La storia della Chiesa |
1. Le più importanti opere culturali del vasto impero carolingio, in gran parte non furono vitali.
Questa cultura non aveva la forza di ciò che è cresciuto lentamente dalle patrie tradizioni.
Essa rovinò non appena il quadro protettivo dell'organizzazione creata da Carlo andò in frantumi.
È importante capire che questo quadro doveva crollare con una certa logica e molto presto.
La costruzione era, in prevalenza, un'opera sovrumana, personale dell'Imperatore, ed era stata realizzata inoltre a tappe forzate.
L'ambiente circostante, in fondo, il mondo franco d'allora, era stato sottoposto a uno sforzo troppo grande; per esempio le concezioni franche di stato, di autorità e di amministrazione non erano ancora mature per recepire quelle concezioni universali che Carlo, attingendo all'eredità romano-bonifaciana, aveva realizzato nella sua opera.
Si vide così, con sorprendente rapidità che la forza interna del nuovo impero e della sua idea non era ancora tanto grande quanto era sembrato sotto lo stesso Carlo.
Egli stesso non doveva esser tanto fermo nelle sue idee, altrimenti nell'806 non avrebbe riconosciuto, con la « divisione dell'Impero », il diritto di successione franco.
Il suo successore invece, Lodovico il Pio, con la sua « Ordina fio imperii » dell'817 cercò di assicurare in certo qual modo l'unità.
Ma era un provvedimento a metà ( Lotario come imperatore sovrano sul regno dei suoi fratelli ); inoltre Lodo vico, più tardi ( 824 ), lo cambiò nuovamente.
Si arrivò così alle infelici lotte di successione tra padre e figli.
Un atto come la deposizione di Lodovico, dopo il tradimento dei figli e dell'esercito ( Liigenfeld di Colmar 833 ), rivela chiaramente l'intima vulnerabilità dell'Impero ( e la confusione della concezione che ne stava alla base ).
Essa comportò nella coscienza dei contemporanei anche una diminuzione del suo prestigio.
La concezione papale si attenne invece ( naturalmente per interesse proprio ) all'unità dell'Impero.
Ma la sentenza arbitrale del Papa dimostrò, a sua volta, la non-unitarietà delle forze nell'episcopato franco; vescovi di idee imperiali erano dalla parte dell'imperatore, vescovi di idee papali erano con Gregorio IV ( 827-44 ), dalla parte dei figli.168
L'Impero di Carlo e la sua opera, nonostante la loro inestimabile risonanza storica, rimasero un episodio.
Anche questa volta il chicco di grano doveva morire.
Tutto ridivenne nuovamente problematico, perfino l'unione della Chiesa con l'Occidente: Giovanni Vili si rivolse all'Imperatore romano d'Oriente per chiedergli aiuto e approvò il sinodo dell'879-80 che confermò Fozio ( v. sotto ).
Solo dopo i disordini del saeculum obscurum, sotto gli imperatori sassoni, si poté arrivare definitivamente ( ma ancora con una lotta lunga e complicata, pericolosa e mai finita del tutto ) in maniera nuova, alla organizzazione universale dell'Occidente di cui erano già state gettate le fondamenta.
Ma dapprima ritornò la confusione dell'epoca merovingia.
Ciò avvenne quando i successori di Carlo, epigoni senza sufficiente potenza politica, invece di mantenere l'unità dell'impero entrarono in lotta fra di loro per l'eredità.
La concezione di diritto privato dell'ordine di successione franco-germanico si dimostrò più forte della concezione di diritto pubblico dell'idea di « Impero ».
Accadde così che l'impero franco orientale e quello occidentale si allontanassero sensibilmente, che infine l'Impero si frantumasse in una serie di parti indipendenti e che la lotta egoistica di piccole potenze franco-italiane per il Patrimonium Tetri si orientasse, assieme all'irruzione dei Normanni e dei Saraceni, al tempo stesso contro Roma, il Papato e l'Italia.
Va osservato che, da questo punto di vista, ci troviamo dinanzi ad una vera decadenza e non solo a un sovvertimento dal quale poi scaturiscano nuove forze organizzative.
Poiché essa si esplica nell'avanzare e nell'opporsi di molteplici forze minori non unitarie, manca l'impronta unitaria dalle grandi linee.
Ne consegue che non si può fissare lo sviluppo con pochi tratti.
Il disordine e il mutamento di posizione che in esso avviene abbisognano, per esser
penetrati, di maggiori dettagli, dell'ordine 168.
2. a) Mentre costatiamo ciò, non dobbiamo dimenticare che gli organi creati sotto Carlo e le forze raccolte sotto di lui, erano appunto straordinari.
Essi, in un primo tempo, continuarono ad agire.
Ci fu perciò un nuovo breve periodo di fioritura sotto il debole Lodovico il Pio e suo figlio Carlo il Calvo ( 840-77 ).
