) …
Quel giorno dunque, fratelli carissimi, abbiate sempre davanti agli occhi, e ciò che ora ci pare grave, il ricordo di quel giorno ce lo renderà certamente ben lieve.
Gregorio Magno, Omelia per la prima domenica di Avvento
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