Summa Teologica - I

Indice

Articolo 3 - Se la falsità sia nell'intelletto

Infra, q. 58, a. 5; q. 85, a. 6; In 1 Sent., d. 19, q. 5, a. 1, ad 7; C. G., I, c. 59; III, c. 108; De Verit., q. 1, a. 12: In 1 Periherm., lect. 3; In 3 De anima, lect. 11; In 6 Metaph., lect. 4; 9, lect. 11

Pare che la falsità non sia nell'intelletto.

Infatti:

1. S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 32 ] dice che « chi sbaglia non ha la conoscenza della cosa in cui sbaglia ».

Ma la falsità viene attribuita proprio a una conoscenza ingannevole.

Quindi nella mente non c'è la falsità.

2. Il Filosofo [ De anima 3,10 ] dice che « l'intelletto è sempre vero ».

Quindi in esso non si trova il falso.

In contrario:

Aristotele [ De anima 3,6 ] dice che « dove si verificano combinazioni di concetti, lì si trova il vero e il falso ».

Ora, le combinazioni dei concetti si verificano nell'intelletto.

Quindi il vero e il falso si trovano nell'intelletto.

Dimostrazione:

Come ciascuna cosa ha l'esistenza in forza della propria forma, così ogni potenza conoscitiva ha l'atto del conoscere mediante l'immagine della cosa conosciuta.

Come quindi le realtà naturali non possono perdere l'essere che hanno in forza della loro forma, ma possono perdere certe qualità accidentali o complementari - p. es. l'uomo potrà non avere più i due piedi, ma non cessare di essere uomo -, così la potenza conoscitiva non potrà mai venir meno nella conoscenza relativamente all'oggetto dalla cui immagine è informata, ma lo potrà rispetto a quei dati che lo accompagnano o gli si aggiungono.

Così la vista, come già vedemmo [ a. prec. ], non si inganna circa il sensibile proprio, ma si può ingannare circa i sensibili comuni, a quello connessi, e circa i sensibili impropri.

Ora, come i sensi sono informati direttamente dall'immagine dei sensibili propri, così l'intelletto è attuato direttamente dall'immagine dell'essenza della cosa.

Quindi l'intelletto non può errare relativamente all'essenza delle cose, come neanche i sensi rispetto ai sensibili propri.

Invece nell'unire o nel separare [ tra loro ] dei concetti può ingannarsi quando attribuisce all'oggetto, di cui conosce la natura, qualcosa che è ad esso estraneo, o addirittura opposto.

Infatti l'intelletto, nel giudicare di tali cose, si trova come i sensi quando giudicano dei sensibili comuni o di quelli impropri.

Vi è tuttavia una differenza: come sopra [ q. 16, a. 2 ] si è detto a proposito della verità, il falso si può trovare nell'intelletto non solo perché la conoscenza dell'intelletto è falsa, ma perché l'intelletto conosce tale falsità, come conosce anche la verità; nei sensi invece il falso non si trova in quanto conosciuto, come si è detto [ a. prec. ].

Poiché dunque la falsità si trova propriamente nell'intelletto solo quando questo unisce dei concetti [ nel giudizio ], essa può trovarsi accidentalmente anche nella semplice apprensione, mediante la quale l'intelletto conosce le essenze, quando vi si nascondono delle composizioni di concetti.

E ciò può avvenire in due modi: o perché l'intelletto attribuisce a una cosa la definizione di un'altra, p. es. se attribuisce all'uomo la definizione del cerchio, e in questo caso la definizione di una cosa diventa falsa se applicata a un'altra; oppure perché in una definizione unisce delle parti che non possono stare insieme: e in tal caso la definizione è falsa non solo relativamente a quella data cosa, ma in se stessa.

Quando, p. es., l'intelletto forma questa definizione: animale razionale quadrupede, nel definire così è falso, poiché è falso quando esprime [ in un giudizio ] questa unione di concetti: un certo animale razionale è quadrupede.

Per cui quando si tratta di conoscere delle quiddità o nature semplici l'intelletto non può essere falso, ma o è vero, oppure non conosce assolutamente nulla.

Analisi delle obiezioni:

1. L'oggetto proprio dell'intelletto è la quiddità o essenza delle cose: quindi, a rigore, diciamo di conoscere una data cosa solo quando giudichiamo di essa riportandoci alla sua essenza o natura, come accade nelle dimostrazioni fatte senza alcun errore.

Ed è in quest'ultimo senso che va inteso il detto di S. Agostino che « chi sbaglia non ha conoscenza della cosa in cui sbaglia », non nel senso che non si possa sbagliare in nessuna operazione della mente.

2. Come l'intelletto non subisce inganno circa la natura delle cose così, per la stessa ragione, è sempre retto relativamente ai primi principi.

Infatti i principi di per sé evidenti sono quelli che vengono conosciuti non appena ne abbiamo compresi i termini, dato che il loro predicato è incluso nella definizione del soggetto.

Indice