Nell'ambito strettamente religioso ci fu perfino un notevole approfondimento, promosso in gran parte dalla riforma monastica compiuta dal principale collaboratore di Lodovico il Pio, l'abate Benedetto ( 750-821 circa ) del monastero di Aniano nella Francia meridionale.
Alla base si trovava non più una concezione di vita monastica culturale o « formante il mondo » ( come in Carlo Magno ) bensì « rifuggente il mondo », ascetico-religiosa.169
Inoltre troviamo - anche in contrapposizione a Carlo - una più forte spinta alla fondazione di nuovi monasteri: per esempio Corvey ( 822 ), Herford ( con inizi anteriori all'819, in seguito trasferito ad Herford ), entrambi in terra sassone, poco prima convertita.
Lo stesso impulso religioso condusse all'introduzione della vita comune per il clero nelle cattedrali ( secondo la regola simile a quella dei benedettini di S. Crodegango, + 766 ).
b) Anche la cultura teologica di questo periodo, pure con tutta la modestia del livello, presentò nei monasteri del continente170 orientamenti nuovi
che ebbero poi importanti conseguenze storiche. C'imbattiamo in uno studio,
notevole per quel tempo, degli scritti di S. Agostino (cominciarono ad apparire
però anche dottrine errate).
Nella Francia orientale i grandi monasteri mantennero le tradizioni di Bonifacio e di Carlo Magno.
Fulda conobbe la sua fioritura con il discepolo di Alcuino, Rubano Mauro ( + 856 ), arcivescovo di Magonza, importante compilatore esegetico.
In un mondo che ancora per molti secoli non avrebbe conosciuto una istruzione organizzata dei religiosi, assume importanza il suo libro sui doveri dello stato sacerdotale.
Il titolo onorifico di Praeceptor Gefmaniae conferitegli dalla storia caratterizza bene la sua opera pedagogica quale promotore di una educazione spirituale del popolo.
Dal punto di vista politico-ecclesiastico ebbe importanza il fatto che egli non prese parte all'opposizione dell'episcopato franco-orientale unito al Papa contro Lodovico il Pio; al vecchio imperatore spodestato egli prestò cavalierescamente il rispetto e l'ubbidienza dovuti al sovrano.
Il maestro più famoso del monastero di Reichenau ( fondato nel 724 ) fu Valf rido Strabene ( + 849 ).
La sua Glossa ordinaria divenne il manuale esegetico del Medioevo niènte meno che per 5 secoli!
Anche nelle questioni di politica ecclesiastica egli ebbe un posto di notevole importanza: a differenza dei concili e dei vescovi contemporanei, più di tendenze episcopalistiche, egli stabiliva il rango e il potere dei ministeri spirituali ( analogamente alla graduazione degli impiegati secolari che procedono dall'Imperatore ) partendo dal Summus Pontifex.
Degli ultimi rappresentanti della vita culturale di questo periodo fa parte Regina di Prum ( + 915 ) con la sua cronaca che va dalla nascita di Cristo fino al 906.
c) La vita culturale nell'impero franco-occidentale fu parimenti sostenuta soltanto da chierici e monaci.
La scuola di corte diminuì di prestigio; al posto suo subentrarono le scuole monastiche ( le più importanti quelle di Tours e di Gorbia ).
Notevoli inizi di studi teologici personali ( che si rifanno in gran parte ad Agostino ) troviamo in Agobardo, arcivescovo di Lione ( + 840 ), uno spirito che in molte cose precorse i suoi tempi.
Come il suo contemporaneo Giona d'Orléans, egli è assillato dal problema, come entro l'unità della Chiesa, del « corpus christianum », possa venir realizzata la distinzione dei due poteri ( nel senso però di una subordinazione del potere temporale a quello religioso ).
Partendo da queste premesse, egli pervenne, in modo assai autorevole e precorritore alla critica del sistema della chiesa privata.
Egli riconobbe chiaramente la contraddizione fra una pretesa donazione, quando lo stato di possesso rimaneva immutato, e sferza i diritti che ne erano stati dedotti come usurpazione sacrilega del diritto della gerarchia.
Compito del laico doveva essere di proteggere la Chiesa, ma non di amministrarla o addirittura di possederla.
Di conseguenza Agobardo condanna anche il possesso della chiesa privata da parte dei vescovi e degli abati.
Nella sua critica egli punta soprattutto su quell'abuso che, due secoli più tardi, sarà combattuto come investitura dei laici.
Caratterizza la poca chiarezza della situazione il fatto che, contemporaneamente, un sinodo romano ( 826 ) abbia invece pienamente approvato il sistema della chiesa privata.
Agobardo fu un uomo di illuminata spiritualità.
