Summa Teologica - I |
Supra, q. 82, a. 4, ad 1; In 3 Sent., d. 23, q. 1, a. 2, ad 3
Pare che l'intelletto non conosca l'atto della volontà.
1. Nessuna cosa è conosciuta dall'intelletto se non si trova in qualche modo in esso.
Ma l'atto della volontà non si trova nell'intelligenza, trattandosi di potenze diverse.
Quindi l'atto della volontà non è conosciuto dall'intelletto.
2. Gli atti sono specificati dagli oggetti.
Ma l'oggetto della volontà differisce da quello dell'intelletto.
Quindi anche l'atto della volontà è di specie diversa da ciò che può essere oggetto dell'intelligenza.
Quindi non è conosciuto dall'intelletto.
3. Al dire di S. Agostino [ Conf. 10,17 ], i moti dell'anima non sono conosciuti « né per mezzo di immagini, come i corpi, né per la loro presenza, come le arti, ma per mezzo di certe nozioni ».
Ora, non pare possibile che nell'anima ci siano altre nozioni oltre alle essenze delle cose conosciute o alle loro immagini rappresentative.
Quindi è impossibile che l'intelletto conosca quei moti dell'anima che sono gli atti della volontà.
S. Agostino [ De Trin. 10,11.17 ] afferma: « Io intendo di volere ».
Come abbiamo già visto [ q. 59, a. 1 ], l'atto della volontà è l'inclinazione che accompagna la forma di ordine intellettivo, come l'appetito naturale è l'inclinazione che accompagna la forma di ordine naturale.
Ora, ogni inclinazione è proporzionata al modo di essere del soggetto rispettivo.
Quindi l'inclinazione fisica si trova fisicamente negli esseri fisici, e quella che corrisponde all'appetito sensitivo si trova sensibilmente nel soggetto senziente.
Parimenti l'inclinazione intellettiva, che corrisponde all'atto della volontà, si trova intellettualmente negli esseri intelligenti, come nel suo principio e soggetto proprio.
Per cui anche il Filosofo [ De anima 3,9 ] si esprime così quando scrive che « la volontà è nella ragione ».
Ora, ciò che si trova intellettualmente in un soggetto intellettuale è conseguentemente conosciuto da esso.
Quindi l'atto della volontà è conosciuto dall'intelletto: sia perché uno percepisce di volere, sia perché conosce la natura di questo atto, e per conseguenza la natura dei suoi princìpi, cioè degli abiti e della facoltà.
1. L'argomento portato sarebbe valido se la volontà e l'intelletto fossero non soltanto potenze diverse, ma appartenessero anche a soggetti diversi: poiché allora ciò che avviene nella volontà sarebbe assente dall'intelletto.
Trovandosi invece radicalmente le due facoltà nell'unica sostanza dell'anima, ed essendo l'una come la radice dell'altra, ciò che si trova nella volontà viene a trovarsi in qualche modo anche nell'intelletto.
2. Il bene e il vero, che sono rispettivamente oggetto della volontà e dell'intelletto, sono concettualmente due realtà distinte, tuttavia l'uno è incluso nell'altro, come si è già fatto osservare [ q. 16, a. 4, ad 1; q. 82, a. 4, ad 1 ].
Il vero infatti è una specie del bene, e il bene è una specie del vero.
E così quanto appartiene alla volontà ricade nell'intelletto, e quanto appartiene all'intelletto può ricadere nell'ambito della volontà.
3. I moti dell'anima sono presenti nell'intelletto non soltanto con la loro immagine rappresentativa, come i corpi, e neppure soltanto con la loro presenza nel soggetto, come le arti, ma come il principiato nel principio che ne possiede la nozione.
Per questo S. Agostino afferma che i moti dell'anima stanno nella memoria mediante certe nozioni.
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