Egli esigeva una fede secondo ragione e si scagliò contro la superstizione popolare e la magia, naturalmente anche contro i Giudei ( v. § 72,II,3 ).
Claudio, vescovo di Torino ( + 827 ), combattè ugualmente contro la superstizione nella Chiesa, e contro un esagerato culto dei Santi, delle reliquie e delle immagini.
In lui possiamo addirittura parlare di spiritualismo poiché rifiutò formalmente il culto delle immagini; tolse persino le croci dalla chiesa.
Per quanto ne sappiamo noi, egli fu il primo nel Medioevo a formulare quel principio, più tardi tante volte affermato contro la curia romana: solo chi vive apostolicamente può essere apostolicus ( = Papa ).
d) Alla fine del secolo è da menzionare una personalità che supera tutte le altre, che annuncia in maniera significativa ( e fatale al tempo stesso ) la speculazione teologica che sarebbe riapparsa 2 o 3 secoli più tardi: Giovanni Scoto Eriugena ( Eriin = Irlanda; + 877 ), capo della scuola di corte di Carlo il Calvo.
Fu allora e per lungo tempo il miglior conoscitore della teologia greca in Occidente.
Egli tradusse lo Pseudo-Dionigi ( § 34 ) in latino e trasmise così all'Occidente una delle sue più importanti fonti teologiche.
Vennero così introdotte nel Medioevo idee neoplatoniche-panteizzanti ( autoevoluzione di Dio ) con reminiscenze di Origene ( « tutto in fine ritorna a Dio » ).
Il suo studio di sant'Agostino però non lo indusse a condividere le idee del monaco sassone Godescalco ( § 34,II,5a ), anzi egli combattè la sua dottrina sulla predestinazione.
3. Al di là della teologia e del monachesimo hanno importanza generale alcune insigni opere letterarie le quali rivelano come i Germani, stimolati dal messaggio cristiano, abbiano espresso i loro interessi religiosi.
Risalendo negli anni va ricordata come prima la Preghiera di Wessobrunn delI'VIII secolo.171
Come opera straordinaria e sorprendente della letteratura cristiano-germanica, il poema biblico sassone-antico « Heliand » ( verso l'830 ) è una testimonianza superba di come in quei primi tempi un modo di pensare cristiano si sia ben presto radicato in maniera creativa in un ambiente ancora poco cristiano.
Inoltre, la storia evangelica di Otfrido di Weissenburg ( in Franconia 863-71 ), scritta « theotisce ».
Egli si servì del poema Muspilli che tratta della fine del mondo e del giudizio finale - ( verso l'830 ).
Lodovico il Pio completò nel suo regno anche l'organizzazione ecclesiastica, erigendo delle nuove diocesi: Amburgo, Hildesheim, Halberstadt.
Questo lavoro è connesso in parte ad una estensione della missione fra i pagani Germani del Nord e fra gli Ostfali.
Di fronte ad essa sta il fallimento della missione come conseguenza dell'irruzione dei Normanni ( Amburgo fu distrutta nell'845 ) e dei Saraceni provenienti da diverse parti, nell'Impero ( e nello stato della Chiesa ); fanno eccezione i territori che venivano curati da Salisburgo e Passavia.
Riusciamo a vedere tutta la consistenza delle forze religioso-ecclesiastiche dell'epoca successiva a Carlo Magno ( e l'ampiezza della loro importanza ) soltanto se, concludendo, consideriamo nel contesto gli elementi della pietà del primo Medioevo.
Quello però che nella costellazione delle forze di quel tempo in un senso più profondo, era gravido d'avvenire per la futura Europa, non si rileva in ciò che accade in questo campo.
Al contrario, si annuncia proprio in mezzo a quel dissolvimento che abbiamo caratterizzato come pura decadenza in quella grandiosa reazione sotto Niccolo I, che sarà tema del prossimo capitolo.
Notiamo bene: in quest'epoca si annunciò soltanto.
L'esecuzione, l'edificazione della « Societas christiana » avvenne in virtù delle molteplici forze di carattere universale che operarono nel Papato, nell'Impero e nell'Episcopato, in quello squilibrio intricato di armonia e opposizione che avremo l'occasione di conoscere a partire dalla fine del X secolo.
Indice |
168 | Di ciò terrà conto la maggiore dettagliatezza di questo paragrafo. |
169 | Abolizione della scuola monastica esterna, inasprimento dell'ascesi, del lavoro manuale, prolungamento della liturgia. Per i rapporti di questa riforma con quella di Cluny vedi § 47, 3 a. |
170 | Per le Isole britanniche ( Beda Venerabilis ) v. § 36. |
171 | Frammento di un poeta sulla creazione del mondo, trovato in un codice dell'Abbazia di Wessobrunn ( Alta Baviera ), il più antico monumento letterario cristiano in lingua tedesca. |